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Autore: AnnabethJackson    22/09/2015    2 recensioni
| Percabeth | Comico | Percy!CombinaGuai |
Alla fine si era dovuto accontentare d'invitare la figlia di Atena per una cena in famiglia, in seguito alla quale lei si sarebbe fermata a dormire. E nel momento clou – perché lui era convinto che sarebbe arrivato quel momento –, Percy avrebbe tanto voluto non sentirsi accusare da Annabeth di puzzare peggio di un mostro.
[Partecipante al "Desire of..." contest indetto da Kirame amvs]
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Percy Jackson, Percy/Annabeth, Sally Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Piccole note
1) Non so se Percy ha poteri anche sulle tubature idrauliche, ma ho ipotizzato di sì.
2) Tengo a precisare che Percy può decidere liberamente di lasciarsi bagnare o no dall'acqua, come si dice spesso nei libri.
3) Il riferimento ai porcellini d'india, ovviamente, si rifà all'esperienza del Mare dei Mostri.
4) Non ho molto da dire su questa storia tranne forse che probabilmente sono andata leggermente fuori tema. Non è una storia da contest, lo riconosco, ma tutto sommato sono soddisfatta del risultato (circa). Ovviamente dopo il Tartaro e la guerra contro Gea forse questa situazione è un po' troppo, ecco, ma mi piace pensare che Anabeth e Percy abbiano finalmente avuto il piacere di vivere una vita relativamente normale.
5) Beh, so perfettamente che Percy è leggermente OOC, ma spero comunque vi possa piacere.




 
Di persone bagnate e ascelle sudate
 





Era risaputo a tutti che Percy Jackson fosse il semidio più sfortunato degli Stati Uniti e forse pure dell'intera America. Insomma, oltre ad aver ereditato un bel po' di talenti dal ramo divino della famiglia, era dotato di un'innata capacità nel cacciarsi nei guai. In poche parole, attirava sfiga come un grande, grandissimo magnete positivamente carico.
Al momento, però, Percy Jackson era anche il semidio più nervoso e agitato sulla faccia della divina Gea. Aveva passato le mani sui pantaloni di tela così tante volte da aver bisogno di una crema idratante per non sembrare fatte di carta vetrata. Il ragazzo aveva il fastidioso sospetto che, con quelle mani, avrebbe potuto levigare persino la superficie di una vecchia panchina di Central Park.
Certo, era iperattivo e tutto il resto, ma quell'eccessiva agitazione pareva essere troppo anche per lui.
In quaranta minuti aveva percorso così tante volte il tragitto scrivania-letto, posizionati esattamente ai lati opposti della camera, che era un miracolo se sul pavimento di legno non si fosse già creata una profondissima trincea.
Alternava momenti in cui si metteva le mani nei capelli disperato, ad altri in cui arruffava le coperte, apriva cassetti e buttava all'aria fogli bianchi, in cerca dell'oggetto che amava più di tutti: il deodorante.
Sì, perché se c'era una cosa che Percy temeva mortalmente, persino più dei mostri o della sua ragazza in quel periodo del mese, erano le ascelle sudate. E, al momento, era nel bel mezzo di una crisi traspirante.
Non era colpa sua se sulla sua maglietta erano comparse due macchie scure, in corrispondenza dell'attaccatura delle braccia con le spalle, ma non riusciva proprio a stare fermo senza che il cuore non gli arrivasse in gola.
La causa di tutto ciò? Beh, semplice: quella sera la sua ragazza storica, Annabeth Chase, sarebbe rimasta a dormire a casa sua per la prima volta da che si erano messi insieme. Non male come pretesto per impazzire definitivamente, no?
Chiariamoci, non era esattamente la prima volta che si trovavano nello stesso letto: certo, al Campo Mezzosangue era proibito che due ragazzi di sesso opposto rimanessero da soli in una Cabina, ma, grazie al cappello dell'invisibilità di Annabeth, in alcune occasioni erano riusciti ad aggirare la regola per fare le cosacce – com'era solita chiamarle Hazel –.
