Storie originali > Fantascienza
Ricorda la storia  |      
Autore: Xebfwalrk    22/09/2015    2 recensioni
3500 anni dopo la grande distruzione di Terra Rossa. Le città di Pratis sono sotto l'assedio di una popolazione Aliena pronta a uccidere tutti i suoi abitanti. Come per ogni storia ad un eroe viene chiesto di farsi avanti e Adam non può certo vedere la sua città, tanto faticosamente costruita, cadere sotto l'assalto di quegli aggressori.
Megavoltron nata da poco più di 100 anni, non troppo lontana dalla capitale del Regno di Alabastro diventerà teatro di scontri cruenti per la sua liberazione.
Genere: Angst, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
- Questa storia fa parte della serie 'Pratis'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 


 

 



EcA





 
«Buon compleanno» sussurrò al riflesso dello specchio. Si piazzò alle sei di mattina davanti a quello specchio molto anni duemila e osservò il suo volto senza pietà. Guardò il collo tonico, la faccia tirata e piena, le labbra rosee e sottili. Incontrò il suo sguardo, un po' triste per l'ennesimo anno passato, il bianco azzurro dei suoi occhi era ancora appannato dal sonno.
Prese il rasoio quantico e si fece la barba, spessi peli biondi caddero a fontanella nel lavello metallico.
Proseguì nel quotidiano della sua routine, caricò nel display della doccia il programma della lezione del giorno e lo lesse con cura:
         La battaglia della Generazione: la formazione dei sette stati; ore 8:30 aula 7
         Leopold Aschi: il concquistatore dei due terzi; ore 11:00 aula 12
         La desertificazione di Terra Rossa; ore 15:30 aula 8B
Uscì dalla cabina doccia e si mise un asciugamano in vita, non poté fare a meno di osservare il suo riflesso nella Struttura Riflettente[1], il suo fisico asciutto e muscoloso era rimasto immutato fin dalla prima volta che usò quello strumento. Sospirò, guardò nuovamente  il suo corpo da trentenne.
Si stava prodigando nell'aprire una busta di Colazione Flash[2] all'essenza di frutta vera quando sentì bussare concitatamente alla sua porta. Senza troppa furia versò la polvere aranciata in un bicchiere d’acqua e andò ad aprire, portandosi la colazione appresso.
«Adam!» un uomo, anche lui sui trent'anni, stava ansimando come una teiera, la mano poderosa appoggiata allo stipite della porta «Lo hanno rapito!» esordì.
«Erick chi hanno rapito?» rimasero sulla porta a guardarsi con ansia. Un rombo calò dal celo, come un aereo che rompe la barriera del suono.
«Loro! Hanno fatto la prima mossa; hanno rapito il Magnifico Samuele!»
«Stai scherzando?» Adam era più scocciato che spaventato. «Dov'erano le guardie quando lo hanno rapito?»
«Non lo so, mi hanno svegliato un'ora fa per dirmi che era stato rapito il Magnifico dalle truppe di Marilien.»
«Come possono quegli Alieni incapaci rapire un uomo sotto il tuo naso? Quanti anni di esperienza hai alle spalle? Mi sembri un novellino!» Adam era furibondo adesso.
«Ti prego aiutami, non posso farcela da solo, soltanto un abile stratega come te può farcela!»
«Non adularmi, lo so che sono un abile stratega, d’altronde non esisterebbe Megavoltron senza di me.» Adam si congratulò un secondo, ammorbidendosi. «Possibile che in dieci anni non siamo riusciti a liberarci di quegli alieni? Orbitano con quelle lattine sopra la nostra testa da così tanto tempo che ormai non ci facciamo neppure più caso.»
«Lo sai, se ne abbattiamo una quella si rialza e si separa in tre, abbiamo smesso di abbatterle, altrimenti non vedremmo più il celo. Poi la settimana scorsa sono cominciati gli attacchi, hanno ucciso diverse persone, ma hanno terminato di fare i rapimenti.»
«Erick! Aspettavi che avessi dei capelli bianchi prima di darmi questa informazione? Quanto potere date ai Bokaton[3]»
L'uomo abbassò le orecchie come un cane per la colpevolezza.
«Andiamo a cercare due armi. Magari salviamo il "Magnifico"» decretò, sottolineando l'ultima parola con sarcasmo.
 
