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Autore: _windowsgirls    01/10/2015    0 recensioni
"Harry si alzò in piedi, ingoiando a vuoto. Stava sognando.
Oppure era morto.
Una delle due cose.
Anzi, era più probabile la seconda.
Si spostò i capelli dalla fronte, facendo un leggero passo indietro. «Chi sei?» chiese Harry in un sussurro, ma in quella stanza bianca e luminosa la sua voce riecheggiò come se avesse urlato nel vuoto.
L'altro ragazzo si scrollò i capelli un'unica volta, le labbra strette tra loro.
«Chi cazzo sei tu!» gli rispose, ed Harry notò un piercing sul suo labbro inferiore, con cui spesso i denti bianchi giocavano."
Cosa succederebbe se due ragazzi apparentemente uguali si catapultassero l'uno nel mondo dell'altro, solo per una mera coincidenza?
Due Harry Styles dalle vite esattamente opposte si ritroveranno a dover fare i conti con una nuova realtà, da cui l'unica cosa che vogliono fare è fuggire, per poter tornare nei loro rispettivi mondi.
Ce la faranno mai a tornare indietro?
Genere: Avventura, Comico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Exchange




«Scommetto cinquanta sterline che Styles non si è ancora fatto la Porston.» Zayn Malik uscì le banconote dalla tasca del jeans stinto che quella mattina aveva deciso di indossare, attorniato da una decina di persone che ridevano con lui e scommettevano cifre più alte.
Harry passò loro accanto stringendosi i libri al petto, con gli occhiali da vista addossati al naso e lo sguardo abbassato per terra per non incontrare il loro che, sicuramente, avevano notato la sua figura attraversare il giardino curato all'interno della scuola. «O no, Styles?» lo prese in giro Zayn, sorridendo con un angolo delle labbra sollevato verso l'alto e i denti bianchi scoperti. «Dicci qualcosa, così che possa portarmi la vittoria in mano» terminò, dando una pacca sulla spalla di Louis Tomlinson accanto a lui che si accendeva una sigaretta, parando la piccola fiammella con la mano.
Harry tirò su con il naso e tenne lo sguardo puntato sulla punta delle sue converse nere, le loro risate che gli cadevano addosso come un manto di vestiti pronti a seppellirlo.
Strinse gli occhi e tentò di focalizzarsi sul compito che avrebbe fatto l'ora successiva, cercando al tempo stesso di ignorare quei ragazzi che non facevano che importunarlo da anni, ormai. Che problema c'era, se lui preferiva studiare piuttosto che sballarsi in quella combriccola di amici? Non fumava, non beveva, non si tatuava cazzate sulle braccia, non era come loro e non era per niente interessato ad averci a che fare, ma quelle scommesse, i bigliettini con gli insulti che gli arrivavano sul banco durante le lezioni, gli scherzi nell'armadietto l'avevano stancato, eppure non faceva mai niente per fermarli. 
Credeva che l'indifferenza sarebbe stata l'arma migliore, ma più li ignorava, più infierivano contro di lui, e ne era sostanzialmente esausto.
Una mano si avvolse intorno al suo polso che manteneva i libri al petto, una chioma scura che gli si accostò al corpo e che si slanciò sulla sua faccia, lasciandogli un tenero bacio sulla guancia.
Tamara Porston era una ragazza meravigliosa, la più bella che Harry avesse mai visto. Stavano insieme da circa due anni, e con lei non era mai stato così felice.
Tamara era esattamente come lui, amava leggere, studiare, prendere voti alti, ma in compenso amava uscire con lui o con le amiche. Era solare, simpatica e spumeggiante. Aveva sempre voglia di fare amicizia, eppure accanto ad Harry non aveva mai fatto qualcosa che andasse contro le regole. Sempre solita monotonia giornaliera, ma ciononostante stava bene e in pace con se stessa. Gli scompose i capelli sulla fronte e gli sorrise con le sue labbra sottili, chiudendo appena gli occhi marroni contorniati da ciglia marcate di mascara. «Lasciali stare, okay? Non è importante.»