La novità, oltre a essere palese che avrebbero dormito insieme, stava nel fatto che la camera di Sally e Paul era adiacente a quella di Percy. Uno scomodo dettaglio, già.
Era stato semplice strappare a Sally il permesso; dopotutto il figlio di Poseidone aveva compiuto diciotto anni già da un pezzo. Purtroppo non lo era stato altrettanto convincere la madre a partire per il weekend con il marito. Certo, Percy avrebbe potuto chiedere in prestito la macchina di Paul e portare Annabeth a Montauk, ma dopo l'ultimo piccolo incidente il patrigno era molto restio a concedergli le chiavi.
Alla fine si era dovuto accontentare d'invitare la figlia di Atena per una cena in famiglia, in seguito alla quale lei si sarebbe fermata a dormire. E nel momento clou – perché lui era convinto che sarebbe arrivato quel momento –, Percy avrebbe tanto voluto non sentirsi accusare da Annabeth di puzzare peggio di un mostro. Quel deodorante gli serviva, gli serviva sul serio.
Ovviamente, quando una persona premurosa – ciao, mamma – cerca di “pulire” il disastro che lasciate ogni qualvolta che organizzate delle rimpatriate semidivine e voi non riuscite più a trovare nulla, non avete molte altre alternative se non quella di urlare a squarciagola.
E, proprio come farebbe il più temerario tra i semidei di sesso maschile, Percy urlo: «MAMMAAA.»
La povera Sally, già provata dai numerosi preparativi per la cena, arrivò tutta trafelata con un mestolo in mano e l'espressione preoccupata, per poi fermarsi sulla soglia della camera e sospirare di sollievo.
«Oddio, Percy, pensavo stessi per morire. Ti prego, non chiamarmi più in quel modo se non sei sotto attacco,» disse appoggiando una mano sul petto che si alzava velocemente. «Prima o poi mi verrà un infarto,» aggiunse tra sé e sé.
Il figlio si era fermato in mezzo alla stanza, lo sguardo sconvolto e un paio di boxer con i pesciolini in una mano. Vedendolo in quella posizione buffa, Sally rise leggermente.
«Hai qualche problema, caro?»
Percy spalancò la bocca, un po' indignato. «Certo che ho un problema! Dove hai cacciato il mio deodorante? Mi serve urgentemente!» strillò.
Con il piccolo sorrisetto di chi sa una cosa molto divertente ma non vuole condividerla, Sally entrò definitivamente nella camera del figlio, aprì un'anta dell'armadio e prese il deodorante “Freschezza Mostruosa”, perfettamente visibile a chiunque fosse provvisto di un paio di occhi funzionanti.
«Era così difficile da trovare?» chiese poi Sally, porgendo l'oggetto al figlio che allargò le mani a coppa come se stesse per ricevere una reliquia più unica che rara.
Percy fece spallucce per poi piantare lo sguardo sulla madre, insistentemente.
«Ehm, potresti...?» accennò alla porta con il capo, non sapendo bene come cacciare gentilmente Sally dalla sua camera. Nemmeno per tutte le dracme del mondo di sarebbe tolto la maglietta per spruzzarsi il tanto venerato deodorante davanti alla madre.
«Oh, certo. Vado, il pollo mi sta aspettando,» disse Sally. Fece per andarsene ma poi si fermò sulla soglia, temporeggiando. «Ehm, Percy...»
Il suddetto ragazzo, già con la testa in un mondo fresco e profumato, aggrottò le sopracciglia, perplesso sul perché Sally fosse ancora nella sua camera.
«Che c'è, mamma? Annabeth arriverà tra poco e io devo ancora fare la doccia!»
La donna aprì la bocca e la richiuse, per poi aprirla nuovamente.
«Hai le precauzioni, vero?»
Silenzio. Nella casa calò il silenzio più assoluto.
