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Autore: Bellis    12/02/2009    5 recensioni
[VOY] Un segnale acustico acuto e duraturo segnalò l'arrivo di un visitatore.
Immediatamente, il Dottore allungò la mano e trasse a sè l'impugnatura che provocò l'apertura della porta.
"Miral!"
Il tono era di sorpresa, anche se l'ologramma non era sorpreso davvero.
Fino all'ultimo aveva sperato, però, che non fosse la sua figlioccia a bussare alla sua porta in tarda serata.
Genere: Generale, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dottore, Tom Paris
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Volevo, prima di tutto, ringraziare T'Jill (Lunga Vita e Prosperità!) ed AnAm (Grazie, di cuore) per aver lasciato una Recensione al Primo Capitolo dell'incompiuta serie di Avventure Classiche (Five Years' Mission).
Mi scuso per non aver continuato quella FanFiction, ma... l'ispirazione è cambiata, i miei impegni sono aumentati... insomma. :S

Spero comunque di farmi perdonare a sufficienza :)
Buona Lettura!


Buon Sangue Non Mente

L'ampia vetrata non rifletteva lo sfavillìo delle molteplici luci artificiali che mitigavano l'oscurità dell'ampio e spazioso appartamento, portando ombre più dense e spiazzi dorati sul legno sintetico che rivestiva il pavimento.

Il Dottore sollevò lo sguardo dal piccolo e variopinto monitor sul quale scorrevano scritte minuscole e rapide, che si rincorrevano e tracciavano schemi, e formule chimiche.
Abbozzò un sorriso, tra sè, e si scoprì ancora stupito e meravigliato dalla quiete e dalla comodità di quei momenti.

La Voyager aveva fatto ritorno nel Quadrante Alfa da quattordici anni, ormai: eppure, egli sentiva, nel più intimo recesso della propria coscienza, che quei periodi di assoluta solitudine passati a compilare rapporti nella Infermeria della sua Nave Astrale... gli mancavano.

Ne sentiva una piena ed assoluta mancanza.
Ciò non era logico, e nemmeno spiegabile, secondo la sua stessa opinione.
Eppure, era la realtà.

Il Dottore sollevò le sopracciglia, alzandosi in piedi e passeggiando distrattamente verso il resistente vetro polimerizzato che separava quella facciata della sua stanza dai lumi della città.
Si rimproverò brevemente per il proprio egoismo: sperduto nel Quadrante Delta, l'equipaggio della Voyager avrebbe subito svariate perdite.
Il suo declino sarebbe stato prevedibile, quasi certo.

Eppure, se il Protettore, entità aliena e potentissima, non avesse trascinato la Nave lontano anni luce da ogni luogo conosciuto, il Medico Olografico d'Emergenza non sarebbe mai stato attivato.
Non si sarebbe evoluto.
Non sarebbe diventato ciò che, diciannove anni dopo, indubitabilmente era.

Una persona.
Non un pezzo di tecnologia, ma un individuo capace di intendere e di volere, al quale facevano capo gli stessi diritti - e gli stessi doveri - di qualsiasi Organico.

Sollevando il mento e sorridendo ora apertamente, il Dottore annuì, con evidente soddisfazione nel volto aperto e lieto.

Posò lo sguardo vacuo ed assorto sulla vegetazione del giardino antistante la casa: il suo giardino.
Una macchia di alti salici, che conferivano alla vegetazione un profilo mediterraneo, quasi Italiano, uno sfondo ideale all'Opera lirica.
Cespugli ed erba verdeggiante coronavano la scena...

... Mentre le iridi scure del Dottore si soffermavano su quel piccolo boschetto che gli apparteneva, una macchia scura emerse dal vialetto, avventurandosi a passo deciso e a testa bassa verso la porta dell'abitazione.

Dall'altezza e dalla corporatura, era certo che quello fosse un bambino, o una bambina, di quindici anni al massimo.
Appoggiata negligentemente su di una spalla, una sacca, forse uno zaino piccolo e floscio.

Serrando le labbra e corrugando la fronte spaziosa, l'ologramma si avvicinò, lentamente, all'entrata, scrutandone la superficie metallica e la lucida maniglia, attendendo, prima di appressarvisi del tutto.

