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Autore: Lucrecia    12/02/2009    0 recensioni
Un treno li ha fatti incontrare, un treno li ha divisi e ancora un altro li farà riabbracciare. Una storia d'amore non proprio "rosa e fiori".
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'ultimo treno che mi porta a te.

Ha all'incirca sedici anni. Sta in piedi, all'uscita sul retro della stazione, a fine pomeriggio. Lo sguardo basso, le mani in tasca, le labbra serrate, la schiena contro il muro di un palazzo fatiscente, gli occhi ridotti a due fessure fissano un punto impreciso sull'asfalto. Indossa una maglietta a maniche lunghe arancione, un paio di jeans blu e delle scarpe da ginnastica bianche forse troppo grandi; si è reso conto a metà pomeriggio che era un abbigliamento troppo leggero per la fine dell'estate. Il rumore sferragliante di un treno in transito, una voce metallica, i passi decisi dei pendolari sul binario e i ricordi, troppi e troppo intensi per mandarli via. Quella stessa stazione, quelli stessi vestiti, quello stesso ragazzo e lei. Lei che ora non c'è. Manca solo quella ragazza, ma tutto appare inevitabilmente più cupo.

Alza per un attimo lo sguardo, e la vede. Sta uscendo dalla stazione. Appena è arrivata è corsa fuori per vederlo, non aspettava altro da quattro lunghi giorni. Ha i capelli corvini racchiusi in una coda, una camicia gialla, i jeans e un paio di ballerine. Ma lui non ha visto nulla di tutto ciò, solo il suo viso, dolce e benefica luce nel buio. In quel momento per lui non esiste null'altro. Sorride, e i suoi occhi con lei. É bello il suo sorriso, spicca ovunque, saprebbe riconoscerlo come il sole tra mille altre stelle. "Andiamo?" La sua voce, tra le più armoniose delle melodie. "" Risponde baciandola. Le sue labbra, zuccherose ciliegie sull'albero più alto. E le prende la mano. La sua pelle, tra i più raffinati tessuti di seta.

Il treno, intanto, è ripartito, chissà se ha mietuto un'altra vittima.
Distaccatosi dal muro con uno sforzo immenso muove passi pesanti e goffi come quelli di un claudicante, verso la sala d'aspetto, lo sguardo vuoto ed inespressivo è semi coperto dalla frangia scura, le mani ancora in tasca sono ora strette a pugno. Si blocca rigido tra le due file di sedili, in mezzo alla saletta spoglia, riesce a vedere, attraverso la porta aperta, i binari vuoti.

Un singhiozzo e un lamento rotto dal pianto interrompono bruscamente i suoi pensieri. Abbassa lo sguardo al pavimento. Lei, nel suo vestito nero, sta piangendo. Non deve piangere. Il suo compito è renderla felice e fa di tutto affinché sia così. E allora perché lei sta ancora male? Perché soffre? "Su non piangere. Ci sono qui io per te." Non sa se lo sta ascoltando, ma non risponde, continua a piangere, accovacciata a terra. "Dai alzati, ti farò forza io." Il tono è il più mellifluo possibile, ma sincero. Lo sguardo si è improvvisamente velato di lacrime. Si avvicina a lei lentamente, con cautela, come un domatore che si avvicina ad una belva senza sapere come potrebbe reagire all'improvviso, con timore e diffidenza. Le si accoscia davanti, lei è seduta sulle piastrelle fredde, il volto affondato tra le gambe e le braccia piegate sulla nuca si tormentano la capigliatura. Lui stende le braccia sulle di lei spalle per abbracciarla, ma lei lo respinge con prepotenza e per lui è come una sferzata di lama, che non colpisce le sue braccia, ma il suo cuore. Non è la prima volta che la vede in quello stato, ma ogni sua lacrima di dolore è sempre stata una spina nell'animo del giovane. E nonostante il tempo passato, lui non ha ancora imparato a comportarsi, povero naufrago smarritosi nel mare tempestoso di una mente non più sana.

Nuovamente con le mani in tasca si avvia con passo strascicato sulla pietra. L'aria fresca della sera è come una brezza calda che lo avvolge amorevolmente e lo spinge lontano.

