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Autore: kocka6277    24/09/2015    2 recensioni
Inghilterra, 1912. Harry Styles è l'unico erede di una facoltosa famiglia inglese, promesso sposo della giovane Taylor; Louis Tomlinson è il più grande di sette fratelli, costretto a cimentarsi nei lavori più disparati già dalla prima adolescenza per mandare avanti la famiglia. Si incontreranno sulla nave più maestosa ed importante del secolo, il Titanic, entrambi a bordo per un motivo diverso ma con uno scopo di fondo molto simile.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Le note di un pianoforte risuonavano dolci dal piano inferiore di villa Swift; la deliziosa armonia si sposava perfettamente con quel pomeriggio di fine primavera, con l’aria fresca che entrava dal giardino ricolmo di fiori, e muoveva sinuosamente le tende di lino bianco. Al piano, una giovanissima donna con i capelli sciolti pieni di boccoli biondi che le accarezzavano i fianchi; il viso di porcellana faceva da contorno a due vispi occhi blu e a piccole labbra rosse. Le sue dita sottili quasi sfioravano i tasti bianchi e neri, come se avesse paura che si rovinassero ad un tocco più deciso; l’idilliaca atmosfera che era riuscita a creare in quel mercoledì pomeriggio, venne malamente interrotta da una donna che fece irruzione nella stanza con le gote arrossate e in piena trepidazione.
Taylor, ho grandi grandissime novità, Anne è riuscita ad avere due cabine sul Titanic!”
Oh, mi sembra grandioso mamma..” - rispose lei distrattamente.
Potresti certo mostrare un po’ più d’entusiasmo, mia cara. Si tratta del viaggio inaugurale della nave più importante del secolo e tu te ne stai seduta lì senza dire una parola; si parte tra due giorni comunque, ti chiamo subito Jenna così ti aiuterà a fare la valigia.
La donna uscì tutta trafelata mentre Taylor poggiò entrambi i gomiti sul pianoforte sospirando sonoramente. Non le interessava minimamente fare un viaggio con la sua futura suocera e il suo futuro marito; quella coppia, infatti, era stata formata probabilmente nel momento in cui lei ed Harry avevano emesso il primo vagito, erano figli di famiglie altolocate e legate da chissà quale patto inviolabile. La verità è che non gliene era mai importato niente, dei soldi e di tutto il resto, il suo sogno era quello di diventare una pianista famosa e Harry...beh Harry era il suo migliore amico, erano cresciuti insieme ma nessuno dei due aveva mai provato sentimenti vagamente simili all’amore, per l’altro. Ancora con la testa persa nella sua musica, la ragazza iniziò a salire le scale svogliatamente, diretta verso la sua camera.
A due isolati di distanza, si era presentata una scena molto simile tra Harry e sua madre. Il giovane non era particolarmente ambizioso, ma sapeva che nella sua vita sarebbe stato in grado di fare soltanto una cosa, insegnare letteratura inglese ai ragazzi delle medie, con l’intento di farli avvicinare e appassionare quanto più poteva alle opere più belle che lo avevano accompagnato durante tutta la sua vita. Nonostante fosse un ragazzo piuttosto alto, se ne stava rannicchiato come un riccio nel suo posto preferito, una piccola panca posta sotto la finestra, ricoperta da cuscini color panna ai quali si accoccolava ogni volta che leggeva un libro o semplicemente osservava, sempre con nuovo stupore, le stagioni fare il proprio corso; sentiva sua madre parlare dell’imminente viaggio, senza mai comunque distogliere lo sguardo dalla sua lettura. I suoi occhi avrebbero incantato anche l’osservatore meno acuto, da questi risplendeva di luce propria un verde limpido e magnetico, macchiato qua e là da pagliuzze celesti che lo rendevano ancora più acceso; il suo viso aveva contorni gentili, addolciti ulteriormente dai ricci castani che scendevano fino alle spalle. “L’uomo padrone di sé pone fine a un dolore con la stessa facilità con la quale improvvisa una gioia” , rise leggendo quell’aforisma di Wilde che sembrava essere più che adatto alla situazione e finalmente si alzò andando in direzione della madre.
Mamma cerca di calmarti, iniziamo a preparare le nostre cose e ne riparliamo a cena. Sono certo che sarà un viaggio memorabile, ci divertiremo.” - così dicendo le lasciò un bacio sulla guancia, tornando poi alla sua precedente occupazione con una certa soddisfazione sul volto, la donna infatti si era illuminata a quelle parole ed era uscita in gran fretta dalla stanza.
 
Due giorni dopo la città era in fermento, le strade limitrofe al porto erano un viavai di persone; uomini d’affari, ministri, e membri dell’alta società sfilavano col proprio bagaglio pieno di vestiti e presunzione, davanti al ceto medio-basso che con immensa ammirazione osservava l’imponente nave pian piano popolarsi. Era uno spettacolo al quale nessuno dei presenti aveva mai assistito e tra la folla c’era chi con ogni mezzo tentava di corrompere braccianti e marinai per poter passare anche solo dieci minuti su quello che erano sicuri, sarebbe diventato un pezzo di storia. In mezzo alla folla c’era anche una coppia di inseparabili amici che voleva salire a bordo a tutti i costi, sicuri che in America avrebbero fatto la fortuna della loro vita. Erano due ragazzi molto giovani, con una storia di povertà alle spalle e una vita che li aveva costretti a crescere troppo in fretta; dopo aver praticato quasi ogni mestiere esistente, erano finiti a lavorare come lavapiatti in un ristorante frequentato solo da persone di un certo rango, nel centro della città. La paga era misera ma sufficiente a permettere loro di avere un tetto sopra la testa, seppur condiviso con altri cinque giovani. Il più grande si chiamava Louis ed era il classico sognatore, quello che si sveglia sempre pensando a quante cose potrebbero succedere in sole 24 ore, quello che torna a letto un po’ deluso perché anche quella volta la routine è rimasta la stessa, ma che comunque si addormenta riponendo un briciolo di speranza in più nel nuovo giorno.
Oggi, Louis sentiva che il suo momento sarebbe finalmente arrivato, era sicuro che quella strana sensazione alla bocca dello stomaco non fosse semplicemente frutto di curiosità ma che significasse una vera e propria svolta; i suoi limpidi occhi quella mattina erano del colore del cielo e infiniti quanto l’orizzonte.
Zayn, amico mio, vedi questa immensa nave? Questa ci porterà verso una nuova vita, una incredibile nuova vita, lo sento nell’aria!
Straparli. Intanto dobbiamo ancora capire come salirci su questa cosa, ci cacceranno a calci, diamine..te lo dico io!
Ah, sei solo un inutile pessimista! Metti questo e seguimi”- concluse Louis porgendo all’amico una scoppolina da bracciante bianca e blu e procedendo a passo sicuro verso la stiva, zona riservata all’ingresso del personale. C’era una certa agitazione, faceva piuttosto caldo e gli uomini in attesa di essere imbarcati erano fermi in fila da diverse ore; prima della scaletta d’ingresso, erano appostati due grossi omoni che dopo un attento controllo a eventuali bagagli e documenti, facevano entrare i nuovi lavoratori a gruppi di cinque. Passò una buona mezzora prima che fosse il turno dei due amici, e l’ansia del più piccolo era notevolmente aumentata fino a farlo sudare più del dovuto; Louis gli mise velocemente in mano un pezzo di carta dove erano state scritte accuratamente tutte le mansioni da loro svolte, così sperava di rendere il tutto più credibile. Giunti di fronte agli omoni, pronunciarono a voce alta i rispettivi nomi, seguiti da un “al vostro servizio, signori” talmente convincente che fece guadagnare loro un biglietto di sola andata verso il nuovo mondo, almeno questa era la convinzione di Louis. Zayn, decisamente più razionale, aveva capito che il reclutamento della ciurma era avvenuto sul momento, prima di loro erano stati presi solo giovani apparentemente forti e in salute o uomini appena sulla trentina con le medesime caratteristiche; la maggior parte degli altri invece era stata scartata senza troppi convenevoli, ma era così bello vedere la speranza splendere negli occhi del suo amico che non gli avrebbe mai raccontato la verità, anzi una volta dentro avrebbe gioito con lui per quella incredibile fortuna che finalmente si era accorta di loro.