Adam prese la sua giacca e la indossò, nonostante fosse autunno da pochi giorni il clima non si decideva a fare un po' di freddo a modo. Adam ne era terribilmente seccato, come tutti gli anni della sua vita del resto. I due salirono nella sua vettura al plasma verde acido.
«Sei proprio un tradizionalista, quando ti decidi a comprare una macchina quantica seria? Mica ti mancheranno i soldi?» Adam lo ignorò e accese il motore: un flebile ruggito si fece sentire, poi pestò l'acceleratore antico e partirono sfrecciando come forsennati verso il centro della città.
«Vai piano santo celo, mica ho detto che non funzionava! Ho solo detto che ci sono modelli assai più comodi!»
«Sta zitto o ti scendo mentre andiamo a 180.» Erick si ammutolì, consapevole che ne era capace.
Attorno al Foro c'era un mare di giornalisti, i flash al boro illuminavano come lampi il mattino nascente.
«Noiosissimi giornalisti, sempre in mezzo quando hai da fare.» commentò alla vista del muro di gente.
Aggirarono l'ostacolo e si diressero all'armeria.
Non fu difficile arrivarci, quella era fuori mano rispetto al Foro e nessuno ci andava spesso, a Megavoltron nessuno si comprava armi, erano tutti troppo snob per andare a giro armati, ma del resto non ce ne era nemmeno bisogno, nessun criminale si metterebbe in affari a Megavoltron, troppo snob anche per loro.
Adam suonò il clacson con molta nonchalance. Da una finestra fece capolino un'altra testa bionda, lunghi capelli lisci si allungarono fuori dalla cornice; li guardò storto e tornò dentro.
«Ti diverte farla infuriare?»
«Non sai quanto.» rispose sorridendo.
«Alle volte ti comporti proprio come un ragazzino! Ma ti vedi? Comportati come uno della tua età!»
Adam guardò il vicino di posto con uno sguardo terrificante.
«Perdonami, mi sono lasciato trasportare dal momento.»
«Che non si ripeta mai più. Non sono mica una di quelle sciacquette con cui ti vedi.»
Erick uscì veloce dalla macchina, lasciando in dietro il proprietario.
«Ragazzini, sempre a voler saperne più di te.» commentò a denti stretti nell’abitacolo vuoto.
Scese dalla macchina e la chiuse con il telecomando. In pochi passi fu davanti l'entrata dell'armeria. Sopra la porta l'insega olografica scriveva in continuo "Armeria eterna".
«Benvenuti all'eterna, sgraditi ospiti» li accolse la donna bionda da dietro il bancone.
«’Essi, ci servono delle armi, andiamo a recuperare il Magnifico.» Cominciò Erick «Sapevi che è stato rapito vero?» proseguì notando lo sguardo attonito della donna. «Non fanno che parlarne da stamani» le disse come se fosse una cosa nota da mesi.
«Erick, lo sanno tutti che è stato rapito da Marilien» La donna lo fulminò con uno sguardo «Evidentemente la notizia  mi ha raggiunto prima della tua lingua biforcuta.»
«Ci servono delle armi.» Interruppe la lite Adam «Dammi una SP400, una BOM-Net, tre Saturn e un Kit da perforazione» chiese senza troppo riguardo, voltando le spalle ad Erick che stava sdraiato sul bancone.
«Ehi! Ma come ti permetti? Voglio!?» Adam alzò un sopracciglio «Arrivano subito» rispose scocciata; sbuffante sparì in magazzino. Si sentì rovistare di scatole di cartone e di oggetti metallici.
«Ti ha morso una vipera stanotte?» gli domandò Erick.
«Si, stamattina una vipera bionda è venuta a bussare alla mia porta rovinando la mia routine. La mia tranquilla e beata routine: dove vado a scuola e insegno a quei somari la storia che ho faticosamente raccolto in questi anni di vita.»
«Sai, l'acido dei vecchi non ti dona Adam.» commentò liberamente Erick.
L'uomo non si voltò, ma Erick sapeva che stava meditando come ucciderlo.
La donna tornò con una scatola piena di pezzi metallici e scatole con le munizioni.
«Per te Adam, ho portato quello che hai chiesto» disse.
Infilò la mano dentro la scatola e ne estrasse un mitra di trenta centimetri «La SP400, con dieci scatole di munizioni» poi prese un tubo metallico anonimo con una palla in fondo «La BOM-Net, so che sai usarla, e ci tengo a dirti che sei l'unico che la compra ancora.» infine tirò fuori tre palline metalliche nero lucido «Le Saturn e il Kit.» concluse sbatacchiando un involto rettangolare sul tavolo.
«A me cosa hai portato?» domandò Erick.
«Per te ho preso il Piccone, una EPM7 e tre Saturn.» estrasse una pistola un fucile e tre palline metalliche. «Aspettate dieci minuti che metto il cartello di chiusura straordinaria che arrivo.»
«Ti unisci a noi? Quale disgrazia?» fece tragico Erick.
«Pensavi davvero che Alessia non sarebbe venuta a cercar gloria? Ma non la conosci tua sorella?» la donna urlò indicandosi con i pollici; prese da sotto il bancone una lavagnetta luminosa e vi scrisse “chiuso per missione” riempì nuovamente la scatola con le armi e la sbatté tra le braccia di Erick.
Erick si lamentò per il gesto scortese ma non disse nulla; i due uomini uscirono e caricarono la bauliera con le armi.
«Adam, secondo te dove hanno portato il Magnifico?»
Adam si irrigidì, Erick capì all'istante che si era infuriato a modo. «Erick, pensavo tu lo sapessi» disse a voce calma, trattenendo a stento l’ira; poi si fermò a riflettere «So da chi andare, lo saprà sicuramente dove lo hanno portato.»
Adam abbandonò Erick alla bauliera chiudendola con un tonfo, e scappò nell’abitacolo della macchina, sedendosi alla guida. Erick si mise nei posti posteriori dopo poco, lasciando alla sorella maggiore il posto davanti. Attesero qualche minuto e la donna arrivò con pochi passi. Si era cambiata: indossava una maglia militare con un giacchettino senza maniche. La criniera bionda costretta in una coda di cavallo rigida.
Furono in tre su quell'auto verde acido. Adam non attese nemmeno che Alessia chiudesse la portiera e pestò l’acceleratore: correvano a tutta velocità per le viuzze di periferia di Megavoltron. Presero un paio di strade contro senso per velocizzare il percorso. Mentre andavano Erick accese la musica allungandosi come una pianta infestante fino ai comandi dell’autoradio «Che ne dite di far muovere un po' questi bassi?» chiese, senza attendere una risposta digitò un codice sul tastierino della radio e premé il pollice per la lettura dell’impronta digitale, dopo pochi secondi partì una musica spaccatimpani. I vetri della vettura vibrarono al limite della rottura.
Adam vide un passante e si immaginò la scema vista dai suoi occhi: tre trentenni in una macchina verde acido anni 2020 con musica d'altri tempi e truzza.
Adam si passò una mano sulla faccia, picchiò Erick sulla testa con uno scappellotto e spense la musica.
«Disapprovo» sibilò, concentrandosi nuovamente alla guida, nascondendo abilmente il sorriso per il flash mentale che si era fatto.
 
