Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: AnastasiaSmith    25/09/2015    2 recensioni
Fa finta di non averlo sentito, né visto, e gli passa accanto con le testa bassa e lo skateboard sotto il braccio,
canticchiando qualche canzone che ricorda al momento per coprire il silenzio che, per una volta, ha in testa.
Louis lo blocca per un braccio ancora prima che possa respirare.
«Harry, per favore.»
---
O in cui Harry parla tanto e studia per diventare qualcosa di cui essere fiero; in cui Louis è tempesta che trascina,
ma alcuni vogliono, essere trascinati da lui.
E si conoscono, bene — forse troppo per essere semplice andare avanti da soli nel tunnel.
Genere: Malinconico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 


A Gioia, che mi aiuta sempre e che crede di non essere forte, quando lo è troppo; e che è una costante nella mia vita.

A Mattia, che mi fa sorridere ed è speciale nel suo non fare niente di speciale o strano; e che è una costante nella mia vita.

A Sara, che ha le fossette e che è, solo, sé stessa, fantastica come è; e che è una costante nella mia vita.

 


Part I.

 

 

«200 S Hewitt St, sbrigati.»
Harry legge il messaggio ad alta voce, nella luce che passa dalle serrande abbassate della sua camera: è il terzo giorno prima della fine della scuola, il suo — e di Louis, quinto anno di liceo; non si rammaricherà come gli altri di lasciare andare i suoi compagni, tutte teste di cazzo che in testa hanno una canzone che ripete la società, gli dice sempre Louis quando si fa trovare alle due del mattino alla porta di casa sua, la puzza di erba addosso e nei capelli.
Harry è confuso: gli risponde.
«Perchè sei nell'Arts District?»
La risposta non tarda ad arrivare, e ancora prima di finire di leggere Harry è già con una manica della giacca di pelle addosso, mentre si infila uno snapback e lancia il cellulare sul letto, la pagina di facebook ancora aperta:
«Sbrigati cazzo, che qua ci finisco senza testa!»
Sta camminando a passo veloce, per non correre, nella via che Louis gli ha detto di raggiungere, i capelli che gli si appiccicano al viso per il sudore e la giacca che è una seconda pelle; sa già che il suo migliore amico è nei casini, perchè si sta avvicinando al magazzino Smith's cars - repair quando sente delle urla, bestemmie e altre risate aggiungersi a battute pesanti a sfondo sessuale. Si trova ad affrettare ancora di più il passo.
Odia Louis, ma è il suo migliore amico, quindi — è un po' colpa sua e del fatto che ha confessato a Tomlinson di voler studiare legge, e anche colpa del suo vocabolario, se si ritrova sempre a coprirlo nei suoi guai stordendo tutti di parole troppo colte, per essere capite: parole che spaventano.
La scena che gli si presenta quando arriva è la solita da tre anni a quella parte: un gruppo di uomini robusti, pieni di borchie e con le motociclette dal motore carico, che attorniano un Louis con la mani davanti a sé, lo sguardo che cerca una fuga, e i capelli sparati in tutte le direzioni; sono  cinque questa volta, ma Harry può già giurare che, di cervello, non ne farebbero neanche uno. C'è anche Paul, tra loro, il tizio che ha stroncato circa due settimane fa per un equivoco sull'erba: pensava avesse imparato la lezione.
Louis lo nota subito, inchiodato dagli occhi pieni di odio, e sospira così forte, da spaccarsi i polmoni incartocciati dalla paura  — sa che Harry lo salverà sempre.
«Ehi, amico!»
Hai il coraggio di salutarmi tranquillo quando io sono l'unico che ti salva sempre il culo, senza ricevere niente in cambio, quando vorrei lasciarti in queste situazioni perchè così, magari, forse, non so, capisci che senza me non ce la fai? Perchè senza te non ce la faccio neanche io, amico, e vorrei non chiamarti amico; 
Harry vorrebbe dirgli tante cose, a Louis, in quel momento, che quando lo vede si tranquilizza, mentre tutto il corpo di Harry inizia ad agitarsi come la follia. 
Si limita a borbottare un coglione sottovoce, sperando nessuno senta.
«E ora questo chi è, hai chiamato rinforzi Tomlinson?»
Un tizio gli si avvicina, mentre lui infila le mani nelle tasche e si fa piano piano più vicino a Louis, tanto che il più grande riesce ad arpionargli la manica della giacca e a nascondersi dietro di lui, mentre poggia la fronte tra le sue scapole e sussurra preghiere; il tizio che gli è di fronte è sicuramente più vecchio di lui, più tozzo ma non più alto. Ha un tatuaggio orribile che parte dal collo e finisce sul capo rasato a zero, gli occhi contornati di trucco nero ed un ghigno inquietante stampato in faccia.
«Salve a tutti, sono Harry, studio per laurearmi in giurisprudenza, sapete cos'è?»
Stanno camminando verso casa di Harry, mentre Louis non finisce di ringraziarlo per l'aiuto straordinario che gli ha dato, continuando a ricordare le loro facce così stupite, amico, tu eri troppo occupato a parlare e fare quello che fai, ma le loro facce! Erano qualcosa di così spettacolare, che manco le luci di città! e — Harry potrebbe averne abbastanza.
È per questo che quasi si catapulta sul portone del suo palazzo, le chiavi già ad aprire, mentre urla un ci sentiamo dopo, ciao veloce a Louis, imbambolato e confuso a qualche metro di distanza.
O forse potrebbe essere stata colpa del fatto che il profumo del corpo del più grande, asfissiante mentre quello cercava di abbracciarlo per ringraziarlo, avesse iniziato a fargli girare la testa: non che lo dirà a nessuno.
