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Autore: Padme Mercury    26/09/2015    0 recensioni
Piccoli momenti di una coppia di persone che si conoscono dall'infanzia. La nascita di un amore tra momenti felici e tristi, con problemi ma sempre pronti ad aiutarsi tra di loro.
Spero vi piaccia!
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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John Watson non era solito essere un bambino che amava essere circondato di persone. Certo, stare con gli amici gli piaceva e non diceva mai di no ad una partita a calcio con loro. Era un po' timido, ma si faceva sempre amare con molta facilità grazie anche ai dolci occhioni blu con cui osservava chiunque si avvicinasse a lui.
Ma da qualche settimana tutto questo non faceva più parte della sua vita. A soli otto anni aveva visto il padre morire praticamente davanti al suo sguardo e lui era convinto fosse colpa sua. Poco importavano le parole di sua madre e quello che diceva lo psicologo. Suo padre era ammalato e sarebbe stato ancora vivo se solo lui non fosse scappato nel bosco. Nessuno sarebbe mai riuscito a fargli cambiare idea.
Si erano trasferiti da una settimana a Londra. Sua madre diceva che sarebbe servito a cambiare aria e ricominciare una nuova vita. Harry aveva scalpitato per rimanere a South Hampton, lei non voleva andare nella metropoli. Aveva cambiato subito idea appena si era trovata immersa in quel nuovo mondo, lo adorava.
A John invece non importava. Lui le aveva seguite senza batter ciglio, senza nemmeno dare il suo parere nonostante Caitlyn lo avesse esortato a dire qualcosa. Qualsiasi cosa. Ma lui non aveva aperto bocca fin quando non erano arrivati nella nuova casa, a cui dedicò un semplice e secco "bella" prima di correre al piano superiore per chiudersi in quella che sarebbe stata la sua camera.
Ora che erano i primi di dicembre, John non riusciva ad apprezzare la città che si preparava all'inverno. Di solito amava quel periodo perché si avvicinava Natale e lui adorava l'atmosfera natalizia. Ma quell'inizio dell'ultimo mese del 1991 non riusciva a portargli alcuna allegria. Quasi odiava tutti gli altri che non conoscevano il suo dolore e andavano avanti sorridendo felici.
Sua madre lo aveva trascinato fuori casa quel giorno con la scusa di andare a vedere uno spettacolo al parco. Era fatto apposta per i bambini e Caitlyn era convinta che in quel modo avrebbe potuto almeno incontrare un amico. Uno solo, non chiedeva molto. John non ne era molto convinto. Si era chiuso molto e aveva perso anche quelli che aveva nella sua vecchia città. Ma aveva deciso di seguirli, di fare almeno finta di dare ragione alla madre. Si era ritrovato, il pomeriggio dell'otto dicembre, una domenica fredda dall'aria secca, all'interno di Hyde Park ad aspettare l'inizio di uno stupido spettacolo di burattini.
Ovviamente John si era messo in disparte, come sempre. Stava dalla parte opposta a quella in cui si era posizionata sua mamma assieme a Harriet, qualche passo più lontano dagli altri bambini. Voleva evitare qualsiasi domanda a cui era certo avrebbe risposto male, beccandosi uno scappellotto da sua madre al momento di tornare a casa.
Diede uno sguardo annoiato e infastidito al palchetto decorato con scritte e disegni. C'era un piccolo sipario di velluto rosso nello spazio in cui poi si sarebbero viste le marionette, dietro ci stavano lavorando perché John lo aveva visto muoversi. Probabilmente stavano finendo di allestire la scena, che sarebbe stata sicuramente scarna così da solleticare la fantasia degli spettatori.
John soffiò fuori l'aria, formando una nuvoletta di condensa davanti al suo naso. Infilò le mani nelle tasche del giubbotto, sentendo le dita indolenzite dal freddo. Perché non aveva portato i guanti? Quando erano usciti non sembrava fare così freddo e, ovviamente, non aveva dato ascolto a sua madre. Diede una veloce occhiata agli altri bambini. Si erano tutti avvicinati, sperando in un effetto stalla che li riscaldasse anche solo un minimo.
Diede un calcio ad un sassolino, stringendo le spalle a causa di un brivido di freddo improvviso. Chiuse gli occhi, cercando di non battere i denti. Poi un odore di castagne gli solleticò le narici, caldo e avvolgente.
Aprì lentamente gli occhi, incrociando quelli d'ambra di una bambina. Rimase stupito, le labbra leggermente separate. Erano meravigliosi quegli occhi, grandi e dolci. Si trovò davanti al naso un sacchetto di carta anonimo, retto da una manina coperta da una moffoletta lilla. L'altra, nuda e paffuta, teneva in mano una castagna mezza mangiata.
-Prendine una! Il mio papà me le ha comprate e me le ha aperte!- lo invitò la bambina, la voce squillante e allegra.
John deglutì, senza distogliere lo sguardo dal suo viso e dalle guance tonde e rosse. Stava masticando quello che restava del frutto, piccole briciole dello stesso stavano attaccate agli angoli della bocca. Il biondo scosse lentamente la testa. Quella bambina l'aveva già vista da qualche parte, ma non riusciva a capire dove.
 