Proseguirono per  dodici chilometri fino al confine della città, le grandi colonne che fungevano da scudo sovrastavano di pochi metri gli edifici più alti.
«Però queste colonne sono venute bene, chi ti ha passato il progetto dello scudo sonico?» domandò Alessia «Mi ha sempre incuriosito saperlo. Ne sei uscito con questa storia che avevamo bisogno di protezione e hai triato fuori lo scudo, e poi dopo qualche mese che lo avevi annunciato sono apparsi i Bokaton. C’è chi sospetta che tu li abbia chiamati.»
«Alessia cara, se tu avessi usato meglio la tua vita sapresti prevedere le cose» le chiuse il discorso, ignorando le sue accuse.
Dopo una ventina di chilometri, oltrepassato il confine dell'abitato, la macchina cominciò a rallentare e i passeggeri crederono che la loro meta fosse ormai vicina, senza preavviso Adam svoltò bruscamente fuoristrada nella steppa arida.
«Ma che diavolo! Potevi avvertire!»
«Dov'è il vostro spirito giovanile? Aveste avuto la mia età avrei compreso!»
Erick se ne stava seduto rigido e silenzioso, brutti ricordi gli affiorarono davanti agli occhi.
«Adam, ti ricordi l’incidente di Erick? Dove pensava che avesse perso per sempre una gamba?»
«Suvvia, ora ti preoccupi di queste cose?» rise forte.
Lo sterrato durò dieci minuti d'orologio, di sobbalzi per le buche e i sassi. Alla fine si fermarono davanti ad un rudere, interamente di legno, legno ormai marcio.
«Chi ci vive qui? Uno yeti?» domandò Alessia.
«Potremmo anche chiamarlo così» rispose avviandosi verso il balcone per entrare.
Tutti lo seguirono, Erick parve riprendere un po' di colore non appena uscì dalla macchina.
Adam aprì la porta lentamente, l'unico arredo ancora "in piedi" era un comò sgangherato che dava su una parete opposta alle scale, il pavimento di legno era intriso di macchie d'umido e qualcos'altro.
Il piccolo atrio era adornato anche di ragnatele e polvere: la tipica casa degli orrori.
Adam salì la scala che si proponeva invitante davanti la porta. La casa gemeva ad ogni suo passo. La scala suonava a marcio e sembrava dovesse crollare ad ogni passo.
Alessia ed Erick lo seguirono senza curarsi troppo degli scricchiolii. Erick scansò uno scalino crollato sotto il peso di chissà chi e raggiunse gli altri nel corridoio.
«Questo posto è inquietante. Sembra in piedi da quando eri giovane Adam. Per caso è la tua casa d’infanzia?»
«Non dire baggianate» lo zittì «Io non sono originario del Regno di Alabastro.»
«E quindi di dove sei Adam?» Alessia parve incuriosita.
«Io sono di Lande Verdi» rispose secco, inforcando il corridoio lungo e scuallido.
Erick e Alessia osservarono le porte che si affacciavano ammiccanti, una sulla destra era semi aperta una scritta sbiadita rossa restituiva lo sguardo, una grossa fessura provocata da qualche arma bianca si apriva la strada nel legno marcio della porta.
Oltrepassarono tre porte, Adam si voltò alla quarta da sinistra.
«Preparatevi a incontrare lo Yeti.» ammiccò.
«Secondo me è fuggito da questa casa, va a pezzi» Alessia commentò prima che Adam aprisse la porta.
Adam non rimase a sentire altre baggianate e aprì la porta ruotando la maniglia; quella cigolò per protesta.
Davanti ai loro occhi si aprì una stanza illuminata da una finestra, il pavimento urlava pietà, il legno che lo componeva era tutto screpolato e la vernice veniva via a scaglie, le pareti erano ricoperte giusto a metà di carta da parati oscena, in principio forse peggio. Il muro sottostante era di legno, anche li si affacciava qualche muffa misteriosa e un paio di funghi aranciati. Le ante della finestra erano rattoppate con del filo metallico, il vetro era opaco dallo sporco e lasciava trapelare una luce giallastra.
In mezzo alla stanza un oggetto che non aveva nulla a che fare con la vetustà della dimora.
Un computer anni 1970 reggeva l’anima con i denti, i nastri che ruotavano stridevano stancamente.
«Ci aspettavamo uno Yeti, non un fossile» Erick era tornato del tutto normale.
«Vi presento Adam» disse il capogruppo.
«Hai dato il tuo nome ad un computer?»
«No, veramente io mi sono permesso di prendere il suo. Vedete, Adam è la prima vera intelligenza artificiale creata dall’uomo, e ovviamente ha questo nome.» spiegò.
«E Eva?» fece Alessia, sentendo minare la sua essenza di donna.
«Per Eva bisogna aspettare gli anni 2000, è stata creata a partire da una fetta di codice di Adam, trafugata da un’industria molto nota che poi ha fatto successo negli anni avvenire, diciamo fino ad oggi.»
Alessia continuava a non capire; a tal punto intervenne Erick, si mise le dita della mano destra come se afferrasse qualcosa di sferico e fece come per dagli un morso e masticò il nulla.
Alessia sollevò il sopracciglio per la presa in giro del fratello.
«Adam, sai dove hanno portato il Magnifico Samuele?»
Il catorcio di latta cominciò a emettere rumori e sibili di un vecchio computer che elabora i dati, poi da un altoparlante d’altri tempi uscì una voce sintetizzata della qualità più scadente che si fosse mai sentita nell’ultimo secolo.
«Est…» un gracchio insopportabile seguì la parola «Desertcountry» seguì uno schiocco agghiacciante e l’altoparlante si zittì.
«Grazie Adam.»
«Obbligo» gracchiò nuovamente.
«Andiamo, adesso sappiamo a quale nave spaziale hanno portato il Magnifico.»
Adam uscì dalla porta osservando i due che si guardavano d’intorno con disgusto.
«L’arredo di questa casa non vi piace proprio eh?» chiese.
«Mette i brividi.»
«Questa casa è in piedi dai tempi della grande devastazione in Terra Rossa, dicono sia stregata e sconsigliano di venirci di notte. Ma noi non crediamo a queste castronerie no?» Adam rise e scese le scale saltando lo scalino rotto.
Furono fuori e il mondo parve riprendere colore e gioia. Salirono in macchina.
«Ci aspettano dodici ore di viaggio. Preparatevi.» detto quello mise in moto e partì a tutta velocità.
 
Si dettero il cambio giusto un paio di volte e si fermarono una sola per espletare i bisogni fisiologici. Il viaggio su strada sterrata in direzione est era praticamente un salto nel buio, ma Adam sapeva la strada. Furono in vista di Desertcountry poco prima dell’alba del giorno dopo.
«Questo cartello di benvenuto ricorda molto l’Eden di Adam» Erick era alla guida del veicolo.
«Stai zitto e guida, la nave e a pochi chilometri da qui.» Adam si schiarì la voce «Il piano è questo. Montiano sulla nave, perforando lo scafo con il Kit di Perforazione che ho preso, poi ci dirigiamo alla sala di comando, dove presumo troveremo il Magnifico, o il capitano, a quel punto facciamo prigioniero il capitano e ci facciamo scendere vicino alla macchina, poi uccidiamo tutti con le Saturn che metteremo nel reattore di moto della nave.»
«Sei un genio del male, lo sapevi?» Alessia era sconvolta «Vuoi ucciderli tutti davvero?»
«Non dimenticarti che loro si divertirebbero un mondo a ucciderti, e ci si divertirebbero davvero tanto. E a lungo. Fidati, meglio allontanare questa piaga» Erick commentò rigido.
Non attesero oltre, accostarono al lato di una strada inesistente, in lontananza, davanti a loro, un punto scuro indicava la posizione della nave aliena. Adam aprì la bauliera e ne estrasse il suo equipaggiamento; si scansò permettendo agli altri di recuperare le loro cose.
Era lì ritto in piedi che osservava quella massa nera sospesa nel celo apparentemente ferma.
«Pronti?» domandò quando li vide ben attrezzati.
«Ora o mai più» commentò Erick facendo il saluto militare di Arancionia: si posizionò con le gambe rigide e si inchinò a novanta gradi, mettendo una mano dietro la schiena, in segno di profondo rispetto.
Tornarono in auto, alla guida si mise Adam. Partì a tutta velocità verso quella macchia che deturpava il celo privo di nuvole.
 
