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Autore: Elsa Maria    22/09/2015    3 recensioni
Nella città di Tokyo si è diffusa una strana disperazione … Si celano nella folla, cacciano gli umani per cibarsi delle loro carni: gli uomini li chiamano ghoul.
L’intrecciarsi del destino di due esseri di differente razza farà nascere una relazione dalle macabre sfaccettature.
“L'uomo è il mostro più orrido sulla faccia della Terra.”
“Dio non esiste, se esistesse, allora l’omicidio non avrebbe motivo di esserci.”
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Tokyo Ghoul!AU (non è un crossover, è stata ripresa solo l'ambientazione e non è necessario conoscere la storia originale ai fini della storia)
Coppia principale: MidoTaka
Coppie accennate/relazioni particolari: AkaMidoTaka, AoKuro, KuroMomo, NijiAka, kasaKise, OtsuMiya, MomoRiko
Buona lettura!
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Seijuro Akashi, Shintarou Midorima, Takao Kazunari, Tetsuya Kuroko
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4
Sogno
 
 
A lui piaceva la curiosità degli umani. Era una sensazione grandiosa, un’emozione che spingeva le persone a compiere grandi scoperte. A volte, sì, era nociva, non lo metteva in dubbio, ma per lui non era che un’altra qualità d’ammirare a quelle creature insopportabili; aggettivo, però, non casuale, dato il contesto in cui si era ritrovato ad analizzare data qualità. Per quale motivo si spingeva a definire gli umani insopportabili? Perché la maggior parte di loro, colpita dalla curiosità, tendeva a concentrarsi su un unico obiettivo e quando trovava il mezzo per ottenerlo diventava morbosa. Il suo esempio era proprio di fronte a sé: prima lo fissava attraverso le spesse lenti degli occhiali da vista, assottigliando lo sguardo, poi annotava ogni suo minimo e singolo cambiamento sul block notes, da cui ormai non si separava mai. Durante la pausa caffè, durante il pranzo, durante le visite dei pazienti, era arrivato persino a farglielo spudoratamente di fronte, scriveva ed annotava, correggeva e appuntava.
Era arrivato al limite, ma dopo tre giorni di lavoro, che non gli venissero a dire che fosse impaziente!
Riuniti tutti nella sala da pranzo, si stiracchiò un attimo la schiena, facendo uno sbadiglio… Di nuovo.
La sua mano si posò sulle pagine giallognole del taccuino.
“Se vuoi farmi innervosire questo è il modo giusto.” Gli disse senza peli sulla lingua. “Non ti ho fatto problemi a lavorare con me, mi sono anche presentato, ora che ne dici di un po’ di sano gioco di squadra e la smetti con questi appunti.” Tirò fuori tutto il suo charme e la sua calma, sorridendo persino al dottore con cui non era iniziata benissimo una relazione.
Per un momento lo guardò, sottraendo alla sua presa il quaderno che avvicinò al suo petto. Respirò affondo come se dovesse prendere un attimo di tempo prima di rispondere.
“Non che mi interessi particolarmente il gioco di squadra, posso benissimo lavorare da solo, approfittando dei tempi morti per portare avanti una ricerca privata.” Spiegò la situazione a quel modo, convincendolo ben poco; quell’aria seria e distaccata non gli piaceva affatto.
“Capisco.” Sospirò accarezzandosi la nuca, volendo assolutamente trovare una soluzione, quando ebbe un’idea.
“Che ne dici di fare questo patto: io ti lascio esaminarmi da vicino e tu non prendi più appunti facendoti passare per uno strano più di quanto già tu non lo sia.” Fu quella la sua proposta che espose con un sorriso sguaiato, poco formale e riverente.
Midorima ci  pensò un attimo, stranamente allettato da quella condizione, Takao glielo leggeva negli occhi.
“D’accordo.” Come prova mise persino il block notes in tasca.
“Dopo pranzo nella stanza 110.” Diede l’appuntamento al dottore, mettendosi poi in fila per ritirare il suo pranzo e andare dagli altri, continuando a legare con i nuovi colleghi.
 