A prua era stata montata una scala con tanto di tettuccio, che conduceva direttamente al primo piano della nave dove delle graziose signorine elegantemente abbigliate, accoglievano gli ospiti con bicchieri di limonata rinfrescante e illustravano loro la via più breve per arrivare alle cabine. Lasciati i bagagli ai facchini, anche Harry, Taylor e le rispettive madri fecero il loro trionfale ingresso nel Titanic; vennero subito scortati al piano più alto dove si trovavano le cabine più suntuose, dotate perfino di un balconcino privato e comodi servizi igienici. Dopo essersi salutati e dati appuntamento mezzora più tardi, a coppie entrarono nelle rispettive stanze; Anne si aggirava per la stanza emettendo gridolini di stupore per il lusso che ritrovava anche nelle rifiniture più nascoste delle tende, mentre Harry si diresse immediatamente sul letto situato a lato della porta finestra, congratulandosi mentalmente con se stesso per essersi accaparrato quell’angolino che gli avrebbe garantito serenità e riflessione. Si tolse in fretta la giacca blu scuro e aprì i primi bottoni della camicia candida, guardava malinconicamente la grandezza del mare e si sentiva già soffocare in quei quindici metri quadrati condivisi; non voleva per nessun motivo questa vacanza perché sapeva che non era possibile definirla tale, visto l’imminente matrimonio che vi si sarebbe celebrato.. il suo.
Mamma ti devo parlare..
Harry sono le diciassette, dobbiamo scendere per il tè con le Swift. Sciacquati il viso per favore e allacciati quella camicia, forza.” - Harry aveva veramente pensato che quella sarebbe stata l’occasione giusta per sistemare le cose ma, alzandosi sospirando, si disse che forse non era così.
Senti facciamo così, tu scendi intanto, io mi sistemo e vi raggiungo tra una decina di minuti.
D’accordo ma fai in fretta, tesoro” - diede a suo figlio un bacio sulla guancia e uscì dalla cabina. Se c’era una cosa che il giovane Harry Styles odiava, era mentire a sua madre e averle mentito per diversi anni, si detestava per questo ma dall’altra parte odiava lei perché non era stata in grado di capire suo figlio come aveva sempre fatto, non aveva capito che quell’unione forzata lo avrebbe portato alla rovina, alla pazzia, sarebbe stato come rinchiudere un’aquila in una gabbia per canarini. Di una cosa comunque era certo, magari avrebbe acconsentito alle nozze ma non avrebbe mai smesso di combattere per la sua libertà, già si vedeva scendere da quella nave con la sua sorella non-di-sangue, gettare le fedi e gli atti in mare e scappare verso chissà quale città per poter finalmente ricominciare e vivere una vita tutta nuova, e tutta sua.
L’orologio segnava già le 17:15, come al solito era in ritardo e come aggravante c’era il fatto che non sapeva assolutamente dove andare, avendo ignorato la piccola mappa promemoria posta dietro la porta; si diresse in fretta verso l’ascensore sperando in un colpo di fortuna improvvisa ma l’ascensore era vuoto quindi dovette tentare. 1. Quel minuto e mezzo che passò nell’abitacolo gli sembrò interminabile e appena uscì, si ritrovò a seguire di nuovo l’istinto correndo verso destra. In meno di un secondo aveva sentito un gran botto, un gran dolore sul fondoschiena e poi alla testa, e il caos negli occhi.
Damerino vuoi stare un po’ attento a dove metti i piedi?”
Zayn, dai aiutami a tirarlo su
Ah no, non ci penso proprio, prima ti viene addosso e poi..io me ne vado, se vuoi aiutalo tu questo, Tommo!
Grazie tante.” - disse seccato accovacciandosi vicino al ragazzo che mugolava a occhi chiusi con la schiena a terra, le gambe piegate a casaccio e le mani sulla testa, che Louis provò a spostare per controllare che fosse tutto a posto.
Oops..io..mi..ecco..stavo..di là
Oops? Ma che stai farfugliando amico, dai tirati su” - fece Louis soffocando una risata e porgendogli le mani- “vuoi aprire gli occhi o no? Non ho tutto il giorno, sai?” - disse costringendo l’altro a fare come diceva. Harry aprì gli occhi e trovò un ragazzo rannicchiato accanto a lui, con gli occhi limpidi come il cielo di giugno e due labbra sottili allargate da un sorriso sincero; facendo forza sugli avambracci dell’altro, riuscì finalmente a mettersi in piedi. La testa gli girava parecchio e per questo fu costretto a rimanere aggrappato al ragazzo per un paio di minuti:
Mi dispiace, ti sto facendo perdere tempo” - disse con tono mortificato.
No, non ci pensare, l’importante è che non ti sia fatto male. Comunque io sono Louis
Uhm Harry..Styles, piacere” - si scambiarono una veloce stretta di mano, stranamente imbarazzati.
Harry..” - ripeté Louis più a se stesso che al suo interlocutore; il modo in cui pronunciò il suo nome arrivò dritto a stringere lo stomaco di Harry in una morsa, aveva un accento particolare e una voce troppo dolce e acuta per appartenere a un giovane uomo.
Accortosi dell’ora estremamente tarda, congedò Louis scusandosi per dover andar via così di fretta, si scambiarono uno sguardo e un sorriso, per poi riprendere le loro strade.
Harry non era mai stato un grande atleta, per questo dopo la prestazione indecente di qualche minuto fa, terminata rovinosamente a terra, decise che ormai era in ritardo quindi tanto valeva arrivare sano e salvo all’appuntamento. Si aggirava nei corridoi con la speranza di incontrare un inserviente o un cartello e finalmente ne vide uno sulla sua testa, per il bar avrebbe dovuto proseguire dritto. Arrivato all’entrata scorse le tre donne sedute ad un tavolino vicino una vetrata, tutte visibilmente agitate, entrò sospirando; per i successivi dieci minuti la conversazione fu interamente incentrata su di lui, su dove fosse finito e come stesse. Inutile dire che per Harry, tutte quelle chiacchiere erano diventate solo il sottofondo ovattato dei suoi pensieri, erano giorni che si arrovellava il cervello per trovare la soluzione ai suoi problemi eppure, più ci pensava più si convinceva che qualsiasi tentativo sarebbe risultato fallace. Le tre donne vennero improvvisamente zittite dal pugno di Harry che si era scaraventato sul tavolo facendo tremare le tazzine da tè, su di lui sguardi interdetti. Senza proferire parola si alzò e uscì, riprendendo poi la sua corsa una volta girato l’angolo; non sapeva esattamente dov’era diretto, sapeva solo che voleva scappare lontano. In men che non si dica si ritrovò sul margine estremo della prua, i suoi occhi si persero nella distesa infinita dell’oceano e la sua mente si svuotò di ogni pensiero e persona, lasciandolo finalmente in silenzio.
Passò un buon minuto prima che si accorse di aver perso il controllo delle sue emozioni, piangeva dinnanzi all’orizzonte e al sole che annegava, piangeva senza sapere nemmeno il perché, anche se sentiva che di motivazioni ce n’erano fin troppe; si chiedeva che senso avesse tutto, dato che ogni cosa nella sua vita era stata decisa e scelta da altri che, pensando di fare il suo bene, avevano invece finito per fare tutto l’opposto, regalandogli il peso insopportabile della vuotezza. Dopo tanto tempo era riuscito finalmente a sfogarsi, a far uscire tutto il suo dolore e sentiva, a vent’anni, di essere totalmente pronto per prendere di petto la situazione e in mano la sua vita, ce l’avrebbe fatta, avrebbe affrontato sua madre una volta per tutte; si asciugò il viso accendendosi di una strana forza, si alzò e si incamminò verso la sua cabina.
Quella sera la cena fu piuttosto silenziosa, mentre nell’ampia sala da pranzo centinaia di voci si sovrapponevano l’una sull’altra e confondevano tutti i pensieri di Harry. Con lo sguardo basso, fisso sul bordo del piatto di porcellana, il ragazzo richiamò l’attenzione delle tre donne sedute a tavola con lui dicendo che doveva comunicare qualcosa di molto importante; nel medesimo istante un giovane cameriere si stava dirigendo verso il quartetto con dei menu in mano e un bel sorriso stampato sul volto.
Buonasera signo-
Dannazione, è possibile avere un po’ di privacy?” - Harry aveva quasi urlato quelle parole, le donne sconvolte e impallidite a causa di quel secondo attacco collerico della giornata, il sorriso di Louis annegato da quelle parole taglienti; il volto del riccio si contrasse non appena incontrò quegli occhi che poche ore prima lo avevano salvato, avrebbe voluto tagliarsi la lingua davanti a tutti, chiese in fretta scusa al ragazzo che si limitò a lasciare i menu sul tavolo e a biascicare un “torno più tardi”.