«A vederla da qua sembra enorme» si svegliò Erick dal torpore dell'attesa.
«Come troveremo il ponte di comando?»
«Non disperate, se osservate bene la nave è a forma di "D", il ponte di comando è esattamente al centro della cupola, proprio sopra la sala motori.»
«Furbi, ci semplificano il piano. Ma come saliamo? Ci saranno tremila metri» notò Erick.
«Qui entrate voi in gioco, dovete distrarrete le nevi drone d'assalto che arriveranno» Adam sorrise mentre la macchina saltava su un dosso.
«Distrarre? In che senso?» Alessia fu subito sospettosa.
«Non fatevi prendere» si limitò a commentare mentre usciva con la testa per prendere la mira con la SP400. Premé il grilletto e un raggio verdastro partì velocissimo verso la nave, poi con un boato assordante lo scafo esplose verso l'esterno. Subito la nave rallentò, da sotto e dai lati si aprirono delle porte nascoste dove uscirono le navi droni a forma di otto.
Colpi di laser e esplosioni leptoniche cercavano di polverizzarli nella macchina.
«Mi raccomando Erick, non graffiare la macchina!» ammonì Adam il ragazzo, poco prima di gettarsi fuori dalla macchina, atterrando con una doppia capriola.
«Brutto stronzo! L'ha fatto ancora!» commentò tranquillo Erick a Alessia, fermando il volante che aveva iniziato a girare bruscamente.
Adam si rialzò rapido e sparò una raffica di colpi ai droni vicini facendoli cadere come foglie secche; intanto anche dalla macchina stavano sparando.
Adam si avvicinò ad un drone, era radio pilotato. Proprio come sperava. Entrò sfondando il vetro con un calcio e si mise ai comandi.
«Maledetto linguaggio alieno, hanno cambiato di nuovo le password, questo richiederà più tempo…» Adam non si perse d'animo e provò le parole che conosceva in quella lingua tanto strana.
«Maledizione!» sbottò.
Preso dalla duri fracassò il pannello, trovando delle leve nascoste.
«Questo è ingegnoso, gli va riconosciuto» si congratulò, afferrò le leve e vide che muovevano le ali e i propulsori del drone. Schiantò un pugno sull'accensione sbucciandosi le nocche e il motore quantico partì, portandolo in alto. Armeggiando riuscì ad evitare i colpi nemici ed a entrare nella stiva. Proseguì con il drone rimbalzando sui nemici e sulle pareti. Quando fu praticamente a metà strada dal ponte di comando una barriera elettromagnetica gli si parò davanti all’ingresso, sbalzandolo fuori dal drone che si arrestò immobile a mezz’aria, imprigionato nel campo magnetico.
Il fucile SP400 si era piegato nell'urto, fracassandosi sul suo costato sinistro.
«Stupide armi economiche» ringhio strusciandosi il busto, poi afferrò il tubo con la sfera. «BOM-Net, questa si che è un'arma» l'attivò  con un mezzo giro della sfera, dal tubi si aprì la strada una lama di plasma azzurro-verde. «Adoro il plasma, meglio del vecchio acciaio pesante e fragile.»
Mentre monologava da solo un alieno gli si gettò contro, aveva quattro braccia e una bocca piena di denti spinosi, Adam, con un fuoco di euforia pazza negli occhi, gli tranciò di netto le braccia a destra e mezza testa.
«Ho perso il mio tocco.» commentò.
Colpi di arma da fuoco iniziarono a piovere dall'alto, Adam ruotò ancora la sfera e la lama divenne larga quanto la sua schiena, ci si mise sotto e corse in direzione del ponte, seguendo le indicazione in lingua aliena.
Una voce da altoparlanti nascosti incitava a difendersi e a catturare l'aggressore. Era la voce della loro regina, Marilien.
Adam non si curò degli incitamenti di morte nei suoi confronti e delle minacce di morte nei confronti di chi falliva, continuò la sua corsa, saltando ad ogni proiettile e affettando chiunque gli si parasse davanti. Svoltò ad una curva a gomito e non vide che un plotone di avversari gli si era parato davanti. Si voltò ma gli avevano tagliato la fuga.
"Non uccidetelo!" gracidò in quella lingua gutturale la regina. Adam capì che era il momento di svignarsela, ma al momento non gli veniva in mente nulla di creativo per uscirne intero.
 
