Serra il pugno al petto, annaspando: rovescia il capo all'indietro e i capelli si spargono sul cuscino, con la fame d'aria che dilata le narici e gonfia il torace. L'atmosfera in casa è rovente, carica di polveri, e la necessità di respirare obbliga Trunks a spalancare la bocca. Il fragore di un'onda d'urto lo scrolla e il lampadario tentenna, prima di cadere al suolo; sul soffitto, uno squarcio svela il cielo scosso dai rombi delle esplosioni.
La gola di Trunks trattiene un grido d'angoscia al nuovo attacco, mentre la balconata e i fiori si tingono di sangue e all'odore metallico si aggiunge quello delle ceneri, che mozza il fiato. Le palazzine collezionano varchi aperti dalle detonazioni: diventano gli arti amputati di una città sconfitta. Dentro gli appartamenti, un vento rovente gioca con gli attimi sospesi di una cena non consumata, delle stoviglie incrostate e dei giocattoli chiazzati da una macchia scura, su cui ronza qualche mosca. Cala un lugubre silenzio fra gli arredi spogli, spezzati come ossa fragili; le risa degli androidi trionfano sui resti dell'umanità.

Trunks si torce e stringe le lenzuola; un rivolo di sudore gli carezza la schiena. Il suo animo di guerriero è già fuori, vola sui tetti disastrati e cala d'impeto sul nemico, pronto a colpire. Una mano amica lo spinge a piombare sul materasso, strappandolo al dolore e agli incubi che popolano le sue nottate. Sente la propria voce lamentarsi con un verso soffocato, in un ultimo tentativo di opporre resistenza, che si annulla all'ennesima carezza sulla fronte.
Le dita robuste sfiorano la pelle con una delicatezza che il mondo gli ha riservato ben poche volte. Sono ruvide al tatto, ma sincere e ferme: tracciano il contorno del viso senza esitare e scendono all'altezza del cuore, per intrecciarsi alla mano di Trunks e allentare la forza delle sue paure. Quel contatto gli procura nostalgia e si sente improvvisamente solo.
– Gohan…
È una supplica pronunciata a voce bassa, eppure si leva in alto, si fa largo fra il ricordo dei morti e la speranza di raggiungere colui che invoca. La risposta arriva, colma di urgenza: Gohan avvicina le labbra screpolate e annulla le distanze fra loro con un bacio irruento, febbrile. Trunks non apre ancora gli occhi; il palmo libero cerca il braccio di Gohan e ne avverte il fremito, quando passa sbadatamente i polpastrelli sul moncherino. Rabbrividisce anche lui: il senso di colpa lo porta a stringere le palpebre e a rafforzare l'abbraccio. Sopravvivendo, trascinano un animo mutilato, che fatica a riconoscere la spensieratezza: la gioia è una fiammella incerta di fronte al buio della distruzione e basta un soffio, un solo respiro d'incertezza, a spegnerla.
Restano vicini, aggrappati all'esistenza dell'altro: è il fruscio degli abiti a parlare per loro, il bisogno a unire i corpi esausti. Sono nudi e vulnerabili: contano le cicatrici, le ore rimaste e non servono sguardi per comprendersi. È il sole che sorge a separarli, ancora senza un addio, senza una carezza, uccidendo l'illusione che regalano i sogni.