Harry imprecò a mezza bocca prima di riprendere il suo discorso:
Vi prego, fatemi parlare e non interrompetemi finché non avrò finito, ho bisogno della vostra attenzione. La farò breve, Taylor e io..”- prese la mano della ragazza- “non ci amiamo, non ci siamo mai amati e mai ci ameremo, siamo cresciuti insieme, siamo come due fratelli ma amanti mai. So che è qualcosa ben al di là dell’amore che ci lega per quanto vi riguarda, la ricchezza e il nome di due famiglie, ma è davvero ciò che importa di più? Ci state condannando ad una vita infelice, a una vita che non vogliamo. Parlo personalmente di me ora, mi sento costantemente soffocare, sono poco più che un ragazzo e ho il diritto di vivere, non sogno una utopistica libertà, sogno solo una vita normale, non mi interessano i soldi, voglio un lavoro vero, una famiglia vera e non resterò un giorno di più in questa farsa.
Harry, tesoro, ti prego di tornare in te, stai evidentemente farneticando. Perché non vai a farti un bagno caldo e poi ti metti a riposare? Domani vedrai che tutto tornerà alla normalità
Mamma, questa normalità come la chiami tu mi sta sopprimendo, lo capisci? Sophie, davvero, mi dispiace tanto ma non tornerò indietro, prego tutte voi di pensare a queste mie parole e di godere questa vacanza come un buon gruppo di amici farebbe; Tay, siamo liberi. E ora scusatemi, devo prendere una boccata d’aria, buonanotte.
Lasciò tutti di stucco ancora una volta abbandonando il tavolo; si appoggiò al bancone delle bevande e scrisse frettolosamente qualcosa su un sottobicchiere, si avvicinò a Louis e glielo porse, chiedendogli scusa ancora una volta. Dopotutto non era un damerino con la puzza sotto al naso, aveva solo avuto una pessima giornata, e voleva dimostrarlo a quello che sarebbe potuto diventare un fedele amico di viaggio; l’altro prese il biglietto, lesse “Vediamoci sulla prua a mezzanotte, porta delle provviste se puoi. -H” e scoppiò in una fragorosa risata poiché sembrava il biglietto di un dodicenne al suo complice di scappatelle e monellerie, senza pensarci aveva già accettato quello strano invito.
 
Harry era in piedi, immobile con la faccia rivolta verso l’oceano nero che non riusciva più a distinguere dal buio della notte, sentiva i brividi di freddo lungo la schiena e si sentiva agitato e a disagio un po’ per quello che era successo a cena, un po’ per quell’imminente e strano appuntamento. Louis lo vide di spalle con un completo nero perfetto, ricami dorati sui polsini, le mani nelle tasche dei pantaloni; corse verso di lui con una busta di carta in mano, lo salutò mostrando il pacchetto e sorridendo divertito. L’altro mostrò di riflesso le sue fossette e fece segno con la mano di sedersi sui cuscini bianchi che ricoprivano le panche. Ci fu un imbarazzante momento di silenzio nel quale entrambi rimasero a fissare un punto indefinito del pavimento, poi finalmente Louis ruppe il ghiaccio:
Beh, ho portato le provviste come mi avevi chiesto, mangiamo?”- risero entrambi e iniziarono a mangiare pane e formaggio- “allora, cos’è successo a cena? Mi sono piuttosto offeso, sai?”- la buttò lì apparentemente come una battuta.
Hai ragione, dovrei darti delle spiegazioni a questo punto. Diciamo che ero stanco della mia vita e ho trovato il coraggio di mandare tutto al diavolo, matrimonio compreso.”
Matrimonio?
Sì sai, relazioni combinate, nessuno dei due lo voleva comunque, non ho spezzato nessun cuore..beh forse solo quello di mia madre e della sua”- dopo queste parole Harry tornò a volgere il suo sguardo verso l’oblio della notte, sembrava inquieto; Louis rimase a fissarlo senza fiato, c’era così tanto dietro quel volto angelico e quei vestiti perfetti, di persone altolocate ne aveva viste a centinaia ma mai nessuna era sembrata così umana come il ragazzo che aveva di fronte. Si chiedeva come mai un ragazzo che apparentemente poteva avere tutto e realizzare i suoi desideri con lo schiocco delle dita, potesse avere un’espressione così distaccata e sofferente; si rivedeva in quegli occhi smarriti e pensava a quando anche lui si ritrovava a perdersi su un punto lontano pensando a quello che sarebbe stato della sua famiglia e della sua vita. Così simili eppure così diversi. Due mondi lontani e due vite opposte, padrone e servitore; fece per alzarsi ma l’altro si girò di scatto e lo trattenne per il polso.
Ti ho per caso offeso in qualche modo, Louis?”- gli ultimi pensieri si rivelarono totalmente privi di senso, vennero spazzati via da quella voce dolce e roca allo stesso tempo, evidentemente Harry Styles non era un damerino qualunque.
No, scusami volevo solo gettare via queste cartacce..”- Harry lasciò la presa e gli sorrise. Passarono la notte a raccontarsi le rispettive vite, l’uno sempre più affascinato dall’altro; scherzavano, ridevano e non si accorsero di come le ore erano volate fin quando videro il primo bagliore del mattino. Si sentirono entrambi più leggeri, sentirono di poter prendere il volo da un momento all’altro, sentirono di poter sfiorare quella tanto agognata nuova vita. “Sono quasi le sette, Louis, dobbiamo andare.
Cavolo, mi sa che crollerò sulle crostate delle vecchie signore a colazione”- si incamminarono verso l’ascensore- “Sai come fa un damerino come te ad arrivare davanti alla sua suite numero 17?
Barcollando come uno zombie?
Ci sei andato vicino ma no. Così!”- senza dare all’altro il tempo di reagire, Louis aveva preso Harry di peso e aveva iniziato a correre lungo tutto il corridoio ridendo a squarciagola.
Louis mettimi giù! Sveglieremo tutti!
Che si sveglino pure questi sciocchi ricconi!”- entrambi scoppiarono a ridere noncuranti della situazione- “eccoci qui, signor Styles, siamo arrivati a destinazione!”- fece scendere Harry che ormai non la smetteva più di ridere.
Tu sei totalmente fuori di testa, lo sai vero?
Il mio motto è vivi ogni secondo come se fosse l’ultimo, quindi mi concedo i miei attimi di follia senza rimorsi! Spero che ti sia divertito comunque, buona fortuna con tua madre..
Ne avrò davvero bisogno.. E sì, ho passato una bellissima serata, mi ci voleva proprio. Quando potremo rivederci?
Tutte le sere al solito posto mi sembra perfetto, no?” - salutò il ragazzo con un cenno della mano e si allontanò; Harry rimase a guardarlo mentre andava via e già sentiva il peso della vita tornare a posarsi sul suo petto, sospirò ed entrò in camera, per nulla pronto ad affrontare sua madre.
 
La giornata passò in maniera strana e del tutto prevedibile, nessuno aveva menzionato i fatti della sera prima e le uniche parole erano state spese per elogiare la bontà del cibo, il servizio eccellente e i raffinati angoli della nave; nessuno, a parte Taylor, rivolse deliberatamente la parola a Harry, al quale comunque quell’apparente tranquillità e noncuranza nei suoi confronti non dispiacevano affatto. Pensava invece alla notte passata a chiacchierare con quel ragazzo dagli occhi celesti e dall’aria impertinente, pensava a quanto il tempo speso con lui fosse trascorso nella più assoluta calma e sincerità, pensava a come era riuscito ad essere completamente se stesso, forse per la prima volta, senza vergognarsene. Aspettava che venisse la mezzanotte con trepidante impazienza, come i bambini mentre aspettano l’arrivo di Babbo Natale; a pranzo finalmente lo vide dirigersi verso il suo tavolo, un grande sorriso nacque spontaneo su entrambe le bocche.
Buongiorno gentili signore, Sir..cosa posso portarvi oggi?”- i due giovani non riuscivano a togliersi gli occhi di dosso e a sogghignare mestamente; dopo aver preso le ordinazioni, Louis aggiunse più a Harry che alle tre donne - “Quest’oggi finisco il turno alle diciassette, per questo motivo non sarò io a servirvi a cena, vogliate scusarmi, tornerò tra poco con i vostri piatti.” A quella notizia il riccio si illuminò all’istante e a fine pasto consegnò insieme alla mancia un altro bigliettino al suo nuovo amico nel quale chiedeva di vedersi al solito posto alle diciassette. Quelle poche ore di attesa furono una tortura per entrambi, il desiderio di scappare dalle loro occupazioni e dirigersi subito all’appuntamento era fortissimo e, una volta arrivato l’orario si ritrovarono a correre come frecce verso la prua.
Oops!
Ciao, sempre con la testa fra le nuvole eh ricciolino?”- i due ragazzi si erano scontrati come la prima volta, risero e Harry si trovò nel più assoluto imbarazzo a causa di quella sbadataggine che lo aveva sempre caratterizzato. Iniziarono a camminare tra gli altri passeggeri che lentamente si allontanavano dal ponte per dirigersi nelle sale da tè; arrivati al loro posto si sedettero e cominciarono le loro ormai usuali conversazioni disparate.