«Mamma!» urlò Percy con le orecchie bordeaux, arrossendo suo malgrado. Insomma, aveva combattuto mostri, titani, giganti e centinaia di altre cose senza il minimo indugio come un vero uomo, ma c'erano situazioni in cui non poteva evitare di reagire alla pari di ragazzino alle prime armi e sentirsi domandare da Sally se aveva dei preservativi, purtroppo, rientrava in quelle.
Mai, dico mai, permettere a vostra madre d'interessarsi alla vostra vita sessuale, nemmeno se quest'ultima lo fa con delle buone intenzioni. Percy pensò che, se a domandarglielo fosse stata Atena, sarebbe stato molto meglio. Il che era tutto dire.
«Okay, okay, me ne vado,» disse Sally con le mani alzate e un sorriso divertito sul volto.
Non appena la porta si chiuse, Percy sospirò di sollievo. Non aveva alcuna intenzione di spiegare a sua madre quando, come e perché avesse già pensato ai preservativi. Chiamatelo ingenuo alcune volte, ma il figlio di Poseidone sapeva bene l'eventuale rischio che si correva nel fare sesso, e un piccolo pargoletto urlante e frignante era l'ultimo dei suoi problemi al momento. Non ci teneva poi tanto a doversi preoccupare per la vita di un'altra persona viste le numerose possibilità di essere di nuovo il protagonista dell'ennesima “Grande Profezia”. Lui e Annabeth erano riusciti a restare vivi per un pelo già troppe volte.
Tali pensieri stavano portando Percy alla depressione quindi li scacciò, concentrandosi sul vivere quella magnifica serata: lui, Annabeth, il suo letto, il deodorante e nessun regola da rispettare. Secondo il parere del ragazzo, c'erano elementi sufficienti per preparasi fisicamente e mentalmente a fare le cosacce.
Poverino... Quanto si sbagliava.

 

«Dovevi vedere com'era Percy da bambino!» commentò Sally, sorridendo nostalgica.
Erano nel bel mezzo della serata, la quale prevedeva un menù a base di arrosto e purè e, come ogni cena con i genitori che si rispetti, ovviamente la madre aveva cominciato a parlare del passato, trovando gli aneddoti infantili di Percy l'argomento ideale per intrattenere l'ospite.
Dal canto suo, Annabeth era felicissima di apprendere nuovi dettagli, per lo più imbarazzanti, del suo ragazzo: da brava figlia di Atena qual'era, poteva sempre riciclare le informazioni e usarle come oggetto di minaccia se mai ne avesse avuto bisogno.
Percy purtroppo sembrava non pensarla allo stesso modo. Con la forchetta a metà strada tra la bocca e il piatto, non riusciva a capire perché dovesse essere lui l'argomento centrale della conversazione quando c'erano miliardi di altre cose di cui parlare come i pegasi mannari, le forchette di cristallo, il purè freddo... Perché il purè freddo doveva essere meno interessante di lui? Insomma, andiamo! Non esisteva cosa o persona più noiosa di Percy Jackson!
Aveva cercato in tutti i modi di evitare quell'argomento facendo osservazioni argute sul tempo atmosferico negli ultimi giorni, ma evidentemente aveva fatto passare troppi secondi tra una frase e l'altra, intento com'era a ingozzarsi con la cena.
E alla fine Sally, da brava padrona di casa, era arrivata a quello.
«Ti ho mai raccontato di quella volta ai giardinetti?» domandò la donna alla figlia di Atena, la quale scosse il capo con un sorrisetto.
Accanto a lei, Percy gemette rumorosamente, come un martire davanti al rogo.
«Ti prego, mamma, no,» supplicò, guardando la madre con gli occhi da cucciolo di foca: il suo ultimo tentativo di evitare l'umiliazione che, nella maggior parte dei casi, era molto efficace.
«Oh, andiamo caro, su con la vita. Eri così tenero! E poi, lo sai che quella faccia non funziona con me,» disse Sally, con un lieve cenno della mano, sorridendo cordialmente. «Allora, Percy aveva più o meno tre anni e a quel tempo il pannolino cominciava a essergli di troppo,» cominciò.