Regola numero 1: Familiarizzare con gli umani
 
“Di che si parla?” Chiese.
“Delle solite cose, come la nuova dottoressa, l’hai vista? Quella che sta seguendo il caso di un bambino leucemico, che spettacolo di donna.” Disse un compagno informandolo delle chiacchiere da tavolo, addentando un panino.
 
Regola numero 2: Mangiare come gli umani
 
Aprì anche lui il suo sandwich al tonno e pomodoro, dandogli il primo morso.
“Che peccato, non l’ho vista.” Mandò giù quasi un boccone intero, per poi ridacchiare con gli altri.
 
Regola numero 3: …
 
“Sempre a parlare di cose frivole voi altri!” Esordì uno, stanco di quei discorsi. Si fece più vicino agli altri, chinato sul tavolo. “Non avete sentito? Ne hanno ucciso un altro!”
 
…Pensa come gli umani
 
“Per fortuna.” Intervenne con un sorriso appena accennato. “Finalmente questi schifosi ghoul iniziano a diminuire.” E mandò giù non un boccone, ma un conato di vomito… Quanto avrebbe desiderato ucciderli tutti. 
 
 
“Non la facevo così audace, signor dottore.”
“Audace?”
“Prendermi per il polso, sbattermi in una stanza e bloccarmi alla porta, non è per caso audacia?... O forse stupidità.” 
“Non ti ho preso per nessun polso, l’appuntamento era in questa stanza..”
“E allora perché mi stai bloccando?” 
“Per evitare che tu possa attaccarmi, ovviamente.”
“Ah... Quindi è proprio stupidità.” Ridacchiò, e quella risata riecheggiò nella stanza. 
La risposta fu uno sbuffo di stizza; lo lasciò andare. 
“Mi stai dicendo che mi divorerai?”
“Se ti ritrovo questa sera a vagabondare non prometto niente sulla tua incolumità.”
“Perché mi hai risparmiato?” 
“Sei solito fare due pasti, uno di seguito all'altro?” Gli chiese scostandosi leggermente dalla porta per avere più spazio. 
Finalmente si parlavano faccia a faccia in privato, come destino voleva eccoli insieme, lui e quello strambo umano che aveva incontrato quella notte. Una vera tragedia a ripensarci, sarebbe stato salvo fino a che Miyaji non ne sarebbe venuto a conoscenza. 
“E con questo che intendi?” 
Era sicuramente un po’ stupido, in gamba come dottore, ma mancava di intuizione. 
“Probabilmente non sarebbe dispiaciuto a nessuno se avessi banchettato con te.” Commentò, ignorando la domanda, con un sorrisetto che aveva l'unico scopo di irritarlo e stuzzicarlo, un degno passatempo.
In tutta la sua vita aveva potuto notare quanto gli umani, rispetto ai ghoul, fossero più permalosi, più altezzosi, presuntuosi, qualità che rare volte lui si poteva permettere con i suoi simili, soprattutto se voleva tornare a casa la sera. C’era però da considerare che di quell’uomo non si poteva pensare seguendo delle categorie standard di persone, che molto aveva studiato. Era diverso dalla norma e l’aveva capito bene.   
Uno sbuffo di stizza lo distolse dai suoi pensieri.
Midorima aveva iniziato a muoversi verso il letto di quella stanza, battendo poi su questo richiamando la sua attenzione.
“Siediti.” Si era rilassato. Aveva capito che il fine dell’appuntamento era quello stabilito, non l’avrebbe improvvisamente divorato (per quanto fosse ancora troppo presto per dirlo). L’aver capito che la sua vita era salva l’aveva messo in una posizione più tranquilla, stato d’animo che lui invece non aveva ancora raggiunto. Voleva veramente solo studiarlo? Era errato pensare che i ghoul non temessero gli umani che non fossero ispettori, rimanevano diversi, esseri totalmente lontani da loro, una specie che poteva permettersi il lusso di definire la loro natura mostruosa.
