Fanfic su attori > Tom Hiddleston
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Autore: teabox    24/09/2015    1 recensioni
Tom non avrebbe saputo dire cosa esattamente lo incuriosisse tanto di lei. Il fatto che fosse strana, forse. Terribilmente riservata. Il modo in cui a volte gli sorrideva. Altro.
Non sapeva.
Quello che aveva capito, però, è che quando una ladra entra nella tua vita, sei inevitabilmente destinato a vedere qualcosa sparire.
Lei, a volte. Lui, altre. Entrambi, nei migliori dei casi.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nota: per le persone che sono state così incredibilmente gentili da leggere una e l’altra (o una o l’altra) delle storie. Per chi è stato così incredibilmente gentile da lasciarmi una nota.

E’ colpa vostra. 

Mille, mille grazie :)

 

Ho spostato cose, tagliato altre, in generale fatto un sacco di casini - tutto in tre capitoli che, comunque, spero siano abbastanza comprensibili e vi divertano un po’.

Ci sono ancora due piccole parti (un post tutto questo, in - OMG - rosso e un pre tutto quanto, in verde) che spero di mettere online, eventualmente - anche solo per togliermi di testa le idee.

Nel frattempo, vi lascio con i disclaimers del caso per sottolineare l’ovvio - ovvero, che è tutto frutto di fantasia e di una discutibile definizione su cosa “usare il tuo tempo libero al meglio” significhi.

E come sempre, buona lettura (spero)!

 

 

 

 

 

 

 

Lauren O’Caffrey aveva visto di peggio.

Infatti, Lauren O’Caffrey aveva visto di molto peggio.

E tuttavia, quando Olive parlò, lo fece con una nota incerta nella voce. «Pensa che potrebbe andare bene?»

Lauren avrebbe voluto ridere, ma si trattenne. Non sarebbe stata una reazione professionale - o matura. Non riuscì, però, ad evitare un piccolo sorriso sardonico distogliendo gli occhi dalla foto di Tom Hiddleston che Olive le aveva passato. «Andrà benissimo

Olive sospirò, lasciando passare un attimo. «Chissà perché, me lo immaginavo», commentò poi con un tono quasi rassegnato. 

 

*

 

Tre mesi prima

(96 giorni al colpo)

 

«Il tuo Tom», aveva cominciato a dire M.

«Non c’è nessun mio Tom», l’aveva interrotta Olive.

M le aveva sorriso come una madre di fronte ad una bambina particolarmente ingenua. «Come vuoi tu, chérie. Quello che volevo dire è che Tom è un bravo ragazzo, che prima o poi sposerà una brava ragazza e avrà tanti bravi bambini.»

Olive considerò quelle parole osservando un angolo di Londra dalle finestre di un lussuoso appartamento d’epoca. «Stai forse dicendo che io non sono una brava ragazza?»

M prese un sorso di tè da una tazza di porcellana che si mormorava avesse fatto parte del servizio preferito dell’ultima zarina di Russia. «Au contraire, Olive. Ritengo che tu sia un’ottima ragazza, ma il lavoro che svolgi difficilmente ti classifica come “brava”.»

Olive si allontanò dalla finestra e si lasciò cadere sul divano.

«Maniere, Olive, maniere», la rimproverò M. «Inoltre, pensi che saresti capace di lasciare tutto questo?», agitò una mano in un gesto quasi regale, indicando l’appartamento, quello che l’appartamento conteneva e, forse, più in generale Olive e la sua vita. «Non sto dicendo che non si possa fare e non sto nemmeno dicendo che saresti la prima a farlo. Ma immagino che non ti siano sfuggiti i…cambiamenti che dovresti apportare al tuo stile di vita.»

 

Olive incrociò le braccia sul petto e sentì la linea della mascella irrigidirsi. Un dolore ovattato si diffuse lentamente dal livido che aveva sotto l’occhio destro, ricordandole il labbro spaccato, i segni sul collo e il polso fasciato che lo accompagnavano. Quando parlò, però, la voce uscì calma e controllata. «Non c’è niente di cui preoccuparsi, M. Non so quali voci ti siano giunte riguardo me e la mia presunta infatuazione, ma quello che posso dirti io è che non c’è nulla da dire. Tom è da mesi all’estero per lavoro e non ci siamo mai sentiti durante questo periodo.»

M appoggiò la tazza di porcellana, spostando quasi con cautela lo sguardo su Olive. «Ma ora è tornato. E’ a Londra da quasi una settimana.»