Socchiuse gli occhi, incrociando le braccia: era quasi sicuro di sapere quale fosse l'identità di quella minuta persona.

Un segnale acustico acuto e duraturo segnalò l'arrivo di un visitatore.
Immediatamente, il Dottore allungò la mano e trasse a sè l'impugnatura che provocò l'apertura della porta.

"Miral!"

Il tono era di sorpresa, anche se l'ologramma non era sorpreso davvero.
Fino all'ultimo aveva sperato, però, che non fosse la sua figlioccia a bussare alla sua porta in tarda serata.

Era forse accaduto qualcosa? Un incidente?
Un guasto? Un imprevisto di qualche sorta?

"Ciao, Dottore." pronunciò la voce un po' mogia della ragazzina, che si fece avanti riassestandosi sulle spalle la sacca con un colpo brusco dei gomiti.

"Cosa è successo?" chiese subito, con evidente preoccupazione, l'altro, spostandosi dall'adito e richiudendo l'anta metallizzata dietro di lei.

Miral sollevò le iridi chiare al viso dell'ologramma, accennando un sorriso che non le riuscì tanto bene, e poi scuotendo il capo, mentre sporgeva un labbro.
"Niente. Davvero, niente." aggiunse, quando vide che il suo interlocutore rimaneva all'erta e sospettoso.
"Posso stare un po' qui?"

Il Dottore rimase interdetto per qualche istante.
"Ma certo." rispose, allungando una mano per aiutare la ragazzina a liberarsi del suo leggero fardello, e riflettendo per un attimo prima di ordinare, "Computer, aumenta la luminosità al 50 percento."

In un crescendo di caldo bagliore, i neon si attivarono tutt'intorno alla stanza, rendendo più visibile l'arredamento semplice e regolare, con qualche soprammobile qua e là, ed una olografia appesa in un angolo: gli Ufficiali della Voyager. Una foto di gruppo.

Con un solo sguardo, l'ologramma ebbe una conferma che c'era effettivamente qualcosa che non andava.
"Hai pianto, Miral?" chiese, serio, alla dodicenne che si era lasciata cadere a sedere su un pouf collocato vicino al divanetto.

Uno scatto di rabbia era prevedibile, a questo punto, dall'indole Klingon della figlia di B'Elanna Torres.
"Ovviamente no!" sbottò la ragazzina, fulminando il suo interlocutore con un'occhiata di fuoco, e stringendosi nelle spalle.
Una Klingon non piange.

"Oh, va bene." replicò l'altro, voltandosi e passeggiando per un attimo attraverso la stanza, nel tentativo di riflettere e di nascondere un sorrisetto ironico che gli era affiorato alle labbra.
"Eppure, " riprese, fermandosi all'improvviso ed allargando le braccia, "Il tuo volto è arrossato, come i tuoi occhi. Sei agitata. E sei qui senza un apparente motivo."

Aveva parlato tranquillamente, eppure Miral sembrò sul punto di esplodere.
Si rannicchiò ancor più sul pouf, sollevando le ginocchia, circondandole con le braccia esili, ed abbassando lo sguardo.
"Nemmeno a te piace la mia compagnìa, eh?" mormorò, scostando seccamente i capelli castani dal viso.

Allibito, l'ologramma cercò, e trovò subito, una risposta a quell'affermazione melodrammatica.
"Certo che... ma come ti vengono in mente questi discorsi?"

Dato che Miral non sembrava voler aggiungere altro, e si limitava a fissare il pavimento con aria afflitta, il Dottore si avvicinò al Replicatore (soluzione ideale, quando non si possono consumare alimenti e tuttavia si ricevono ospiti in casa) e digitò sul pannello di comando.
Una tazza fumante si materializzò immediatamente.

"Come è andata la gita scolastica di questo pomeriggio?" si informò cautamente, certo che quella doveva essere causa, almeno in parte, della disperazione della bambina.
Prese posto sul divanetto, accanto a lei, e le porse la tazza di The.

"Una noia." sussurrò Miral, senza convinzione, prendendo il recipiente ma non bevendo un sorso della bevanda calda.

