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Autore: Osage_No_Onna    22/09/2015    2 recensioni
[Slash://]
Due ragazzi.
Un mese di vacanza.
Quattordici biglietti lasciati su un muro.
Quindici fiori ad accompagnarli, scelti accuratamente in base al loro significato.
L' evoluzione di un rapporto, dalla fredda indifferenza all' amore.
I sentimenti sono imprevedibili: cambiano in un batter di ciglia e non sempre si trova il modo adeguato per esprimerli appieno.
Ma le possibilità sono tante, quasi infinite.
Sta a noi sfruttarle al meglio.
E se il mezzo di comunicazione è decisamente desueto, la situazione si fa più intrigante...
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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02: Keeping Secrets, Hiding Pain

 
Aveva trovato il fiore sul muro non appena era ritornata a casa dal solito studio medico che accompagnava e scandiva lentamente due pomeriggi a settimana da un mese e più.
Ora faceva la sua bella figura in un vaso di vetro opportunamente riempito d’ acqua e spostato nella sua cameretta, ed era incredibile quanto il rosa delicato dei petali spiccasse contro l’azzurro pastello delle pareti: faceva proprio un bell’ effetto, cosa che la rincuorò enormemente mentre balzava sul letto e cominciava a dondolare le gambe, la mente in subbuglio.
Girava e rigirava il bigliettino tra le sue mani smorte, valutando il da farsi: aveva capito subito chi fosse il mittente, perché nessuno dei ragazzi suoi amici (e, ad onor del vero, erano pochini) nutriva una tale passione per i fiori, né tantomeno s’ era interessato tanto a quello schizzo che lei definiva “malriuscito” e che aveva abbandonato in fondo ad un cassetto.
Come rispondergli? L’ aveva conosciuto da poco: era fisicamente molto carino, ma certi lati del suo carattere non riusciva proprio a mandarli giù. Talvolta si pizzicavano, burle da niente, ma quelle sottili prese in giro… non le erano mai andate a genio, e non perché fosse permalosa (… forse un pochino sì, dai): non le tollerava chiunque fosse il destinatario, s’ intristiva insieme a lui.
All’ idea che a qualcun’ altro potesse toccare quel che aveva patito anche lei le ribolliva il sangue, era come se rigirassero il coltello nella piaga facendola stare ancora più male.
Talvolta si chiedeva se fosse egoista a pensare questo.
Ancora immersa in quelle riflessioni, alzò lo sguardo su un altro suo disegno, recentemente fatto incorniciare, che troneggiava glorioso tra tante altre sue opere: il soggetto raffigurato in quell’ acquerello, risalente all’ estate scorsa, era un cespuglio di convolvoli.
Quei piccoli fiori dai petali delicati, la cui forma ricordava quelli della campanula, e dal colore che, seppur freddo e un po’ spento, riusciva a risaltare vivacemente contro il verde uniforme delle foglie; quei fiori così discreti, così sconosciuti ai più e così trascurati erano stati per lei un prezioso monito: non per niente erano un simbolo di fermezza.
Secondo sua madre era quella la virtù che faceva e aveva fatto sì che non fosse totalmente collassate nonostante tutti i recenti guai, ma lei non ne era troppo sicura.
Preferiva credere che a mantenerla viva, in quei mesi terribili, fosse stata la convinzione di dover andare avanti a scapito degli ostacoli che si sarebbe trovata davanti, come del resto accadeva sempre, ma sapeva bene che sua madre aveva ragione, perché per quanto nobile potesse essere un proponimento non si può portarlo a termine se non c’è fermezza nel farlo.
La sua, però, s’ era mutata molto spesso in ostinazione e se rammaricava spesso, per non parlare degli ultimi giorni, durante i quali il suo proposito di non fare parola a nessuno del dolore che l’ affliggeva si era sciolto come neve al sole.
Proprio ferma, pensò con un sospiro.
