Eccomi qui con una
piccola
one-shot! Non è molto intelligente, ma ero in astinenza
dallo scrivere e quando
mi è montata questa strana ideuzza in mente ho pensato:
“Perché non
pubblicarla?” la verità è che mi
mancano i vostri commenti!! Per cui, anche se
credo che qui non ve ne saranno molti, ho deciso di iniziare a
pubblicare nuove
storielle malefiche. Contente? Naturalmente su Inuyasha e Kagome, come
potrebbe
non essere su di loro? Un bacione!! Mary!! E ricordate, il motto
è sempre
quello:
LEGGETE E COMMENTATE!
Dispersa
in mezzo alla
città!
Si
guardava intorno,
confusa.
Ecco…
si era persa per
l’ennesima volta.
Il
senso dell’orientamento
non era il suo forte.
Sospirò
sconsolata,
rendendosi conto di non essere neanche in grado di tornare a casa o
arrivare
alla stazione.
Affranta,
si appoggiò al
muro di un palazzo chiudendo gli occhi e pensando a cosa potesse fare.
Il
telefono era
completamente scarico ed anche se fosse riuscita a ricaricarlo in
qualche modo,
non aveva neanche i soldi per fare uno squillo o un messaggio.
Non
aveva una cartina, cioè,
gli era volata via circa mezz’ora prima, quando si era resa
conto di aver
cominciato a girare in tondo.
Non
poteva chiedere
indicazioni, non per la timidezza, ma semplicemente per il fatto che
non stesse
passando un’anima viva.
Le
veniva voglia di piangere.
Aveva
le piante dei piedi
distrutte.
Perché
diavolo si era
messa i tacchi?!
Doveva
anche incontrare un
tizio che non le piaceva, e ora per colpa sua non riusciva neanche a
tornare a
casa!
Come
un miraggio vide una
cabina telefonica a pochi metri da lei.
Vi
corse dentro, cercando
poi nella borsa qualche spiccio.
No,
impossibile… si era
anche dimenticata il portafoglio a casa!
Sbatté
la testa sul vetro,
sconfitta.
La
sua solita fortuna!
“Si
può sapere cosa
diavolo stai facendo, Kagome?”
quella
voce…
Si
girò, spalancando gli
occhi.
Lui
cosa ci faceva lì?
“T-tu!
Inuyasha! Cosa ci
fai qui?”
“Lo
sai che non si
risponde ad una domanda con un’altra domanda? Comunque io ci
abito qui!” quasi
con le lacrime agli occhi si aggrappò
alla sua giacca, trattenendosi dall’emettere piccoli urli di
gioia.
“Veramente?!
Allora ti
prego, dimmi come faccio a tornare a casa!”
la guardò stranito.
“Ti
sei persa?”
“Beh…
ecco…”
“Mi
dici come hai fatto ad
arrivare qui?”
“Sinceramente
non ne ho
idea…”
“Bene,
casa tua è dall’altra
parte della città. Se te la sei fatta tutta a piedi ti
faccio i miei
complimenti, cammini molto anche con quelle scarpe!” sorrise e la
fece letteralmente sciogliere.
Gli occhi d’ambra erano illuminati dalla luce del tramonto. I
lunghi capelli
d’argento ondulavano a ritmo del leggero venticello che
c’era nell’aria e le
simpatiche orecchie canine si muovevano frenetiche.
“Ma
come… il centro
commerciale dovrebbe essere vicino casa mia!”
“Sei
andata dalla parte
opposta.”
Si batté una mano sulla
fronte, dandosi della stupida. Eppure aveva anche letto la cartina!
“Almeno
dimmi che c’è una
stazione qui vicino… ti prego…” quasi lo
pregò in ginocchio. Era sfinita.
“No…
mi spiace. Se non hai
la macchina qui non ci arrivi. Solo tu ci sei riuscita!”
“Ma
in che diavolo di
posto vivi?!”
“Devo cambiare casa… lo penso anche io…
comunque vieni. Ti accompagno.”
Disse girandosi ed incamminandosi verso il
suo mezzo.
“C-cosa?”
“Riesci
ad arrivare almeno
alla macchina oppure ti devo prendere in braccio?”
“N-no,
ma… mi stai
accompagnando?”
“Non
si era capito, forse?
Se vuoi puoi rifartela a piedi. Come preferisci. Per me è
anche meglio.”
“G-grazie!
Preferisco
andare in macchina!”
disse, correndogli
dietro, per quanto i piedi doloranti potessero permetterglielo.
“Immaginavo.” Aprì
la portiera del cupè grigio
metallizzato e vi entrò dentro accendendo il motore e
levando il freno a mano.
“Adoro
questa
macchina!” disse
lei, entrando a sua
volta.
“Lo
so… me lo dici ogni
giorno in facoltà…”
sbuffò lui, guidando
facilmente lungo le piccole stradine del quartiere.