L'ologramma annuì, mentre attendeva una continuazione del discorso, che non accennava a presentarsi.
Abbozzò un sorriso incoraggiante e rimase in silenzio.

"Abbiamo visto... tutte le astronavi del passato... l'Enterprise... c'era anche la Voyager." raccontò la ragazzina, che sembrava un po' più entusiasta, nel pronunciare quel nome.

"Ah!" sospirò il Dottore, intrecciando le mani in grembo, e rivolgendo uno sguardo nostalgico al soffitto in penombra. "E' la tua casa, il posto dove sei nata. Sebbene tu non ci abbia vissuto per molto tempo... poche ore, a dir la verità..."

"Quella parte della gita mi è piaciuta." lo interruppe lei, mogia ed imbronciata, con le spalle accasciate, mentre si decideva finalmente a bere un poco di The.
"Ma quando abbiamo visto le missioni di Kirk... sai, il famoso Capitano... nell'Olocinema... " scosse il capo, con desolazione ed una scintilla di rabbia nello sguardo.

L'ologramma assottigliò lo sguardo, iniziando a comprendere ciò che era accaduto.
James Tiberius Kirk era famoso per le sue schiaccianti vittorie contro i Klingon, quando la lotta era ancora aperta e la pace non era stata firmata.

"Dicevano tutti che io sono come loro, come i Klingon... che il mio popolo ha ucciso tanti Umani, e che Kirk ha fatto bene a combatterlo... " ora quasi singhiozzava, la giovinetta, mentre tentava di completare il suo racconto.

L'altro si sentì in dovere di intervenire.
"Sono sicuro che scherzavano, Miral. Sai, i bambini possono essere crudeli, a volte. Possono ferire le persone senza nemmeno rendersene conto." la rassicurò, poggiando una mano sulla folta capigliatura della sua figlioccia.
"Perchè, piuttosto, non ne hai parlato con tua madre, o tuo padre? Secondo me..." fece una pausa, per avere l'attenzione della sua interlocutrice, prima di riprendere, "... possono darti più risposte di quanto ti immagini."

"Papà è alla riunione di lavoro degli Olonovellisti." mormorò, senza nascondere il disappunto e la intima delusione che provava nel ricordare ed esprimere questi concetti, "Mamma è... è... alla conferenza sulla Meccanica Quattristica."

"Quantistica." la corresse il Dottore, senza riuscire a trattenersi.
Per quanto la disperazione della bambina fosse genuina, conteneva una vena di comicità dovuta, forse, alle fattezze ancora giovani e fanciullesche di tutta la persona.
"Perchè non li hai aspettati a casa?" la rimproverò con dolcezza, "Non dovesti girovagare a quest'ora di sera."

Miral si passò l'avambraccio, vestito di una tuta comoda e sportiva, sul visino umido, prima di rispondere, la voce ancora rotta, "Dopo che sono andata via dal Museo, non avevo voglia di tornare a casa." confesso, candidamente, reprimendo un sospiro e bevendo un gran sorso del The raffreddato.

L'ologramma sgranò gli occhi. Questo era troppo.
"Sei scappata dal Museo da sola e sei rimasta in giro per tutto il tempo?" esclamò, inclinando il volto ed aggrottando le sopracciglia.

"Sono stata alla Biblioteca Scientifica." replicò subito la ragazzina, un po' più calma, forse riconoscendo la naturalezza e la spontaneità della reazione preoccupata dell'altro.
"Ho fatto delle ricerche, guarda."

Raggiunta la sacca che era stata poggiata poco lontano, frugò al suo interno, estraendone infine un vissuto D-PADD, probabilmente compagno di mille avventure scolastiche e di molte raffigurazioni di Capitan Proton, personaggio olografico creato dal padre.

Miral porse lo strumento al Dottore, incontrando il suo sguardo per un attimo, e quello comprese che era un po' più serena.
Probabilmente il dialogo con lui aveva fatto da contraltare alla disfatta emotiva subita nel pomeriggio.