Ed ora arrivava questo bigliettino in cui le si chiedeva di aprirsi di più. Un fulmine a ciel sereno.
Le era difficile essere come un libro aperto perché, anche volendo, sarebbe stato troppo difficile e troppo doloroso per lei raccontare tutto e rivivere l’agonia: il solo pensiero le faceva venire il magone. E poi che conforto le poteva recare lui?
Come avrebbe potuto far sparire quel groppo allo stomaco?
Faceva davvero troppo male e lei non aveva intenzione di farsene ancora di più, aveva deciso di tacere il suo dolore.
Non trovava alcun conforto nel raccontare agli altri le sue sciagure né riusciva a sopportare la vista di chi si preoccupava per lei e, incapace ed ormai stanca di dover rispondere a pressanti domande circa lo stato di salute ed il proprio umore e sentirsi addosso il peso di sguardi ansiosi, si era chiusa nel più stretto riserbo.
Il padre la chiamava ridendo “fortezza murata” e il nomignolo, a detta delle sorelle, le calzava a pennello: chi avrebbe mai potuto immaginare che dietro a quel corpo minuto e a quello sguardo neutro si celasse una grande energia? O chi avrebbe mai potuto capire quali fossero i sentimenti che si agitavano in quell’ animo apparentemente freddo e scostante, algido e perfetto?
Era una maschera che indossava da un po’ e riponeva solo in presenza di familiari. Recitare il ruolo della “Regina delle Nevi”, come diceva lei, non la entusiasmava, ma mettere a tacere certi elementi con un’occhiata severa o con una battuta gelida le procurava parecchia soddisfazione.
Si comportava allo stesso modo anche con gli estranei, cortese ma fredda, e molti non ne capivano il perché.
Una volta, in un vivaio, una pallida signorina dal viso affilato e una grande massa di capelli neri nascosti in un foulard a farfalle aveva detto di lei che, in termini di linguaggio dei fiori, era un Sigillo di Salomone coi fiocchi.
La fioraia non poteva certo immaginare che lei avesse sentito quella frase, né che avesse passato ore su Internet per documentarsi in maniera appropriata, sviscerando anche il manualetto di giardinaggio della nonna materna.
All’ inizio quei fiorellini piccoli e quasi insignificanti non le avevano detto proprio niente. Anzi, li aveva scambiati per frutti. Erano bianchi, scialbi, anonimi, nulla a che vedere con i tulipani che tanto amava o altri fiori come il croco, l’iris, la calla: non c’era da stupirsi se nessuno li conosceva, pensava, ma ne apprezzava la disposizione ordinata sul grande stelo e le foglie lucide dal colore acceso.
Mano a mano che s’ informava, però, le riusciva sempre più gradito, fino a diventare, poco a poco, un suo simbolo. Qualche settimana prima era corsa a prenderne un mazzolino e, nemmeno a farlo apposta, a servirla era stata proprio la signorina alta che aveva fatto quel commento, ma stavolta le aveva indirizzato un sorriso luminoso ed un’occhiata gentile dietro gli occhialetti a mezzaluna.
I fiorellini non si erano seccati, per fortuna, ma l’ idea di continuare a recitare stava perdendo il suo smalto: s’ era ripetuta spesso che sarebbe stato bello trovare degli amici con cui smettere di fingere ed ora la vita glieli aveva offerti.
Meglio prendere al volo l’ occasione.
Afferrò al volo una penna ed un bigliettino fatto di carta di riso e, dieci minuti dopo, ripose fiore e messaggio nello stesso punto in cui aveva trovato quelli destinati a lei.
Al sopraggiungere di una brezza gentile, i petali dei Sigilli cominciarono ad ondeggiare.



“Ti ringrazio per il messaggio gentile. Quando sentirò il bisogno di confidarmi con qualcuno, ti chiamerò.
Ti chiedo solo di trattenere la lingua su quanto ti dico, ma se mi assicuri che lo faranno anche gli altri potrai parlarne con loro.
-Y


 
 
   
 
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