---
«Scendi, ti porto a fare un giro.»
«Perchè le nostre conversazioni devono sempre iniziare per messaggio?»
Si alza dal letto, la maglia del pigiama che lo soffoca, e si avvicina piano alla finestra che da sul balcone: sa che Louis è là sotto, con il telefono in mano e che lo sta riempiendo di messaggi dicendogli di sbrigarsi perchè senti a me: sei giovane, non fare domande ed esegui okay? E non guardarmi così, che tanto ogni cosa che fai con me, lo so, che ti rende felice.
Se per una volta Louis avesse torto, la vita di Harry sarebbe più facile; ma lui non lo ha mai, e allora Harry ci casca, nella sua tana del bianconiglio, ogni volta.
Scosta di poco la tenda, attento a non farsi beccare, e osserva il suo migliore amico che è seduto davanti alla sua finestra, una sigaretta in bocca e tanti piccoli sassi nella mano: neanche riesce a scostarsi dal vetro, che un sasso lo colpisce, il suo riflesso che vibra un poco e gli occhi di Louis fissi nei suoi.  Sospira, mentre legge il labiale dell'altro.
Scendi principessa.
Ed Harry lo ucciderebbe a volte, ma si infila ugualmente le scarpe ed esce da casa il più silenziosamente possibile — se sveglia sua madre, addio università.
I'm not passive but aggressive
Take note, it's not impressive
Empty your sadness, like you're dumping your purse
Louis sta agitando la testa a ritmo della radio, mentre li guida verso solo Dio sa dove.
Harry invece ha un braccio fuori dal finestrino, gli occhi chiusi mentre accarezza l'aria perchè sa, che può fidarsi di Louis: sa che Louis non lo porterebbe in nessun pericolo, ma lo toglierebbe, dai pericoli. Forse per questo lo sta portando via.
«Non ti stai chiedendo dove stiamo andando?»
No amico, perchè sto con te, e finchè sto con te anche la luna mi va bene. E. Tu lo sai, Louis, quanto odio la luna? Tanto, troppo perchè — in quale momento, precisamente, chiamarti amico ha iniziato a starmi stretto, dici? Non lo ricordo, ma sono sicuro c'entri la luna.
Quella puttana, che rende tutto più bello ma mai per sempre.
Si gira, e becca Louis che fermo ad un semaforo lo fissa; sbuffa.
«Dove stiamo andando?»
Lo dice con così poco entusiasmo, che Louis gli apre ancora di più il finestrino e — ride.
Lo fissa con la coda dell'occhio, mentre guida, quando Harry butta anche la testa fuori, lo sguardo puntato sulla strada che hanno percorso, invece che su quella da percorrere, e i ricci che si tirano e si intrecciano e si muovono al vento. 
Quanto è bello, il suo amico.
The secret's safe with me
There's no right time or place
'Cause anyone can see we'll do it anyway
«Stiamo andando sulla luna, non era ovvio?»
Harry sussurra un coglione mentre ridacchia, fuori dal finestrino.
Stanno seduti sul cofano della macchina da un'ora, appena su un prato fuori dall'autostrada.
Sua madre lo ucciderà, ma per ora Harry non ci pensa: non finchè Louis gli lascerà annusare furtivamente il suo profumo, e lo lascerà intossicarsi della sua sigaretta.
Passano tanto tempo in silenzio, loro due, quando stanno insieme; forse perchè non hanno niente da dire, forse perchè non sanno cosa dire, forse perchè — perchè?
Ora che ci pensa, e che può pensarci, Harry inizia a ricordare tutte le volte in cui lui e Tomlinson, amici per la pelle da una vita, non parlano l'uno con l'altro:
Un esempio perfetto è quando Louis lo chiama, la mattina presto di domenica, che è l'unico giorno in cui hanno difficoltà a vedersi, e lo saluta con un Che stai facendo? a cui non aggiunge altro — fa straparlare Harry perchè sa della sua voglia continua e sfrenata di parlare, di esprimersi, di entusiasmare e convincere ed — esprimersi, ancora. 
Però anche ad Harry le parole finiscono, e non prova di certo a tirarle fuori dalle labbra di Louis, perchè sa quanto sia una causa persa; e allora lui sta zitto, e si ascoltano mentre respirano, prima che Harry tiri fuori una scusa come mia madre mi chiama, lo sai che rompe, devo andare ed attacca.
Di solito stacca quando il respiro di Louis diventa troppo reale, nella sua stanza, ed il cuore rischia di esplodergli in pochi minuti.
«A che pensi, principessa?»
A te, amico.
«Al perchè mi hai portato qui, avrò una risposta?»
Louis solleva una gamba e poggia il piede sul cofano, iniziando a picchiettare la punta delle scarpe sul lucido rosso della macchina; gli passa un braccio in torno alle spalle e se lo tira addosso, senza un motivo.
«Ci deve essere sempre un perchè, Harry?»
Il riccio si gira, il mento che finisce sulla spalla di Louis mentre lo fissa senza capire: Louis è troppo vicino, per i suoi gusti — cioè, troppo lontano in alcuni versi.
«C'è sempre un perchè in tutto, sennò una cosa non si fa.»
Il più grande ridacchia, mentre alza il volto al cielo e sussurra un giurisprudenza? prima di rispondergli: lui e il suo modo di lasciare Harry in ansia.
«E se il perchè fosse che non c'è un perchè?»
Harry gli poggia la testa sulla spalla, mentre approfitta e gli si stringe ancora un po' contro, mentre fissa da lontano le luci dell'autostrada.
«Allora va bene, Louis.»
---
La sveglia sta suonando, nel momento in cui Harry apre un occhio.
Gli viene da urlare per il mal di testa, appena prova ad alzare la testa, e quindi si ributta di faccia sul cuscino, il piagnucolio attutito — il giorno dopo il diploma lo sta già strangolando.
«Ben svegliato, principessa.»