Un boato dietro al fronte di soldati fece capire ad Adam che qualcuno aveva scoppiato una Saturn. Pezzi di alieno volarono in tutte le direzioni dell'urto.
Adam si voltò appena in tempo per proteggersi dalle frattaglie con la BOM-Net.
Prima ancora che il fumo denso e grigiastro della Saturn si fosse diradato Adam si gettò nel varco creatosi, cadendo in una voragine. Il volò durò poco più di cinque secondi.
L’impatto con il fondo metallico gli fece sentire l'eco delle ossa delle gambe che di frantumavano.
Adam urlò di dolore «Merda, che male!»
«Tutto a posto Adam?» Alessia apparve dal nulla, la sua chioma ribelle mezza uscita dalla coda di cavallo.
«A te come pare?» ringhiò rabbioso.
«Adam, il vecchio acido non ti si addice» Erick gli fu davanti «Dai alzati, solo te capisci questi disegnini.»
Adam si distese le gambe inerti, riallineò le ossa e si ricompose alla meglio la gamba tra un gemito e un grugnito.
Le capacità rigenerative non tardarono a manifestarsi, in pochi secondi il sangue smise di scorrere veloce dalla ferita e Adam fu di nuovo in piedi, brandelli di pelle si andavano a generare a vista d’occhio sulla ferita, scricchiolii indicavano che le ossa si stavano girando e sistemando in posizione corretta.
«Siamo sotto il motore, per poco non ci facevate esplodere tutti con quella Saturn!»
«Ma siamo immortali!» Erick lo disse come se si trattasse di una banalità.
«Non so quanto il nostro dono sia efficace contro la ionizzazione delle cellule.» Adam era serio.
«Suvvia, non sarà così grave» Alessia fece spallucce.
«La sapete l'origine del nostro potere qual è?» domandò.
«Sei tu il più vecchio che conosco, ma non ho mai pensato a chi fosse il primo di noi.»
«Andiamo.» sbuffò Adam «Mentre salviamo quell'altro vi racconto un po' della nostra storia.»
«Adam quanti anni sono che fai l'insegnante?» domandò Alessia.
«Sono tre vite che mi dedico a questo diletto.»
«Allora sei qualificato!» esclamò Erick «Ma quanti anni hai? Tre vite fa nascevo io.»
«Si vede che sei un bambino ancora.» lo rimbeccò la sorella.
«Manca poco al ponte di comando.» li avvertì. Con calma cominciò una delle sue lezioni preferite, che mai nessuno aveva avuto modo di ascoltare fino a quel momento. Venne il momento di esporre i dati raccolti nella sua esistenza: «Noi abbiamo origine da un giovane ragazzo, il cui nome è ormai perso nelle sabbie del tempo.»
«Non essere così teatrale, come si chiamava? Quando è nato? Quanto viviamo?»
«Come sei impaziente Erick, non lo sa come si chiama.»
«Silenzio! Sto parlando. Si narra che è nato nel remoto 1731 prima della grande devastazione in Terra Rossa.»
«Quindi esistiamo dalla bellezza di 4700 anni?» esultò Erick.
«4748 per essere precisi» lo corresse la sorella, tirandogli uno scappellotto «Siamo nel 3017.»
«Ed è sempre vivo queste famigerato ignoto?»
«Il "famigerato ignoto" non si sa che fine abbia fatto.» rispose Adam. «È trascorso troppo tempo.»
Tutti si scansarono appena in tempo per evitare la pioggia di colpi nemici, un proiettile luccicante graffiò la pelle della donna facendole storcere la bocca per il dolore.
«Ci hanno trovato!» urlava Alessia per farsi sentire sopra al frastuono del plasma sul metallo, che emetteva un suono acuto e penetrante.
«Cosa facciamo?» gridò di rimando Erick.
«Sarà doloroso, Erick.» disse con tono solenne «Corri da quel lato, tieniti strette le armi più della pelle.» ordinò «Alessia tu rimani là, quando prenderanno di mira Erick uccidili tutti» Adam sistemò la BOM-Net a spada sottile e corse come un ninja verso i nemici scansando più colpi possibile.
Erick lo imitò, ma appena mise un piede fuori dalla copertura della parete venne colpito innumerevoli volte, ad ogni foro di proiettile si sostituiva un gocciolio di sangue e poi nuova pelle trentenne.
Alessia colpiva gli alieni sulla loro posizione sopraelevata con il mitra sonico, ad ogni colpo andato a segno si sentiva il suono del nemico, ormai privato della zona colpita, come un sasso che cade in un pozzo melmoso.
Adam era arrivato ai nemici, affettava chiunque gli si parasse contro.
Quando ebbero un momento di stallo, al momento in cui più nessun nemico gli si parava ostile poterono parlare:
«Alessia, Erick preparate il kit di perforazione, lassù! » gridò Adam, indicando un punto sopra il pontile.
Strappò di mano ad Alessia l’involto ancora chiuso, lo aprì con una mossa veloce e ruotò la manovella al massimo, poi vi tirò un pugno per attivarlo, lo lanciò nella direzione designata. Appena dopo un paio di colpi si voltò e uccise l'ennesimo nemico. Poi sigillò la porta sfondando il meccanismo di apertura.
«Tappatevi le orecchie se non volete provare la rigenerazione dei timpani!» avvertì Alessia. L'arma si caricò qualche secondo, emettendo un sibilo fastidioso, poi eruttò in un boato successivo ad un fascio di luce rossa diretto verso l'alto.
Adam prese i due per mano e si gettò nella luce rossa.
Il dolore era insopportabile, i tre potevano vedere la pelle carbonizzare e i vestiti polverizzarsi, si erano raggomitolati sulle loro armi per impedire alla luce al quazar polarizzato di renderle polvere.
Alla fine del raggio furono sul pontile.
«Accidenti Adam! Fa un male cane!» inveì Erick quasi completamente nudo.
«Ho aspettato che diminuisse di potenza ma non di accelerazione, volevi fartela a piedi sotto il fuoco nemico?»
Mentre parlavano si trovarono circondati da nemici. Adam con uno scatto uccise il più vicino e si abbatté contro quello che doveva essere il capitano della nave, riconoscibile per la divisa diversa dagli altri.
«Fermi» intimò l'ostaggio, rivolto a tutti i presenti.
«Dov'è il Magnifico Samuele?» sbraitò Erick, reso ridicolo dalla mancanza dei pantaloni.
L'ostaggio diede il tempo ad Adam di riflettere, con voce roca parlò la loro lingua rugginosa «Sei la regina Marilien?»
«Mi hai presa intruso.» disse ad Adam «Portate il prigioniero» poi rivolta ad un subordinato.
Dopo poco sul ponte, disteso su una barella, apparve il Magnifico. Erick e Alessia lo presero «E ora?»
«Calatevi nel tunnel, uscite, veloci! Tra tre minuti esploderà tutto.»
I tre si buttarono nel pozzo senza nemmeno riflettere, il Magnifico volò di sotto con loro.
Adam parlò ancora la lingua aliena «Per quale motivo assediate Pratis da quasi dieci anni?»
La regina ebbe un fremito, ma non rispose.
«Se muore la regina, muore la colonia no?» domandò retorico.
In un lampo si gettò con l'aliena nel traforo sul pavimento, in caduta libera, le tolse la spada dalla gola e la conficcò nel freddo metallo, ora stingeva con un braccio il collo della regina e con l'altro i due sospesi. Marilien si dimenava per sfuggire alla presa dell'uomo, cercando di far presa sulle pareti lisce del tunnel, ma lui non cedeva. Si issò con una forza ignota fino a reggersi con l'ascella e afferrò le tre Saturn, le caricò ruotandole, quelle cominciarono un ticchettio da orologio da forno. Con un ultimo sforzo raggiunse un’asperità nella parete e vi inserì le bombe ai neutrini.
«Dopo una vita di più di 4000 anni è tempo che muoia anche io.» affermò.
Le tre Saturn esplosero con un boato assordante. Adam fu in prima fila per vedere il lampo accecante e il conseguente accartocciamento della materia dovuto all’esplosione. Il vuoto creato destabilizzò il reattore, innescandone l'esplosione. Adam non era più consapevole già da interi secondi.
 