Qualcosa nel corpo di Olive si fermò. Forse era stato il cuore, per un istante, o forse era stata la mente. Fissò M con una punta di fastidio. «Ti ripeto, è tutto sotto controllo. Per l’amor del cielo, ci siamo incontrati solo un paio di volte. Non esattamente abbastanza tempo per…per invaghirsi o qualsiasi altra ridicola nozione-»

M alzò una mano per interrompere Olive. «Nessuno parla di amore. Ma nemmeno tu puoi essere così testarda - o così sciocca - da negare la possibilità di una certa infatuazione. E non avrei nessun problema se Tom non fosse chi è, se non fosse così esposto-»

Fu Olive ad intromettersi in quel momento, il tono asciutto ed irritato che - lo sapeva - l’avrebbe fatta suonare come un’adolescente in fase di ribellione. «Forse, M, mi voglio solo divertire. Forse voglio solo portarmelo a letto. Non è più una prerogativa maschile, se non lo sapessi.»

Avrebbe potuto usare parole ben più crude, ma sapeva che non ce n’era bisogno. Aveva già superato la linea. 

 

M rimase in silenzio per qualche istante, la mano aggiustò un’inesistente piega della gonna. Il viso era rimasto impassibile, ma si era alzata con un certa rigidità nei movimenti. «Grazie per il tè, era delizioso», le disse raggiungendo la porta. 

Olive la seguì, lasciando tuttavia qualche passo di distanza tra di loro. 

M sembrò esitare solo un instante sulla soglia, la mano sulla maniglia della porta. Si voltò a guardare Olive, un che di duro negli occhi. «Tieni a mente una cosa, Olive chérie. Puoi divertirti quanto preferisci, ma non dimenticare che l’altra persona potrebbe avere dei sentimenti per te. E sarebbe davvero imperdonabile non prenderli in considerazione, solo perché te lo vuoi “portare a letto”.»

Le lanciò poi un ultimo sguardo, prima di lasciare l’appartamento chiudendo la porta dietro di sé. 

Olive sospirò. Le mani corsero alla fronte, massaggiando le tempie lentamente, come se quel gesto potesse cancellare la confusione che le riempiva la testa. 

 

*

 

Un sole eccezionalmente brillante risplendeva su Londra la mattina in cui Tom si era imbattuto in M davanti al portone della palazzina di Olive. 

M non era sembrata tanto stupita dal vederlo, quanto perplessa. Aveva detto cose come “che inaspettata coincidenza” ed “Olive sarà terribilmente sorpresa”, ma il tutto con una  nota incerta e titubante nella voce che Tom aveva compreso solo quando aveva raggiunto l’appartamento ed Olive aveva aperto la porta.

Davanti ai lividi sul viso della ragazza, Tom aveva perso il sorriso e per un istante anche la capacità di dire qualcosa.

 

«Tom», offrì allora Olive con un che di meccanico. «Ciao.»

«Cosa ti è successo?», chiese lui dando la priorità alla preoccupazione piuttosto che hai convenevoli.

«Oh», replicò Olive spostandosi di qualche passo e guardando il suo riflesso in uno specchio del corridoio, osservando i lividi come se non li avesse notati fino a quel momento. «Immagino che tu ti riferisca a questi

«Sì, Olive, mi riferisco a quelli», disse Tom irritato, ma senza riuscire a puntare il dito ad un motivo solo - i lividi, il fatto che li trattasse con tanta leggerezza, il non averlo saputo prima, la preoccupazione. Entrò nell’appartamento e la raggiunse, osservandola senza toccarla. «Che accidenti hai fatto?»

«Se non ricordo male», rispose lei alzando appena le spalle, «le parole della ragazza che me li ha lasciati sono state “hai superato la linea, Livs”.»

«La ragazza?»

 

Olive accennò un sì, prima di incamminarsi verso il salotto. «Se ricordi, l’ultima volta che ci siamo visti ero inciampata in una vecchia conoscenza.»

Tom la seguì osservandola con attenzione e registrando gli altri segni - il polso fasciato, i lividi sul collo - che non aveva notato immediatamente. Strinse le mani a pugni, cercando di trattenere la frustrazione. 

«E’ saltato fuori che la vecchia conoscenza aveva un piano tutto suo che non riguardava solo un paio di quadri», continuò Olive lasciandosi cadere su di una poltrona. Una piccola smorfia di dolore le comparve sul viso. «E non è stata particolarmente contenta di scoprire che qualcuno aveva intenzione di intromettersi nel suo piano.»

Tom si sedette di fronte a lei. «Quindi l’hai…fermata?»

Olive scosse la testa. «No, non io. Io mi sono limitata a trovarla e trattenerla. A fermarla sono stati M e il suo collegamento all’Interpol.» Gli rivolse poi un sorriso che aveva qualcosa di un po’ troppo rigido. «Ma tu come stai? Cosa ti porta qui?»

 

Tom si schiarì la voce. Aveva due biglietti per una prima teatrale nella tasca interna della giacca, ma improvvisamente l’idea sembrava assolutamente ridicola. Ridicola e rischiosa. Le lanciò uno sguardo catturando di nuovo i lividi e il labbro spaccato, cercando di fermare i pensieri che gli inondarono la testa. I “non posso uscire con lei in questo stato”, i “ci saranno fotografi”, i “quali speculazioni i giornali potrebbero fare”, i “la mia carriera”.