Si soffoca con il cuscino Harry, e quasi cade dal letto quando sente la voce del suo migliore amico dietro di lui: se non fosse per la mano di Louis che lo afferra per un fianco, schiacciandolo sul suo petto, Harry sarebbe perso.
«Perchè sei qua?»
E, solo — non ha bisogno di chiedere come Louis sia arrivato là, perchè.
È semplicemente così stupido e ridicolo il fatto che lui sappia perfettamente cosa il suo migliore amico ha fatto, per arrampicarsigli addosso: si sarà certamente arrampicato sull'albero davanti alle scale d'emergenza, le avrà salite fino al piano esatto per poi accertarsi, con le sua cazzo di mosse, che Harry non avesse chiuso la finestra, prima di lanciarsi dentro e raggiungerlo, mentre lui dormiva indisturbato.
Per lui è così semplice, saperlo. Naturale, quando non dovrebbe esserlo.
«Sono qua perchè sapevo che saresti stato ridotto così, dopo — Dopo.»
Harry grugnisce e gli sbadiglia addosso, mentre Louis lo fissa e gli accarezza in modo distratto i riccioli definiti sul cuscino.
«Harry?»
Il ragazzo mormora un pacato mhmh per fargli capire che, nonostante sia nascosto e rosso in viso e il suo naso sia premuto per sentire il profumo di Louis, lo sta ascoltando.
«Tu non lo capisci proprio, vero, Harry?»
«Cosa?»
Ora lo sta guardando Louis, ad Harry, in ogni suo particolare: lo fissa nei ricci, che si chiede come possano essere così morbidi, lo fissa nelle sopracciglia, ora aggrottate perchè Harry odia, non capire; lo fissa nelle labbra, socchiuse e così — lo fissa nelle piccole lentiggini intorno al naso, che lo rendono così bambino.
Lo fissa negli occhi, che sono sempre quelli che parlano di più, in Harry.
Sospira.
«Niente, lascia stare. Ora vado, amico, che sennò lo sai. Mamma.»
Harry si ritrova in poco tempo da solo, le sue proteste ignorate quando il più grande decide di saltare giù dalla finestra, atterrando sulla scala e scendendo velocemente via; coglione.
Sono due giorni che Harry non vede Louis; il maggiore lo ignora costantemente, anche quando si incrociano per strada, visto che non sembra intenzionato a visitarlo volontariamente, e non lo saluta neanche quando sua madre lo spedisce in panetteria — e si fa persino servire da Barbara: ci sta abbastanza male.
Per questo, quando quel pomeriggio ritorna dalla sua corsa con lo skateboard, e lo nota appollaiato sotto l'albero del marciapiede, lo sguardo basso. 
Si sorprende.
Non gli si avvicina subito perchè. Perchè. Non c'è un perchè, solo.
Si ferma in mezzo alla strada che stava percorrendo e resta immobile finchè Louis non lo nota, facendogli un cenno con la testa mentre si alza.
«Mi accompagni da una parte?»
Sono giorni che non mi parli Louis. 
Sono giorni che mi ignori, e non mi guardi e non mi sorridi e mi lasci indietro nella tua vita, che un po' è anche la mia vita; e sei il mio migliore amico, Louis, questo non è giusto.
Perchè tu non lo sai, e perchè l'amore è solo ad una sponda, sempre, perchè il mondo è bastardo e la luna puttana: ma non posso accompagnarti, perchè — mi sono perso, lo sai? Tanto tempo fa, e l'uscita non l'ho ancora trovata. Non te lo posso chiedere, dove sta.
Pensa te.
Fa finta di non averlo sentito, né visto, e gli passa accanto con le testa bassa e lo skateboard sotto il braccio, canticchiando qualche canzone che ricorda al momento per coprire il silenzio che, per una volta, ha in testa.
Louis lo blocca per un braccio ancora prima che possa respirare. 
«Harry, per favore.»
Louis è come la punta di uno spillo: sempre presente, attaccata dai vestiti giorno e notte, ma che arriva davvero solo quando tu ti lasci andare, e ti muovi più veloce — e punge.
E ti ricorda che non ti liberi di lei, e così ci fai l'abitudine; inizi a muoverti come dice lei, per fare in modo che nessuno dei due si faccia male. E.
Quando poi lei se ne va per un po', ad attaccarsi ad un altro capo nell'armadio che non metti mai, ti manca. Così tanto, che se non torna — la cerchi. Metti una scusa. E la riporti da te.
«Dove devi andare?»
Louis lo afferra per un braccio, ed inizia a correre.
«Dove dobbiamo andare? Vedrai.»
Sbuffa mentre insegue un'altra volta Louis, che sembra sparito.
L'ha trascinato in un supermercato, lontano da casa, e dopo averlo lasciato all'entrata con un pezzo di carta in mano, è corso via sotto lo sguardo stupito di tutti; ora tutti, si sono dileguati, ma Harry sta ancora cercando di scovare Louis, che ogni volta che lo scorge corre via e saltella di corridoio in corridoio.
Trovarmi, Alice nel Paese delle Meraviglie!
Svolta nel reparto dell'alcool, quando vede il suo migliore amico mollemente appoggiato ai surgelati, un libro in mano e un fiocco annodato sulla testa.
Gli si avvicina, ed è riuscito quasi ad afferrarlo quando Louis lo nota e ammiccandogli, butta il libro per terra, girandosi repentinamente e chiudendosi dietro la porta dello sgabuzzino.
Se deve essere sincero, ogni tanto ringrazia Louis per il fatto che la sua vita è un'avventura continua — anche se non ha ancora capito chi è il buono e chi il cattivo.
Per questo, con una mano sulla maniglia, inizia a pregare, perchè vuole essere il buono, davanti all'avventura che è Louis Tomlinson dietro quella porta.
---
«Lights will guide you home~»
È tutto buio, ed Harry odia il buio. Gli mette così paura che, se non sapesse che c'è Louis nella sua stessa stanza, sarebbe già seduto davanti la porta con le ginocchia al petto.
Accende la torcia del telefono, guardando quanto immenso quel magazzino sembra più da dentro che da fuori; c'è un altro biglietto, ai suoi piedi: lo raccoglie e gli viene da piangere.