Comunque io tua madre non la capisco, non ha senso prendersela così per una cosa del genere..sei il suo unico figlio poi!
Credo sia proprio per questo che se la sia presa, una fortuna andata in malora..ma me ne farò una ragione e dovrà farsela anche lei che le piaccia o meno.
E da dove esce tutta questa determinazione?”- disse Louis prendendolo in giro e mettendo una mano tra i capelli di Harry, scompigliandoli; quest’ultimo sorrise arrossendo, un po’ impietrito a causa di quel gesto così intimo.
Ah, finalmente se ne sono andati tutti! Devo farti vedere una cosa..”- Louis fece alzare Harry e lo fece girare verso l’oceano.
Sali sulla panca e lascia fare tutto a me” - l’altro chiuse gli occhi di riflesso quando vide quell’imponenza sotto i suoi occhi, odiava le altezze e sapere che in fondo c’erano tonnellate di acqua lo metteva in una totale ed incondizionata agitazione; Louis cinse i suoi fianchi con le braccia tenendolo strettissimo, si avvicinò all’orecchio e “Harold, apri gli occhi ti prego, respira forte”, l’altro seppure esitando fece come gli era stato detto, dopotutto riponeva una strana ed inspiegabile fiducia nei confronti di quel ragazzo. Aprì gli occhi ed inspirò, sentiva lo stomaco tremare di eccitazione e paura allo stesso tempo, l’aria fredda invadeva tutto il suo spirito liberandolo.
La senti, Harry?”- l’altro non riuscì a rispondere - “E’ questa la libertà, è questo il suo sapore e questo è il brivido inconfondibile che ti regala, tienitela stretta, non lasciarla andare mai o non tornerà più indietro!
Harry era totalmente inebriato da quelle parole e ubriacato dalla brezza marina, non riusciva a formulare un pensiero concreto o a pronunciare parola, vedeva solo la magnificenza della vita di fronte a sé; scesero dalla panca, le gambe del riccio tremavano incessantemente, si aggrappò a Louis e un istante dopo lo circondò con un abbraccio. In quel momento, per entrambi, la Terra aveva smesso di girare e il Sole di brillare, non c’era niente di più sicuro di quell’abbraccio, non c’era niente a parte loro due: due anime che si stavano cucendo insieme con un filo invisibile e indissolubile.
Devo raggiungere le altre per la cena, Louis..
I miei compagni di cabina sono tutti impegnati nel servizio, non torneranno prima delle due, se vuoi possiamo cambiare posto stasera. Primo piano, stanza ventotto, che ne dici?”- Harry aveva accettato senza battere ciglio e mentre si dirigeva verso la sala da pranzo, voltandosi verso il tramonto e verso Louis, capì.
 
Madre, Mary, vorrei parlare in privato con Taylor, ci scusate un momento?”- così dicendo, seguito dalla ragazza, Harry uscì dal ristorante, lasciando le due donne con una famelica aspettativa di rinsavimento da parte del giovane.
Tay devo assolutamente parlarti di una cosa, io credo di essermi innamorato, innamorato sul serio come nei libri, con le farfalle nello stomaco e il resto..
Ti sei..quando e soprattutto di chi? La conosco?
Dunque è proprio questo il punto, l’ho conosciuto ieri.
L’hai conosciuto?
Non devi proferire parola con nessuno, giurami che porterai questo segreto con te nella tomba; mi sono innamorato del cameriere, Louis, lo so che è una cosa sbagliata, illegale e che se mi scoprissero sarei perseguibile per reato ma io sento che invece di sbagliato non c’è nulla, sento di essere in pace quando sto con lui e dovevo dirtelo perché sapevo che avresti capito, o quantomeno ci avresti provato.
Tu ti sei innamorato in un giorno? Tu vivi davvero nel mondo delle favole Harry, torniamo dentro e per qualsiasi cosa ti coprirò io con loro...tu promettimi solo di stare attento, okay?
Non la ringraziò mai quanto aveva fatto in quel momento, si era tolto almeno un macigno dal petto; la cena sembrò quasi piacevole, forse le due donne avevano davvero creduto che i giovani si fossero nuovamente messi insieme ma a Harry non interessava, avrebbero potuto credere quello che volevano a patto che lo lasciassero in pace.
Appena conclusa la cena, Harry scappò con la scusa di una partita a poker; arrivò ansimando davanti alla porta della cabina di Louis e bussò delicatamente, quello che vide all’apertura lo lasciò con gli occhi liquidi e un sorriso inebetito: di fronte a lui c’era un ragazzo che assomigliava più a un bambino innocente, Louis indossava una maglietta a maniche lunghe bianca, dei pantaloni beige e un paio di bretelle dello stesso colore, lo fissava con un’aria di stupore e dolcezza e in mano teneva stretta una vecchia chitarra.
Vieni, entra. Benvenuto nel mio piccolo mondo, siediti pure accanto all’oblò, quello è il mio letto” - un velo di tenerezza si posò sugli occhi del riccio quando vide una fotografia della famiglia allargata di Louis sul comodino, era evidentemente il maggiore, con una schiera di sorelle al seguito e due piccoli gemellini appena nati.
E quella? Sai suonare?
Uhm, un po’, ho imparato da un mendicante straniero lo scorso inverno, è uno strumento che mi affascina moltissimo e...avrei preparato qualcosa da farti sentire, se me lo concedi..
Se? Non vedo l’ora Lou, forza!
Le piccole dita di Louis si muovevano con un’assoluta delicatezza su quelle corde, le picchiettava con una maestria e un amore inaspettati.
“It's just another night and I'm staring at the moon, I saw a shooting star and thought of you” - a quelle parole Harry ebbe un sussulto, la voce di quel ragazzo era una delle cose più pure che avesse mai ascoltato, così dolce e acuta che arrivava a penetrare ogni fibra del corpo.
I can see the stars from America, I wonder do you see them, too? E questo è un chiaro riferimento alla vita che ci attende oltreoceano
Vuoi dire che hai scritto tu questa canzone?
Certo, è solo un piccolo regalo per te..
Ti prego non fermarti, è bellissima
“So open your eyes and see the way our horizons meet, and all of the lights will lead into the night with me..and I know these scars will bleed but both of our hearts believe all of these stars will guide us home.”
Louis, sono assolutamente senza parole..hai una voce incredibile e io non pensavo proprio che sapessi cantare così, e comporre! Le parole, la musica sono..
Parli davvero tanto Harry, lo sapevi?” - con ancora la chitarra sulle gambe, Louis prese il volto del riccio con entrambe le mani e si avvicinò a lui senza dire una parola, senza lasciare una via di scampo all’altro; lo baciò dolcemente, le labbra di Harry erano delicate come dei petali di rosa, ingenue, bellissime. Scintille in entrambi i corpi dopo un contatto breve ma che rasentava la perfezione, per un attimo Harry sentì di essersi sollevato da terra e aver raggiunto gli angoli più remoti e limpidi del cielo, non osava aprire gli occhi perché era certo che tutto sarebbe sparito, come in un sogno; la fronte fresca di Louis appoggiata alla sua, il silenzio riempito dai battiti accelerati dei loro cuori all’unisono, non ci fu bisogno di aggiungere delle parole, le loro anime sapevano, così come i loro occhi. Passarono le ore successive sdraiati sul letto semplicemente ad osservarsi, a scoprire ogni più piccolo dettaglio dei loro volti, si accarezzavano, si baciavano, la bellezza di quei silenzi l’avrebbero conservata per sempre; sembrava tutto così giusto che pensare alle conseguenze sarebbe stato privo di senso, entrambi si beavano della presenza dell’altro, si completavano e la sola idea di doversi separare li distruggeva.
Non mi lasciare, possiamo proseguire la serata camminando un po’, o se hai voglia di fare baldoria dovrebbe esserci la festa dell’equipaggio stasera, accesso riservato ai piani bassi della nave.
Mi sembra perfetto, qualsiasi cosa è perfetta se ci sei tu al mio fianco.
Sei bellissimo Harry”- gli lasciò un bacio sulle labbra prima di aprire la porta - “però devi sbarazzarti di questa giacca o darai davvero troppo nell’occhio..lasciala pure qui, la riprenderai domattina, batti tre colpi alla porta e saprò che sei tu.
All’interno della mensa dell’equipaggio, l’atmosfera era delle più allegre e spensierate: decine e decine di giovani uomini con in mano bottiglie di vino e fisarmoniche riempivano l’aria di risate e canti popolari. Fatto ingresso nell’ampia sala, il viso di Harry si illuminò istantaneamente e Louis, notandolo, decise di trascinarlo verso un gruppo di ragazzi che aveva iniziato a ballare sulle note rustiche dell’orchestra improvvisata; era ancora Louis a condurre il gioco, guidava il riccio in quella strana danza nella quale si erano cimentati, lo prendeva e cercava di fargli fare delle piroette, scoppiando a ridere notando quanto fosse adorabilmente e irrecuperabilmente scoordinato l’altro.
