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Autore: Mary_loveloveManga    12/02/2009    6 recensioni
Allora ragazzi, eccomi qui con una nuova one-shot su Inuyasha e Kagome: la ragazza si è persa, cosa succedera? Bene, se leggete lo scoprite. E se leggete dovete commentare!! Scherzo, dai, anche se non mi dispiacerebbe! Comunque buona lettura e fatemi sapere cosa ne pensate di questa pazza one-shot!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi qui con una piccola one-shot! Non è molto intelligente, ma ero in astinenza dallo scrivere e quando mi è montata questa strana ideuzza in mente ho pensato: “Perché non pubblicarla?” la verità è che mi mancano i vostri commenti!! Per cui, anche se credo che qui non ve ne saranno molti, ho deciso di iniziare a pubblicare nuove storielle malefiche. Contente? Naturalmente su Inuyasha e Kagome, come potrebbe non essere su di loro? Un bacione!! Mary!! E ricordate, il motto è sempre quello:

LEGGETE E COMMENTATE!

 

 

 

 

Dispersa in mezzo alla città!

 

 

 

 

Si guardava intorno, confusa.

Ecco… si era persa per l’ennesima volta.

Il senso dell’orientamento non era il suo forte.

Sospirò sconsolata, rendendosi conto di non essere neanche in grado di tornare a casa o arrivare alla stazione.

Affranta, si appoggiò al muro di un palazzo chiudendo gli occhi e pensando a cosa potesse fare.

Il telefono era completamente scarico ed anche se fosse riuscita a ricaricarlo in qualche modo, non aveva neanche i soldi per fare uno squillo o un messaggio.

Non aveva una cartina, cioè, gli era volata via circa mezz’ora prima, quando si era resa conto di aver cominciato a girare in tondo.

Non poteva chiedere indicazioni, non per la timidezza, ma semplicemente per il fatto che non stesse passando un’anima viva.

Le veniva voglia di piangere.

Aveva le piante dei piedi distrutte.

Perché diavolo si era messa i tacchi?!

Doveva anche incontrare un tizio che non le piaceva, e ora per colpa sua non riusciva neanche a tornare a casa!

Come un miraggio vide una cabina telefonica a pochi metri da lei.

Vi corse dentro, cercando poi nella borsa qualche spiccio.

No, impossibile… si era anche dimenticata il portafoglio a casa!

Sbatté la testa sul vetro, sconfitta.

La sua solita fortuna!

“Si può sapere cosa diavolo stai facendo, Kagome?”   quella voce…

Si girò, spalancando gli occhi.

Lui cosa ci faceva lì?

“T-tu! Inuyasha! Cosa ci fai qui?”

“Lo sai che non si risponde ad una domanda con un’altra domanda? Comunque io ci abito qui!”  quasi con le lacrime agli occhi si aggrappò alla sua giacca, trattenendosi dall’emettere piccoli urli di gioia.

“Veramente?! Allora ti prego, dimmi come faccio a tornare a casa!”  la guardò stranito.

“Ti sei persa?”

“Beh… ecco…”

“Mi dici come hai fatto ad arrivare qui?”

“Sinceramente non ne ho idea…”

“Bene, casa tua è dall’altra parte della città. Se te la sei fatta tutta a piedi ti faccio i miei complimenti, cammini molto anche con quelle scarpe!”   sorrise e la fece letteralmente sciogliere. Gli occhi d’ambra erano illuminati dalla luce del tramonto. I lunghi capelli d’argento ondulavano a ritmo del leggero venticello che c’era nell’aria e le simpatiche orecchie canine si muovevano frenetiche.

“Ma come… il centro commerciale dovrebbe essere vicino casa mia!”

“Sei andata dalla parte opposta.”    Si batté una mano sulla fronte, dandosi della stupida. Eppure aveva anche letto la cartina!

“Almeno dimmi che c’è una stazione qui vicino… ti prego…”  quasi lo pregò in ginocchio. Era sfinita.

“No… mi spiace. Se non hai la macchina qui non ci arrivi. Solo tu ci sei riuscita!”

“Ma in che diavolo di posto vivi?!”
“Devo cambiare casa… lo penso anche io… comunque vieni. Ti accompagno.”  Disse girandosi ed incamminandosi verso il suo mezzo.

“C-cosa?”

“Riesci ad arrivare almeno alla macchina oppure ti devo prendere in braccio?”

“N-no, ma… mi stai accompagnando?”

“Non si era capito, forse? Se vuoi puoi rifartela a piedi. Come preferisci. Per me è anche meglio.”

“G-grazie! Preferisco andare in macchina!”   disse, correndogli dietro, per quanto i piedi doloranti potessero permetterglielo.