Affronta le tue paure, Alice, e lo stregatto riuscirai a trovare.
«Louis, esci fuori!»
Harry non ha voglia di giocare, in quel momento, perchè è sera, sua madre sarà preoccupata, è inondato dal buio, Louis è strano — Louis. 
Louis che lo conosce da quando erano entrambi piccoli, piccolissimi, e che lo coinvolgeva sempre nelle sue bravate da bambino che vuole attirare l'attezione; Louis che ogni volta, alle elementari, gli lanciava palline di carta nei capelli, per poi aiutarlo a toglierle quando lo vedeva con le lacrime agli occhi nell'angolino più piccolo dell'aula; Louis che invece alle medie, lo trascinava: nelle feste, nei guai, nelle corse, nei salti, nelle risate.
Louis, che è sempre quello inseguito, e che mai insegue.
«Non è divertente, non ho voglia!»
Inizia a camminare lungo un corridoio, dove gli sembra di sentire la voce del suo migliore amico canticchiare, con la torcia che non sa se puntare sul pavimento o davanti a sé, perchè semplicemente, ha bisogno di illuminare tutto il buio. Non solo una parte.
«Tears stream down on your face~»
Svolta a destra, poi a sinistra; di nuovo a sinistra per poi fermarsi.
La canzone che Louis continua a canticchiare, nel rimbombo del silenzio del magazzino, gli è rimasta in testa e non riesce a pensare correttamente — quel coglione sa quanto ama quella canzone, lo fa sempre apposta: quando sono soli, a casa sua, o sul retro della scuola, in cui Harry inizia a perdersi nei pensieri e. E.
Louis inizia a cantargliela, perchè sa, quanto possa aiutare.
«Coglione.»
Dopo mezz'ora, in cui la batteria del suo cellulare lo sta abbandonando, trova Louis.
È seduto a terra, la schiena contro il muro e le gambe accavallate; porta un fiocco blu in testa come Alice e sorride mentre conclude la sua grande opera, il suo più grande spettacolo di una ballata triste.
«I will try to fix you.»
Sospira, mentre spegne la luce del telefono e si siede appoggiato allo scaffalo pieno di carta igienica di fronte a Louis, che continua ad intonare le ultime note della canzone, sussurrando e mimando i suoni; le mani volano nell'aria, per quanto Harry possa vedere, e premono i tasti invisibili di un pianoforte.
«Non lo sai perchè ti ho trascinato qua, vero amico?»
Ed Harry risponderebbe di no, ma direbbe anche che gli va bene, finchè la sua caviglia si può intrecciare a quella di Louis, per sentirsi più al caldo e meno solo.
Ma Louis lo precede, sempre.
«Io — trascino tutti, Harry, capisci? Nelle mie pazzie, nei miei momenti più strani, nelle mie mattine e le mie sere e. E. Che ti devo dire? Che nessuno mi ha mai trascinato, Harry: nessuno mi ha mai preso per mano e detto ora ti porto sulla Luna — lo so, che non la dovevo nominare Harry, perchè sì. La luna è puttana. Ma. Chi non vorrebbe un'avventura con una puttana? Sono quelle che si godono il mondo di più, e che vedono troppi innamorati, per innamorarsi. Voglio che qualcuno mi porti sulla luna, amico. E.»
«Voglio essere trascinato. Di risate e di pianti, di corse e camminate, di canzoni e ballate.
Di cene e pranzi, di stelle e raggi di sole, di mare e montagna. Voglio essere trascinato di casa in casa, perchè voglio affogare, così magari qualcuno mi tira fuori.»
Louis si sposta, sedendosi al suo fianco, e portando il suo fiocco dalla sua testa a quella di Harry, che sta volta ha lui, il compito di stringersi l'altro.
«Mi trascino tutto dietro, e sono tempesta. E a nessuno mostravo notti e momenti così, che non vivo ma a cui sopravvivo: non sto mai in silenzio, con nessuno. Mia madre mi sente urlare, le mie sorelle raccontare, mio padre mi sentiva respirare — riesco ad essere presente anche quando respiro. I nostri compagni di scuola mi sentono ridere, e spiegare, e cavarmela con le interrogazioni; lo skateboard mi sente sussurrare storie tra me e me.»
Ora si fissano, perchè se gli occhi di Harry parlano sempre, oltre i telefoni e le lettere, gli occhi di Louis urlano e sussurrano insieme, stando in silenzio.
Harry è grato di riuscire a capirli.
«Ma tu, Harry. Tu. Lo sai che le cose facili sono finite prima che noi nascessimo? Che tutti noi nascessimo, perchè le cose facili annoiano. L'amore facile, le risate facili, l'intelligenza facile: noia, quanta noia? Tanta. Tu non la sei una cosa facile, ma — non mi tiri fuori le parole di bocca, non mi interrompi quando straparlo, mi sopporti quando ti rapisco le notti, mi aiuti quando sto fumato e dico stronzate.»
Si alza Louis, e continua a parlare di tante cose, mentre anche Harry si alza e non lo ascolta; spera in una domanda, per poter dare una risposta.
La persona che ama si gira, e lo fronteggia, a pochissima distanza.
«Ho trascinato anche te Harry, nella tana del bianconiglio?»
Harry vuole piangere, perchè Louis è fatto sempre così, sempre stato fatto e sempre sarà plasmato: cerca i significati più profondi in tutto, tira a galla le ancore lasciate a terra, ma ciò che galleggia. 
Non lo nota.
Lo prendo per mano di slancio, un sorriso che prova a nascondersi e l'altra mano che cerca qualcosa dietro di sé; quanto vuole baciarlo.
«Mi sono lasciato trascinare —»
Tira giù la maniglia della porta, quella maniglia che è sempre la fuga di ogni bandito dei film, fuga dalla realtà per creare una ballata di gloria.
«E ora troviamo l'uscita dalla tana insieme.»
Scatta a serratura. 
Spalanca la porta.
Tira.
Bacia.
E fugge, con Louis: la persona che ama e che lo ama.