"Hm." mormorò, aprendosi ad un sorriso lieto e soddisfatto, mentre esaminava il lavoro della figlioccia, eliminando con rapidi tocchi e con brevi pressioni sui pulsanti gli errori di battitura che di tanto in tanto trovava.
"Una notevole quantità di dati, esposta con chiarezza e... creatività. Anche se preferirei che tu affrontassi la Neurobiologia Vulcaniana con più gradualità. Non abbiamo fretta."

"Mi piace quella materia. E' interessante." commentò la ragazzina, sorridendo con una certa timidezza che lasciava intendere quanto fosse piacevolmente meravigliata dai complimenti del suo padrino in quella giornata nera.

"Potrei insegnartela!" esclamò l'ologramma, di slancio, sempre pronto a condividere le nozioni di cui era un assoluto esperto.
"O potrebbe tuo padre, è stato Infermiere, sulla Voyager..."

"Lo so."

Dopo un attimo di entusiasmo, i toni si smorzarono, e la sua espressione assunse un lieve tono di mestizia.
Porse il PADD alla ragazzina, ritornando completamente serio.
"Miral, devi... rendere i tuoi genitori partecipi del tuo stato d'animo... delle tue gioie, delle tue delusioni, dei tuoi problemi. Solo così ti potranno aiutare. Tua madre ha vissuto lo stesso tuo problema, da ragazza, e..."

Si accorse di star sfociando in un Oceano in cui non poteva orizzontarsi.
Ciò che sapeva della fanciullezza di B'Elanna apparteneva solo a lei.
"... chiedile di parlartene. Sono sicuro che lo farà." concluse il Dottore, mostrando le palme delle mani.

"E' stata così dura anche per lei?" chiese, a un certo punto, la ragazzina, dopo aver riflettuto a lungo ed intensamente.

In realtà, per B'Elanna Torres l'infanzia era stata molto più difficile.
La natura Klingon della madre aveva portato a pesanti contrasti tra i genitori, ed infine alla separazione da entrambi.
"Credo... di sì." rispose, evasivamente, l'altro, annuendo con lentezza, assorto nei ricordi.

Il Dottore fu risparmiato dal dover rispondere a mille domande dell'incuriosita figlioccia: un forte sibilo di motori giunse alle orecchie dei due, che immediatamente portarono lo sguardo sulla vetrata e sul paesaggio esterno.

Una Hovercar stava planando sul viale liscio e lastricato, nel raggiungere rapidamente l'abitazione solitaria alla periferia di San Francisco.
Con un testacoda ben calibrato, invertì la direzione di marcia e si collocò precisamente nel posto predefinito per la sosta.

Il piccolo e manovrabile veicolo si posò sul terreno, sollevando una lieve polvere che si disperse subito nell'aria frizzante della sera.

"E' sicuramente tuo padre. Riconosco lo stile." l'ologramma parlò al nulla, perchè Miral, indifferente all'avvenimento, stava dedicando tutta la propria attenzione al proprio scritto, che modificava in continuazione, seguendo l'ispirazione del momento.

Il Dottore si allontanò rapidamente, portandosi a schiudere la porta (per la seconda volta in quella serata) prima che Thomas Eugene Paris avesse il tempo di annunciare la propria presenza.

L'uomo immediatamente fece due passi avanti, e l'ologramma potè subito constatare quanto tirato fosse il suo volto, nella preoccupazione e nell'ansia.
Era evidentemente sconvolto, e ciò era comprensibile: doveva essere tornato a casa da poco, e il non trovare la figlia era stato un evento notevole.

Paris scambiò una sola occhiata col Dottore, ed immediatamente emise un lungo sospiro di sollievo, rilassando il collo e socchiudendo gli occhi.
Battè sulla spalla dell'ologramma in un tacito e sincero segno di ringraziamento, quindi attraversò rapidamente il breve corridoio, portandosi verso la ragazzina, ancora seduta ed immobile.

"Miral..."

"Ciao, papà." disse solo la bambina, poggiando da parte il dispositivo che ancora aveva in mano.

"Perchè...?" chiese solamente l'ancor giovane padre, sconcertato, distendendo le dita in un gesto di stizza e d'incomprensione.