“Immaginavo.”   Aprì la portiera del cupè grigio metallizzato e vi entrò dentro accendendo il motore e levando il freno a mano.

“Adoro questa macchina!”  disse lei, entrando a sua volta.

“Lo so… me lo dici ogni giorno in facoltà…”  sbuffò lui, guidando facilmente lungo le piccole stradine del quartiere.

“Mi chiedo ancora come hai fatto ad arrivare qui!”

“Mi sono infilata tra i palazzi.”

“Ci avrai messo tre ore… prendendo la strada normale se tutto va bene ci mettiamo quarantacinque minuti in macchina!”

“Eheh… mi succede spesso…”  si girò verso di lei e guardando quella sua faccia buffa non poté fare a meno di scoppiare a ridere e lei lo seguì a ruota.

Dopo alcuni minuti di silenzio Kagome parlò. “Non mi hai mai detto perché studi legge.”

“… non c’è un motivo preciso.”

“È la strada che hai deciso di percorrere nella vita. Deve esserci per forza un motivo preciso!”

“Diciamo che… non ho mai sopportato chi non rispetta la legge.”

“Spiegati meglio.”

“Diventerei volgare. Tanto hai capito.”

“Centra per caso la tua infanzia?”

“Anche…”   la ragazza sorrise tristemente mettendo la sua mano sopra quella di lui, accarezzandola.

“Se mai un giorno me ne vorrai parlare io ci sono, okay?”   la guardò e finì per sorridere anche lui. Quella ragazza era strana e contagiosa.

“Tu, invece? Perché vuoi diventare una pediatra?”

“Adoro i bambini! Poi mi piace la medicina per cui… fai il calcolo e viene fuori pediatria!”

“Ce la farai ad occuparti dei marmocchi? Insomma. Riesci a perderti vicino casa tua!”  lei rise grattandosi la testa, in imbarazzo.

“Effettivamente non ne ho la più pallida idea…”

“Passano i giorni e ti trovo sempre più strana!”

Il silenzio si impadronì nuovamente del veicolo. L’aria era tesa, senza un motivo spiegabile. Non sapevano cosa dire. Cosa fare.

Improvvisamente la macchina si fermò e lei che era persa nei suoi pensieri alzò lo sguardo, notando la fila di auto che si estendeva per un buon tratto di strada.

“C’è stato un incidente?”  chiese, preoccupata.

“Credo di sì. Aspettami qui. Vado a controllare.”  Scese dall’auto, dirigendosi spedito verso dei vigili che sostavano poco più avanti.

Kagome li vide parlare, gesticolando. Poi Inuyasha tornò verso di lei ed entrò nuovamente nel cupè.

“Ne avremo per un’altra mezzoretta. Sì, c’è stato un incidente.”

“Ci sono feriti?”

“No, fortunatamente non sono gravi. Comunque li hanno portati via con l’ambulanza e ora il carro attrezzi dovrebbe portare via la moto e la macchina dalla strada e potremmo continuare tranquillamente.”  Rispose, non scomponendosi più di tanto.

“Scusami. Ti sto creando un sacco di problemi.”

“Tu per me non sei affatto un problema, anzi.”

“Come scusa? Che intendi?”

“Niente. Metti un CD? Tanto c’è da aspettare.”

“Okay, quale vuoi?”

“Scegli tu.”

Mise il primo CD che le passo tra le mani ed iniziò ad ascoltare distrattamente la musica.

“Raccontami qualcosa di te… tu di me sai tutto. Io no. Stai sempre in disparte, chiuso in te stesso. Sfogati.”   Chiese lei, voltandosi verso Inuyasha.

“Non c’è molto da sapere. Mia madre è morta quando ero piccolo. Non ho mai avuto buoni rapporti con mio padre ed ho sempre vissuto con mio fratello che ora è in America con la moglie. Fine della mia vita.”   Lo scrutò cercando di vedere qualche espressione nel suo viso che potesse tradire la sua indifferenza nei confronti di ciò che stava raccontando. Niente. Il gelo più totale.

“Perché non parli con tuo padre?”

“… beveva.”

“E…?”

“Se la prendeva con me.”   Spalancò gli occhi, non immaginandosi l’infanzia del ragazzo in questo modo. Balbettò, cercando in qualche modo di scusarsi e cercando di trattenere le lacrime che insistenti le pizzicavano gli occhi. Le dispiaceva. Tantissimo.

“Non devi preoccuparti. Ora ha smesso e poi… è stato tanto tempo fa…”

“Ma tu… io… lui… ti… ti…”  

“Picchiava. Ripeto, non è importante.”  Una lacrima solcò la guancia rosata di Kagome, depositandosi poi sul sedile dell’auto. Al naso di lui arrivò un odore sgradevole, aspro. Si girò verso di lei, sorridendole dolcemente. Era sensibile, senza dubbio. Osservava quelle piccole goccioline diventare sempre più fitte e alle volte incrociarsi nel percorso delle gote. Allungò una mano verso il suo viso, facendo sparire con un gesto secco tutte le altre lacrime che avevano intenzione di uscire da quei dolci occhi color cioccolato fondente.