 

«Va tutto bene?», domandò Olive davanti al suo silenzio.

Tom arrossì appena, vergognandosi nonostante tutto di quello che aveva pensato. «Ho…Avrei due inviti per Il Mercante di Venezia all’Almeida. Mi domandavo se volessi venire con me. Stasera.»

Lei rimase in silenzio. Spostò lo sguardo sul tavolino che occupava il centro del salotto e dopo qualche attimo lo riportò su di lui, un sorriso appena triste sul volto. «Grazie. Ma non così», rispose indicandosi il viso. «Non credo sarebbe il caso.»

Tom si vergognò di nuovo per il sollievo che sentì di fronte alla risposta di Olive. Si alzò dal divano, imbarazzato. «Forse allora un’altra volta?»

Olive lo imitò. «Forse», rispose con quel sorriso un po’ amaro ancora sulle labbra.

Probabilmente sapevano entrambi che si trattava di una bugia. 

 

Si salutarono, poi, con una leggerezza che aveva qualcosa di forzato e Tom non poté fare a meno di pensare che quel “ci sentiamo” che lei gli aveva rivolto prima di lasciarlo andare era suonato più come una frase di circostanza che una promessa.

 

*

 

Due mesi e mezzo prima

(78 giorni al colpo)

 

«C’è una linea sottile tra l’essere cauti e l’essere stupidi, Olive. E francamente, ora come ora, non so da quale parte di quella linea tu sia.»

Priya - che aveva pronunciato quelle parole - era un tecnico dei computer. O almeno quella era la dicitura sui suoi biglietti da visita, perché in realtà la ragazza era un mezzo genio informatico che M aveva scovato in un help-desk telefonico all’incirca nello stesso periodo in cui aveva affidato ad Olive il suo primo compito “fuori dell’ordinario”.

 

«Tom Hiddleston», continuò mostrandole una foto sul suo cellulare, «questo Tom Hiddleston ti chiede un appuntamento e tu osi rifiutare?»

«Il mio viso era pieno di lividi, Pri. Difficilmente un look elegante», le aveva fatto notare Olive staccando gli occhi da libro che stava leggendo.

Priya aveva sventolato una mano come a spazzare via l’obiezione. «E da allora non ti ha forse chiamato due volte e mandato quattro messaggi? A cui tu non hai mai risposto.»

«Il problema di Tom», aveva replicato Olive con una punta di esasperazione, «é che ha un tempismo pessimo. Ogni volta che mi ha contattata, ero nel mezzo di qualcosa di più delicato e che non potevo interrompere per un sms.»

«Quattro sms», ripeté Priya tornando a dedicarsi al computer di fronte a sé. «A cui tu non hai mai risposto

 

Olive alzò gli occhi al cielo, ma non replicò. In fondo sapeva che quello che Priya le stava dicendo era la verità e che le giustificazioni che si era raccontata erano giusto quello. Giustificazioni. 

Priya le passò un piccolo auricolare, che Olive osservò dubbiosa. 

«E’ calibrato alla perfezione», sottolineò la ragazza con una nota di stizza. «Ma possiamo fare un test comunque.»

Olive infilò l’auricolare e uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle. Si schiarì la voce, il segnale che avevano deciso avrebbe dato il via alle informazioni che Priya le avrebbe dovuto passare, una volta che Olive fosse riuscita ad entrare nell’abitazione del bersaglio di quella sera. 

«Questa è la tua coscienza, Olive», la voce di Priya le riempì l’orecchio, «sei una stupida.»

Olive alzò gli occhi al cielo.

 

*

 

Forse avrebbe dovuto capirlo in quel momento. O se non in quel momento, nell’attimo in cui era uscita per strada, quella sera, e si era resa conto che aveva cominciato a piovere. 

Raramente tutto andava per il verso giusto quando pioveva. Meno che mai quando ti trovavi a dover uscire da una finestra al terzo piano di una palazzina storica, senza nemmeno l’aiuto di un giardino ad attutire la caduta. 

Olive non sapeva cosa esattamente fosse andato storto - il marciapiede era bagnato o la scarpa non aveva avuto abbastanza trazione - ma sapeva che aveva fatto male. Si era rimessa in piedi velocemente, senza però riuscire ad ignorare il dolore pulsante alla caviglia. 

Quando aveva raggiunto il punto d’incontro stabilito per lo scambio - documenti al cliente, trasferimento elettronico di fondi per M - l’uomo non aveva nemmeno ringraziato. Non l’aveva nemmeno, a dire il vero, degnata di uno sguardo. Il finestrino della Bentley scura si era abbassato, poi chiuso e la macchina era sparita nella notte londinese. 

Ed Olive si era trovata zoppicante e sotto la pioggia, in un angolo della città che - per quanto volesse ignorare il pensiero - sapeva bene di conoscere. Era a forse dieci minuti dall’appartamento di Tom.