Le danze e i canti continuarono fino a notte inoltrata, la maggior parte delle persone aveva fatto rientro nelle rispettive cabine mentre alcuni temerari erano rimasti a terminare le ultime bottiglie e ad intonare canzoni d’amore marinare; Harry e Louis camminavano l’uno di fianco all’altro, barcollando leggermente e sfiorandosi distrattamente le dita. Arrivarono davanti alla cabina di Harry cercando di rimanere più in silenzio possibile, le sue pupille dilatate suggerivano l’avanzamento di una prima e sonora sbronza, Louis era completamente perso di fronte a quella visione: Harry gli ricordava un cucciolo, un cerbiatto appena svezzato, impaurito ma curioso di scoprire il mondo intorno a lui, voleva essere lì in ogni momento per lui, sentiva che era suo compito proteggerlo da ogni insidia e accompagnarlo in tutti i momenti più belli. Gli regalò l’ultimo di una lunga serie di baci prima di lasciarlo andare a letto; con i pensieri leggermente offuscati dal vino, anche Louis si preparava a dormire, tuttavia non riuscendoci mai completamente perché in quella mente nebulosa, tutto tornava nitido grazie alla figura perfetta del suo amato.
Poche ore più tardi il sole entrava prepotente dalla finestra vicino al letto di Harry che per niente al mondo si sarebbe voluto svegliare.
Harry saremo in ritardo come al solito, per l’amor del cielo alzati! Ti ho già preparato i vestiti ma non riesco a trovare la tua giacca..
Mmm..buongiorno anche a te mamma, alla giacca ci pensiamo dopo..dammi cinque minuti e scendiamo.” - il mal di testa lo aveva colpito come una pugnalata nel momento esatto in cui aveva aperto gli occhi, i movimenti lenti e ovattati come le sue orecchie.
Scesero al primo piano per raggiungere il bar, quando Harry le disse che l’avrebbe raggiunta non appena avesse recuperato la giacca, girò l’angolo in fretta lasciando sua madre da sola in mezzo al corridoio.
Harry! Harry l’orologio, non tollererò un altro ritardo!”- nonostante le sue urla, Anne non riuscì a farsi sentire da suo figlio, così decise di provare a raggiungerlo perché non poteva essere poi così lontano; infatti vedeva la sua figura qualche decina di metri più avanti, si sforzò di accelerare il passo perché urlare ancora le sembrava sconveniente. Lo vide accennare una breve corsa per poi fermarsi di colpo davanti a una cabina, cosa che inspiegabilmente fece arrestare anche lei; tre colpi alla porta e qualche secondo più tardi un ragazzo di media statura si era buttato tra le braccia di Harry, lo aveva baciato in fretta e fatto entrare. Anne era impietrita, immobile al centro del corridoio, il primo istinto fu quello di scappare via ma quello che ebbe il sopravvento, la porto dritta davanti alla cabina numero ventotto; tre colpi sonori alla porta e un cuore pieno di collera.
Se questo vuole essere uno scherzo, non è stato affatto divertente”- la visione di quella donna dipinse sul volto di Louis un’espressione agghiacciante e su quello di Harry la consapevolezza di essere stato scoperto dall’unica persona che non avrebbe mai dovuto sapere nulla.
Mamma calmati ed entra, per favore”- la donna entrò per evitare una scenata in pubblico, Louis chiuse, ancora allibito, la porta alle sue spalle; la tensione era nell’aria.
Non voglio nemmeno discutere sull’argomento, non ti allontanerai da me fino a New York. Andiamo ora.
Tu non capisci, fammi almeno spiegare mamma..
Io non voglio capire, ho già visto abbastanza e spero che Dio si metta una mano sulla coscienza e ti perdoni per le oscenità alle quali, tu e questo essere, avete dato vita. Non voglio sentire un’altra parola Harry.
Questo essere? Pensa che è stato l’unico che ha saputo e voluto ascoltarmi da quando ho memoria. Perché non riesci a vedere quanto male mi hai fatto e quanto io ora stia bene? Dovresti ringraziarlo se non ho commesso una follia su questa stupida nave.
Ti rendi conto che quello che fate è illegale e immorale?
L’amore sarebbe immorale signora?
Nessuno ti ha dato il diritto di parola, sei solo uno sporco deviato. Harry non lo ripeterò un’altra volta, andiamo!
Mamma..”- Harry non riusciva a credere che quella scena potesse appartenere alla realtà, la sua voce tremava, il suo cuore tremava - “io non so chi sei e mi fa paura, ma so chi sono io, un uomo libero e desideroso di vivere in base alle proprie regole. Ti prego, accettami per quello che voglio essere..
Se desideri essere uno spostato, non potrai più considerarti mio figlio”- quelle parole ferirono Harry più di una pallottola, si girò sconvolto verso il muro, inconsapevole che quella sarebbe stata l’ultima volta in cui avrebbe visto sua madre.
Signora mi vedo costretto ad invitarla ad uscire.”- Louis aprì la porta e se la richiuse alle spalle, lasciando fuori quella che ormai per entrambi era solo una donna.
Ogni parola era superflua, Harry svuotò l’anima di tutto il dolore che sentiva gravargli addosso, si abbandonò tra le braccia di Louis, l’unico conforto e rifugio sicuro che gli rimaneva.
Il ticchettio ripetitivo dell’orologio da muro scandiva un tempo vuoto e inesistente, i minuti scorrevano silenziosi mentre due anime cercavano di restare a galla insieme.
Harry era un ragazzo piuttosto alto eppure, mentre rimaneva inerme col suo malessere rannicchiato contro Louis, sembrava così piccolo e fragile che l’altro non poteva fare a meno di tenerlo stretto a sé più che poteva, finché il respiro tornò a regolarizzarsi, facendosi leggero e impercettibile. Finalmente il più piccolo trovò la forza per girarsi, i suoi occhi arrossati incontrarono quelli compassionevoli di Louis che gli posò una carezza sulla guancia.
Harry.. Non so cosa faremo ora, ma ti giuro che andrà tutto bene!”- se la sera prima aveva donato il suo cuore a quel ragazzo pieno di boccoli, ora gli stava inconsciamente donando tutto se stesso; non poteva credere che quella strana sequenza di eventi fosse reale ma tre giorni erano bastati a sconvolgergli completamente l’esistenza.
Essere il più grande e aver dovuto abbandonare qualunque cosa per aiutare la famiglia a Louis non era mai pesato, anzi ora che l’aveva lasciata per cercare fortuna altrove si sentiva quasi in colpa, ma si era ripromesso di tornare indietro a prendere tutti; ora, mentre si trovava in una cabina sulla nave più imponente mai esistita, stava di nuovo mettendo da parte i suoi sogni per Amore; non avrebbe mai abbandonato Harry, sentiva che ormai anche lui era parte della sua famiglia.
Dai, vai a sciacquarti il viso, mi è venuta un’idea che ci farà ammazzare un po’ il tempo.” - Harry annuì incuriosito e si diresse velocemente in direzione del bagno. Nel frattempo Louis si era già sistemato con una sedia di fronte al letto, in mano un foglio di carta ruvida e giallastra, e un carboncino. Quando l’altro tornò rimase a fissarlo un po’ interdetto, chiedendosi quale altro talento nascondesse quel ragazzo.
Siediti qui e non lo so, mettiti in una posizione comoda..
Spiegami cosa devi fare, Lou.
Uhm, mi piace scarabocchiare ogni tanto e vorrei provare con un nuovo soggetto..il divertimento è assicurato!”- a queste parole Harry rise e iniziò a cercare una posizione comoda ma non imbarazzante, così optò per le gambe incrociate: le spalle erano rilassate e le mani abbandonate casualmente oltre le ginocchia. Louis lo guardò per un istante lunghissimo, cercava invano qualche piccolo difetto che potesse rendere più realistico il disegno ma finì per rendersi conto che l’unica caratteristica del quadro sarebbe stata la perfezione assoluta; infine posò lo sguardo sull’ultimo dettaglio. Non si era mai soffermato sulle mani di Harry, ma ora aveva scoperto che nascondevano un fascino strabiliante: le dita erano perfettamente affusolate, le unghie curate e i polpastrelli così delicati che sembravano fatti apposta per lasciare morbide carezze; senza pensarci ulteriormente iniziò a tracciare quelle linee gentili sul foglio. Era totalmente preso dall’opera che stava realizzando che non si accorse di quanto amorevolmente perso fosse lo sguardo di Harry su di lui; gli innumerevoli e spiacevoli pensieri di qualche minuto prima si erano completamente annullati nella sua testa, ora c’era solo il suo Louis che aveva avvolto la stanza in un’atmosfera stranissima, era come se tutto fosse concentrato su ciò che stava facendo, il silenzio non era assordante ma penetrante, andava dritto dentro al cuore del riccio riempiendolo d’amore, perché indubbiamente quel gesto gli sembrava solo enormemente colmo di amore. Tratto dopo tratto Louis completò il disegno, guardandolo si sentì geloso di quel pezzo di carta perché avrebbe voluto conservarlo per sempre, sarebbe stato uno dei suoi ricordi più preziosi se un giorno Harry si fosse stancato di lui; un po’ impacciatamente prese in mano il foglio e lo porse al ragazzo che, dopo averlo osservato per un momento, allungò un braccio verso di lui per poi prenderlo per la maglietta e avvicinarlo a sé, circondandolo completamente col suo calore e le sue grandi spalle. Stettero abbracciati per qualche minuto, scambiandosi parole e promesse d'amore, poi fu Louis ad introdurre un nuovo discorso.