«200 S Hewitt St, sbrigati.»

Harry legge il messaggio ad alta voce, nella luce che passa dalle serrande abbassate della sua camera: è il terzo giorno prima della fine della scuola, il suo — e di Louis, quinto anno di liceo;
non si rammaricherà come gli altri di lasciare andare i suoi compagni, tutte teste di cazzo che in testa hanno una canzone che ripete la società,
gli dice sempre Louis quando si fa trovare alle due del mattino alla porta di casa sua, la puzza di erba addosso e nei capelli.

Harry è confuso: gli risponde.

«Perchè sei nell'Arts District?»

La risposta non tarda ad arrivare, e ancora prima di finire di leggere Harry è già con una manica della giacca di pelle addosso,
mentre si infila uno snapback e lancia il cellulare sul letto, la pagina di facebook ancora aperta:

«Sbrigati cazzo, che qua ci finisco senza testa!»

 

 

Sta camminando a passo veloce, per non correre, nella via che Louis gli ha detto di raggiungere, i capelli che gli si appiccicano al viso per il sudore e la giacca che è una seconda pelle;
sa già che il suo migliore amico è nei casini, perchè si sta avvicinando al magazzino Smith's cars - repair quando sente delle urla, bestemmie e altre risate aggiungersi a battute pesanti a sfondo sessuale.

Si trova ad affrettare ancora di più il passo.

Odia Louis, ma è il suo migliore amico, quindi — è un po' colpa sua e del fatto che ha confessato a Tomlinson di voler studiare legge, e anche colpa del suo vocabolario,
se si ritrova sempre a coprirlo nei suoi guai stordendo tutti di parole troppo colte, per essere capite: parole che spaventano.

La scena che gli si presenta quando arriva è la solita da tre anni a quella parte: un gruppo di uomini robusti, pieni di borchie e con le motociclette dal motore carico,
che attorniano un Louis con la mani davanti a sé, lo sguardo che cerca una fuga, e i capelli sparati in tutte le direzioni;
sono  cinque questa volta, ma Harry può già giurare che, di cervello, non ne farebbero neanche uno.
C'è anche Paul, tra loro, il tizio che ha stroncato circa due settimane fa per un equivoco sull'erba: pensava avesse imparato la lezione.

Louis lo nota subito, inchiodato dagli occhi pieni di odio, e sospira così forte, da spaccarsi i polmoni incartocciati dalla paura  — sa che Harry lo salverà sempre.

«Ehi, amico!»

Hai il coraggio di salutarmi tranquillo quando io sono l'unico che ti salva sempre il culo, senza ricevere niente in cambio,
quando vorrei lasciarti in queste situazioni perchè così, magari, forse, non so, capisci che senza me non ce la fai?
Perchè senza te non ce la faccio neanche io, amico, e vorrei non chiamarti amico

Harry vorrebbe dirgli tante cose, a Louis, in quel momento, che quando lo vede si tranquilizza, mentre tutto il corpo di Harry inizia ad agitarsi come la follia. 

Si limita a borbottare un coglione sottovoce, sperando nessuno senta.

«E ora questo chi è, hai chiamato rinforzi Tomlinson?»

Un tizio gli si avvicina, mentre lui infila le mani nelle tasche e si fa piano piano più vicino a Louis,
tanto che il più grande riesce ad arpionargli la manica della giacca e a nascondersi dietro di lui, mentre poggia la fronte tra le sue scapole e sussurra preghiere;
il tizio che gli è di fronte è sicuramente più vecchio di lui, più tozzo ma non più alto.
Ha un tatuaggio orribile che parte dal collo e finisce sul capo rasato a zero, gli occhi contornati di trucco nero ed un ghigno inquietante stampato in faccia.

«Salve a tutti, sono Harry, studio per laurearmi in giurisprudenza, sapete cos'è?»

 

 

Stanno camminando verso casa di Harry, mentre Louis non finisce di ringraziarlo per l'aiuto straordinario che gli ha dato, continuando a ricordare
le loro facce così stupite, amico, tu eri troppo occupato a parlare e fare quello che fai, ma le loro facce! Erano qualcosa di così spettacolare, che manco le luci di città! e — Harry potrebbe averne abbastanza.

È per questo che quasi si catapulta sul portone del suo palazzo, le chiavi già ad aprire, mentre urla un ci sentiamo dopo, ciao veloce a Louis, imbambolato e confuso a qualche metro di distanza.

O forse potrebbe essere stata colpa del fatto che il profumo del corpo del più grande,
asfissiante mentre quello cercava di abbracciarlo per ringraziarlo, avesse iniziato a fargli girare la testa: non che lo dirà a nessuno.

 

---

 

«Scendi, ti porto a fare un giro.»

«Perchè le nostre conversazioni devono sempre iniziare per messaggio?»

Si alza dal letto, la maglia del pigiama che lo soffoca, e si avvicina piano alla finestra che da sul balcone: sa che Louis è là sotto,
con il telefono in mano e che lo sta riempiendo di messaggi dicendogli di sbrigarsi perchè
senti a me: sei giovane, non fare domande ed esegui okay? E non guardarmi così, che tanto ogni cosa che fai con me, lo so, che ti rende felice.

Se per una volta Louis avesse torto, la vita di Harry sarebbe più facile; ma lui non lo ha mai, e allora Harry ci casca, nella sua tana del bianconiglio, ogni volta.