-No, grazie. Sto bene così- le disse scocciato, la voce bassa e leggermente minacciosa. Non voleva una mocciosa che gli girasse intorno, preferiva stare da solo.
Ma evidentemente alla bambina non importava. Anzi, gli spinse di più il sacchettino sotto il naso. John lo arricciò, sentendo il suo stomaco brontolare. In effetti aveva un po’ di fame e quel profumo lo allettava non poco. Adorava le castagne e faceva sempre fatica a dire di no anche quando aveva lo stomaco talmente pieno che sarebbe potuto scoppiare. Alzò piano la mano e la infilò in mezzo a quei sottili fogli. Chiuse le dita attorno ad uno dei frutti e lo tirò fuori, notando il sorriso soddisfatto e luminoso della ragazzina. Borbottò un ringraziamento poco convinto mentre mangiava ciò che aveva in mano.
 
-Quanti anni hai? Io ne ho cinque, così!- disse nuovamente, facendogli vedere la manina bene aperta e con le cinque dita tese. Lui sbuffò una risata leggera, in fondo era buffa.
-Io ne ho otto- rispose semplicemente. Prese un’altra castagna a causa dell’insistenza della bionda. Doveva ammettere che gli piaceva la sensazione di caldo che quei piccoli bocconi giallognoli gli davano assieme a piccoli brividi. Si accorse che erano finite quando la vide allontanarsi trotterellando per buttare il sacchetto. Bene, ora se ne sarebbe andata e lo avrebbe lasciato finalmente in pace.
Sbuffò e alzò gli occhi al cielo. Aveva parlato troppo presto, infatti la vide tornare allegramente verso di lui. Da dove trovava tutta quella felicità, non riusciva proprio a capirlo. Sembrava saltellare sempre in preda a chissà quale strana euforia.
-Io mi chiamo Charlotte Holmes! Tu come ti chiami?- la sua vocetta squillante gli raggiunse nuovamente le orecchie di John, il quale chiuse gli occhi e sospirò.
-John Watson-
-Perché sei qui da solo?- ecco, doveva saperlo che glielo avrebbe chiesto. Il bambino strinse le labbra qualche secondo prima di risponderle.
-Perché gli altri bambini non mi piacciono. E tu?- glielo aveva chiesto più per educazione che per reale interesse. Non gli importava quello che lei faceva, sinceramente.
-Nemmeno a me. Ma tu sì- gli rispose con un sorriso.
John si voltò a guardarla, gli occhi spalancati e le labbra separate a formare una O. Come poteva piacere ad una bambina? Più di tutti gli altri, poi. Non fece in tempo a dirle nient’altro che la voce di un uomo annunciò l’inizio dello spettacolo. Era la prima volta che sentiva di una rappresentazione con marionette della favola del soldatino di stagno. Non era una delle sue preferite, ma pensava fosse comunque molto bella.
Adorava la figura del protagonista, sebbene fosse solo un giocattolo. Gli ricordava il suo papà, un soldato fiero e forte che si era innamorato di una bella donna. Voleva essere anche lui così, voleva essere forte anche se non sapeva cosa pensare della ballerina di carta. Era troppo piccolo ancora per pensarci, non sapeva nemmeno cosa fosse quel sentimento.
Si accorse solo alla fine dello spettacolo che lui e Charlotte si erano avvicinati fino ad avere le spalle e le braccia schiacchiate l’un con l’altro. John si stupì di non provare disgusto o fastidio, anzi… Era in qualche modo piacevole. Gli sarebbe piaciuto rimanere lì ancora per un po’. Aveva un buon odore quella bambina, sapeva di castagne e rose. Sorrise senza nemmeno rendersene conto. Da quanto tempo non lo faceva? Sospirò. Da quando aveva perso suo padre, il ventiquattro di novembre di quell’anno.
-Sei triste- sentenziò lei. John annuì leggermente. Sì, era abbastanza sveglia a quanto pareva… Se ne era accorta. Gli sorrise e il biondo non poté fare a meno di notare che il suo sorriso fosse meraviglioso. –Ma prima sorridevi. Hai gli occhi belli quando sorridi- concluse annuendo energicamente.
John la guardò senza capire, genuinamente stupito da quelle sue parole. Si accorse di essere arrossito leggermente. Chi era quella bambina, perché aveva quello strano effetto? Soprattutto non capiva perché ancora non se ne fosse andata. Tutti i bambini scappavano dopo poco che erano con lui, li trattava male perché non voleva la loro pietà. Eppure lei... Lei era diversa, sembrava non volersene andare. Era tenace e testarda, doveva ammettere che gli piaceva. Lo intrigava non poco, forse sarebbero potuti diventare amici.
 