“Non vorrei sembrare inopportuno, ma posso chiedere il perché?”
“Non voglio farti del male.” Una risposta che sembrava data per accontentare e celare i veri intenti.
“Ma non mi dire.” Sospirò, ribattendo sarcastico. Alla fine quel modo di fare l’aveva piegato a fidarsi, d’altronde si era cacciato lui in quella situazione.  
Si andò a sedere sul letto, lo sguardo non si divideva dai suoi movimenti sempre più sospetti: sistemava con cura le tende che aveva chiuso; non voleva essere visto.
“È vero che potete nutrirvi solo di carne umana?”
Alzò un sopracciglio: “Sì.”
“E che potete sopravvivere per circa un mese con un unico pasto?”
“Dipende.” A quella sua risposta più tranquilla, accompagnata da una risata lieve, sembrò allarmarsi e gli lanciò un’occhiata che pretendeva una risposta. “Sì, ma dipende quanto si ha mangiato prima, se si ha o meno fame… Quando hai fame cosa fai?”
“Cosa c’entra?”
“Apri il frigo e ti prendi qualcosa da mangiare.” Si rispose da solo, accompagnando con un gesto della mano e uno sguardo diretto il suo discorso.  “Noi usciamo fuori  casa e attiriamo la vittima in un vicolo.” Disse con un ghigno per spaventarlo, riuscendoci perfettamente notando come le spalle sussultarono.
“Ma questo solo per i maniaci incoscienti, tra l’altro megalomani, che si sentono più forti quando uccidono spesso.” Concluse per rassicurarlo, ma non sembrò riuscire nell’intento.
Era veramente strano e mai avrebbe smesso di pensarlo.
Oltre quell’espressione seria non sembrava penetrare niente, era ghiaccio, un muro ben più alto di quei due metri d’altezza, in grado di ricoprirlo completamente: niente entrava, niente usciva. La prima impressione che dava era proprio questa, eppure… C’era sicuramente qualcosa di più dietro, qualcosa che si ostinava a nascondere.
Quindi non solo i ghoul indossano spesso e volentieri delle maschere, eh- sorrise a quel suo stesso pensiero, non smettendo di osservare l’altro. Lo attraeva a modo suo, per questo ancora non l’aveva contrastato, sperava solo che non lo deludesse.
“Finito con le domande?”
Era diventato improvvisamente taciturno, pensieroso, quasi avesse un numero limitato di domande. Poi alzò di nuovo il suo sguardo su di lui, lo travolse con quegli occhi verdi che la sera prima non erano stati tanto luminosi come in quel momento. Avrebbe potuto raccontare di aver visto il più bello sguardo umano nella sua vita.
“Ci sarebbe una richiesta.” Ammise, facendo un’altra pausa. “Ma prima vorrei la certezza che mantenessi il segreto.”
Interessante.
“Tu sai che sono un ghoul, mi sembra equo avere un segreto per un segreto, no? E poi questa sarà la tua unica occasione.” 
Il dottore annuì soltanto, avendo ottenuto conferma che la pensassero allo stesso modo. “Mostrami la tua kagune.” Una richiesta secca, diretta, avrebbe detto anche presuntuosa, pretendendo nient’altro che un sì. Lo lasciò completamente spiazzato.
“La mia…” Mormorò, per poi ridacchiare nuovamente. “Okay, okay, mi sembra così assurdo, ma perché dirti di no, abbiamo un patto.” E annuì.
Quando le palpebre si alzarono ecco mostrati gli occhi neri che quella notte si erano mischiati con l’oscurità, ora sembravano risaltare nella penombra e l’iride rossa sembrava avere una vita propria, quasi Takao e Takao ghoul fossero due entità distinte. Era affamato.