“Mi
chiedo ancora come hai
fatto ad arrivare qui!”
“Mi
sono infilata tra i
palazzi.”
“Ci
avrai messo tre ore…
prendendo la strada normale se tutto va bene ci mettiamo quarantacinque
minuti
in macchina!”
“Eheh…
mi succede
spesso…” si
girò verso di lei e
guardando quella sua faccia buffa non poté fare a meno di
scoppiare a ridere e
lei lo seguì a ruota.
Dopo
alcuni minuti di
silenzio Kagome parlò. “Non mi hai mai detto
perché studi legge.”
“…
non c’è un motivo
preciso.”
“È
la strada che hai
deciso di percorrere nella vita. Deve esserci per forza un motivo
preciso!”
“Diciamo
che… non ho mai
sopportato chi non rispetta la legge.”
“Spiegati
meglio.”
“Diventerei
volgare. Tanto
hai capito.”
“Centra
per caso la tua
infanzia?”
“Anche…” la ragazza
sorrise tristemente mettendo la
sua mano sopra quella di lui, accarezzandola.
“Se
mai un giorno me ne
vorrai parlare io ci sono, okay?”
la
guardò e finì per sorridere anche lui. Quella
ragazza era strana e contagiosa.
“Tu,
invece? Perché vuoi
diventare una pediatra?”
“Adoro
i bambini! Poi mi
piace la medicina per cui… fai il calcolo e viene fuori
pediatria!”
“Ce
la farai ad occuparti
dei marmocchi? Insomma. Riesci a perderti vicino casa tua!” lei rise grattandosi la
testa, in imbarazzo.
“Effettivamente
non ne ho
la più pallida idea…”
“Passano
i giorni e ti
trovo sempre più strana!”
Il
silenzio si impadronì
nuovamente del veicolo. L’aria era tesa, senza un motivo
spiegabile. Non
sapevano cosa dire. Cosa fare.
Improvvisamente
la macchina
si fermò e lei che era persa nei suoi pensieri
alzò lo sguardo, notando la fila
di auto che si estendeva per un buon tratto di strada.
“C’è
stato un
incidente?” chiese,
preoccupata.
“Credo
di sì. Aspettami
qui. Vado a controllare.”
Scese
dall’auto, dirigendosi spedito verso dei vigili che sostavano
poco più avanti.
Kagome
li vide parlare,
gesticolando. Poi Inuyasha tornò verso di lei ed
entrò nuovamente nel cupè.
“Ne
avremo per un’altra
mezzoretta. Sì, c’è stato un
incidente.”
“Ci
sono feriti?”
“No,
fortunatamente non
sono gravi. Comunque li hanno portati via con l’ambulanza e
ora il carro
attrezzi dovrebbe portare via la moto e la macchina dalla strada e
potremmo
continuare tranquillamente.”
Rispose,
non scomponendosi più di tanto.
“Scusami.
Ti sto creando
un sacco di problemi.”
“Tu
per me non sei affatto
un problema, anzi.”
“Come
scusa? Che intendi?”
“Niente.
Metti un CD?
Tanto c’è da aspettare.”
“Okay,
quale vuoi?”
“Scegli
tu.”
Mise
il primo CD che le
passo tra le mani ed iniziò ad ascoltare distrattamente la
musica.
“Raccontami
qualcosa di
te… tu di me sai tutto. Io no. Stai sempre in disparte,
chiuso in te stesso.
Sfogati.” Chiese
lei, voltandosi verso
Inuyasha.
“Non
c’è molto da sapere.
Mia madre è morta quando ero piccolo. Non ho mai avuto buoni
rapporti con mio
padre ed ho sempre vissuto con mio fratello che ora è in
America con la moglie.
Fine della mia vita.”
Lo scrutò
cercando di vedere qualche espressione nel suo viso che potesse tradire
la sua
indifferenza nei confronti di ciò che stava raccontando.
Niente. Il gelo più
totale.
“Perché
non parli con tuo
padre?”
“…
beveva.”
“E…?”
“Se
la prendeva con
me.” Spalancò
gli occhi, non
immaginandosi l’infanzia del ragazzo in questo modo.
Balbettò, cercando in
qualche modo di scusarsi e cercando di trattenere le lacrime che
insistenti le
pizzicavano gli occhi. Le dispiaceva. Tantissimo.
“Non
devi preoccuparti.
Ora ha smesso e poi… è stato tanto tempo
fa…”
“Ma
tu… io… lui… ti…
ti…”
“Picchiava.
Ripeto, non è
importante.” Una
lacrima solcò la guancia
rosata di Kagome, depositandosi poi sul sedile dell’auto. Al
naso di lui arrivò
un odore sgradevole, aspro. Si girò verso di lei,
sorridendole dolcemente. Era
sensibile, senza dubbio. Osservava quelle piccole goccioline diventare
sempre
più fitte e alle volte incrociarsi nel percorso delle gote.