«Porston, se tu fossi stata con me, non ti avrei semplicemente scopato!» urlò Zayn facendo scoppiare a ridere le ragazze che gli stavano intorno, mentre Louis sollevava la mano mantenente la sigaretta e la salutava con un gesto malizioso.
Tamara si girò verso di lui, per poi scuotere la testa appoggiandola sulla spalla di Harry. Entrambi superarano l'arco e si immisero nel corridoio, dirigendosi presso la classe che avevano in comune. 
«E' una tortura che non finirà mai» ammise Harry, spegnendo il telefono e appoggiandolo sulla cattadra dell'insegnante, mentre il resto della classe non faceva altro che fotografare appunti e salvarli nelle gallerie del telefono per utilizzarli durante il compito. Tamara prese posto sotto alla finestra ed Harry al posto davanti al suo, mentre l'insegnante faceva il suo ingresso, con una plica di fogli nascosti all'interno del braccio. Quando suonò la campanella, prese a distribuirli per file.
«Harry, devi imparare a difenderti, cavolo. Quando ti renderai conto che hai un necessario bisogno di saper stare dalla parte del manico in ogni situazione? Malik continuerà fin quando non gli darai un buon motivo per smettere di farlo.» Poi la ragazza si zittì per focalizzarsi sul foglio che aveva davanti, mentre Harry annuiva e si grattava un lato della testa con la matita.
Come avrebbe fatto a far uscire - come si diceva - le palle per autodifendersi? Ci voleva proprio un aiuto, che chissà quando sarebbe potuto arrivare.
Intanto quel venerdì mattina non ci pensò poi molto, iniziando a rispondere alle domande che il test gli chiedeva.


Quel pomeriggio, mentre aveva la testa appiccicata al libro di Storia dell'Arte, con la lampada che proiettava la luce sulla pagina e gli occhiali che gli erano leggermente scesi sul ponte del naso, gli arrivò una notifica su Whatsapp.
Era uno shot di una pagina Facebook in cui Malik diceva "Se stasera alla festa viene Styles, ci sarà da divertirsi...oh, un attimo. Lui non verrà mai" e poi serie infinite di commenti che non facevano altro che prenderlo in giro. Scosse la testa, quando gli arrivò un messaggio da parte di Tamara. «Perché non lo sfidi e ti presenti?»
Harry si aggiustò gli occhiali e appoggiò la matita sul libro per digitare la risposta con entrambe le mani.
«Lo sai che non sono tipo da feste, preferisco rimanere a casa e leggere Tolstoj per la scuola.»
Tamara le rispose subito, inviandogli prima una faccina di un diavoletto.
«E dài, Harry, non dargliela vinta. Questa è un'occasione per farti valere una buona volta!»
Harry si tolse gli occhiali, lanciandogli verso la fine della scrivania, il vento che soffiava alla sua finestra e la tenda che si muoveva come la vela di un veliero in mare aperto. «Dici che dovrei?»
In tutto risposta, Tam le mandò una faccina maliziosa con «Passo a prenderti alle sette.» Poi riprese a studiare, controllando l'orologio.
Iniziò a prepararsi mezz'ora prima, non avendo la benchè minima idea di come potersi vestire per una festa. Detto sinceramente, non ne aveva mai preso parte, con Tamara che l'aveva sempre accontentato, andando contro la sua volontà, ed in quel momento avrebbe tanto voluto un po' di esperienza. Optò per un pantalone nero e una camicia bianca, inforcando gli occhiali e alzando i capelli sulla fronte. Si spruzzò un po' della colonia che i suoi genitori gli aveva portato dalla Cina quell'inverno per uno dei loro soliti viaggi e si mise il telefono in tasca. Scese le imponenti scale della sua abitazione, sua madre era ancora in ufficio a fissare le prossime sfilate che si sarebbero tenute a New York, mentre il padre era chiuso nel suo studio a lavorare al suo prossimo libro.