Dalla schiena le ali squarciarono lo spazio, rubandolo e diventando la maggior attrazione della stanza. Poteva nuovamente ammirare la meraviglia del dottore che lo stesso gli aveva mostrato durante il primo incontro.
“Soddisfatto?” Ma non ricevette risposta. Midorima si avvicinò a lui, gli girò intorno, il suo essere serio veniva tradito dal tremolio che notava negli occhi, brillavano. Scomparve dietro la sua schiena, lasciando la sua visuale vuota. Respirò piano, socchiudendo di nuovo gli occhi, sperando con tutto se stesso che Midorima non si rivelasse altro dal dottore che era… Una carezza all’altezza dell’attaccatura. Trattenne il fiato, mordendosi con forza le labbra.
“Ehi, non toccare…” Mormorò a mezza voce, con un sorrisetto, mascherando quella sensazione mista a piacere e solletico.
Ma imperterrito continuò, la mano risaliva fino alla punta dell’ala, scendendo poi… Non si stava creando assolutamente problemi ad esaminarlo, avrebbe giurato di sentire persino il suo respiro tanto era chino su di lui.
Si protese in avanti, come in preda ad uno spasmo, trattenendosi rigido e costringendo il suo corpo a non muoversi troppo; meglio non fargli scoprire un possibile punto debole. Girò la testa, cercandolo con lo sguardo, ma niente, neanche un ciuffo di quei capelli verdi.
Il dottore sembrava così assorto dalla sua arma, dalla sua grandezza e lucentezza, che continuava a toccarlo dimenticando cosa effettivamente accarezzasse e a chi appartenesse… Fino a quando Takao non scoppiò a ridere piegandosi totalmente in avanti per rotolare di lato e cadere a terra.
Inutile dire del chiasso che quella reazione provocò!
Midorima sembrava scosso e non sapeva bene cosa fosse accaduto, Takao si sentiva il suo sguardo attonito addosso.
“È abbastanza, non ce la faccio più!” Continuò a ridere, stringendosi con le braccia il ventre, mentre scalciava. Ci mise un po’ a calmarsi e quando finalmente si fermò, ansimando soltanto, un sospiro del dottore spezzò il momento.
“E dovresti essere un ricercato?” Takao sorrise avvertendo del cinismo in quelle parole.
“Teoricamente.” Ammise con un mezzo sorriso, rialzandosi un po’ a fatica. Barcollò, ritirando la kagune che ormai aveva fatto il suo lavoro. “Allora?”
“Cosa?”
“Ti piace.” Non era neanche una domanda, una secca affermazione. Lo puntava con il suo sguardo freddo che stonava parecchio con la personalità.
“Mi interessa.” Puntualizzò l’altro come se fosse un discorso d’onore, ricambiando lo sguardo… Per poi abbassarlo, imbarazzato, mentre si sistemava gli occhiali. Takao non poté far a meno di sorridere, non poteva trattenersi di fronte a lui.
“Oh, capisco, quindi è soltanto ricerca… Immagino.” Lo stuzzicava apertamente e Midorima abboccava puntualmente rendendolo il più contento al mondo.
“Esattamente.” Una risposta prevedibile.
“Per cui non vuoi più curiosare.” Precisò, ma sembrò destabilizzarlo un attimo. “… Oppure sì? Sai, basta chiedere, non mi tirerò indietro.” Si propose.
Finalmente un netto taglio alla sua routine, qualcosa di veramente sconvolgente, innaturale, tanto diverso e vicino a lui da scuoterlo dal profondo. “Accetti?” Sembrava parlare da solo; un dejà vu.
“Non serve.” Disse in fretta Midorimq, pronto a scappare verso alla porta e lasciarlo solo con quel caos nella stanza.
“Sicuro?”
“Sicuro.”
“Bene, quindi da adesso abbiamo finito.”
“Aspetta!...”
“Sì?”
Ci fu un momento di esitazione, lo sguardo solo per lui; si accorse quanto rappresentasse meglio l’anima e i pensieri di Midorima, rispetto le gestualità o l’espressioni che sembravano per lo più inesistenti.