Il ragazzo gemette di nuovo, Annabeth sogghignò divertita. Quella prefazione era molto interessante.
«L'avevo portato ai giardinetti perché adorava guardare le papere nuotare nel laghetto per ore. Era un giorno veramente caldo così, approfittando di un venditore di gelati lì vicino, ero andata a comprare due coni. Ovviamente quello di Percy era tutto blu. Il tempo di tornare alla riva e Percy era sparito. Al momento avevo pensato il peggio, magari un mostro l'aveva trovato e attaccato malgrado fosse ancora troppo piccolo. Alla fine mi sono accorta che era entrato in acqua e che stava seguendo il percorso di una papera, dietro ai suoi piccoli come se fosse uno di loro,» raccontò con il sorriso sempre più largo e gli occhi che brillavano. «Dovevi vederlo, Annabeth! Nuotava a cagnolino in fila indiana con le altre paperelle, il culetto al vento. In pratica si era tolto i vestiti prima di entrare.»
Inutile dire che nell'immediato tutta la tavolata, a esclusione dello sventurato protagonista, scoppiò in una fragorosa risata. La vicenda era così buffa che Annabeth aveva persino le lacrime agli occhi.
Fantastico, già. Non c'è niente di meglio che essere derisi dalla propria fidanzata poco prima di andare a letto insieme.
Percy fece una smorfia, incrociando le braccia. Si sentiva tanto in imbarazzo che le orecchie gli erano diventate rosse.
Insomma, non era colpa sua! A quell'età riusciva già a comprendere il linguaggio degli animali acquatici e, pensando fosse normale, gli era parso naturale tuffarsi in acqua e seguire quella papera che lo aveva invitato così gentilmente a unirsi alla sua famigliola.
Improvvisamente sentì una leggera morsa allo stomaco, involontaria. Pochi attimi dopo le tubature idrauliche scoppiarono e la cucina si trasformò in una doccia, letteralmente, bagnando fino all'osso tutti i presenti. Certo, Percy poteva decidere di essere immune all'acqua, ma era così nervoso e in imbarazzo che se ne dimenticò.
«PERCY!» urlò Sally, provando a mettere le mani davanti al forte getto fuoriuscente dal rubinetto.
«Non è colpa mia! Non l'ho fatto apposta, lo giuro!» rispose gridando a sua volta lui nel tentativo di sovrastare il caos che si era creato.
«Ti prego, fallo smettere!»
E con la stessa velocità con cui era iniziato, tutto finì, lasciando sul fondo della cucina quasi un centimetro di acqua e dei residui informi di cibo. Nel silenzio generale, Percy si guardò attorno. Annabeth si era alzata dalla sedia, cercando di aiutare Sally nel bloccare lo scoppio delle tubature. Ora ansimava leggermente, i capelli fradici e la maglietta come una seconda pelle. Il figlio di Poseidone distolse velocemente il capo, per evitare di vedere troppo.
Non era esattamente il momento adatto per certi pensieri.
«Mi dispiace, davvero,» mormorò non sapendo bene cosa fare.
Dopo qualche secondo di silenzio instabile, Paul sospirò, facendo spallucce come se quella non fosse la prima volta che succedeva, mentre Sally guardava il disastro con la fronte aggrottata.
«Potresti per favore...» fece un cenno con la mano verso il pavimento.
«Oh, sì, certo.»
Ordinò all'acqua di raccogliersi in un'unica massa informe al centro della stanza che alla fine si tuffò nel lavandino, sparendo. La cucina ora era limpida, sì, ma la cena era terminata e i presenti avevano ancora gli abiti fradici.
«Oh, beh, così non devo nemmeno lavare i piatti,» commentò Sally, sempre pronta a vedere solo il lato positivo delle cose. Lanciò una breve occhiata al figlio, al centro della stanza, poi si voltò verso il marito con un sorrisetto.
«Paul, ti va di andare a fare una piccola passeggiata? Devo solo cambiare un attimo i vestiti poi possiamo uscire.»