 

E non era come se Olive in passato non avesse mai fatto qualcosa di totalmente stupido per un uomo. Saltare dalla finestra di un terzo piano, se non altro, dimostrava esattamente quello. Ma generalmente era per lavoro. 

Quella sera, invece, forse perché era stanca o forse perché era dolorante (o forse perché semplicemente voleva vederlo), Olive decise di fare qualcosa di totalmente stupido per un uomo e di farlo per se stessa. 

E s’incamminò come meglio poté verso l’appartamento di Tom.

 

*

 

C’era un modo tutto speciale con cui Londra riusciva ancora a sorprendere Tom. 

Albe particolarmente luminose, tramonti infuocati o - anche più semplicemente - l’arrivo della primavera, che abbracciava angoli della città in modo inaspettato.

Tuttavia, Tom non aveva mai creduto che Londra gli avrebbe fatto il favore di fargli trovare - girato l’angolo che imboccava la sua strada - una ragazza che sembrava impossibile da intercettare, a meno che non fosse lei a volerlo. 

 

Olive sembrava lo stesse aspettando appoggiata alla ringhiera che portava all’ingresso del suo appartamento, eppure quando Tom affrettò il passo per raggiungerla, lei lo guardò con un’espressione sorpresa.

I lividi erano scomparsi, eppure qualcosa sul volto di lei sembrava fuori posto. Forse era il fatto che fosse completamente bagnata e leggermente più pallida di quanto Tom ricordasse. 

 

«Tom», disse Olive anticipandolo, ma senza aggiungere altro. 

«Olive», replicò lui fermandosi a qualche passo di distanza. «Mi stavi aspettando? Ero fuori con degli amici. Mi avresti potuto mandare un messaggio, sarei tornato prima.»

Lei sembrò di un grado più sorpresa da quella affermazione. Abbassò per un attimo la testa, muovendosi con un che di rigido, nascondendo qualcosa nel volto. 

Tom la guardò perplesso. La sensazione che qualcosa fosse fuori posto tornò a farsi sentire, ma non riuscì di nuovo a dargli un nome. 

«Passavo di qui e ho pensato di fare un salto. Ero sul punto di andare, ma stavo aspettando che la pioggia si placasse un po’.»

Tom guardò Olive spostarsi di nuovo e finalmente capì quale fosse il problema. O, quanto meno, uno dei problemi. Stava appoggiando tutto il peso del corpo su di una gamba sola e l’altra era raccolta in modo che il piede non sostenesse alcuno sforzo. Se la sua esperienza di corridore non sbagliava, la caviglia di Olive aveva tutta l’aria di essere slogata. E lei lo stava nascondendo.

 

Una parte di Tom si preoccupò, l’altra si arrabbiò. Era arrivata fin lì, fin da lui, eppure preferiva far finta di nulla.

Tom cercò le chiavi di casa per nascondere per un attimo l’irritazione. «Vuoi salire?»

Olive si mosse di nuovo. «No, ma grazie. Non voglio disturbare, ero davvero solo…»

Lui trattenne a fatica il fastidio. Olive si stava comportando da sciocca, e tanto valeva allora ripagarla con la stessa moneta. Aprì il portone ed esitò solo un attimo sulla soglia. «Buona notte, allora. Scusa, ma sono stanco.»

Chiuse il portone senza aspettare una risposta e contò fino a dieci. Quando lo riaprì e vide Olive bloccarsi sul secondo gradino - la caviglia sospesa - non si trattenne oltre.

«Davvero, Olive? Davvero? Mi avresti lasciato andare via così», disse arrabbiato ed incredulo. «Sei arrivata sotto casa mia, ovviamente cercavi me e anche così, invece di chiedere aiuto, avresti preferito non dire nulla.» Lei aprì la bocca per replicare qualcosa, ma Tom non le lasciò spazio. «La tua caviglia, Olive. Non sono esattamente un cretino, e tu sei una ladra e non un’attrice. E’ ovvio che hai un problema.»

Olive gli regalò per un attimo una rara espressione imbarazzata. «Non volevo disturbare.»

«Lascia che sia io a decidere se disturbi o no», rispose Tom asciutto. Inspirò chiudendo gli occhi per un attimo ed espirò lentamente, più stanco che irritato. «Avanti, vieni.»

 

Aprì il portone un po’ di più per lei, ma non disse nulla quando la vide esitare ancora per un attimo. Poi, dopo un breve cenno della testa ed un “grazie” più sussurrato che detto, Olive gli passò accanto zoppicando.

 

Tom sospirò di nuovo.

 

*

 

«Non puoi continuare a fare questo.»

Olive, che stava testando quando peso potesse appoggiare sulla caviglia fasciata, si bloccò.