Allungò una mano
verso il suo viso, facendo sparire con un gesto secco tutte le altre
lacrime
che avevano intenzione di uscire da quei dolci occhi color cioccolato
fondente.
“Ehi,
smettila. Non è
successo niente.”
“Io…
mi dispiace!” si
buttò fra le sue braccia, stringendolo
forte e lui le accarezzò i morbidi capelli corvini.
“Smettila!
Su, basta.
Sembri una bambina! Non è successo niente! Odio vedere le
ragazze piangere,
perciò adesso se non la smetti continui a piedi.”
“Hai
il tatto di un
elefante.”
Disse Kagome, asciugandosi
le ultime lacrime e staccandosi dal corpo muscoloso di lui.
“In
alcuni casi serve.”
“Vorrei
un esempio.”
“Ora.”
“È
servito solamente per
farmi sapere che non hai tatto. E a farmi arrabbiare. Uno è
dispiaciuto per te
e per quello che ti è successo e tu…
tu…!”
“Ora
non ricominciare a
piangere!”
“Antipatico!”
“Ragazzina!”
“…”
“Chi
tace
acconsente.” Sghignazzò.
“Sto
in silenzio solo
perché il nostro discorso sta cominciando a non avere
senso.”
“Oh,
beh. Che importanza
ha?” scrutò
attentamente quegli occhi
d’ambra con un velo di tristezza che vi aleggiava sempre.
“Nessuna…
Guarda! Si sta
liberando la strada!” gridò,
indicando
le macchine avanzare tranquillamente davanti a loro.
“Oh…” ingranò la
prima per poi partire, seguendo le
altre automobili.
Passarono
il resto del
viaggio chiacchierando tranquillamente, da amici. A parte qualche
domanda
spinta a proposito di fidanzati, situazioni familiari ed altro.
Il
cupè frenò piano,
accostandosi alla lunga scalinata che portava al tempio dove abitava la
ragazza.
Scese,
chiudendo
delicatamente la portiera e andando ad aprire quella della giovane che
lo
ringraziò con un sorriso.
La
accompagnò ai piedi
della gradinata guardandola in silenzio, come faceva lei.
“Io…” provò a dire
lui.
“Sono
stata molto bene
oggi in tua compagnia! Ti ringrazio per avermi aiutato! Non sarei
riuscita ad
arrivare lontano! È stata una fortuna capitare davanti casa
tua!” continuò
lei per Inuyasha, continuando a
sorridere tranquilla. L’Hanyou arrossì debolmente,
non sapendo cosa dire.
“Io…
tu…”
balbettò il ragazzo.
“Si…?” chiese lei. Aspettando con
ansia ciò che
avrebbe potuto dirle.
“Noi…
ecco… potremmo
farlo… dovremmo farlo più spesso!”
riuscì a dire finalmente.
“CERTO!!
Ehm… ehm… se
vuoi…”
“Intendo…
anche domani,
dopo l’università, se magari sei
libera…”
“Sarebbe
un appuntamento?”
“Beh…
si.” arrossì
ancora di più.
“Allora
accetto. Ci
vediamo domani, Inuyasha. Ti ho salvato il mio numero nel cellulare in
macchina. Fatti sentire, okay? Ciao, ciao.”
“Ciao…”
Kagome
iniziò a salire le
scale, ma dopo aver fatto pochi gradini si girò indietro,
sorridendo
maliziosamente e si avvicinò a lui, baciandolo dolcemente.
Inuyasha spalancò
gli occhi, non aspettandosi nulla del genere. Quando lei si
staccò leggermente
dalla sua bocca, lui la strinse per la vita, cercando nuovamente il
calore di
quelle morbide labbra rosse.
Lo
accontentò, tornando a
baciarlo appassionatamente, mettendogli le braccia intorno al collo e
facendo
aderire perfettamente i loro corpi. Si staccarono solamente quando
ebbero
bisogno d’aria. Lui le accarezzò il viso e lei si
rilassò a quel tocco leggero.
“Era
da un po’ che
desideravo farlo. Sai Kagome?”
“Tu?!
Non capisci proprio
niente, allora. Non hai mai notato…”
“Cosa
avrei dovuto notare?”
“Forse
domani te lo
spiegherò! Ciao!”
Corse
via, salendo
nuovamente alcuni gradini per poi rigirarsi e salutarlo con la mano. Si
levò le
scarpe con quei fastidiosi tacchi e corse su, fino alla fine, per poi
sparire
alla vista del mezzo demone.
Lui, continuando a
sorridere come un ebete, salì nel cupè che lei
adorava tanto ed ingranò la
prima, tornando a casa sua. Infondo quel piccolo viaggetto aveva dato i
suoi
frutti e anche la sbadataggine di quella ragazza tanto strana, ma che
lo faceva
letteralmente impazzire.