Scosta di poco la tenda, attento a non farsi beccare, e osserva il suo migliore amico che è seduto davanti alla sua finestra, una sigaretta in bocca e tanti piccoli sassi nella mano:
neanche riesce a scostarsi dal vetro, che un sasso lo colpisce, il suo riflesso che vibra un poco e gli occhi di Louis fissi nei suoi.  Sospira, mentre legge il labiale dell'altro.

Scendi principessa.

Ed Harry lo ucciderebbe a volte, ma si infila ugualmente le scarpe ed esce da casa il più silenziosamente possibile — se sveglia sua madre, addio università.

 

 

I'm not passive but aggressive
Take note, it's not impressive
Empty your sadness, like you're dumping your purse

Louis sta agitando la testa a ritmo della radio, mentre li guida verso solo Dio sa dove.

Harry invece ha un braccio fuori dal finestrino, gli occhi chiusi mentre accarezza l'aria perchè sa, che può fidarsi di Louis: sa che Louis non lo porterebbe in nessun pericolo, ma lo toglierebbe, dai pericoli.
Forse per questo lo sta portando via.

«Non ti stai chiedendo dove stiamo andando?»

No amico, perchè sto con te, e finchè sto con te anche la luna mi va bene. E.
Tu lo sai, Louis, quanto odio la luna? Tanto, troppo perchè — in quale momento, precisamente, chiamarti amico ha iniziato a starmi stretto, dici? Non lo ricordo, ma sono sicuro c'entri la luna.
Quella puttana, che rende tutto più bello ma mai per sempre.

Si gira, e becca Louis che fermo ad un semaforo lo fissa; sbuffa.

«Dove stiamo andando?»

Lo dice con così poco entusiasmo, che Louis gli apre ancora di più il finestrino e — ride.
Lo fissa con la coda dell'occhio, mentre guida, quando Harry butta anche la testa fuori, lo sguardo puntato sulla strada che hanno percorso, invece che su quella da percorrere,
e i ricci che si tirano e si intrecciano e si muovono al vento. 

Quanto è bello, il suo amico.

The secret's safe with me
There's no right time or place
'Cause anyone can see we'll do it anyway

«Stiamo andando sulla luna, non era ovvio?»

Harry sussurra un coglione mentre ridacchia, fuori dal finestrino.

 

 

Stanno seduti sul cofano della macchina da un'ora, appena su un prato fuori dall'autostrada.
Sua madre lo ucciderà, ma per ora Harry non ci pensa: non finchè Louis gli lascerà annusare furtivamente il suo profumo, e lo lascerà intossicarsi della sua sigaretta.

Passano tanto tempo in silenzio, loro due, quando stanno insieme; forse perchè non hanno niente da dire, forse perchè non sanno cosa dire, forse perchè — perchè?

Ora che ci pensa, e che può pensarci, Harry inizia a ricordare tutte le volte in cui lui e Tomlinson, amici per la pelle da una vita, non parlano l'uno con l'altro:

Un esempio perfetto è quando Louis lo chiama, la mattina presto di domenica, che è l'unico giorno in cui hanno difficoltà a vedersi,
e lo saluta con un Che stai facendo? a cui non aggiunge altro — fa straparlare Harry perchè sa della sua voglia continua e sfrenata di.
Parlare, di esprimersi, di entusiasmare e convincere ed — esprimersi, ancora. 
Però anche ad Harry le parole finiscono, e non prova di certo a tirarle fuori dalle labbra di Louis, perchè sa quanto sia una causa persa;
e allora lui sta zitto, e si ascoltano mentre respirano, prima che Harry tiri fuori una scusa come mia madre mi chiama, lo sai che rompe, devo andare ed attacca.

Di solito stacca quando il respiro di Louis diventa troppo reale, nella sua stanza, ed il cuore rischia di esplodergli in pochi minuti.

«A che pensi, principessa?»

A te, amico.

«Al perchè mi hai portato qui, avrò una risposta?»

Louis solleva una gamba e poggia il piede sul cofano, iniziando a picchiettare la punta delle scarpe sul lucido rosso della macchina; gli passa un braccio in torno alle spalle e se lo tira addosso, senza un motivo.

«Ci deve essere sempre un perchè, Harry?»

Il riccio si gira, il mento che finisce sulla spalla di Louis mentre lo fissa senza capire: Louis è troppo vicino, per i suoi gusti — cioè, troppo lontano in alcuni versi.

«C'è sempre un perchè in tutto, sennò una cosa non si fa.»

Il più grande ridacchia, mentre alza il volto al cielo e sussurra un giurisprudenza? prima di rispondergli: lui e il suo modo di lasciare Harry in ansia.

«E se il perchè fosse che non c'è un perchè?»

Harry gli poggia la testa sulla spalla, mentre approfitta e gli si stringe ancora un po' contro, mentre fissa da lontano le luci dell'autostrada.

«Allora va bene, Louis.»

 

---

 

La sveglia sta suonando, nel momento in cui Harry apre un occhio.

Gli viene da urlare per il mal di testa, appena prova ad alzare la testa, e quindi si ributta di faccia sul cuscino, il piagnucolio attutito — il giorno dopo il diploma lo sta già strangolando.

«Ben svegliato, principessa.»

Si soffoca con il cuscino Harry, e quasi cade dal letto quando sente la voce del suo migliore amico dietro di lui:
se non fosse per la mano di Louis che lo afferra per un fianco, schiacciandolo sul suo petto, Harry sarebbe perso.

«Perchè sei qua?»

E, solo — non ha bisogno di chiedere come Louis sia arrivato là, perchè.

È semplicemente così stupido e ridicolo il fatto che lui sappia perfettamente cosa il suo migliore amico ha fatto, per arrampicarsigli addosso:
si sarà certamente arrampicato sull'albero davanti alle scale d'emergenza, le avrà salite fino al piano esatto per poi accertarsi, con le sua cazzo di mosse,
che Harry non avesse chiuso la finestra, prima di lanciarsi dentro e raggiungerlo, mentre lui dormiva indisturbato.