Tom giocherellò per un attimo con il resto della garza, prima di abbandonarla sul tavolino del salotto. «Ho provato a contattarti più di una volta, ma non mi hai mai risposto. Nemmeno una parola. Poi, invece, tutto d’un tratto sei di nuovo qui. Senza neanche avvisarmi. Non puoi entrare ed uscire dalla mia vita come preferisci, Olive. Non funziona così.»

 

Olive esitò un momento prima di sedersi accanto a lui sul divano. Non disse nulla, forse perché sapeva che Tom non aveva ancora finito.

«Sono più che contento di vederti, Olive. Ma la mia vita è già piena di incertezze ed instabilità, quindi almeno le mie…amicizie le vorrei più stabili. Meno indecise. Meno provvisorie.»

Si voltò a guardare la ragazza e, come la prima volta in cui si erano incontrati, riconobbe in lei quell’espressione pulita e priva di maschere che, di tanto in tanto, Olive lasciava apparire. La vide sospirare e in qualche modo sembrò farlo con tutto il corpo. 

«Hai ragione», disse infine lentamente. «Mi dispiace.»

 

Tom si appoggiò allo schienale della poltrona e da lì osservò la schiena della ragazza e la linea del collo e come alcuni ciuffi di capelli troppo corti o troppo ribelli erano scappati dalla coda che tratteneva tutti gli altri. Fu tentato per un attimo di appoggiare una mano tra le scapole di lei e lasciar scivolare una carezza lungo la schiena di Olive, ma non voleva vederla perdere quella postura un po’ curva e più rilassata del solito. 

«Dentro o fuori, allora?», domandò quindi, immaginandosi che lei avrebbe capito cosa le stava chiedendo. Ignorando come meglio poté quella nota di timore aspettando la risposta. Non che non sarebbe sopravvissuto se lei avesse deciso di uscire dalla sua vita, ma di sicuro le sarebbe mancata (come, innegabilmente, le era mancata un po’ in tutto quel tempo).

 

Olive si appoggiò allo schienale accanto a lui. Le loro braccia si sfioravano appena. «Dentro», disse dopo un attimo. 

Tom sorrise con un che di sollievo e soddisfazione. Allungò una mano. «Amici, allora?»

Olive lo guardò perplessa, prima di sbuffare una mezza risata e accettare la sua mano. «Amici.»

 

*


Due mesi prima

(63 giorni al colpo)

 

«Ma sono scemi?», domandò retoricamente Olive.

Passò il giornale a Priya e guardò M aspettando chiarimenti.

M agitò una mano come a cancellare un commento così superficiale. «Come ben sai, Olive, l’ingenuità di alcuni è la ricchezza d’altri. Nel caso specifico di possibili ladri di gioielli.»

Priya rise incredula e passò nuovamente il giornale ad Olive, che rilesse l’articolo con più calma. «Le riprese del film iniziano tra due settimane, ma Dublino ha già dato l’okay per usare la stella dell’Ordine di San Patrizio.» Alzò gli occhi dalla pagina e guardò M. «L’originale! Ma quanto vale? Oro, argento, diamanti, rubini e smeraldi…A Dublino sono usciti di testa?»

M agitò di nuovo la mano. «L’originale verrà utilizzato solo in una scena, mentre sarà una replica ad essere usata per il resto del film. La spilla arriverà sul set solo il giorno della ripresa e sarà strettamente sorvegliata per tutto il tempo. A Dublino sono quasi del tutto sicuri che non succederà nulla, ma è proprio per quel “quasi” che sono stata contattata. Vogliono il nostro aiuto.»

 

Olive trattenne il respiro per un momento.

«Immagino che potrebbe essere divertente», commentò Priya.

Lei la guardò scettica, prima di tornare ad M. «E’ che non vedo come si possa davvero essere utili.»

«Vogliono qualcuno che sia insospettabile, ma allo stesso tempo sicuro. Che sia capace di tenere un profilo basso e che sappia come muoversi e a cosa stare attenti. Qualcuno come te. Tutto quello che dovrai fare sarà guardarti attorno e prendere nota di persone o atteggiamenti sospetti. Ci saranno un paio di agenti dell’Interpol sul set il giorno in cui la spilla verrà usata, ma è su quello che potrebbe succedere prima che hanno poco controllo. Ed è qui che vogliono il nostro aiuto. Vogliono qualcuno che vigili sulla situazione da fuori - Priya, in questo caso - e qualcuno che la vigili da dentro. Tu.»

 

Priya ed Olive si scambiarono uno sguardo appena dubbioso. 

«Inoltre», aggiunse M lentamente prendendo il giornale, «forse è il caso che diate uno sguardo a questo.»

Spiegò il giornale, rivelando l’altra metà della pagina che era rimasta nascosta fino a quel momento. Due foto in bianco e nero accompagnavano l’articolo sul film e la stella dell’Ordine di San Patrizio. 

