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Autore: Umile_Bardo    24/09/2015    0 recensioni
Con la minaccia di Isengard alle porte re Thèoden decide di condurre il suo popolo al Fosso di Helm, per trovarvi un riparo sicuro. Ma cosa mai avrà pensato la gente di Edoras abbandonando la splendete capitale del Mark?
Genere: Fantasy, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Theoden
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sole splendeva in quel pomeriggio, illuminando i cortili polverosi della città e facendo risplendere ancora di più il Palazzo d’Oro di Meduseld.
Eotaed lasciava correre lo sguardo, sotto una frangia spettinata di capelli color paglia, su Edoras, capitale del ragno dei Rohirrim, prima piena di voci ora quasi vuota e silenziosa.
Se ne stavano andando. Anzi stavano fuggendo! Come un pugno di conigli impauriti! Questo vorticava nella mente di Eotaed, un pensiero troppo aspro per la sua mente da undicenne, una mente ancora da bambino.
I suoi limpidi occhi guardavano con severità le figure dei soldati a cavallo, che incitavano la gente ad affrettarsi.
Il ragazzino strinse i pugni; il re aveva ordinato di lasciare la loro casa e dirigersi al Fosso di Helm, la roccaforte tra le montagne. Il re aveva ordinato, ma il re era debole. Prima era scomparso nel suo palazzo, chiudendone le porte dorate, ascoltando solo consigli vili e codardi; ma i Rohirrim non erano così, erano un popolo forte e orgoglioso ed Eotaed era fiero di farne parte. Poi improvvisamente Thèoden era ricomparso, ordinando quella fuga precipitosa.
Eotaed afferrò la sua sacca da terra e se la caricò sulle spalle e poi afferrò la spada di legno con cui era solito giocare. L’impugnatura raffigurava la testa di un  cavallo, come l’elsa delle armi dei cavalieri che lui tanto ammirava.
- Eotaed! – lo chiamò sua madre, già in fila con gli altri Rohirrim.                - Arrivo madre! – le rispose e si affrettò lungo il viottolo che portava al cancello principale. Sulla soglia si fermò, girandosi ancora per guardare la bandiera di Rohan che sventolava sballottata dal vento.
Il bambino prese la spada e la conficcò nel terreno morbido ai suoi piedi ‘- La riprenderò una volta tornato a casa. – mormorò.
Ad un tratto gli si avvicinarono a piedi due guardie – Ehi! che stai facendo ragazzino? – poi una di loro fece per afferrare la piccola spada di legno.
Eotaed non fece in tempo ad alzare una mano per impedirglielo che una voce profonda ordinò – Fermo! -.
Re Thèoden in persona si stava avvicinando al gruppetto, conducendo per mano il suo cavallo Nevecrino.
- Questo giovane Rohirrim ha deposto qui la sua arma come promessa del ritorno e nessuno, neanche un re, ha diritto di rimuovere quell’arma. – disse il re – Ora voi andate. – e le due guardie, che si erano inchinate, si allontanarono verso al colonna di gente,
- Come ti chiami ragazzo? – disse rivolgendosi al bambino.
- Eotaed sire. – rispose senza osare alzare lo sguardo.
- Bene Eotaed. Ricorda le mie parole: noi non stiamo fuggendo ed è certo che ritorneremo qui, dove è la nostra casa. -
Il ragazzino allora alzò lo sguardo e fisso il re, che era montato a cavallo. -
- Questo non è un addio. – e detto cioè il re spronò Nevecrino e si diresse in testa alla colonna.
- No…. – disse Eotaed –  questo è un arrivederci. -
 
 
  
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