Lui annuì concorde, seguendola in camera. I due volevano chiaramente lasciare da soli i ragazzi, che ora si stavano guardando negli occhi, ognuno perso nei propri pensieri.
Percy, infinitamente grato alla madre per quel momento di intimità concessagli, era preoccupato che Annabeth si arrabbiasse per ciò che era successo e che decidesse di andarsene, concludendo miseramente la loro serata.
Lei, però, scoppiò in una risata genuina, non derisoria. Con il corpo tutto bagnato e gli occhi splendenti, Percy pensò di avere davanti una rara stella cadente, giunta sulla terra solo per avverare i suoi desideri più reconditi.
Dopo un po' Annabeth smise gradualmente di ridere, ma con il sorriso sulle labbra indicò la porta della sala, dirigendosi in quella direzione.
«Vado in bagno a cambiarmi, Testa d'Alghe. Nel mentre cerca di non combinare altri disastri...»
Percy sapeva che stava scherzando, eppure una parte di lui si sentiva un po' in colpa, quindi gli sembrò d'obbligo scusarsi ancora una volta, ma lei era già sparita nel corridoio.
Si guardò le mani, maledicendo se stesso per aver perso il controllo così facilmente: sapeva che era strano, ma il disagio per la vicissitudine raccontata dalla madre unito alla presenza di Annabeth di fianco a lui e al pensiero di quello che sarebbe successo dopo la cena, lo avevano un po' destabilizzato.
Sospirò, togliendosi la maglietta rossa fradicia mentre sentiva la porta di casa chiudersi, segno che i suoi genitori erano usciti. Sì, era fortunato ad avere una madre come Sally.
«Eccomi qua.»
Annabeth comparve sulla soglia più splendida che mai, indossando un semplice paio di jeans e una canottiera a fantasia, entrambi asciutti. Una fortuna che avesse portato un cambio di abiti per il giorno dopo.
Già, pensò Percy, era fortunato anche lui. Per quanto Afrodite potesse essere subdola a volte, nel loro caso aveva fatto proprio un ottimo lavoro. Certo, avrebbe potuto risparmiare loro un sacco di dolore e sofferenza, ma doveva ammettere che il risultato era ammirevole.
Con un sorriso, Percy si avvicinò ad Annabeth, sorprendendola quando la prese in braccio.
«Ehi! Che fai?» ridacchiò la figlia di Atena, agganciando le braccia dietro al suo collo per bilanciarsi meglio. Così facendo si trovò faccia a faccia con il petto nudo del figlio di Poseidone.
Niente male come vista, eh già.
«Accompagno la mia ragazza in stanza,» sogghignò lui, con un luccichio negli occhi. «Ti sei bagnata tanto, vero?»
Okay, quella poteva essere una normale domanda, pertinente se si considerava l'avvenimento di pochi minuti prima, ma ad Annabeth bastò una breve occhiata al suo ragazzo per capire che lui intendeva tutt'altra cosa.
«Percy Jackson!» lo rimproverò.
Il nominato spalancò gli occhi, cercando di fare l'innocente.
«Che ho det-»
Qualsiasi intenzione avesse di protestare fallì miseramente quando i due rovinarono a terra appena entrati nella camera da letto, uno sopra l'altra, una frittata di corpi non ben definita. Annabeth si trovava sotto di Percy, che per fortuna ebbe il buon senso di spostarsi velocemente imprecando in greco, anche se quel contatto non gli dispiaceva affatto. Dal canto suo, la ragazza trovò quella situazione buffa alla pari di quella vissuta poco prima e non riuscì proprio a trattenere una risata. Con Percy non si correva mai il rischio di annoiarsi.
Il figlio di Poseidone si guardò attorno nella stanza, in cerca della cosa su cui era inciampato, facendogli fare l'ennesima figura da idiota di quella serata.
Poi lo vide e proprio non riuscì a trattenersi dall'imprecare nuovamente.
«Per le mutande sporche di Ade, non è possibile!» borbottò scagliando l'oggetto incriminato più lontano possibile: il deodorante. Quel traditore.