Dolore e luce. Dolore e freddo. Le prime emozioni che riuscì a elaborare furono proprio il dolore e il senso di mancanza. Ma di cosa? Non riusciva proprio a ricordare che cosa. Poi un fulmine, la memoria tornò anch'essa dolorosamente al suo posto. Si ricordò cosa fosse accaduto. Un lampo di consapevolezza gli fece domandare come potesse essere ancora in vita. Vide un piede davanti a sé, la prima cosa che vide dopo quel periodo di buio. Non aveva idea di quanto tempo fosse passato. Forse era tardi per tornare alla vita di sempre. Oppure erano riusciti a far tornare alla normalità l'intero mondo?
 
Adam si ritrovò nudo, circondato da rottami metallici bollenti, i piedi nuovi si immergevano nella sabbia bollente, provocandogli un solletico che stava mutando rapidamente in dolore per il calore, poi il dolore divenne un ronzio, le ustioni e la rigenerazione erano arrivate all'equilibrio e tutto si era calmato.
Camminò rapido verso ovest, o così credeva di fare, erano andati in missione a est. Camminò per un giorno e una notte, dove il sole si era mangiato la sua pelle e la notte l'aveva congelata, ma non si fermò. non aveva bisogno di riposarsi o mangiare, doveva trovare la civiltà.
Arrivò in vista di una casa, vi entrò senza troppi complimenti e osservò la scena al suo interno. I mobili erano stati ribaltati, vestiti e altri oggetti di uso comune era sparsi ovunque. Il caos. Prese giusto due cose per vestirsi e cercò delle chiavi per una vettura. Le trovò miracolosamente lasciate intonse in un porta oggetti infranto al pavimento. Premette il pulsante e la macchina rispose con un “bib” da una parete dietro di lui. Fece il giro dell'abitazione e si trovò davanti una macchina al quarzo. Entrò nell'abitacolo e partì alla volta di Megavoltron.
 