Una era di Tom - di certo non una sorpresa per Olive, dato che già da tempo era stato pubblicizzato che aveva accettato il ruolo di protagonista maschile in quella produzione. 

L’altra, invece, catturò immediatamente l’attenzione di entrambe le ragazze. 

 

«Ma questo non è-», cominciò Priya, piegandosi un po’ di più sulla foto.

«Sembrerebbe proprio», annuì Olive, prima di lanciare uno sguardo confuso ad M.

«Liam McAlister», confermò lei con un sorriso. «Apparentemente è stato appuntato dal Crown Estate. E’ il rappresentate responsabile dei Gioielli della Corona irlandese per questa particolare occasione.»

Olive tornò a guardare la foto. 

Un affascinante uomo di mezza età sorrideva alla macchina fotografica, mostrando compiaciuto la stella dell’Ordine di San Patrizio. Olive aggrottò appena la fronte cogliendo un dettaglio nello stesso istante in cui Priya picchiettò con un dito su di un punto della foto. 

M, precedendo la richiesta, passò ad Olive una lente d’ingrandimento. Lei la portò sul punto indicato da Priya e lì, appuntata al bavero della giacca di Liam McAlister, sgranata ma del tutto identificabile, fece la sua apparizione una spilla che Olive e Priya non vedevano da molto tempo. Una spilla che, per quanto ne sapevano loro, era sempre appartenuta ad M. 

Priya ed Olive alzarono lo sguardo sul loro capo. 

M sorrise divertita. «Mi piace pensare che si tratti di un invito a cercare di riprendermela.» 

 

*

 

Olive non aveva nemmeno provato a nascondere a Priya il fatto che avesse mandato un messaggio a Tom. 

Non che la cosa ultimamente fosse particolarmente strana - dall’ultima volta in cui si erano incontrati, lei e Tom non avevano avuto modo di rivedersi, ma si erano tenuti in contatto quasi giornaliero. 

L’aspetto particolare, caso mai, era il fatto che Olive avesse esplicitamente chiesto a Tom di incontrarsi. 

 

Priya si era lanciata in qualche commento divertito che si era concluso in una risata particolarmente salace, quando Olive aveva sottolineato che no, non era un appuntamento ma solo un incontro e che comunque erano solo amici.

Priya le aveva appoggiato una mano su una delle spalle e l’aveva guardata quasi con tenerezza.  

«Sei davvero senza speranze, tu», aveva poi annunciato.

Olive aveva alzato gli occhi al cielo. 

«Almeno gli hai spiegato perché sei scomparsa prima della vostra rappacificazione?», aveva poi chiesto Priya tornando al suo computer.

«Non c’è davvero nulla da spiegare.»

Priya le aveva lanciato un’occhiata scettica. 

«Siamo amici e tutto va bene ora, okay?», aveva risposto Olive con un che di vagamente seccato. «Non c’è bisogno di complicare la situazione con chiarimenti non necessari.»

Priya aveva riportato lo sguardo allo schermo del computer. «Tutto quello che voglio dire è c’è la possibilità che prima o poi Tom ti chieda delucidazioni. E spero che tu sia pronta per quell’eventualità.»

 

Olive non rispose. Guardò il messaggio - entusiastico, come al solito - di Tom con cui aveva accettato la proposta. Aveva suggerito un pub in centro che sapeva essere discreto e riservato, salvo l’occasionale addio al celibato che movimentava alcune serate.

C’era qualcosa nella sottile agitazione che provava sapendo che l’avrebbe visto quella sera che non la lasciava tranquilla. 

Erano amici. Andava tutto bene. 

Eppure le sembrava impossibile riuscire a mettere da parte quella particolare, ridicola emozione che provava ogni volta che riceveva un suo messaggio o ripensava a qualcosa che lui le aveva detto, o il sorriso di Tom quando sorrideva a lei.

Era piacevole e terrificante allo stesso tempo.

 

*

 

Quella sera, Tom raggiunse il pub ma non entrò immediatamente. 

Si fermò di fianco alla finestra del locale, che nella notte sembrava uno strano quadro animato da cui provenivano rumori e musica soffusi. La luce ritagliava un quadrato dorato sul marciapiede e le scarpe di Tom ne sfioravano un lato, tenendolo sicuro nel buio. 

Si affacciò appena, spiando dentro nel modo in cui si era recentemente abituato a spiare la vita. 

 

Vide Olive quasi immediatamente e scacciò l’istinto di tirarsi indietro. Rimase ad osservarla, invece. Provò a pensare a quante volte si erano trovati a scambiare qualche parola e qualche risata nell’ultimo mese. Non erano mai andati troppo sul personale, eppure anche così - guardandola da quel marciapiede freddo, attraverso una finestra illuminata - Tom si era trovato a pensare “la conosco”.