“Vorrei nuovamente poterti studiare, più dettagliatamente.” Le ho dato solo un’occhiatina- questo credeva pensasse.
Accordò annuendo, non volendo altro; con un scatto gli fu addosso (seppur l’altezza non permettesse).
“Allora dammi il tuo numero di cellulare.”
“E perché mai?” Esordì, neanche l’avesse toccato senza chiedere. Gli sfuggì una risata.
“Non credi sarà più facile?” E di fatti non aveva torto, anche se per un attimo Midorima ci pensò. Tirò fuori il telefono, pronto a scambiarsi i numeri, quando questo iniziò a suonare. Fu un momento particolare, o almeno Takao lo identificò come tale: vide sul volto di Midorima un’espressione mista fra sorpresa e terrore come se chi lo stesse chiamando lo facesse rare volte e solo se strettamente necessario. Gli diede le spalle per rispondere in fretta; non voleva lo sentisse.
Ma quale momento migliore per infastidirlo?
Si avvicinò di soppiatto per poi lasciarsi andare contro la sua schiena, saltando per appendersi alle sue spalle.
Ampie- notò guardando poi la nuca appena coperta dalle punte dei capelli. Ghignò. La baciò, ma non era un gesto romantico, non se si conosceva la natura dell’assalitore. Midorima sentì un brivido, si mosse tutto e la voce si fece appena tremula.
“Tutto bene, Shintaro?” Questo disse chi era al telefono con un tono agghiacciante, avrebbe detto.
“Sì, ti sto ascoltando.” Rispose in fretta tentando di mostrarsi lo stesso di sempre.
“Quindi domani vorrei mi facessi questo favore, se non ti è di disturbo.” Chiese; favore che lui purtroppo non aveva potuto ascoltare… Peccato.
“Nessun disturbo, domani non inizio presto.”
“Lo so, per questo te l’ho chiesto.” Interessante, quindi questo tipo sembrava proprio conoscere bene il dottore.
Di contro Midorima sorrise e sospirò, come se aveva previsto quello scambio di battute. “Ora devo andare, mi aspetta un paziente.”
“Bene, allora a domani.” E attaccò.
Per un momento aveva avvertito un’atmosfera particolare, come un momento di completa sintonia fra i due: non servivano parole, bastavano espressioni che non potevano vedere, ma percepire; prima di quell’improvviso stacco.
“Hai amicizie particolari.”
“Si può sapere cosa volevi fare?!” Esordì d’un tratto spazientito, ma soprattutto imbarazzato.
“Uh, ci imbarazziamo, eh dottore? Anzi, anzi… Come ti ha chiamato?”
“Finiscila, era una conversazione privata.” Disse ancora con un tono più pacato, ma non meno irritato.
“Ah, sì: Shintaro.”
“E con questo?”
“Shin-chan, ovviamente.” Ed eccolo di nuovo arrossire.
“Come scusa?”
“Siamo abbastanza in intimità, tanto da porteci chiamare con nomignoli, no? Dai, ti dona particolarmente.”
“Assolutamente no, mi rifiuto.”
“Shin-chan.”
“Voi ghoul siete tutti così, per caso? Siete insopportabili.”
“Shin-chan.”
“Cosa credi di ottenere con quest’atteggiamento? È poco professionale.”
“Shin-chan.”
E si zittì. Ad ogni nome pronunciato, si era gradualmente avvicinato a lui, e dato che lontani non lo erano di partenza, era arrivato di fronte al suo volto… Finalmente poteva veramente ammirare quelle iridi che tanto lo affascinavano. Sorrise dopo quell’attimo di silenzio.
“Direi di tornare a lavorare, Shin-chan.” Sussurrò infine con lo stesso tono con cui amava dichiarare alle vittime la sua natura, l’attimo prima di cibarsene.
Alla fine quella enorme parentesi si concluse con la porta chiusa alle sue spalle e il lavoro che riprese pochi minuti dopo, come se nulla fosse accaduto.
 

