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Autore: SantanasLexa    28/09/2015    3 recensioni
Un'epidemia ha fatto in modo che i morti tornino in vita e che siano famelici. Cercano i vivi e li mangiano, trasformandoli automaticamente in zombie. non tutti sopravvivono, quelli che lo fanno sono disperati. sopratutto se, come Percy, cercano qualcuno. Lui ha la sua ragazza da trovare. Il suo cuore sa che è ancora viva. Non sarà tranquillo fino a che lei non sarà tra le sue braccia.
Genere: Angst, Avventura, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Percy Jackson, Reyna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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ZOMBIE APOCALYPSE

Tranquillità. Da quant'è che non sentiva parlare di tranquillità? Da tanto tempo. Da prima che iniziassero a spuntare gli zombie da tutte le parti. Era divertente quando stava sul divano a coccolare la sua ragazza mentre guardava quegli stupidi film dove i protagonisti erano dei poveri, indifesi civili che si dovevano trovare a sparare ai morti viventi. Sì, tutti puliti, con le loro munizioni infinite e la mira perfetta. Nessuno sbagliava un colpo. Tutti quanti centravano la testa senza problemi. Ma non era così. Per niente. Eppure quel bosco era tranquillo. Non si sentiva volare una mosca. Percy voleva urlare. Aveva il caricatore della pistola carico, ma erano gli ultimi otto proiettili che gli rimanevano. Sulla schiena aveva legata una spada. L'aveva “presa in prestito” da un museo di arte greca, uno dei preferiti della sua ragazza, ricostruivano le armi il più fedelmente possibile, con i materiali che avevano a quei tempi. Gli piaceva quella spada. Era lunga una cinquantina di centimetri, aveva la lama di bronzo a doppio taglio e l'impugnatura era in cuoio. Si adattava perfettamente alla mano di Percy. Anche il peso era ben distribuito. Sembrava fatta apposta per lui. Si fermò per riprendere fiato. Appoggiò la schiena a un albero e chiuse gli occhi, concentrandosi. Iniziò a percepire i rumori: il vento tra le foglie, l'andamento lento di un fiumiciattolo, dei passi non molto lontani.. dei passi non molto lontani? Non sembravano passi da zombie. Sembravano quelli di una persona che si muoveva cautamente nel bosco. Estrasse la pistola e rimase in ascolto. I passi si allontanavano, fino a non sentirli più. Rimise la pistola tra il tessuto delle mutande e i pantaloni. Riprese a camminare. Aveva i jeans strappati, le converse semi distrutte e la maglietta dell'Hard Rock ridotta a brandelli. Vide un cartello.

Benvenuti al Campo Mezzosangue”

Il campeggio dove aveva conosciuto la sua ragazza, sei estati prima. Entrò nella struttura che ospitava gli animatori. Non c'era anima viva. Passò di fronte a uno specchio e si guardò. I capelli neri erano spettinati e pieno di sangue vecchio. Il suo viso era stanco, anch'esso sporco di sangue. Gli occhi verdi erano cerchiati di nero, non riusciva a dormire per paura di essere attaccato. Entrò in quello che era il bagno e provò ad aprire il rubinetto. Uscì un filo di acqua. Lavò via il sangue degli zombie e il fango. Osservò il suo corpo in cerca di ferite. Aveva solo un taglietto sullo zigomo sinistro, causatogli da un pezzo di vetro di una finestra rotta. Stava cercando di scappare e si era graffiato. Si cambiò. Mise dei pantaloni da lavoro, degli scarponi e una maglietta arancione a maniche corte dove c'era scritto “Campo Mezzosangue”. Stava per prendere una felpa quando sentì il legno scricchiolare all'ingresso.

Non ora” pensò il ragazzo.

Sguainò lentamente la spada. Sentì i passi avvicinarsi. Si nascose dietro la porta, quando una figura incappucciata entrò. Aveva un passo deciso e spedito, non lento e incerto come quello dei morti viventi. Percy aprì la bocca.

-Chi sei tu?- la sua voce era roca, non parlava spesso.

La figura incappucciata si girò allarmata, puntando una pistola alla testa del ragazzo. Proprio in mezzo agli occhi. Sentiva il metallo freddo della pistola sfiorargli le sopracciglia, aggrottate per la paura. Pregava in silenzio che non premesse il grilletto. Non poteva morire. Proprio non poteva, non quando aveva girato in lungo e in largo per cercare la sua ragazza. Lui non sperava fosse viva. Lui sapeva che era viva. E quella consapevolezza lo mandava avanti. Gli permetteva di continuare a vivere e di non essere ucciso in quel mondo. Un'ondata di rabbia gli attraversò il corpo e con un movimento secco poggiò la sua spalla contro l'ascella del suo assalitore, puntando la pistola verso il pavimento. Con una gomitata alla bocca dello stomaco lo fece piegare e gli fece perdere la presa sulla pistola, che Percy spinse via con un calcio. Tolse il cappuccio all'assalitore che alzò il viso e una lunga treccia mora scivolò fuori. I tratti erano delicati, la pelle sembrava morbida, due occhi castani lo penetrarono.