Jeremy Styles era uno dei migliori scrittori del Regno Unito, vincitore di numerosi premi e concorsi, impegnato in interviste e presentazioni, tanto da non dedicarsi poi molto alla sua famiglia. Mentre sua madre, Anne, era una donna presa dal lavoro quanto dal suo unico figlio, di cui si preoccupava in continuazione, non dandogli filo da torcere. Gli preparava sempre da mangiare, lo aiutava a sistemare le robe nell'armadio, gli comprava i libri che voleva, cercava di accontentarlo in tutto, e non per accaparrarsi il suo affetto, ma per essergli vicina quanto più possibile. Era una strana famiglia, quella di Harry, eppure lui l'adorava. Se sua madre avesse saputo che quella sera non avrebbe mangiato l'insalata condita che gli aveva preparato quella mattina e che aveva conservato nel frigorifero, per andare ad una festa, le sarebbe venuto sicuramente un infarto.
Quando sentì un clacson dalla strada, prese le chiavi di casa dal mobiletto e uscì sul suo cortile privato, la macchina bianca di Tamara che capitanava sul buio della strada male illuminata. Prima di chiudersi il cancello alle spalle, Harry inserì il codice dell'allarme e poi salì sulla macchina. Si sporse e lasciò un rapido bacio sulle labbra della ragazza.
«Pronto?» chiese lei euforica, ingranando la marcia. Aveva una lunga gonna che le fasciava le gambe e una leggera maglietta grigia.
«Sì, ci proverò» disse Harry con la sua voce bassa.
Quando arrivarono a casa di Meredith Grey, il giardino era cosparso di tavolini tutti occupati e di bicchieri di punch già svuotati, lunghe file al piano bar che era stato creato nell'angolo di quella distesa verde. Quando Harry e Tamara varcarono l'ingresso a braccetto, videro la folla girarsi verso di loro, spalancando la bocca e fermando i loro movimenti, mentre la musica in sottofondo continuava ad infuriare nelle casse. Harry non era abituato a quel rumore, e si guardò intorno, notando che quella casa fosse praticamente isolata in campagna. Tra i ragazzi presenti si aprì un varco e Zayn ci passò in mezzo, reggendo un bicchiere in mano. 
«Non ci posso credere» disse, nonostante la sua voce risultasse ovattata per la musica troppo elevata. Tamara sollevò una mano sulla schiena di Harry, accarezzandolo per infondergli coraggio. «Il nostro buon vecchio nerd che ci raggiunge ad un party. Un bicchiere, per favore» disse girandosi verso Louis Tomlinson che si stava rollando una sigaretta, appoggiato al muretto. Finì di bagnarla e sorrise, prima di infilarla tra i denti dirigendosi verso il barista ingaggiato. Quando tornò con un bicchiere in mano, Harry portò due mani avanti.
«Non bevo» disse, mentre Tamara si girava per salutare due amiche che le erano passate davanti. Quando la ragazza venne allontanata di peso e trascinata chissà dove, Harry sentì la mancanza della sua mano ad infodergli coraggio, e si sentì solo. Come avrebbe fatto a trovarla lì in mezzo? Ma soprattutto, come si sarebbe liberato di Malik?
«Avanti» fece il moro piazzandogli il bicchiere in mano, mentre si girava e intimava agli altri ragazzi di riprendere cosa avevano interrotto. «Un solo bicchiere. Che c'è, hai paura che il tuo alito puzzi, dopo?» terminò, sorridendo con la lingua tra i denti. Harry si aggiustò gli occhiali sul naso, tenendo gli occhi su di lui.
Forse se avesse bevuto, allora l'avrebbero lasciato in pace.
«Cosa c'è dentro?» chiese allora.