-Grazie- rispose semplicemente.
Si torturava il labbro inferiore con i denti, arrossandolo. Perché ora non parlava più quella bambina? Aveva fatto qualcosa di sbagliato? Si trovò a pensare che non voleva si allontanasse anche lei. Gli teneva compagnia e forse con lei sarebbe riuscito a sopportare la mancanza di suo padre. Forse l'avrebbe sentita meno con un'altra persona di fianco.
Fu sollevato nel sentire ancora la sua vocina allegra parlargli, concedendole anche un sorriso. Rimasero a chiacchierare assieme, esattamente come John avrebbe fatto con chiunque fino a poco tempo prima. Scoprì che lei invece non aveva la mamma, che viveva solo con suo papà e che si erano trasferiti a Londra da un anno. Prima vivevano ancora a casa dei nonni, ma il padre aveva trovato lavoro nella capitale e si erano spostati. Era rimasta molto vaga sull'impiego, molto probabilmente non sapeva esattamente cosa facesse il padre. Non che lo stupì, aveva solo cinque anni e a volte faceva fatica anche lui a comprendere quello di cui si occupava la madre.
 
-Oh, sta arrivando papà!- esclamò la bambina, indicando con un gran sorriso un punto alle spalle di John.
Il bambino si girò e vide un uomo giovane e molto alto avvicinarsi a loro. Era vestito elegante, con un completo grigio con delle piccole righe più scure e un ombrello nero appoggiato all’avambraccio. Aveva i capelli scuri e corti, era completamente diverso da Charlotte. Si chiese come potessero essere imparentati, e in modo così stretto, se non avevano neanche un tratto del volto in comune.
Tornò a guardare lei. Già, il suo volto era molto più dolce di quello dell’uomo e anche più gradevole all’apparenza. Si accigliò appena vide anche sua madre avvicinarsi a loro oltre la spalla della bambina.
 
-Sta arrivando anche mia mamma…- lo disse con un tono più mesto di quello che aveva usato lei. Stava iniziando a trovarsi bene in sua compagnia e proprio non aveva voglia di andarsene in quel momento. Sospirò e si costrinse a rivolgere un sorriso alla donna.
 
-John! Non credevo ti avrei trovato con qualcuno!- esclamò Caitlyn, un grande sorriso affiorava sul suo bel volto. John fece una piccola smorfia che doveva ricordare un sorriso. Sua madre stava già squadrando Charlotte, che nel frattempo era corsa a tirare il padre per la stoffa dei pantaloni mentre gli indicava il bambino.
 
-Lui è John Watson! Il mio nuovo amico!- diceva quasi saltellando, gli occhi che le brillavano. L’uomo rise sommessamente, accarezzandole i capelli con una dolcezza un po’ imbarazzata.
 
-Bene, sono contento per te, Lottie. Ora però dobbiamo scappare a casa, Sherlock dovrebbe arrivare a momenti. Saluta il tuo nuovo amico- le disse piano. Lei annuì e si avvicinò a John.
Gli agitò una mano davanti in segno di saluto, un gran sorriso sul volto a cui il biondo non poté evitare di rispondere.
 
-Ci vediamo, John! Ciao!- gli diede un bacio sulla guancia e si allontanò con l’uomo.
John rimase qualche secondo a guardarla, la mano sul punto dove aveva posato le labbra e da cui si spandeva un certo calore. Quella bambina era una forza della natura e sentiva che l’avrebbe rivista presto.




 

Note a pié pagina

 

Buonasera a tutti! O buongiorno... Dipende da quando leggerete questa piccola storia! 
Dunque... Charlotte è un personaggio originale che ho inventato io! Spero vi sia piaciuta già da subito e... Non preoccupatevi, si saprà tutto della sua vita nei prossimi capitoli, ve lo prometto!

Non so bene che pensare di questo capitolo, non mi convince appieno. Ma non credo sia neanche tutto da buttare, è molto dolce e presenta il loro primo incontro dal punto di vista di John. Non sono molto brava a far parlare i bambini e spero di non averli fatti sembrare più che altro degli adulti in miniatura. 

Mi spiace ma non ci sarà la Johnlock, scusatemi !

Dunque... Non saprei che aggiungere se non sperare che vi sia piaciuta! Mi raccomando, commentate che per me è molto importante!

Grazie mille <3

Padme

   
 
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