"Ti va di fare un giro? È quasi ora di pranzo e potresti conoscere Zayn, il mio migliore amico."
"Devo essere geloso di questo Z..Zac?"
"Zayn..e beh è incredibilmente affascinante a dire la verità.." - disse Louis prima di arrivare sulle labbra del ragazzo dai boccoli castani, poi lo prese per mano e lo invitò a seguirlo fuori dalla porta. Harry si sentiva piuttosto agitato, sarebbe voluto andare a cercare Taylor per spiegarle tutto e per trovare conforto in uno dei suoi abbracci, ma si rese conto che forse sarebbe stato meglio se fosse sparito dalle vite di tutti senza creare ulteriori intoppi; scacciò dalla mente quei pensieri e iniziò a pregare di non incontrare nessuno, probabilmente avrebbe finito per fare il recluso per tutta la durata della crociera, ma in realtà finché era con Louis gli importava ben poco del resto.
Camminarono per qualche minuto prima di arrivare davanti a una porta con su scritto “accesso riservato al personale”, Harry si ritrasse istintivamente e fece cenno a Louis di entrare, lui avrebbe aspettato fuori; poco dopo il più grande uscì dalla porta con un ragazzo dalla carnagione olivastra e gli occhi profondi, Harry doveva ammettere che Louis aveva pienamente ragione dicendo che era un ragazzo affascinante, sembrava privo di difetti.
Zayn, questo è Harry.. Harry, Zayn” - in queste poche parole Louis mise una inaspettata eccitazione che gli aveva reso la voce incredibilmente dolce e acuta; tra gli altri due c’era una certa tensione: Harry era nervoso perché per la prima volta era stato presentato a qualcuno del quale non sapeva assolutamente nulla ma che aveva un ruolo fondamentale nella vita della persona che amava, Zayn dal canto suo si sentiva in dovere di recitare la parte del fratello maggiore iperprotettivo, per questo squadrava l’altro dalla testa ai piedi con un’aria leggermente torva.
Certo Louis che se avessi saputo che poi me lo avresti addirittura presentato questo damerino da quattro soldi, lo avrei aiutato io quel giorno e tanti cari saluti” - aveva tirato fuori il suo solito sprezzante ghigno, mentre si girava verso Louis che lo guardava con aria di rimprovero.
Sei il solito idiota! Scommetto che invece finirai per volergli bene quasi quanto gliene voglio io.” - detto questo, Zayn si voltò verso il riccio e gli diede una pacca sulla spalla, poi il trio entrò nella mensa del personale per consumare un pranzo modesto.
Scelsero la tavolata in fondo alla sala e stettero più lontani possibili dagli altri compagni, il moro aveva un’aria vagamente preoccupata.
Facciamo il punto della situazione, come mai sei qui Harry?
Uhm, io ero con Louis e..
Ascoltami, Louis mi aveva detto che c’era questo ragazzo col quale si incontrava eccetera, solo prima che arrivaste però ho fatto due più due.. Se tu sei Harry Styles, beh amico, ho brutte notizie per te
Brutte notizie? Che succede con Harry?
La coppia puntò gli occhi preoccupati su Zayn che iniziò a raccontare del trambusto che si era creato tra i membri dell’equipaggio e non solo, a quanto pareva era successo un fattaccio tra gli ospiti e ora un ragazzo era ricercato: Harry. Il diretto interessato si sentì mancare l’aria, improvvisamente avvertiva gli occhi di tutta la sala puntati addosso, per sua fortuna Louis gli aveva fatto indossare i suoi abiti e un cappello che raccogliesse la folta chioma, quindi nessuno avrebbe potuto sospettare che il ricercato fosse proprio lui. Quello che Harry non capiva era perché sua madre voleva farlo arrestare e soprattutto perché avesse deciso di salvare Louis, non facendo il suo nome a nessuno; finirono in fretta il loro pasto e si diressero tutti e tre verso la cabina dei due amici. Parlarono a lungo e l’unica conclusione sensata per Harry era scappare, nascondersi fino a New York, ora dovevano risolvere la questione più spinosa: dove lo avrebbero nascosto? L’unico posto sicuro era senza dubbio la sala macchine, piena di cunicoli e zone buie dove era sicuro che nessuno avrebbe cercato né trovato il ragazzo, ma come avrebbero potuto farlo vivere lì dentro per altri 5 giorni ancora non lo sapevano. Per il momento, nessuno era al sicuro, se Anne si fosse lasciata scappare il nome di Louis sarebbe bastato un attimo ed entrambi sarebbero stati processati e buttati giù dalla nave senza molti convenevoli; i compagni di stanza dei ragazzi sarebbero tornati dal pranzo da un momento all’altro, Louis e Harry dovevano sparire. Uscirono dalla cabina in fretta, troppo in fretta, dovevano comportarsi più normalmente possibile per non attirare nessuno sguardo indiscreto su di loro; presero a camminare con disinvoltura scambiandosi chiacchiere e battute di circostanza sul tempo e sul lavoro duro, filava tutto liscio. Louis sapeva che anche solo avvicinarsi alla sala macchine in pieno pomeriggio sarebbe stata un’impresa notevole; due ore dopo avevano fatto il giro della nave due volte, senza ancora sapere bene dove avrebbero passato le giornate, avrebbero potuto rubare la chiave di qualche cabina, chiudersi nei servizi del personale o in qualche ripostiglio, ma capivano da soli che tutte quelle idee erano assolutamente impossibili da realizzare. All’improvviso, Louis ebbe un colpo di genio e senza proferire parola iniziò a dirigersi verso un luogo ben preciso.
Et voilà monsieur, quale nascondiglio migliore di questo?
Un centinaio di autovetture era posto ordinatamente nell’immenso parcheggio della nave situato proprio accanto alla sala macchine; Louis sapeva che lì sarebbero stati più che al sicuro dato che l’unica persona che vi entrava era uno degli inservienti che faceva la ronda tra le macchine ogni giorno alle 10 di mattina, sarebbe bastato loro sgattaiolare fuori poco prima e nessuno si sarebbe accorto di nulla. L’ambiente era privo di finestre, c’erano solo parecchi oblò disposti sul lato orizzontale della sala, ma l’ambiente era talmente grande che non c’era pericolo di rimanere a corto di ossigeno.
Harry sentì finalmente la mente liberarsi e si rannicchiò in un angolo.
No no no, non credi che staresti più comodo lì dentro?”- disse Louis indicando con un braccio una macchina nera piuttosto grande e alta, posta in fondo al parcheggio accanto ad un oblò. Aprì la portiera e, facendo una specie di inchino come se fosse uno chauffeur,  invitò Harry ad entrare; il riccio non smetteva un attimo di sorridere e quelle fossette rendevano lo spettacolo ancora più incredibile. La macchina aveva dei comodissimi sedili di pelle nera lucida e delle rifiniture in legno scuro laccato rigorosamente fatte a mano, entrambi pensarono che la macchina dovesse essere di una delle persone più facoltose presenti sulla nave e questo non dispiaceva loro per niente.
Passarono una buona mezzora a parlare del più e del meno, avrebbero dovuto trovare una soluzione per il cibo e il bagno, inoltre Zayn avrebbe potuto coprire Louis a lavoro per quella giornata fingendolo malato, ma poi anche egli sarebbe dovuto tornare a svolgere i suoi turni, altrimenti ci sarebbero state troppe coincidenze e qualcuno avrebbe sicuramente collegato le due scomparse; Harry era ammutolito, troppi pensieri erano riaffiorati alla sua mente e, per quanto si fidasse totalmente di Louis, non riusciva a non pensare razionalmente a quello che sarebbe successo, era sicuro che li avrebbero trovati mentre erano insieme e no, non poteva sopportarlo. Voleva essere se stesso e vivere la sua vita ma non voleva assolutamente che Louis venisse coinvolto nella faccenda.