Per lui è così semplice, saperlo. Naturale, quando non dovrebbe esserlo.

«Sono qua perchè sapevo che saresti stato ridotto così, dopo — Dopo.»

Harry grugnisce e gli sbadiglia addosso, mentre Louis lo fissa e gli accarezza in modo distratto i riccioli definiti sul cuscino.

«Harry?»

Il ragazzo mormora un pacato mhmh per fargli capire che, nonostante sia nascosto e rosso in viso e il suo naso sia premuto per sentire il profumo di Louis, lo sta ascoltando

.«Tu non lo capisci proprio, vero, Harry?»

«Cosa?»

Ora lo sta guardando Louis, ad Harry, in ogni suo particolare: lo fissa nei ricci, che si chiede come possano essere così morbidi,
lo fissa nelle sopracciglia, ora aggrottate perchè Harry odia, non capire;
lo fissa nelle labbra, socchiuse e così — lo fissa nelle piccole lentiggini intorno al naso, che lo rendono così bambino.

Lo fissa negli occhi, che sono sempre quelli che parlano di più, in Harry.

Sospira.

«Niente, lascia stare. Ora vado, amico, che sennò lo sai. Mamma.»

Harry si ritrova in poco tempo da solo, le sue proteste ignorate quando il più grande decide di saltare giù dalla finestra, atterrando sulla scala e scendendo velocemente via; coglione.

 

 

Sono due giorni che Harry non vede Louis; il maggiore lo ignora costantemente, anche quando si incrociano per strada, visto che non sembra intenzionato a visitarlo volontariamente,
e non lo saluta neanche quando sua madre lo spedisce in panetteria — e si fa persino servire da Barbara: ci sta abbastanza male.

Per questo, quando quel pomeriggio ritorna dalla sua corsa con lo skateboard, e lo nota appollaiato sotto l'albero del marciapiede, lo sguardo basso. 

Si sorprende.

Non gli si avvicina subito perchè. Perchè. Non c'è un perchè, solo.

Si ferma in mezzo alla strada che stava percorrendo e resta immobile finchè Louis non lo nota, facendogli un cenno con la testa mentre si alza.

«Mi accompagni da una parte?»

Sono giorni che non mi parli Louis. Sono giorni che mi ignori, e non mi guardi e non mi sorridi e mi lasci indietro nella tua vita, che un po' è anche la mia vita; e sei il mio migliore amico, Louis, questo non è giusto.
Perchè tu non lo sai, e perchè l'amore è solo ad una sponda, sempre, perchè il mondo è bastardo e la luna puttana: ma non posso accompagnarti, perchè — mi sono perso, lo sai?
Tanto tempo fa, e l'uscita non l'ho ancora trovata. Non te lo posso chiedere, dove sta.
Pensa te.

Fa finta di non averlo sentito, né visto, e gli passa accanto con le testa bassa e lo skateboard sotto il braccio, canticchiando qualche canzone che ricorda al momento per coprire il silenzio che, per una volta, ha in testa.

Louis lo blocca per un braccio ancora prima che possa respirare. 

«Harry, per favore

Louis è come la punta di uno spillo: sempre presente, attaccata dai vestiti giorno e notte, ma che arriva davvero solo quando tu ti lasci andare, e ti muovi più veloce — e punge.
E ti ricorda che non ti liberi di lei, e così ci fai l'abitudine; inizi a muoverti come dice lei, per fare in modo che nessuno dei due si faccia male. E.
Quando poi lei se ne va per un po', ad attaccarsi ad un altro capo nell'armadio che non metti mai, ti manca. Così tanto, che se non torna — la cerchi. Metti una scusa. E la riporti da te.

«Dove devi andare?»

Louis lo afferra per un braccio, ed inizia a correre.«Dove dobbiamo andare? Vedrai.»

 

 

Sbuffa mentre insegue un'altra volta Louis, che sembra sparito.

L'ha trascinato in un supermercato, lontano da casa, e dopo averlo lasciato all'entrata con un pezzo di carta in mano, è corso via sotto lo sguardo stupito di tutti; ora tutti, si sono dileguati,
ma Harry sta ancora cercando di scovare Louis, che ogni volta che lo scorge corre via e saltella di corridoio in corridoio.

Trovarmi, Alice nel Paese delle Meraviglie!

Svolta nel reparto dell'alcool, quando vede il suo migliore amico mollemente appoggiato ai surgelati, un libro in mano e un fiocco annodato sulla testa.
Gli si avvicina, ed è riuscito quasi ad afferrarlo quando Louis lo nota e ammiccandogli, butta il libro per terra, girandosi repentinamente e chiudendosi dietro la porta dello sgabuzzino.

Se deve essere sincero, ogni tanto ringrazia Louis per il fatto che la sua vita è un'avventura continua — anche se non ha ancora capito chi è il buono e chi il cattivo.

Per questo, con una mano sulla maniglia, inizia a pregare, perchè vuole essere il buono, davanti all'avventura che è Louis Tomlinson dietro quella porta.

 

---

 

«Lights will guide you home~»

È tutto buio, ed Harry odia il buio. Gli mette così paura che, se non sapesse che c'è Louis nella sua stessa stanza, sarebbe già seduto davanti la porta con le ginocchia al petto.
Accende la torcia del telefono, guardando quanto immenso quel magazzino sembra più da dentro che da fuori; c'è un altro biglietto, ai suoi piedi: lo raccoglie e gli viene da piangere.

Affronta le tue paure, Alice, e lo stregatto riuscirai a trovare.

«Louis, esci fuori!»

Harry non ha voglia di giocare, in quel momento, perchè è sera, sua madre sarà preoccupata, è inondato dal buio, Louis è strano — Louis. 

