Bambolina
A penzoloni,
Bambolina,
gambe e braccia
a penzoloni,
e la testa lì
cascante
guarda in basso mestamente.
Hai un sorriso,
Bambolina,
che è tristezza
e cuciture.
Perché così
seria,
quando puoi
sorridere al mondo
che ti scuce
pezzo pezzo?
I capelli sono
stoppa sporca
Ma legati in
codini allegri.
E sei così
immobile e diritta
grazie ai fili
che ti sorreggono.
E più il tempo
passa, più essi s’allentano.
Potrai camminare
da sola,
sarai libera!,
ti urlano felici
gli altri giocattoli,
non viventi, ma
più vivi di te.
Ma tu, con i
grandi occhi blu di bottone,
non rispondi e
aspetti,
sperando che
qualcuno, magari,
ti cucia un paio
d’ali al posto dei fili
che fino ad oggi
t’hanno sorretto la schiena.
Ma ora che sei
grande, Bambolina,
anche l’ultimo punto
che ti teneva
legata al filo,
sorretta e
cascante,
si è staccato.
Sei grande! Sei
libera!
Puoi camminare
da sola!,
ti urlano gli
altri giocattoli
di una cameretta
che non ti appartiene,
rivolgendoti
sorrisi che,
una volta
malamente celati dietro una mano,
diventano ghigni
storpi di giochi viventi
forse anche più
morti di te.
E tu, con urla straziate
e strazianti, t’aggrappi a quei fili così familiari,
ma le manine
rattoppate scivolano su quel cavo così tagliente,
provocando un
acuto rumore intriso di rosso.
Ma nessun
liquido vermiglio ne esce, perché sei solo una Bambolina,
ora troppo
cresciuta,
che si rammenda
da sola le ferite.
Una Bambolina
che sente di essersi appena mangiata
Ago, filo e
pezza che la componevano.
La piccola
bambolina che c’era in lei...