“Ehi, smettila. Non è successo niente.”

“Io… mi dispiace!”  si buttò fra le sue braccia, stringendolo forte e lui le accarezzò i morbidi capelli corvini.

“Smettila! Su, basta. Sembri una bambina! Non è successo niente! Odio vedere le ragazze piangere, perciò adesso se non la smetti continui a piedi.”

“Hai il tatto di un elefante.”    Disse Kagome, asciugandosi le ultime lacrime e staccandosi dal corpo muscoloso di lui.

“In alcuni casi serve.”

“Vorrei un esempio.”

“Ora.”

“È servito solamente per farmi sapere che non hai tatto. E a farmi arrabbiare. Uno è dispiaciuto per te e per quello che ti è successo e tu… tu…!” 

“Ora non ricominciare a piangere!”

“Antipatico!”

“Ragazzina!”

“…”

“Chi tace acconsente.”  Sghignazzò.

“Sto in silenzio solo perché il nostro discorso sta cominciando a non avere senso.”

“Oh, beh. Che importanza ha?”  scrutò attentamente quegli occhi d’ambra con un velo di tristezza che vi aleggiava sempre.

“Nessuna… Guarda! Si sta liberando la strada!”  gridò, indicando le macchine avanzare tranquillamente davanti a loro.

“Oh…”  ingranò la prima per poi partire, seguendo le altre automobili.

Passarono il resto del viaggio chiacchierando tranquillamente, da amici. A parte qualche domanda spinta a proposito di fidanzati, situazioni familiari ed altro.

Il cupè frenò piano, accostandosi alla lunga scalinata che portava al tempio dove abitava la ragazza.

Scese, chiudendo delicatamente la portiera e andando ad aprire quella della giovane che lo ringraziò con un sorriso.

La accompagnò ai piedi della gradinata guardandola in silenzio, come faceva lei.

“Io…”  provò a dire lui.

“Sono stata molto bene oggi in tua compagnia! Ti ringrazio per avermi aiutato! Non sarei riuscita ad arrivare lontano! È stata una fortuna capitare davanti casa tua!”  continuò lei per Inuyasha, continuando a sorridere tranquilla. L’Hanyou arrossì debolmente, non sapendo cosa dire.

“Io… tu…”   balbettò il ragazzo.

“Si…?”  chiese lei. Aspettando con ansia ciò che avrebbe potuto dirle.

“Noi… ecco… potremmo farlo… dovremmo farlo più spesso!”  riuscì a dire finalmente.

“CERTO!! Ehm… ehm… se vuoi…”

“Intendo… anche domani, dopo l’università, se magari sei libera…”

“Sarebbe un appuntamento?”

“Beh… si.”   arrossì ancora di più.

“Allora accetto. Ci vediamo domani, Inuyasha. Ti ho salvato il mio numero nel cellulare in macchina. Fatti sentire, okay? Ciao, ciao.” 

“Ciao…”  

Kagome iniziò a salire le scale, ma dopo aver fatto pochi gradini si girò indietro, sorridendo maliziosamente e si avvicinò a lui, baciandolo dolcemente. Inuyasha spalancò gli occhi, non aspettandosi nulla del genere. Quando lei si staccò leggermente dalla sua bocca, lui la strinse per la vita, cercando nuovamente il calore di quelle morbide labbra rosse.

Lo accontentò, tornando a baciarlo appassionatamente, mettendogli le braccia intorno al collo e facendo aderire perfettamente i loro corpi. Si staccarono solamente quando ebbero bisogno d’aria. Lui le accarezzò il viso e lei si rilassò a quel tocco leggero.

“Era da un po’ che desideravo farlo. Sai Kagome?”

“Tu?! Non capisci proprio niente, allora. Non hai mai notato…”

“Cosa avrei dovuto notare?”

“Forse domani te lo spiegherò! Ciao!” 

Corse via, salendo nuovamente alcuni gradini per poi rigirarsi e salutarlo con la mano. Si levò le scarpe con quei fastidiosi tacchi e corse su, fino alla fine, per poi sparire alla vista del mezzo demone.

Lui, continuando a sorridere come un ebete, salì nel cupè che lei adorava tanto ed ingranò la prima, tornando a casa sua. Infondo quel piccolo viaggetto aveva dato i suoi frutti e anche la sbadataggine di quella ragazza tanto strana, ma che lo faceva letteralmente impazzire.

  
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