 

Quando Olive sparì dal suo campo visivo - lasciando il bancone del pub dove lo stava evidentemente aspettando - Tom si trovò a rientrare completamente nell’ombra. Perché, in fondo, se lei non era lì, non c’era molto di più interessante da osservare. Si appoggiò per un momento al muro e osservò il suo respiro condensarsi in morbide volute. La porta del pub si aprì, riversando nella notte gli accordi di una qualche canzone e il brusio delle persone all’interno del locale. 

La persona che uscì controllò qualcosa su di un cellulare e si guardò poi attorno, accorgendosi con un attimo di sorpresa di Tom.

«Ehi.»

«Olive», replicò Tom, «buonasera.»

«Vuoi…entrare?», domandò lei con un che di esitante, indicando la porta alla sue spalle. 

Lui le sorrise, abbandonando il muro a cui era appoggiato. «Certo.»

 

*

 

C’erano due birre tra di loro e conversazioni che li avvolgevano, e nonostante avessero passato i primi minuti a parlare senza problemi, era ovvio per Tom che Olive stava cercando le parole per dirgli qualcosa. 

Alzò una mano fermandola nel mezzo di una spiegazione su come disattivare un allarme di sicurezza con una forcina e una gomma da masticare e la guardò divertito. 

«Olive, perché non mi dici quello che mi vuoi davvero dire e poi torniamo a goderci la serata insieme?», le domandò con l’accenno di un sorriso. 

 

Olive spostò lo sguardo, le dita tamburellarono un ritmo complicato sul tavolo. «Sì. Dunque. Allora.»

Le dita tamburellarono un po’ più velocemente. Tom aspettò.

«M ha accettato un nuovo incarico. Non credo che ci vedremo davvero, o almeno non spesso, ma volevo farti sapere che lavorerò temporaneamente sul set del tuo nuovo film. E che sarebbe meglio se facessimo finta di non conoscerci.»

«Ah», commentò Tom incerto su come prendere la notizia. «Cosa…cosa farai?»

«Aiuto costumista? Titolo generico per tuttofare, immagino.»

Tom sorrise. «E posso chiederti il motivo?»

Olive arricciò appena il naso. «Teoricamente no, ma tecnicamente non mi è stato negato. Devo semplicemente tenere d’occhio la situazione sul set in merito alla sicurezza della stella dell’Ordine di San Patrizio.»

«Ah», commentò di nuovo Tom. Prese un sorso di birra e ne approfittò per osservare segretamente Olive per un momento. Sembrava genuinamente nervosa. Per quale ragione, non ne era sicuro. «Quindi saremo colleghi per qualche tempo?»

Lei si decise finalmente a guardarlo. «Colleghi», commentò vagamente sarcastica. «Più che altro io sarò una schiavetta. Da contratto non mi è nemmeno permesso di chiamarti per nome.»

Tom la guardò perplesso.

Olive si lasciò sfuggire una risata. «Scherzavo», disse. «Credo.»

 

*

 

Fuori dal pub dove avevano passato le ultime due ore, Tom guardò Olive guardare il cielo di quella notte londinese. Anche nel buio si potevano riconoscere alcune nuvole che forse annunciavano pioggia o forse no, nel classico modo in cui Londra dichiarava che non sapeva cosa farsene delle previsioni meteorologiche. 

«Tutto bene?», domandò riconquistando l’attenzione della ragazza.

«Tutto bene.»

 

Il silenzio si allungò un po’ fra loro due, ma non in maniera fastidiosa o imbarazzante. Entrambi sembravano contenti di assaporare per qualche attimo quel momento. Poi, Olive fece un passo indietro e affondò le mani nelle tasche della giacca che indossava. «Allora ti saluto e vado a casa. Grazie mille per aver trovato tempo per incontrarmi.»

Tom alzò un sopracciglio. «Quanta formalità. E davvero, Olive, se non sapessi cosa fai, mi troveresti davvero sorpreso in questo momento. Bevi poco, vai a casa ad orari sensibili, non fumi, dici “grazie” e “per favore”.» Le puntò un dito contro e sorrise. «Cosa fai di sbagliato, tu?»

 

Olive scosse la testa e rise piano. «Come sai, un sacco di altre cose.»

Tom sorrise. «Dai, ti accompagno a casa. Così magari mi racconti un paio delle tue cose sbagliate.»

«Non c’è bisogno», rispose immediatamente Olive. «Posso camminare o chiamare un taxi o prendere un autobus…»

Tom accennò una risata. «Certo, puoi fare tutto quello che hai detto. Ma mi farebbe piacere accompagnarti a casa.»

Olive arrossì. Si prese poi un attimo. Guardò verso la porta del pub e quindi tornò a guardare Tom. «Okay. Grazie.»

«Grazie a te», replicò lui sorridendo.

 

*

 

Tom guidava lentamente e con l’aria sicura e rilassata di chi è a suo agio nel sedile di guida di una macchina piccola e vecchia.