"E' perchè sono Klingon, bizzosa, irascibile, violenta." sbottò, incontrollabile, la dodicenne, chinando il capo e nascondendo il viso, e la fronte percorsa da leggere creste, tra i capelli lunghi.

L'uomo spostò lo sguardo sul Dottore, che si era portato al suo fianco, e che lo osservava con attenzione, impassibile e tranquillo, com'era suo solito.
Serrò la mascella, ricordando tempi lontani in cui, sposato da poco, udiva le stesse parole dalla donna che era diventata sua moglie.

Purtroppo, lo stemma della Federazione non faceva altro che nascondere l'emarginazione, a volte.
Forse quella di un solo individuo particolarmente fragile... uno solo, e tuttavia importante, perchè unico ed irripetibile.
E per un padre, la figlia è sempre sopra ogni altra cosa.

Paris si chinò a fianco di Miral, cercandone gli occhi e sollevandone il viso pianamente.
"Bambina mia... tu hai molto in comune con tua madre... ma non sei tanto simile a una Klingon" disse solo, con una punta di quell'immancabile leggerezza nel tono quieto.

La domanda della figlia, prevedibile, muta, permaneva nel suo volto.
Ella si chiedeva che senso avesse ciò che il padre stava dicendo.

"I Klingon non possono piangere" disse, scherzoso, cercando di sollevare l'aura di tristezza che permeava la mente di Miral, ed asciugando con le palme il suo viso umido.
"Come direbbe il Dottore, è la loro fisiologia che glie lo impedisce."

A quell'affermazione, una breve e tenue scintilla illuminò le iridi chiare della ragazzina, che, colpita e meravigliata, spostò lo sguardo dal padre al padrino.

"Sono certo, Tom, che sua figlia è consapevole di questo fatto." precisò l'ologramma, sollevando le sopracciglia, plateale nell'atteggiamento, con un piccolo sorriso di approvazione.
"E' molto portata per l'Esobiologia propedeutica alla Medicina di Base." concluse, lanciando un'occhiata penetrante a Paris.

"Ah, sì?" mormorò subito quest'ultimo, un po' sorpreso da questa dichiarazione subitanea ed inaspettata, e forse confuso dall'affermazione complicata ed esageratamente perfezionista, nella sua precisione.

"Certo." confermò il Dottore, annuendo vigorosamente, ed un notevole lampo d'ironia gli attraversò il volto.
"Del resto, buon sangue non mente." concluse, osservando di sottecchi la famigliola incompleta, e giungendo le mani dietro la schiena.

Un fascio di luce illuminava pienamente l'Olografia tridimensionale collocata in modo che fosse visibile da ogni parte della stanza.
Ritraeva, sorridenti ed intenti all'obiettivo, tutti gli Ufficiali Superiori.
Era stata scattata circa un anno prima che la Voyager avesse potuto raggiungere la Terra, durante una ricorrenza che Neelix aveva denominato "Il Giorno degli Antenati".

Quanto profondamente poteva influire la famiglia sullo sviluppo e sulla vita di un giovane che si apprestava ad entrare nel periodo della maturità?
Ancor più importante, quanto positivamente gli antenati potevano rammentare ai ragazzi le tradizioni del tempo antico?

Miral, probabilmente, si sarebbe presto accorta di essere unica, ed irripetibile.
Un individuo in grado di posare solide fondamenta del suo pensiero sugli insegnamenti dei suoi cari, ed erigere il suo Mondo oltre le vette più elevate.

Dipendeva tutto da lei.
Il Dottore era però certo che la giovane spaesata fosse in ottime mani.

***

"Il suo senso dell'umorismo non invecchia mai, eh, Doc?"

"Sono un ologramma. Nessuna delle mie componenti è soggetta a decadimento progressivo."


[Fine - Buon Sangue Non Mente]


Nota dell'Autrice
Un po' in stile Soap-Opera, questa mia One-Shot. Ma avevo da tanto tempo in mente questo dialogo, non ho resistito alla tentazione di scriverlo.
Spero che Ti sia piaciuto, e che mi lascerai una tua impressione del mio lavoro, positiva o negativa che sia :)

A presto!
Bellis

   
 
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