Louis che lo conosce da quando erano entrambi piccoli, piccolissimi, e che lo coinvolgeva sempre nelle sue bravate da bambino che vuole attirare l'attezione;
Louis che ogni volta, alle elementari, gli lanciava palline di carta nei capelli, per poi aiutarlo a toglierle quando lo vedeva con le lacrime agli occhi nell'angolino più piccolo dell'aula;
Louis che invece alle medie, lo trascinava: nelle feste, nei guai, nelle corse, nei salti, nelle risate.

Louis, che è sempre quello inseguito, e che mai insegue.

«Non è divertente, non ho voglia!»

Inizia a camminare lungo un corridoio, dove gli sembra di sentire la voce del suo migliore amico canticchiare,
con la torcia che non sa se puntare sul pavimento o davanti a sé, perchè semplicemente, ha bisogno di illuminare tutto il buio. Non solo una parte.

«Tears stream down on your face~»

Svolta a destra, poi a sinistra; di nuovo a sinistra per poi fermarsi.

La canzone che Louis continua a canticchiare, nel rimbombo del silenzio del magazzino, gli è rimasta in testa e non riesce a pensare correttamente — quel coglione sa quanto ama quella canzone, lo fa sempre apposta:
quando sono soli, a casa sua, o sul retro della scuola, in cui Harry inizia a perdersi nei pensieri e. E.

Louis inizia a cantargliela, perchè sa, quanto possa aiutare.

«Coglione.»

 

 

Dopo mezz'ora, in cui la batteria del suo cellulare lo sta abbandonando, trova Louis.

È seduto a terra, la schiena contro il muro e le gambe accavallate; porta un fiocco blu in testa come Alice e sorride mentre conclude la sua grande opera, il suo più grande spettacolo di una ballata triste.

«I will try to fix you.»

Sospira, mentre spegne la luce del telefono e si siede appoggiato allo scaffalo pieno di carta igienica di fronte a Louis, che continua ad intonare le ultime note della canzone, sussurrando e mimando i suoni;
le mani volano nell'aria, per quanto Harry possa vedere, e premono i tasti invisibili di un pianoforte.

«Non lo sai perchè ti ho trascinato qua, vero amico?»

Ed Harry risponderebbe di no, ma direbbe anche che gli va bene, finchè la sua caviglia si può intrecciare a quella di Louis, per sentirsi più al caldo e meno solo.

Ma Louis lo precede, sempre.

«Io — trascino tutti, Harry, capisci? Nelle mie pazzie, nei miei momenti più strani, nelle mie mattine e le mie sere e. E. Che ti devo dire?
Che nessuno mi ha mai trascinato, Harry: nessuno mi ha mai preso per mano e detto ora ti porto sulla Luna — lo so, che non la dovevo nominare Harry, perchè sì. La luna è puttana. Ma.
Chi non vorrebbe un'avventura con una puttana? Sono quelle che si godono il mondo di più, e che vedono troppi innamorati, per innamorarsi. Voglio che qualcuno mi porti sulla luna, amico. E.»

«Voglio essere trascinato. Di risate e di pianti, di corse e camminate, di canzoni e ballate.
Di cene e pranzi, di stelle e raggi di sole, di mare e montagna. Voglio essere trascinato di casa in casa, perchè voglio affogare, così magari qualcuno mi tira fuori.»

Louis si sposta, sedendosi al suo fianco, e portando il suo fiocco dalla sua testa a quella di Harry, che sta volta ha lui, il compito di stringersi l'altro.

«Mi trascino tutto dietro, e sono tempesta. E a nessuno mostravo notti e momenti così, che non vivo ma a cui sopravvivo: non sto mai in silenzio, con nessuno.
Mia madre mi sente urlare, le mie sorelle raccontare, mio padre mi sentiva respirare — riesco ad essere presente anche quando respiro.
I nostri compagni di scuola mi sentono ridere, e spiegare, e cavarmela con le interrogazioni; lo skateboard mi sente sussurrare storie tra me e me.»

Ora si fissano, perchè se gli occhi di Harry parlano sempre, oltre i telefoni e le lettere, gli occhi di Louis urlano e sussurrano insieme, stando in silenzio.Harry è grato di riuscire a capirli.

«Ma tu, Harry. Tu. Lo sai che le cose facili sono finite prima che noi nascessimo? Che tutti noi nascessimo, perchè le cose facili annoiano. L'amore facile, le risate facili, l'intelligenza facile: noia, quanta noia? Tanta.
Tu non la sei una cosa facile, ma — non mi tiri fuori le parole di bocca, non mi interrompi quando straparlo, mi sopporti quando ti rapisco le notti, mi aiuti quando sto fumato e dico stronzate.»

Si alza Louis, e continua a parlare di tante cose, mentre anche Harry si alza e non lo ascolta; spera in una domanda, per poter dare una risposta.

La persona che ama si gira, e lo fronteggia, a pochissima distanza.

«Ho trascinato anche te Harry, nella tana del bianconiglio?»

Harry vuole piangere, perchè Louis è fatto sempre così, sempre stato fatto e sempre sarà plasmato: cerca i significati più profondi in tutto, tira a galla le ancore lasciate a terra, ma ciò che galleggia. 

Non lo nota.

Lo prende per mano di slancio, un sorriso che prova a nascondersi e l'altra mano che cerca qualcosa dietro di sé; quanto vuole baciarlo.

«Mi sono lasciato trascinare —»

Tira giù la maniglia della porta, quella maniglia che è sempre la fuga di ogni bandito dei film, fuga dalla realtà per creare una ballata di gloria.

«E ora troviamo l'uscita dalla tana insieme.»

Scatta a serratura. 

Spalanca la porta.

Tira.

Bacia.

E fugge, con Louis: la persona che ama e che lo ama.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: AnastasiaSmith