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Autore: Adeia Di Elferas    26/09/2015    10 recensioni
Dopo il ballo a corte, Oscar si ritrova a scontrarsi con la dura realtà. Guardandosi allo specchio, ripensa alla serata trascorsa danzando con Fersen e cerca di capire qualcosa in più su se stessa e sulla propria natura.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '...ma in un attimo il silenzio c'è'
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~~ Doveva proprio essere stata una stupida per pensare che sarebbe bastato un vestito diverso dalla solita uniforme per diventare qualcun altro.
 Come aveva potuto credere che le cose sarebbero state diverse?
 Non si pu scappare da quello che si è. Mai.
 E anche potendo, Fersen non l'avrebbe voluta comunque. Non era lei quella che sognava la notte o che sperava di incontrare a corte. Quella sera ne aveva avuta la conferma definitiva.
 Per lui, Oscar era solo un'amica. Fidata, forse, ma solo un'amica.
 Per lei non era abbastanza. No, non le bastava più.
 Con ciò, si rendeva sinceramente conto che Fersen non l'avrebba mai voluta davvero, nemmeno se lei fosse stata diversa, perchè nel cuore dello svedese c'era solo Maria Antonietta, solo lei, solo la regina di Francia, quella stessa regina che Oscar doveva e voleva proteggere ad ogni costo, e, a conti fatti, l'unica amica che avesse mai avuto.
 Finì di vestirsi, contenta di aver smesso per sempre quel pomposo abito con cui la sera prima si era illusa di poter cambiare chissà cosa. Aveva fatto una prova, ed era andata male. Ora poteva continuare con la sua vita senza il rimpianto per non aver nemmeno tentato.
 Prese a misurare a grandi passi la stanza, ripensando a ciò che era accaduto al ballo, a quello che Fersen aveva detto, distruggendo una volta per tutte le sue – per quanto esili – speranze, a come aveva reagito André e alla faccia avvilita e quasi addolorata di Marron-Glacé nel momento in cui le aveva dato il vestito con l'ordine di andarlo a riporre con gli abiti che non metteva più.
 Assieme a quel vestito non rinunciava solo ai balli e alle feste. Rinunciava anche all'amore e agli inganni che portava con sé.
 Per anni non si era creduta fatta per l'amore, ma poi aveva ceduto all'illusione e aveva rischiato, per restarne delusa. L'amore non era una cosa adatta a lei. Era stata una pazza a sperare di poter amare Fersen.
 Che sentimento crudele... L'aveva fatta sospirare e bruciare e poi tutto si era dissolto in un istante fugace e implacabile. Erano bastate poche parole, pochi sguardi, e il suo sogno si era infranto.
 Non avrebbe mai dovuto cedere a una debolezza di quel tipo. Eppure, anche se per poco, era stata così felice...
 Dove aveva sbagliato nella sua vita?
 Che poi, erano stai tutti suoi, gli errori?
 Si guardò allo specchio alto e slanciato che le stava di fronte e per un momento quasi non si riconobbe, così come non si era riconosciuta con indosso l'abito da sera scelto per il ballo.
 L'uniforme le cadeva alla perfezione sulle spalle e sui fianchi, come sempre, eppure c'era qualcosa di indefinibile, una qualche differenza rispetto al solito che proprio non riusciva a cogliere.
 Forse era l'aria abbattuta che aveva il suo volto, oppure stava un po' curva senza rendersene conto...
 'Quanta fragilità, dietro a un'uniforme...' pensò, con tristezza.
 Cercò di raddrizzarsi il più possibile, fece sparire la delusione dal suo viso e prese il cinturone con la spala che aveva appoggiato prima sul letto. Lo sistemò con cura e poi si diede un'altra occhiata.
 Adesso andava già meglio.
 Estrasse la spada dalla fodera e la puntò contro la propria immagine, che la fissava attonita dallo specchio. Quella era la Oscar che il mondo aveva sempre visto: in uniforme, le spalle dritte e un'espressione indecifrabile in viso.
 Perchè non riusciva più a riconoscersi in ciò che vedeva?
 Appoggiò la punta affilata al vetro, facendo un rumore fastidioso, simile a un piccolo urlo di dolore... Per un momento desiderò poter trafiggere la donna che si trovava davanti e farla sparire per sempre...
 “Oscar...!” la voce di Marron-Glacé la fece ridestare di colpo.
 Scosse il capo e rimise la spada al suo posto: “Arrivo.” disse, in risposta al richiamo della sua povera balia.
 Passò accanto allo specchio e con la punta delle dita sfiorò piano la propria immagine, come si sfiorerebbe il viso di un bambino che piange.
 Si morse il labbro e si schiarì la voce: “Dimmi, balia...” fece, aprendo la porta e andando incontro a Marron-Glacé, che sembrava impaziente di parlarle.
   
 
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