Mentre viaggiava la sensazione che qualcosa non andasse lo tormentava.
Alla fine arrivò davanti a Megavoltron, la città era circondata da mura di metallo che prima non c'erano, sopra volava una nave nemica.
Adam si fermò davanti a quello che pareva un cancello gigante.
Uscì dalla macchina sbattendo la portiera, l'eco del rumore si propagò su tutto il muro metallico. Dopo pochi istanti apparve il volto del Magnifico, proiettato proprio sopra il cancello.
«Adam?» domandò allibita la voce di Erick resa metallica dall’altoparlante.
«Cosa sta succedendo?» gridò al volto del Magnifico.
«Aprite la porta!» strillò, facendo rimbombare il suo acuto lungo le mura. Dal basso un piccolo uscio si schiuse, ne uscì una testa bionda.
«Adam!» Erick urlò nuovamente come una sirena mentre gli correva incontro.
Adam giunse a metà strada e salutò il giovane con una pacca sulla spalla.
«Sei diverso» asserì.
«Temo che i raggi ionici non mi abbiano fatto molto bene.»
«Neppure un'esplosione atomica può ucciderti!»
«Non può, ma mi ha sgretolato in maniera orribile. È stato faticoso tornare in vita.» Adam abbassò la voce per non farsi sentire troppo.
Alessia giunse come un tornado e cinse Adam in un abbraccio.
«Cosa è successo?»
«Quando è esplosa la nave madre gli alieni si sono rivoltati contro tutta l'umanità! Siamo tutti radunati in città con mura soniche per difenderci dei loro attacchi» cominciò Erick «Giungono notizie: sembrerebbe che sia caduta Aikenpool.»
Mentre parlavano sentirono un brivido dietro la schiena, si voltarono per vedere la nave che puntava loro un raggio. Fuggirono giusto in tempo per non essere polverizzati.
Al sicuro dietro le mura metalliche i tre aggiornarono Adam su cosa fosse accaduto.
«Quanto tempo è passato dalla mia scomparsa?»
«Sono passati sei giorni, e sono stati sei giorni terribili.» rispose Erick.
«Dalla nave distrutta nel Desertcountry non si è rigenerata alcuna nave, giusto?»
«Sembrerebbe che farne esplodere il generatore ne impedisca il loro recupero, anche per una sola nave. L’attività termica non ha dato risultati, già dalla sera del botto erano tutti morti.»
«Come possiamo vincere?» gli domandò Alessia.
«Possiamo solo combatterli, si sa quante navi hanno a disposizione loro?»
«Sembra che ne siano rimaste a vista almeno dodici, possono distruggerci in qualunque momento.»
«Arkeshansam è sotto assedio da due navi spaziali, è previsto che cadrà questa sera» una voce nell’intera città diede la notizia.
«Fate terminare questi annunci catastrofici, portatemi dal Magnifico» Adam prese il comando.
In breve furono nella sala di controllo della città, le mura da quell’altezza mostravano tutti i loro punti deboli, la frantumazione ionizzata a cui era stato sottoposto Adam gli fece tornare alla memoria ricordi sopiti nel passato dove combatteva nemici più forti dietro a misere mura di legno, quel flash fu qualcosa di strano, non ricordava assolutamente quella scena.
«Samuele? Cosa diavolo sta accadendo?»
«Professor Adam, lei non può stare qui, è zona interdetta ai civili.» una guardia sulla cinquantina si frappose tra Adam e la porta della sala di comando.
«Senta ragazzino, sono più vecchio di te, vai a scocciare qualcun altro.» con un colpo deciso scostò l’uomo che si fece da parte suo malgrado, permettendo l’ingresso a tutti e tre.
«Dobbiamo salvare più città possibili!» stava sbraitando Samuele, i capelli brizzolati unti e scomposti. «Voi chi siete?» domandò ai nuovi venuti.
«Chi ti ha salvato, inetto» Adam lo scostò dal trespolo dove becerava ordini senza senso «Aggiornatemi sulla situazione delle città di Pratis» ordinò, tutti guardarono il Magnifico che se ne stava interdetto in un angolo, poi un ragazzo dai capelli biondi e gli occhi azzurri si mise a parlare:
«Sono cadute Jasaeni, Bothen, Aikenpool e Calarsolante da quando è iniziato l’assalto due giorni fa, il ritmo sta calando lentamente, è stimato che in un paio di mesi ci possano sterminare tutti.»
«Ulick, quante navi hanno a disposizione?»
«Circa sedici, ho studiato le loro difese, con missioni ben organizzate potremmo atterrarle, ma trovandosi sopra le città ci cadrebbero addosso, con conseguenze avverse.»
«Dobbiamo quindi prenderne il comando e spostarle.»
«Adam, ho qualche amico che sa leggere come noi la loro lingua, magari possiamo fare qualche squadra ben addestrata.»
«Ulick, prepara tante squadre da avere due di noi che parli la loro lingua, abbastanza membri da portare a termine la missione, non so molto del sistema di pilotaggio delle loro navi ma non dovrebbe essere complicato. Ora!»
Il giovane fuggì sommessamente.
«Soldati, andate a sistemare le mura nei punti che vi dirà Erick, strano che non se ne siano ancora accorti quelli nella nave!» Adam macinava ordini a destra e manca. «Magnifico, se ne può tornare a casa, come al solito devo salvare questa civiltà per la seconda volta.»
«Adam, quindi sei tu che hai fatto concludere la Quinta Guerra Campale?» Alessia lo disse perplessa «Lo sapevo!»
«Ma non diciamo stupidaggini, se avesse partecipato alla Quinta Guerra sarebbe morto o decrepito» il Magnifico gongolò credendo di aver trovato un punto di appiglio per screditare Adam.
«Sono su questa terra da molto tempo, Magnifico, le chiedo cortesemente di sparire dalla mia vista prima che decida di buttarti di sotto, il tuo governo fantoccio è terminato.»
Nella sala rimasero tutti a bocca aperta.
«Alessia, chiama i nostri figli, questa è una situazione di emergenza, usciremo definitivamente allo scoperto, basta fare gli eroi per caso. Chiamali tutti a rapporto: quelli presenti a Megavoltron, poi ci metteremo in contatto con quelli nelle città superstiti.»
«Agli ordini!» disse e uscì di corsa anche lei.
«Cosa vuoi dire?» gli domandò Samuele.
«Sai quelle storielle sugli immortali?» gli fece, come se parlasse ad un bambino «Quegli eroi che nei millenni passati salvavano la gente da incendi senza un graffio, o che sopravvivevano alle valanghe o terremoti e venivano appellati a battuta immortali, beh, non era una battuta, noi siamo pressoché immortali.»
«Non dire sciocchezze! Nessuno è immortale» il Magnifico, accecato dal risentimento si muoveva furtivo alle spalle di Adam «Chiunque può essere ucciso» così detto sparò tra le spalle di Adam un raggio che proseguì perforando la parete.
Adam non batté ciglio, la ionizzazione del suo DNA a seguito dell’esplosione lo aveva fatto mutare ulteriormente, non sentiva più dolore da quando era rinato nel deserto.
Si voltò con calma, mostrando a tutti il buco sopra lo sterno che si andava rigenerando rapidamente, il sangue smise di scorrere, l’osso si riformò davanti ai loro occhi, venne ricoperto da tendini e muscoli infine dalla pelle che da bianca divenne rosea, ma non più quella di un trentenne com’era stato per tutta la vita, piccole rughe e macchie si fecero strado mostrando un corpo da ultrasessantenne. Ecco cosa era cambiato in lui. Era invecchiato. Con il buco bruciacchiato sul petto prese una pistola a raggio li vicino «Hai ragione, chiunque può essere ucciso» e sparò alla testa del Magnifico facendola svanire nella polvere.
Nel mentre erano arrivate le persone cha aveva richiesto, Alessia alzò un sopracciglio vedendo il corpo senza testa del magnifico.
«Tanta fatica per salvare questo scemo e poi lo hai ammazzato?»
«Per il prossimo governo, niente Magnifici finiti, ci pensiamo noi» Adam si grattò la pelle nuova  notando lo sguardo della donna.
«Mettetevi ai posti e contattate i vostri figlie e fratelli, dobbiamo unirci contro la minaccia che rischia di uccidere tutto il pianeta.»
Una quarantina di teste bionde trentenni si mise a sedere sugli sgabelli di comando e si misero a parlare in nove lingue diverse: le lingue parlate a Pratis, per contattare tutti i parenti.
Adam osservò tutta la sua gente che lavorava unita al richiamo di un anziano.
«Forze dovremmo cercare il Primo, magari saprà aiutarci.» domandò Ulick, consapevole della sua affermazione.
«Ulick, amico caro, quando ci siamo incontrati, lo ricordi?» fece Adam.
«Seconda Guerra Campale se non erro, eravamo su fronti contrapposti, io stavo nelle truppe unite dell’ovest, tu nella Guardia delle Lande. Ti divertivi un mondo a spararmi in testa» concluse guardandolo male.
«Già, che spasso, quella si che fu divertente, ti sarai rianimato cento volte quel giorno.»
«Adam, quelle guerre sono state terribili!» Alessia si fece avanti «Sapevo che eri vecchio ma non ti davo così tanti anni.»
«Ulick, noi siamo i più anziani in zona, il Primo non potrà aiutarci, a quanto pare la nostra memoria non è infallibile come si credeva un tempo.» ammise Adam «Fai cinque squadre, e tieniti pronto, io e la mia squadra saliamo tra mezzora sulla nave qui in orbita, vediamo un po’ come si può fare.» Adam pareva ottimista.
La vista di tutti quegli individui dai capelli biondi all'opera commosse Adam, era la prima volta che vedeva tanti come lui lavorare per uno scopo: sopravvivere.
«Alessia, Erick, andiamo, prendete qualche Saturn e un paio di Kit di perforazione, saliamo su quella maledetta nave aliena.»
I due annuirono. «Incontriamoci all'ingresso tra venti minuti» confermò girando sui tacchi e andandosene.
Uscì da quel luogo pieno di orgoglio per il suo popolo. Nel tragitto dalla sala di comando alla sua abitazione una seconda ombra calò su Megavoltron.
«Accidenti!» sentì gridare «Siamo perduti!» gridavano sconsolati i cittadini.
Adam alzò lo sguardo al celo, una seconda nave si era fatta largo nello spazio aereo della città, talmente bassa da sfiorare lo scudo sonico. Ad Adam si accese una lampadina.
Fermò un tizio biondo in divisa azzurra dei militari che correva. «Cerca Erick e Alessia, dì loro di venire immediatamente allo Space Buondì» lasciò il braccio del ragazzo trentenne e lo vide correre come una scheggia verso altri tipi dai capelli biondi che scheggiarono a loro volta a cercare i due.
Adam non attese oltre, il suo comando era partito presto avrebbero saputo dove raggiungerlo. Invertì la marcia lasciando perdere il cambio più consono che voleva indossare e si diresse all’edificio più alto, una torre con la punta a cupola che faceva da ristorante. Prese l’ascensore e in breve fu sulla sommità, al piano del ristorante, si diresse immediatamente al kit di emergenze e prese la lancia di salvataggio, un grosso arpione metallico che si può sparare con l’apposito cannone, il tutto leggero e portatile. Recise la fine della corda che si attaccava alla struttura di acciaio dell’edificio e salì le scale che portavano al parafulmini.
Il vento spirava con vigore facendo ondeggiare in maniera orribile l’intera struttura, Adam non si perse d’animo e salì fin dove poteva. Prese la radio delle emergenze posizionata sulla sommità di ogni edificio e comunicò con il centro di comando.
«Quando darò l’ordine interropete lo scudo sonico attorno alla città, altrimenti non potremo salire sulla nave.»
«Ricevuto» si sentì dire da una voce anonima.
«Adam! Vuoi salire da qui?» gridò Alessia appena arrivarono sul tetto del palazzo.
«Avete con voi Saturn e Kit?»
«Si, abbiamo preso tutto, anche una BOM-Net per te.»
«Grazie» rispose ad Alessia puntando l’arpione verso lo scafo della nave sopra di loro «Aprite lo scudo» diede l’ordine, attese cinque secondi e sparò l’arpione.
Senza avvertire prese la fune di salvataggio e afferrò Alessia per la vita, lei agì di scatto e abbracciò stretto il fratello. Dopo pochi attimi si sentirono tirare con violenza verso l’alto, l’arpione si scontrò contro lo scafo senza attaccarsi. Adam strappò di mano ad Erik un kit di perforazione, lasciò la ragazza e a pochi metri dallo scafo lo attivò, il raggio rallentò la corsa e aprì un varco appena in tempo per farli entrare nella navetta.
«Come al solito una cosa da pazzi!» commentò Erick controllando di avere ancora tutti i pezzi.
«Presto, al ponte di comando, fate esplodere una Saturn con carica media qui.» ordinò Adam, attivando la sua arma e preparandosi a combattere.
La Saturn esplose e attirò l’attenzione degli alieni i quali si precipitarono come mosche sull’esplosione.
I tre si misero a correre come forsennati seguendo Adam che faceva strada, uccisero alcune guardie e furono sul ponte di comando.
«Sigillate gli ingressi» disse ad Alessia «Erick uccidi tutti» tagliò un braccio al pilota e si mise al suo posto.
L’alieno lo guardò sofferente, con fatica cercò qualcosa nella sua divisa e si vendicò conficcandogli un’arma da taglio nella gamba prima di morire. Adam non batté ciglio, non diede un’ultima soddisfazione a quel nemico, morto in una battaglia che magari non aveva voluto.
«Queste maledette navi non sono facili da pilotare come credevo.» ammise urlando, poi premé una serie di tasti e il ponte si isolò dal resto della nave con uno scudo magnetico.
«Alessia aiuta Erick a eliminare tutti i presenti» disse prima di afferrare una specie di timone.
Lo ruotò, lo alzò ed abbassò, vide la nave che pendeva e si muoveva. «Ho capito come muoverci» avvisò.
Una forte esplosione li fece girare, Adam mise su uno schermo la zona dove avevano subito un danno, la nave di fianco li aveva colpiti e si preparava a colpirli ancora.
«Adam attiva lo scudo  o qualcosa! Altrimenti cadremo sulla città» Alessia era allarmata.
«Ci hanno fatto fuori i produttori di elettromagneti, non abbiamo lo scudo.»
Adam non diede spiegazioni,  spostò la nave verso l’alto e si portò sopra l’altra nave, con un bottone rosso attivò un raggio attraente e prese la nave sottostante in ostaggio. Mentre faceva le manovre gli alieni stavano cercando di rompere gli scudi magnetici per raggiungerli.
Un soldato del fronte nemico riuscì a sfondare lo scudo rompendo il generatore a lato. Lo scudo cadde e furono circondati dalle truppe urlanti. Si scatenò una battaglia cruenta dove i tre vennero colpiti mortalmente più e più volte. I nemici, non capirono il perché e ne furono frustrati nel vedere cadere i propri soldati uccisi da soli tre aggressori umani. Cercarono il tutto per tutto, attaccandoli senza pietà come kamikaze.
Adam fu colpito al collo e perse l’equilibrio, si resse al pannello di controllo. Premé dei tasti e il raggio attraente smise di funzionare, cosa ancora più peggiore, sganciarono un missile dritto sulla nave sotto stante.
La nave colpita dal missile esplose in una bomba ionica. L’onda d’urto disattivò i sistemi di navigazione della nave su cui erano Adam, Erick e Alessia e precipitarono su Megavoltron, le urla della città raggiunsero le orecchie ovattate di Adam prima che perdesse i sensi per l’ennesimo sgozzamento.
 