Harold..tutto okay?” – disse sfiorando la guancia dell’altro per poi spostargli una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Harry non rispose, si limitò a raggomitolarsi su Louis, la testa che premeva sul suo petto e le dita affusolate che stringevano la maglia color panna; voleva protezione, ne aveva un bisogno disperato e in quel momento, accanto a lui, c’era un’ancora alla quale si sarebbe dovuto aggrappare e non avrebbe mai dovuto lasciare la presa, Louis era la sua salvezza.
Ei, guardami. Non andrò mai via, puoi starne certo.”- a quelle parole gli occhi di Harry diventarono liquidi, avrebbe voluto piangere ma l’azzurro che aveva davanti fece scoppiare il caos nel suo petto, non era più in grado di ragionare e non voleva farlo.
Ti amo, Lou” – tre parole bastarono per svuotare anche la testa di Louis; fu un attimo e le labbra carnose di Harry iniziarono ad accarezzare quelle sottili del suo compagno. Non c’era altro in quel momento, solo due cuori che battevano senza controllo, due anime che si cercavano senza sosta ed emettevano scintille ogni qualvolta si trovavano; Harry aveva pensato diverse volte a come sarebbe stato trovarsi ad amare una persona e a concedersi a lei completamente, ogni volta finiva con lo scacciare dalla testa certi pensieri perché si ritrovava con la consapevolezza che avrebbe fatto la figura dello sciocco, impacciato come era suo solito: in quello spazio così piccolo, con Louis, non si sentiva più un idiota.
Due paia di mani ovunque, il calore che esplodeva nei punti del corpo che venivano anche solo sfiorati da quelle dita, cuore su cuore. Servirono solo lo sguardo apprensivo di Louis e il cenno di assenso di Harry per far proseguire le cose: i finestrini dell’auto iniziavano ad appannarsi e i vestiti a spargersi a caso.
Infiniti baci ed interminabili carezze spezzati di tanto in tanto da gemiti scomposti e dalla meraviglia che Louis trovava sotto di se: vedeva Harry chiudere gli occhi e reclinare la testa e d’istinto si bloccava a fissarlo, sentiva di essere l’uomo più fortunato della terra per aver trovato quella creatura così perfetta in ogni suo aspetto.
Nessuno dei due riusciva a staccare gli occhi di dosso all’altro ora, verde nel blu mentre iniziavano ad amarsi davvero; dopo un primo momento di dolore, l’espressione di Harry cambiò radicalmente, avvicinò Louis al suo viso stanziando le sue dita tra i capelli lisci e morbidi dell’altro e nascondendo il suo viso nell’incavo tra il collo e la spalla. Entrambi sentivano che non avrebbero mai potuto provare sensazioni più forti con altre persone, era quasi impossibile pensare di aver trovato l’altra metà della mela ma era evidentemente così; Louis e Harry giacevano l’uno sull’altro in un puzzle assolutamente perfetto, allo stremo delle forze e ancora ansimanti: i battiti del cuore non ne volevano proprio sapere di rallentare la loro folle corsa ma beandosi del profumo reciproco, riuscirono entrambi a cedere al sonno.
Si svegliarono due ore più tardi, l’orologio di Harry segnava l’ora di cena, benché avesse preferito di gran lunga rimanere a fare l’amore con Louis altre mille volte, si disse che quello era un ottimo momento per uscire dalla loro nuova “dimora” e vedere com’era la situazione in superficie. Louis dormiva ancora, cullato dal respiro di Harry, e mentre avvertiva una mano grande sulla schiena che di tanto in tanto gli disegnava linee astratte, pensava di essere in paradiso, un paradiso che si ritrovò davanti non appena aprì gli occhi.
Si vestirono svogliatamente, con una lentezza assoluta; la nave era deserta, era la serata di gala, tutto l’equipaggio era impegnato nelle mansioni più svariate e gli ospiti affollavano la sala del ricevimento. Louis e Harry camminavano lungo i corridoi come due giovani innamorati mentre passeggiano in un parco, mano nella mano, incuranti degli sguardi che avrebbero potuto incontrare, scambiandosi piccole carezze e baci a fior di labbra furtivi. Arrivarono al ponte della prua, il loro posto speciale, anche qui non c’era nessuno e non poterono esserne più felici; il cielo della notte era limpido, illuminato da migliaia di stelle che brillavano sopra le loro teste. I due si distesero a terra l’uno accanto all’altro mantenendo le mani strette l’una all’altra, un’ondata di coraggio e speranza li aveva invasi, sapevano che avrebbero potuto affrontare qualunque cosa d’ora in avanti e in quel momento, si sentirono infiniti.*
 
Paul e George erano di vedetta nel punto più alto della nave, la notte a loro non sembrava per nulla romantica, era piuttosto scura e fredda: due fiaschette di brandy erano le uniche cose a tenere loro caldo nel clima glaciale. I turni di notte erano la parte peggiore del lavoro di una vedetta, le ore passavano inesorabilmente lente, era come se ogni volta il giorno si dimenticasse di arrivare; di solito fino alla mezzanotte entrambi rimanevano svegli mentre nelle ore più fredde facevano a turni di due ore ciascuno. Quella sera George si sentiva affaticato, avvertiva una strana sensazione al petto, come se avesse presso un brutto malanno, si rannicchiò a terra chiedendo all’altro di coprire quelle due ore per lui e di svegliarlo per il turno delle due; Paul aveva accettato senza batter ciglio, si guardava intorno, nessuna luce all’orizzonte né vicino, voleva dire che c’erano solo loro nel raggio di parecchi chilometri, poco male. Dopo qualche decina di minuti la sua attenzione venne richiamata da qualcosa in lontananza, raccolse il binocolo e si rese conto che la nave stava andando dritta nella direzione di una massa di ghiaccio; preso dal panico iniziò a suonare la campana d’allarme, svegliò George con uno scossone e gli disse che sarebbe dovuto rimanere di vedetta mentre lui avrebbe avvertito la sottostante capitaneria della posizione esatta dell’iceberg. Il ghiaccio distava ormai poco più di mezzo miglio e il capitano capì che ci sarebbe stato poco da fare, ma decise comunque di tentare il tutto per tutto: ogni motore venne spento ma la velocità di navigazione notturna era troppo elevata per permettere un arresto tempestivo della nave.
Nella sala del ricevimento l’atmosfera era delle più gioviali, un quartetto d’archi suonava musica allegra che serviva come sottofondo a mille chiacchiere e a giochi di carte, tutti trasudavano eleganza e spensieratezza, ignari dell’imminente tragedia.
La musica venne interrotta di colpo non appena un marinaio, entrato correndo, biascicò qualcosa nell’orecchio del violinista, l’annuncio che ne seguì fu dei più terribili ed inaspettati.
Signore, signori, vi preghiamo di recarvi immediatamente al ponte 12 dove gli addetti vi spiegheranno come procedere. Nel frattempo vi raccomandiamo di mantenere la calma più totale, grazie.
Un vociare confuso si alzò nella stanza e sui volti di tutti si dipinse una crescente preoccupazione; come uno sciame di api, ospiti e personale si dirigevano disordinatamente verso l’uscita.
 
La campana d’allarme aveva spezzato il silenzio della notte, Louis e Harry si affacciarono al parapetto e videro la punta di un iceberg avvicinarsi rovinosamente alla nave, istintivamente si tirarono indietro senza sapere bene cosa fare, si voltarono cercando una risposta negli occhi dell’altro senza però leggervi nient’altro che paura.
Cinque minuti più tardi il ponte si stava popolando di persone in preda al panico, i bambini piangevano, alcuni uomini gridavano perché nessuno diceva loro nulla; ed eccolo, nel caos generale, l’inevitabile impatto che fece bloccare il fiato in gola a tutti, facendoli sprofondare nel silenzio.
Quello che ne seguì si svolse ad una velocità raddoppiata, correvano tutti da una parte all’altra del ponte, uccelli impazziti in una gabbia sospesa nel nulla; i braccianti cominciarono a sistemare le scialuppe per iniziare le manovre di sgombero della nave.
Quelle sei piccole barche significavano la salvezza e ogni persona lottava con le unghie e con i denti per riuscire a salirvi: tra spintoni e bestemmie vennero caricate tre scialuppe con donne e bambini e lasciate nel mare gelido.