-Sei una ragazza?-

L'altra non rispose. Il ragazzo si passò le mani tra i capelli.

-Dio! Cosa ci fai qui?-

La ragazza non rispose. A Percy venne la voglia di spaccare qualcosa, ma fece un respiro profondo.

-Hai intenzione di non parlare? Sei muta?- niente. -Rispondi! Perché sei qui?-

-Era un posto sicuro. Sono qui da tre giorni.-

Il ragazzo dagli occhi verdi si sedette.

-E va bene. Come ti chiami?-

La sconosciuta non rispose, ma lo fissò, sembrava incoraggiarlo a presentarsi per primo.

-Okay, io sono Percy, Percy Jackson.- disse nervosamente, spostandosi il ciuffo dalla fronte.

-Reyna. Solo Reyna.-

-Che ne pensi se facessimo un patto?-

Reyna fece un gesto con la mano, per invitarlo a continuare.

-Allora.. potremmo dormire civilmente qua, condividendo la casa, senza temere che l'altro ci uccida.. facciamo sei ore di sonno a testa, mentre l'altro sta di guardia, poi decidiamo cosa fare.-

-Mi sembra un buon piano.- tirò fuori dalla borsa due scatolette. -È carne in scatola.-

Percy prese una scatoletta e l'aprì. Iniziò a mangiare. Erano secoli che non mangiava decentemente. Reyna lo guardò. Non sapeva se fidarsi di lui o no. Eppure, se avesse voluto ucciderla l'avrebbe già fatto. Mangiarono in silenzio. Lui si alzò, subito la mano della ragazza corse a cercare la sua pistola, solitamente posizionata nell'apposita fondina sul fianco sinistro. Ma non era lì. Era ancora a terra dove Percy l'aveva calciata, lui si accorse del suo scatto e alzò le mani.

-Ehi ehi, non ti sto attaccando. Ti restituisco la pistola.- si chinò per prenderla, poi la passò a Reyna. -Ecco, tieni. Faccio io il primo turno di guardia, va bene?-

Sguainò la spada e spostò una sedia. Si sedette, guardando la ragazza stendersi per terra, con lo zaino come cuscino. Rimase a fissare il buio per ore. Non si avvicinò nemmeno uno zombie alla capanna. Percy stava lì, in silenzio, a immaginare la sua vita se non fosse scoppiata l'epidemia. Epidemia. Perché chiamarla epidemia? Come se non fosse colpa di nessuno. Un esperimento andato a male, ecco cos'era. Perché volevano riportare in vita i morti? I morti erano morti, e i vivi erano fottuti. I sopravvissuti erano in mezzo al caos, civili obbligati a prendere le armi e sparare in testa la loro famiglia, i loro amici e i loro vicini. Qualcosa gli toccò un ginocchio.

-Ho dormito più di sei ore. Tocca a me fare la guardia.-

Il ragazzo si passò una mano tra i capelli, poi annuì e si stese per terra, addormentandosi subito e sognando.

Lui e la madre correvano per la città, per cercare la sua ragazza. A un certo punto si ritrovarono circondati. La madre lo baciò in testa.

-Sta attento Percy.-

Sparò in aria e subito gli zombie le furono sopra. Le sue urla gli rimbombavano nelle orecchie, stordendolo. Ma le urla dicevano qualcosa di sensato.

Corri.”

Era un ordine o un consiglio? Corse, evitava zombie, inciampava, si trovò in un vicolo cieco, con uno zombie che lo puntava, famelico. Si tastò le tasche. Aveva solo una penna nera, regalatagli dal suo insegnante di latino. Sfilò il tappo e si gettò contro lo zombie, trafiggendogli l'occhio. Riprese a correre. Raccolse una mazza da baseball vicino ai resti di un poveretto. Si precipitò a casa della sua ragazza. E lei non c'era. In camera sua c'era il suo berretto degli Yankees sporco di sangue.”

Si svegliò di soprassalto. Si guardò intorno, spaesato. Lentamente i ricordi gli tornarono e la realtà lo colpì come un pugno alla bocca dello stomaco. Si alzò senza dire niente, si sciacquò la faccia e uscì con il colletto della maglietta bagnato. Raccolse la sua spada e la pistola e uscì. Reyna gli corse dietro.

-Ben svegliato.-

-Andiamo.-

-Non vuoi restare ancora un po'?-

-Devo cercare la mia ragazza.-

-Potrebbe essere ovunque.-

-Io sto cercando lei e lei starà cercando me. Capisci? Siamo anime gemelle. Io la troverò e affronteremo insieme tutto questo.-

-E..-

-Non parliamo di lei.- disse duro. Poi i suoi occhi si addolcirono. -Ti prego, fa già male.-

La mora annuì.