Finalmente quel treno è arrivato. Con un sonoro scatto le sporche e graffitate porte si aprono e lei appare, principessa di un troppo indegno castello, ne scende le scale, stretta nel suo più bell'abito invernale e corre tra le lacrime dal suo principe, che di ricco ha solo il cuore colmo d'amore per lei. Faceva freddo prima dell'arrivo di quel treno, ma la venuta della ragazza è come se avesse riscaldato l'inverno e trasformato i fiocchi di neve in petali di primavera. La stringe forte, per riscaldarla, ma in realtà non vuole lasciarla andare mai più dove qualcuno può ferire la sua anima. La vita della sua ragazza le è sfuggita di mano ormai da troppo tempo e lui pensa che ormai sia andata troppo lontano per poterla riprendere, ma è anche convinto che fino a quando lui, per lei, ci sarà, nulla di brutto potrà accadere.

"Ci vediamo presto."
Perché deve già ripartire? La vita è ingiusta. Perché le persone che la odiano possono starle vicino, mentre io, io, che l'amo, sono qui, impotente e dannato.
"Non voglio"
Perché?
"Voglio restare qui con te"
Eccole. Le prime lacrime di disperazione e quell'ombra che si fa spazio nel suo volto.
"Lo so."
Tenta di sorriderle, vorrebbe mostrarsi forte, ma non lo è. Si sente inutile. Lei ha ricominciato a piangere forte, il suo corpo si è accasciato mesto al suolo, non riuscendo più le sue gambe a sostenerla. I passanti la guardano svelti ma non le danno peso. Lui le prende i polsi per allontanarle le mani dal volto su cui si stava scavando graffi con le unghie. Con la punta delle dita sente le cicatrici dei tagli, ma non osa guardare.
"Calmati, ti prego."
Impossibile continuare così.
"Smettila di piangere."
Sarebbe impazzito anche lui.
"Ci rivedremo presto, verrò io a trovarti."
Quel lamento senza senso lo ricorda forte e chiaro e gli rimbomba nelle orecchie fino al cervello, attraverso la pelle, gli attanaglia le viscere in una morsa velenosa, che lo avvilisce lentamente. Quegli occhi di ghiaccio, lo trafiggevano ogni volta che si posavano sui suoi. Erano così diversi da quelli che gli sorridevano. Poteva davvero essere la stessa persona?

"Attenzione treno in arrivo al binario uno, allontanarsi dalla linea gialla". Il binario uno, era il loro binario. Di nuovo quello snervante clangore sul ferro. Il ragazzo oltrepassa con lo stesso passo incerto la tanto nominata linea gialla, come fosse il confine che lo separa da lei, sulla quale cade una goccia d'acqua al suo passaggio, ma non vi sono nuvole in cielo.
Come ci si sente schiacciati dal peso di una locomotiva? Certamente è più leggera del peso di questa vita.
Un altro passo, pochi secondi, e la di lei immagine, che non l'ha abbandonato nemmeno per un istante da quel giorno. La sua ragazza, non sapeva più chi fosse quella sconosciuta che stava in piedi in mezzo ai binari, era apparsa quasi più umano il suo corpo fuso con il metallo. Tutto gira vorticosamente, la pensilina sembra quasi fondersi con il marciapiede. Il giovane, dopo essere sceso sui binari, alza la testa e davanti a lui c'è il treno, è come se il tempo si fosse fermato, e vede lei a braccia aperte che gli corre incontro. Sorride piangente, sta bene, vuole solo stare con lui. Forse, finalmente, avrebbero potuto riabbracciarsi. Lo desiderano entrambi così tanto. Il ragazzo ha aperto le braccia, il suo volto si è dischiuso in un mezzo sorriso e i suoi occhi hanno continuato a lacrimare fino a quando lei non è stata di nuovo stretta al suo corpo, in un abbraccio che non li avrebbe separati mai più.

Uno schizzo di sangue, violento, improvviso, inatteso, va a sporcare la linea gialla. Lì, dove solo pochi secondi prima, si era infranta una lacrima, e una promessa, d'amore.


  
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