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Autore: Malanova    22/09/2015    4 recensioni
Come non detto... HO MODIFICATO LEGGERMENTE LA STORIA!
Ebbene si... perennemente insoddisfatta, ho deciso di fare altre piccole modifiche e cercare di migliorare la storia ed il suo contenuto, grazie anche all'aiuto di Felinala che, con la pazienza di una santa, mi aiuta con la grammatica e mi da qualche spunto XP.
Questa storia narra di Piccolo, figlio del Grande Mago che tenne sotto il suo giogo il mondo per oltre trecento anni, e di Lyrica, la bellissima e alquanto misteriosa fanciulla apparsa dal nulla costretta a prestare servizio alla Famiglia Demoniaca in cambio della sua vita. Sperando di non aver creato un ulteriore pasticcio, vi auguro buona lettura!
P.S. La storia segue la trama dell'opera di Toriyama... se ci sono spazi vuoti vuol dire che la storia è rimasta inalterata
P.P.S Dedico questa storia ad una ragazza molto speciale, di cui non ricordo il nickname (Malanova sei una cretina) che leggeva questa storia, anni fa, ad un gruppo di ragazzini molto speciali... Perdonatemi se vi ho fatto aspettare, non vi ho dimenticati, spero che questa revisione vi piaccia perché grazie a voi che c'è ancora!
Genere: Avventura, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Piccolo, Un po' tutti
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Era giunto il tramonto quando Piccolo stava passeggiando lungo la spiaggia caraibica dell’isola di Kiwi.

Aveva soltanto sette anni ma l’espressione dura e irosa, perenne sul suo viso, intimidiva chiunque incrociasse il suo cammino. In realtà, tutta la sua persona suscitava terrore: la pelle verde e priva di qualsiasi peluria, le orecchie appuntite, le quattro dita delle mani munite di artigli e le antenne leggermente carnose rivelavano palesemente la natura non umana.

La lunga tunica violacea sfiorava i granelli bianchi di sabbia, intrappolandone qualcuno nel tessuto e lasciando dei sottili solchi paralleli alle impronte dei piedi, che venivano poi inghiottite ritmicamente dalle onde dell’oceano. Ogni tanto scalciava con aria pensosa una conchiglia finché essa non scompariva tra i flutti. La spiaggia era deserta per via del coprifuoco che obbligava gli abitanti dell’isola a starsene rinchiusi nelle loro case e, anche se non fosse mai esistito, nessuno avrebbe osato venirci quando lui era presente. Perché lui era Piccolo Junior, l’unico figlio del Grande Mago Piccolo, il Re-Dittatore della Terra, un demone dotato di enormi poteri oscuri che centinaia d’anni prima si era imposto con la forza in quel pianeta dai deboli abitanti e che attualmente deteneva il controllo assoluto di ogni cosa. Con una sola mano era capace di spazzar via un continente intero, se voleva, e il bambino, degno erede del padre, non era da meno. Nessuno avrebbe osato rivolgergli la parola e disturbarlo.

Arrivato nei pressi di una scogliera, il bambino si fermò e guardò l’orizzonte. Per un momento rimase ad osservare il placido movimento delle onde che avevano assunto il colore dei melograni maturi e venne colto da un profondo senso di solitudine. Se avesse un amico con cui… La rabbia e l’orgoglio che da sempre lo caratterizzavano spazzò via quel pensiero impuro ed egli si rimproverò: lui era il figlio del Grande Mago, il futuro re del mondo! Il suo unico scopo nella vita era quello di creare il caos e terrorizzare quegli esseri inferiori che lo popolavano! Al diavolo tutti quei marmocchi che, appena lo vedevano, se ne scappavano via, inorriditi dal suo aspetto demoniaco. Nessuno di quei luridi mocciosi meritava i suoi favori.

Se ne stava andando da quel luogo, ormai divenuto fin troppo tranquillo per i suoi gusti, quando all’improvviso avvertì una presenza poco distante da lui. Si voltò, sussultando. Da dove era arrivata quella bambina e da quanto tempo si trovava lassù? Come mai non l’aveva notata prima?

Lei era lì, a guardare l’orizzonte come stava facendo lui prima, sopra a uno dei grossi scogli che delineavano il breve tratto della riva est dell’isola, all’apparenza inconsapevole della presenza di Piccolo a pochi metri di distanza. I capelli corvini dai riflessi violacei erano lisci e corti alla nuca ma lunghissimi fino al busto ai lati e si muovevano alla brezza oceanica, sfiorando con le punte la maglia di seta in stile asiatico color azzurro cielo, con delle cuciture sulle maniche lunghe ed ampie che ritraevano rametti fioriti, stretta in vita da una cintura anch’essa di pregiata seta blu. A fasciarle le gambe magre aveva un semplice pantalone nero, di cotone, che le arrivava alle ginocchia il cui l’orlo si poteva regolare con delle clip. I piedi erano nudi e sembravano aderire leggermente sulla superficie della roccia.

“E-Ehi t-tu!” la chiamò il bambino, riprendendosi dallo stupore “Non dovresti essere in giro… Non lo sai che a quest’ora è in vigore il coprifuoco? Vedi di tornartene a casa prima che i miei servitori ti trovino e decidano di farti a pezzi!”. Appena ebbe finito di dire quelle parole, Piccolo sorrise in modo sadico, mostrando i denti aguzzi: ora quella mocciosa se la sarebbe data a gambe strillando dalla paura. Invece…

La bambina si voltò verso di lui, lentamente, finché non si ritrovò a guardarlo. Il cuore del bambino accelerò. Quegli occhi… erano di un giallo sorprendente! Era come vedere delle pepite d’oro luccicare sotto la luce del sole! Ella rimase a fissarlo attentamente per un paio di minuti, studiandolo con un’espressione cinica, poi tornò a guardare l’oceano e mormorò, gelida “Ritornerò a casa quando sarò in grado di farlo, Tola’at”.

Piccolo spalancò gli occhi e la bocca, sorpreso e furioso allo stesso tempo. Come osava quella marmocchia rispondergli in quella maniera e con un tono così impertinente? Non si era resa conto con chi stava parlando? Era pazza oppure stupida? Le stava per insegnare a rispettare il suo principe quando sentì le campane di una chiesa lì vicino rintoccare per sei volte. Era giunto il momento di ritornare al King Castle altrimenti suo padre lo avrebbe rimproverato. Si librò nell’aria e le lanciò un’ultima occhiata. La bambina continuava a fissare davanti a sé, ignorandolo. Per ripicca le fece una linguaccia, si voltò e se ne andò via.

  
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