“Quindi quale sarebbe il piano?, bloccare le altre organizzazioni? Non mi sembra una scelta saggia.” Ci tenne a puntualizzare, sedendosi sulla poltrona solcata e vecchia, che lo riempì solo di polvere non appena prese posto.
“Non c’è un vero piano.” Disse con la sua voce autoritaria, guardandolo dritto negli occhi, sfidandolo. Chi era di fronte a lui in tutta la sua autorità era il capo dell’organizzazione di ghoul di cui faceva parte: Nijimura Shuzo.
Per quanto, apparentemente, non sarebbe sembrato imponente, il carattere di Nijimura bastava e avanzava a far pentire chiunque lo sottovalutasse. A che fine aveva creato quel gruppo, composto in realtà da pochi ghoul? Per un intento che non molti sembravano conoscere: la pace. Puntavano ad avere dei diritti, pari a quelli degli umani, ad essere riconosciuti come persone e non mostri, non credendo la guerra il miglior modo per ottenere questo obiettivo. In realtà, nel contesto in cui si ritrovavano, il loro gruppo non faceva più che da cornice dell’intera, drammatica, situazione. Il loro contributo era come supporto o freno a seconda delle questioni, ma purtroppo in quel caso c’erano dei problemi: organizzazioni di ghoul ben più potenti stavano finalmente facendo le loro mosse e loro erano veramente pochi e deboli, in confronto, per poter farsi avanti, non avendo neanche l’appoggio di nessuno.
“Io direi d’aspettare.” A quella voce ebbe un sussulto.
“Kuroko-kun, immagino tu sia arrivato prima di me, vero?” Ridacchiò nervoso voltandosi verso l’amico che sedeva poco lontano da lui; era arrivato da poco, ma avrebbe giurato di non averlo visto; quel ragazzo dalla capigliatura azzurra altro che ghoul, era un fantasma.
“Purtroppo non conviene aspettare.”
“Come agire.” Intervenne una quarta voce… Un ghoul con cui non condivideva nient’altro che lo stesso gruppo, neanche sapeva il suo nome.
“Allora dovremmo stare seduti a guardarci negli occhi?” Ecco intervenire Tatsuya Himuro, amico del boss, altro con cui aveva legato ben poco.
Nijimura si era ritirato in un silenzio di riflessione, non li stava ascoltando.
“Potremmo sentire gli altri gruppi, no? Magari unendoci…”
“E a chi rivolgersi?!” Esordì, sovrapponendo la sua voce a quella di Takao, il ghoul incognito. “A Haizaki e la sua banda di delinquenti?”
Gli scappò una risata, mentre scuoteva il capo. In momenti come quelli la presenza di Miyaji poteva essere utile, metteva sempre a tacere i più agitati.
“Non c’è solo lui.”
“Takao-kun ha ragione.” Intervenne Kuroko, che gli diede l’idea di aver parlato più per ricordare la sua presenza che per altro. “Potremmo rivolgerci a…”
“Lei no.” Questa volta fu Nijimura a parlare. “Per oggi sciolgo l’assemblea, ho bisogno di pensare.”
“E io che ero appena arrivato.” Sospirò Takao, alzandosi e stringendosi fra le spalle. “Allora tanti saluti.” E fece per andarsene, ma una mano lo fermò sulla spalla.
“Stai attento Takao, troppi hanno gli occhi puntati su di te.” Gli sussurrò il capo, lasciandolo poi andare.
“Non preoccuparti, me la sono sempre cavata.” Gli rispose, sfuggendogli.
Uscito fuori da quello che era uno scantinato, alzò la testa al cielo, guardando le stelle… Gli piaceva la notte, quasi più del giorno. Era più calma, buia, li nascondeva bene, gli era amica come nessun altro su quella terra.
Alzò al cielo la mano. Un giorno sarebbe stato una stella, in grado di brillare anche sul cielo scuro, si sarebbe mostrato al mondo per quello che era e non un altro.
Ma, alla fine, non era che un sogno. Il sogno di un mostro.
 
 
 Angolo dell'autrice:
Salve a tutti, cari lettori, volevo scusarmi con voi per aver lasciato non aggiornata per molto la fan fiction, ma si sa che i capitoli più difficile sono quelli intermediari... Ma alla fine ce l'ho fatta e in lunghezza mi sono superata rispetto agli altri capitoli. 
Sono molte cose da mettere in un singolo capitolo, ma per bilanciare gli eventi ho preferito sistemarla a questo modo. 
Sulle organizzazioni non spenderei molte parole perché si aprono divergenti avvenimenti tra manga e anime che io vorrei evitare di toccare nello specifico, trasformando così la storia in un vero Crossover, alla fine. 
Che dire? Mi sta gettando in serio conflitto la caretterizzazione di Midorima e Takao che spero non siano OOC.
 Sono cosciente che non siano pienamente IC, ma dalle sfumature comportamentali che ho dato soprattutto a Takao, purtroppo, per un fatto di coerenza, credo che meglio di così non posso fare per far incontrare la mia visione AU con l'IC. Spero comunque che vi abbia soddisfatto e che la storia stia iniziando a prendervi.
Grazie a tutti per le recensioni e per aver anche solo letto, veramente! 

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