Quando Adam si svegliò si trovò in un rogo. Ovunque i frammenti di Megavoltron e delle navi aliene.
In mezzo a lui teste bionde si alzavano sistemandosi i corpi in posizioni coerenti, fra loro i corpi senza vita degli abitanti di Megavoltron.
La città era caduta sotto l’attacco alieno. La disperazione per la perdita di figli e genitori fu tale da portare tutti ad un lutto comune. La prima preoccupazione di Adam fu proprio la ionizzazione, sperò tanto che non avesse effetto su tutti quanti; il secondo pensiero lo dedicò alla vendetta verso quel popolo di miscredenti. Adesso sapevano come fare per difendersi e proteggere Pratis da quei nemici.
 

[1] Struttura riflettente, una specie di specchio immateriale.
[2] Alimento nato nel 3112 che contiene tutti gli elementi necessari per cominciare la giornata, compresa un dose di caffeina pura, il tutto idrosolubile o in pasticche.
[3] Razza aliena proveniente dallo spazio profondo, hanno una forma umanoide.




 
Questa è un’opera di fantasia.
Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono frutto dell’immaginazione dell’autore o sono usati in modo fittizio.
Qualunque somiglianza con luoghi, fatti o persone reali, viventi o defunte, è del tutto casuale.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantascienza / Vai alla pagina dell'autore: Xebfwalrk