Harry correva all’impazzata con Louis alle calcagna, sperando di riconoscere il volto di sua madre o di Taylor in mezzo a quella folla scomposta, sentiva che tutto sarebbe potuto finire da un momento all’altro e non voleva per nessuna ragione al mondo morire senza l’abbraccio della donna che, nonostante ora lo odiasse, lo aveva messo al mondo e curato per vent’anni. Ad un tratto la vide in fila per salire sulla quarta scialuppa, accanto c’erano anche Taylor e Sophie; facendosi largo tra le persone ammassate, la raggiunse e senza dire una parola la tirò stretta a sé. Il tempo di un secondo che già si trovarono separati, il fiume di gente spingeva in avanti le donne perché salissero sulla barca.
Harry! Harry sali con noi, ti prego!” – l’appello disperato della donna che ancora una volta si curava solo di parte della felicità di suo figlio.
Ci vediamo a New York mamma!” – la voce di Harry tradiva tutta la sofferenza del momento, sentiva che quella sarebbe stata l’ultima volta in cui avrebbe visto i volti di due delle persone che amava di più; il suo cuore lo avrebbe fatto scoppiare in un pianto infinito ma lo spirito di sopravvivenza gli diede il coraggio necessario per essere forte per l’unica ragione che aveva per andare avanti, Louis. Si presero per mano e iniziarono una folle corsa verso la loro tanto amata prua, ormai in pendenza.
Dieci ponti più in basso l’acqua aveva invaso ogni cosa, senza sconti, e la sua potenza aveva reso quell’ammasso di legno e ferro, fragile come un grissino.
 
Raggiunsero l’apice della nave poco prima che questa si impennasse verticalmente, e si aggrapparono più stretti possibile al parapetto mentre sotto di loro i meno forti cadevano rovinosamente negli abissi; Louis si voltò per guardare giù e qualche metro più in là scorse il volto del suo migliore amico. Zayn era attaccato ad una trave di legno che sporgeva dal pavimento, disse qualcosa che Louis non riuscì a sentire, limitandosi perciò a rispondergli col sorriso migliore che avrebbe potuto regalargli.
Si girò per guardare Harry, rosso in volto a causa dello sforzo che non sosteneva più, lo pregava di resistere ancora un po’ assicurandogli che tutto sarebbe andato bene; due lunghissimi minuti più tardi, i suoi occhi tornarono in basso per controllare il moro: Zayn non c’era più. Louis si aprì in un grido disperato, la nave aveva iniziato a scendere ma il suo unico pensiero era quello di raggiungere il suo migliore amico nella casa di Ade, sentiva le braccia cedere, una parte di lui era appena sparita insieme al ragazzo col quale aveva condiviso tutta la sua vita.
La mano del riccio sulla sua guancia lo riportò alla realtà, lo guardò negli occhi e tornò lucido: dovevano salvarsi. Scendevano sempre più velocemente verso l’oblio, c’erano solo due cose da fare, aspettare l’inevitabile o provare ad agire.
Harry, ti chiedo un ultimo sforzo, cerca di tirarti su puntando i piedi e vieni da questa parte. Così, bravo, prendi la mia mano..” – con una forza inaspettata, Louis tirò su Harry, si trovarono entrambi dall’altra parte del parapetto a poca distanza dal mare; quando ormai mancava poco più che un metro e mezzo, Louis fece cenno all’altro di saltare in avanti. Si presero per mano e si tuffarono.
L’improvviso contatto tra il corpo e il freddo glaciale dell’acqua fece quasi bloccare ogni muscolo; Harry rimase sotto qualche secondo di troppo, completamente solo e senza un briciolo di forza, Louis da fuori urlava il suo nome cercando di non spostarsi troppo dal punto in cui erano caduti. Dopo poco, una mano spuntò fuori dall’acqua e Louis si precipitò a recuperare il suo proprietario, ringraziando il cielo a voce alta per averlo protetto. Attorno a loro solo il buio fitto della notte, un cielo nero che si fondeva con un’acqua torbida, corpi sparsi ovunque, chi si dimenava, chi aveva cessato di soffrire, all’orizzonte nemmeno l’ombra di una scialuppa; la nave era stata interamente inghiottita dal mare, ciò che rimaneva erano pezzi di legno, travi e qualche mobile rotto che galleggiava tra le persone, Harry e Louis riuscirono ad accaparrarsi i resti di una porta di legno, abbastanza grande per una persona appena.
Harry, ti aiuto a salire qui, io mi –
Credi davvero che potrei lasciarti lì dentro?
Ti prego ragiona, hai una famiglia ad aspettarti, un futuro, salvati..fallo per me.
Una famiglia..pensi che riuscirei a vivere se ti perdessi? Sei tutto quello che ho, tutto quello a cui tengo..non saprei mai amare qualcun altro dopo aver amato così tanto te.”
Harry, amore, io morirei felice sapendo che tu ce l’hai fatta..vivrò per sempre nel tuo cuore, te lo giuro, non ti abbandonerò mai.
Penso che moriresti ancora più felice sapendo che sono rimasto con te fino all’ultimo secondo, non c’è niente senza te, Louis, niente. Pensa a quando saremo a New York, compreremo una villetta a Brooklyn, curerò il giardino e pianterò tanti nontiscordardime, perché hanno il colore dei tuoi occhi, così anche quando sarai a lavoro mi basterà guardare fuori dalla finestra per averti con me.
Per la prima volta in vita sua, Louis non era più in grado di trovare la speranza, non riusciva nemmeno a sfiorarla da lontano, eppure vedere Harry parlare di un loro ipotetico futuro insieme, anche in un momento così drammatico, gli scaldava il cuore.
Sarà bellissimo, Harry, ti amo tanto” – disse in un soffio prima di prendergli le mani e baciarlo.
 
 
Dopo qualche ora, i soccorsi li trovarono così: due corpi gelidi e immobili, vicinissimi che si tenevano per mano e avevano le fronti a contatto. Il giovane ammiraglio li puntò con la sua torcia, cercando di chiamarli a gran voce senza però ottenere una risposta, scosse allora la testa e ordinò di proseguire il giro per controllare se ci fossero superstiti; sulla stessa barca, nel frattempo, uno dei marinai più giovani si tolse il cappello e rimase a fissare i due ragazzi sulla lastra di legno.
Pensò che quei due corpi fossero molto più che semplici cadaveri, perché emanavano qualcosa di inspiegabile nonostante la rigidità della loro posizione; erano senza dubbio due parti di una stessa anima, due parti che sarebbero rimaste legate per sempre, senza la paura del tempo, della società, della morte stessa. Alfred aveva solo 19 anni, si era trovato su quell’imbarcazione perché suo padre era deceduto in un incidente nella fabbrica in cui lavorava; era lì che ancora fissava quei due sconosciuti e pensò a sua madre, pensò a quanto potesse essere distrutta, senza un lavoro, un marito e con altri quattro figli da crescere. Così si ritrovò ad invidiare quegli innamorati che probabilmente non avevano neppure sofferto la morte proprio perché erano insieme anche nel momento più brutto, il loro ultimo sguardo lo avevano rivolto l’uno all’altro con la consapevolezza che se i loro corpi stavano concludendo la loro avventura terrena, ora li avrebbe aspettati l’eternità, fatta solo delle loro anime innamorate. Li guardò un’ultima volta con un’inaspettata malinconia nel cuore, si rimise il cappello in testa e iniziò a remare, volgendo poi lo sguardo all’orizzonte che annunciava l’inizio di un nuovo giorno.
 
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* chiaro riferimento al libro/film “Noi siamo infinito”.
 
 
 
Salve bella gente!
Ho finalmente portato a termine questa storia che mi perseguita da un tempo infinito, avevo scritto la fine (di nuovo) ma non riuscivo mai ad affrontare seriamente la cosa perché diciamo la verità, Titanic è un colossal e provare a trasformarlo secondo le proprie esigenze è davvero un’impresa. Non so se il risultato possa essere all'altezza delle aspettative ma per ciò che mi riguarda sono abbastanza soddisfatta del mio lavoro, anche perché arrivare a pubblicare questa storia è stato veramente come un parto dopo un travaglio di quattordici ore, una liberazione!
Spero di non aver deluso nessuno perché ci ho messo davvero tutta me stessa, chiedo a proposito scusa per il titolo un po’ noir ma mi piaceva fare la parte della cattiva ancora un po'. Inoltre vorrei dare una piccola spiegazione riguardo la parte finale, so che può sembrare frettolosa rispetto al resto, ma è esattamente l’effetto che volevo dare, trovo che si percepisca meglio tutto il casino che sta succedendo.
Infine, vorrei ringraziare tutti coloro che si sono fermati a leggere (vi invito sempre a lasciarmi qualche commentino ) e soprattutto quelle due anime sante di Flavia e Dne che hanno atteso con impazienza (sì, come no) questa storia.
Vi mando un graaaaaaaande abbraccio,
Carlotta :3


P.S. il titolo deriva da un verso di Every breaking wave degli U2.
  
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