-Tu hai perso qualcuno di speciale?-

-No. Sono sempre stata da sola.-

-Mi dispiace. Per quello che vale.. ora non sei più da sola. Ci sono io.-

Camminavano per la foresta, parlavano sottovoce, per non attirare l'attenzione. Percy si sentiva sicuro con Reyna a fianco. Qualcosa si mosse in lontananza alle loro spalle. Accelerarono. Arrivarono fino a un piccolo rustico edificio, con il mare davanti. La sabbia era morbida e a entrambi venne voglia di togliere le scarpe e camminare scalzi. Il ragazzo sorrise, anche se a Reyna parve un sorriso forzato, quasi amareggiato.

-Come mai sorridi?-

-Ci sono venuto ogni estate con mamma, dice che le ricordava mio padre. Non mi ricordavo il boschetto qui dietro. E volevo portarci lei.-

-Perché non usi mai il suo nome?-

-Mamma mi diceva sempre che i nomi sono potenti. Riescono a farti sentire la persona.. il suo stato d'animo.. e io..-

-E tu hai paura.- Percy annuì. -Paura che lei.. non abbia uno stato d'animo. Com'era?-

-Andiamo a controllare dentro. Ho voglia di spaccare qualcosa.-

Entrarono nell'edificio. Dentro la polvere regnava. La puzza di chiuso penetrava nelle narici dei due ragazzi. Percy era girato di spalle.

-Bionda. Quando l'ho conosciuta ci punzecchiavamo sempre. Non mancava mai di farmi notare quanto fossi più basso di lei. Poi la pubertà mi ha colpito e sono diventato più alto di lei, ma non avevamo più interesse a punzecchiarci, eravamo nel periodo in cui stavamo iniziando a capire i nostri sentimenti. Eravamo timidi. Dopo aver capito bene che ci piacevamo abbiamo ripreso a punzecchiarci, ma non era l'unica attività che svolgevamo insieme. Aveva.. ha dei magnifici capelli biondi, lunghissimi, e morbidi. Mi piaceva starmene sul divano a coccolarla e accarezzarle i capelli.. e poi.. e poi gli occhi. Gli occhi sono spettacolari. Grigi, non capivo mai cosa stesse pensando. Era arrabbiata? Felice? Una volta siamo stati separati per tre settimane e dove stavo non prendeva il telefono, quindi non mi sono fatto sentire, quando sono tornato a New York io le sono corso incontro, lei mi è corsa incontro. Sembrava quasi una scena da film, quando lei mi ha preso per un braccio e mi ha scaraventato a terra, mettendomi un ginocchio sopra la guancia e schiacciandomi la faccia a terra.- si fermò e rimase in silenzio. Abbassò lo sguardo e si morse un labbro.

La mora toccò la spalla all'altro.

-Io sono allergica alla polvere.. esco fuori e faccio da palo.-

Lui alzò il pollice, per poi sguainare la spada. Il parquet scricchiolava sotto i suoi piedi. Si prese tempo per osservare la baita. L'interno era come lo ricordava. Forse solo un po' più piccolo. Ma era lui. Una lacrima gli scese lentamente sulla guancia. Ricordare com'era la sua vita prima dell'epidemia gli aveva fatto male, molto male. Esaminò con cura quasi tutte le stanze. Ne rimase solo una, ma Reyna gli diede una pacca sulle spalle. Percy allarmato si girò.

-Cosa?-

-Zombie.-

Uscirono. Sei zombie camminavano verso la casa. Con un gesto fulmineo la ragazza ne pugnalò due, proprio in mezzo agli occhi. Altri tre vennero decapitati da Percy, che si voltò verso l'ultimo. La spada gli cadde di mano. Lo zombie strisciava i piedi, avvicinandosi al ragazzo. Gli occhi vitrei erano di un inconfondibile colore grigio. I capelli erano completamente sporchi di sangue, ma si intravedevano delle ciocche bionde.

Non può essere lei.”

Lo sguardo gli cadde sul collo, dove pendeva un ciondolo a forma di tridente.

-Percy, è bellissimo! Ma perché un tridente?-

-Avanti, sei tu quella intelligente.-

-Dai.-

-Sono un nuotatore, diciamo che Poseidone è il mio angelo custode. E il tridente è il suo segno. E adesso sarà anche il mio. Ho deciso che la P di Percy era troppo scontata.”

Percy sfilò la pistola e la puntò alla testa dello zombie. Aveva il cuore pesante, gli tremavano le mani e aveva gli occhi pieni di lacrime. Chiuse gli occhi mentre premeva il grilletto. Aveva una sola parola sulle labbra, e gli uscì come un sussurro.

-Annabeth.-

 

  
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