Mentre era seduto sul pavimento, Annabeth si avvicinò, mettendosi sulle sue gambe con una breve risata e buttandogli le braccia al collo, petto contro petto. Fece passare le mani sul suo torace, accarezzandolo lentamente mentre lui rabbrividiva, e inspirò quello strano odore di salsedine e mare divenuto ormai fin troppo familiare.
«È inutile avere la tartaruga sulla pancia se in testa hai un criceto in prognosi riservata, Testa d'Alghe,» lo schernì Annabeth dopo aver lanciato una lunga occhiata significativa al suo torso nudo.
«Ah. Ah. Molto divertente Sapientona, davvero. Ovviamente ogni riferimento ai porcellini d'India è una pura casualità, giusto?» borbottò lui mettendo le mani ai lati del viso di Annabeth, incorniciandolo.
«Giusto,» rispose lei con un sorriso sulle labbra proprio mentre Percy si chinava per baciarla.
Fu un bacio lungo, lento, passionale. Sembrava quasi che il ragazzo volesse farsi perdonare per il guaio causato usando solo la bocca.
Le cose cominciarono veramente a farsi serie così, quando Annabeth lo strinse con maggiore forza a sé, Percy, che aveva interpretato quel gesto come un invito ad andare oltre, si alzò fulmineamente, prendendo tra le braccia la sua ragazza che lanciò un piccolo urlo di sorpresa.
«Ehi, che fai?»
«Nulla, Sapientona,» sogghignò, adagiandola delicatamente sul letto. Era così bella, lì, con i capelli bagnati sparpagliati sul suo cuscino, che il cuore di Percy saltò un battito mentre il sangue cominciava a scorrergli più velocemente nelle vene.
Seguendo l'impeto improvviso che lo travolse quando Annabeth mise una mano sul suo braccio per poi farlo scorrere lungo la schiena, Percy spostò la bocca sul collo della ragazza, creando una scia infuocata fino alla clavicola. Purtroppo per lui non poteva andare oltre a causa della canottiera, perciò gliela sfilò lentamente, posando un bacio umido lungo la pancia di Annabeth mano a mano che scopriva la pelle.
Il figlio di Poseidone sentiva che il sangue, ormai, si stava raggruppando un po' troppo in basso perché le cose potessero rimanere caste a lungo, ed era felice di poter finalmente lasciarsi andare senza il timore di essere scoperti da uno dei loro amici al campo o, peggio ancora, da un centauro.
Passando le mani sul corpo di Annabeth, si soffermò sul suo sedere, entusiasta di poterlo palpare quanto voleva...
«Buonanotte, ragazzi!»
… O forse no.
Tutti i suoi piani idilliaci andarono in fumo quando giunse quella voce dal corridoio. I suoi genitori erano tornati dalla breve passeggiata. Sia chiaro, fosse stato per Percy quello non era un motivo sufficiente per non continuare, ma Annabeth apprese solo in quel momento che la stanza di Sally e Paul era proprio dall'altra parte del muro.
«Percy!» esclamò, togliendo la mano del suo ragazzo dal proprio fondoschiena con uno strattone.
«Che c'è?»
«Sai bene “che c'è”! Non ho nessuna intenzione di assecondare quello che pensavi di fare stasera, visto che i tuoi genitori dormono nella stanza accanto!» disse testarda, incrociando le braccia sul décolleté, il quale sporse un bel po' dal reggiseno rosso.
Rosso.
Quella posizione non era esattamente quel che si dice “idonea” per far passare i bollenti spiriti del ragazzo, ma Annabeth non ci badò.
«E dai! A loro non interessa se...» tentò di convincerla Percy, cercando nel mentre di riportare la mano sul fondoschiena della ragazza.
«Niente “se” e niente “ma”. E smettila di toccarmi il culo!»
E senza ulteriori indugi Annabeth si alzò dal letto, mentre Percy sbuffava contrariato, recuperando la canottiera dal pavimento. La indossò, poi uscì per andare a prendere la sua borsa, ovunque l'avesse lasciata, in modo da potersi preparare per la notte in bagno.