«E’ di un mio amico», si era quasi giustificato aprendo la portiera per Olive. «E’ decisamente più pratico girare per Londra con questa.»

Olive aveva sorriso divertita. «Non ci vedo niente di male in una Mini.»

Lui aveva riso. Imbarazzato, forse.

 

Olive all’inizio aveva lasciato scorrere lo sguardo lungo gli interni della macchina, ma l’attenzione era stata presto catturata dalla mano di Tom, che si era allungata per accendere la radio. 

Aveva delle dita assurdamente lunghe, aveva osservato Olive seguendo con gli occhi la mano che si era poi spostata sul cambio della macchina. Aveva forzatamente spostato lo sguardo, perché aveva quasi immediatamente avvertito la mente avvicinarsi a pensieri che era meglio non considerare. 

 

Fu Tom, comunque, a distrarla con efficacia. «Posso farti una domanda?»

Lei si girò a guardarlo. «Certo.»

«Non voglio sembrare scortese o altro, ma…», esitò un attimo, lanciandole una veloce occhiata. «Pensi che te la caverai bene sul set?»

Olive lo guardò sorpresa e vagamente tesa. «Cosa vuoi dire?»

Tom scosse la testa e si lasciò sfuggire una piccola risata. «Solo che non riesco ad immaginarti particolarmente a tuo agio con un gruppo caotico di persone. Per quel poco che ne so di te, non mi sembra la tua situazione ideale. Quindi mi domandavo cosa ti abbia spinto ad accettare l’incarico.»

Olive alzò appena le spalle. «Necessità.»

Che in fondo non era una bugia.

 

Tom sembrò aspettarsi una risposta più complessa, ma quando si rese conto che non sarebbe arrivata, tornò a parlare. «Non mi hai detto cosa hai fatto negli ultimi mesi.»

«Un po’ di questo, un po’ di quello.»

Tom scoppiò a ridere. «Dimmi che lo stai facendo apposta.»

Olive gli rivolse un’occhiata appena confusa. «Cosa starei facendo apposta?»

«Questo», rispose lui lanciandole l’ennesima occhiata veloce. «Le tue risposte a monosillabi e il non volerti aprire, nemmeno un po’.»

«Perché dovrei?», replicò lei forse più bruscamente di quanto avrebbe voluto. Lo vide nel viso di Tom, una fugace espressione ferita ed irritata. Olive sospirò. «Scusa. Credo di non essere brava a fare…questo.»

Tom rimase in silenzio per qualche istante. «Questo cosa?»

«Chiacchierare, immagino.»

 

I lineamenti del viso di Tom si rilassarono un po’ e gli sfuggì una piccola risata. «Posso insegnarti io, se vuoi. Chiedi pure in giro, tutti ti confermeranno che sono il re indiscusso della chiacchiera casuale.»

Di nuovo le parole uscirono dalla bocca di Olive prima che lei potesse fermarle, ma quella volta intrecciate ad un tono divertito. «Lo dici come se ci fosse da andarne fieri.»

Tom raddrizzò le spalle e le rispose con finta serietà. «Perché c’è da andarne fieri.»

Olive scosse la testa ridendo.

«Lo abbiamo già fatto in passato, ad ogni modo», fece poi presente lui.

«Cosa?»

«Chiacchierare. Su», le disse lanciandole un piccolo sorriso, «feriresti terribilmente il mio ego se mi dicessi che tutte le volte che abbiamo parlato era solo perché tu eri annoiata, ed ero solo io ad aver voglia di chiacchierare con te.»

 

Olive arrossì e voltò appena la testa verso il finestrino. «Ma quello è diverso. Non parliamo di niente di serio.»

Il sorriso sulle labbra di Tom era decisamente divertito, come se trovasse il sottile disagio di Olive buffo. «Sono incredibilmente bravo con i segreti, sai?»

Lei gli rivolse un’occhiata inquisitoria. 

«Li so mantenere, per esempio. Ma so anche quando qualcuno ne ha uno e generalmente sono bravo anche a scoprirli.»

«Davvero

«Davvero

«Temo che non sarà stasera, però», replicò Olive indicando un angolo di marciapiede. L’aveva sorpresa il fatto che Tom ricordasse come arrivare al suo appartamento, anche se non aveva vocalizzato lo stupore. 

Avvertì gli occhi di Tom su di lei e si voltò a guardarlo, sentendosi vagamente a disagio davanti a quello studio così indiscreto, così aperto. «Vado», disse nervosamente aprendo la portiera. 

Tom la prese per un polso prima che potesse scivolare fuori dalla macchina e le baciò una guancia. 

«Ah», si trovò a dire Olive imbarazzata. «Grazie.»

Tom rise. «Per…?»

«Per avermi accompagnata a casa», replicò lei, infastidita dalla confusione che sentiva. «Buona notte.»

«’notte, Olive. Ci vediamo a lavoro», le rispose Tom con un tono troppo divertito, data la situazione.


  
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