Nel frattempo, Percy fissava la porta della sua camera, sbalordito dalla velocità con cui era passato dall'essere in due su quel letto, a essere solo. Abbassò lo sguardo, portando una mano tra i capelli e si bloccò: beh, solo solo non lo era visto il piccolo problema nei suoi pantaloni.
Fantastico, e ora? Fare una doccia fredda non se ne parlava proprio. Per quanto adorasse e venerasse l'acqua, in certe situazioni preferiva non dovervi fare ricorso.
Annabeth tornò, indossando una maglietta a mezze maniche e dei pantaloncini da yoga, molto corti. Percy non sapeva se essere felice di quell'indumento per la lunghezza oppure disprezzarlo per lo stesso motivo, che gli innescava immagini lascive. Come ovvio essendo un maschio e trovandosi nella situazione fisica e mentale in cui riversava, scelse la prima opzione.
«Non riuscirò mai a capire come tu faccia a dormire solo in boxer,» commentò la ragazza, infilandosi sotto le coperte.
«Credimi, se tu fossi un ragazzo lo capiresti molto bene,» rispose lui, alzandosi dal letto per sfilarsi i pantaloni. Cercò, inoltre, di spegnere la luce prima che Annabeth potesse vedere il piccolo problema che lei gli aveva causato, ma ovviamente quando si trattava di sfiga lui era sempre il vincitore.
«Percy!» lo rimproverò indignata, distogliendo velocemente lo sguardo dalle sue parti basse con il collo rosso.
«Non ci posso fare niente! È colpa tua, sai?»
«Beh, colpa mia o no, vedi di fartelo passare! Non ho assolutamente intenzione di fare qualcosa stanotte,» ribadì mentre lui di sdraiava al suo fianco, supino.
«Va bene, va bene, ho afferrato il concetto,» borbottò malgrado non fosse affatto facile. Distese un braccio, mentre la figlia di Atena gli si accoccolava sul fianco destro, la testa sul suo bicipite e un piede a toccare il suo.
Era bello stare così, vicini, con nessuna preoccupazione per la testa e l'intera notte da passare insieme come di rado capitava. Gli incubi persistevano, certo, sopratutto dopo l'esperienza del Tartaro e tutto il resto, ma quando si addormentava accanto ad Annabeth nulla poteva turbarlo.
Annabeth che lo amava malgrado tutto.
Annabeth che lo sopportava a dispetto dei disastri che combinava.
Annabeth che stava passando lentamente una mano sul suo petto.
Annabeth che...
Stop!
Abbassò il capo, deglutendo con fatica quando vide che la sua fidanzata gli stava davvero accarezzando il petto con le dita. Forse lo faceva senza accorgersene, ma quel movimento innescò in Percy dei pensieri. Un sacco di pensieri lussuriosi.
Si immaginò Annabeth che lo baciava, che lo mordeva, che faceva vagare la mano sul suo ventre, verso il...
Oh, per le mutande di Ade! Doveva smetterla, doveva smetterla sul serio di pensare a quelle cose altrimenti la situazione nelle sue parti basse sarebbe peggiorata esponenzialmente e lui avrebbe cominciato a...
«Percy! Le tue ascelle puzzano peggio dell'alito di una gorgone! Ma ti sei lavato oggi?»
sudare.

 
 

          
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Eccomi qua con un'altra OS, di nuovo sì
Lo so che state aspettando il capitolo 22 di LTWYL. Tranquilli, arriverà entro la fine di Settembre come avevo forse già anticipato. E' tutto work in progress c:
E poi nulla. Spero vivamente che anche questa storiella vi sia piaciuta (nel quel caso, magari, battete un colpo una recensione per farmelo sapere)... Tutto qua, davvero.
Come sempre ringrazio infinitamente chiunque sia arrivato a leggere fin qui e per tutto l'incredibile sostegno che mi date ogni volta *^*
Vi abbraccio tanto tanto
Annie
 
  
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