Malik fece un verso esasperato con la mano. «E' solo un cocktail di merda, non morirai» disse, e prese di forza la mano di Harry, sollevandogli il bicchiere all'altezza della bocca, macchiandogli la camicia bianca. Il riccio sentì un forte odore pungergli le narici e serrò gli occhi, mentre lo mandava giù velocemente per non sentire l'alcol bruciargli la gola al passaggio. Quando lo svuotò, Tomlinson ne aveva già in mano un altro.
«Oh no, non ci provare nemmeno» disse Harry facendo una smorfia con la bocca per il sapore amaro del drink precendente.
Louis glielo diede in mano. «Facciamo un gioco.»
«Odio giocare-» Ma Tomlinson lo interruppe.
«Berrai altri due bicchierini per provare dei cocktail che di sicuro amerai, e poi ti lasceramo in pace per la serata, ci stai, Styles?» propose con gli occhi azzurri più luminosi che mai e le pupille dilatate. Zayn indossava un pantalone largo e una giacca bianca e nera, e rideva alle spalle di Louis, prendendosi gioco di Harry.
Il riccio, che non aveva ancora visto Tamara fare ritorno, guardò i loro occhi vispi e brillanti. Non aveva mai bevuto in vita sua, solo alcune volte qualche goccio di vino che il padre portava dall'Italia, e non sapeva se sarebbe stato in grado di reggere l'alcol perché - ne era certo - in quei drink ce n'era fin troppo.
Aveva la gola che gli bruciava e uno strano sapore in bocca. Vide Zayn prendere un altro bicchiere pieno fino all'orlo e fermarsi dietro Louis, controllando l'orologio.
«Allora?» fece il moro. Se non ci avesse pensato, forse sarebbe sceso più facilmente. Dai, ce la poteva fare. I ragazzi della sua età bevevano sempre, eppure non erano morti. Non gli sarebbe successo niente, forse avrebbe perso lucidità, ma niente di grave. Bevve il contenuto, sentendo la base della gola bruciare e ignorando il cattivo odore che gli arrivava dal fondo del bicchiere, poi Zayn gli spinse il bordo dell'altro drink sulle labbra ed Harry ingoiò ancor prima che si rendesse conto di quanto fosse successo. Louis e Zayn si allontanarono, tirando fuori dalle tasche un accendino e una sigaretta ciascuno.
«Fantastico. A lunedì, Styles, passa una bella serata.» E sparirono.
Harry sorrise verso di loro e sentì l'acido salirgli su per la gola. Si girò in preda al panico, con la testa che gli girava impercettibilmente, eppure si sentiva stranamente allegro. Iniziò a camminare, ignorando la gola bruciare e passò in mezzo alla folla, cercando con gli occhi la testa scura della sua Tamara, ma era come se si fosse volatilizzata. Non l'aveva lasciato lì, vero? Non avrebbe mai potuto. Casa di Grey era molto piccola rispetto alla sua, solo a due piani e con un disordine che avrebbe fatto impazzire la madre. Harry trascinò i piedi, spinto dai ragazzi che ballavano e dalle orecchie leggermente ovattate. Sentì moltissimo caldo, le goccioline di sudore gli scivolavano sulla nuca, bagnandogli il colletto della camicia. Doveva tornare a casa, doveva finire di studiare, si ripeteva, e aprì la porta che si trovò di fronte, con la vista leggermente annebbiata. «Tamara?» chiamava uscendo sul retro dell'abitazione dove non c'era nessuno, solo un ammasso di terra incolta e un prato secco. Il cielo era scuro sopra di lui, le stelle illuminavano la sua figura barcollante che camminava senza peso per quel terreno incurato, cercando con gli occhi la sua ragazza. La musica gli giungeva lieve alle sue spalle e respirò profondamente quando una ventata di aria fresca gli sferzò il volto. Si tolse gli occhiali per passarsi il braccio sulla fronte, bagnandosi la manica della camicia bianca già macchiata, e camminò fin quando non sentì uno strano rumore sotto di sè. Abbassò la testa, con un capogiro che gli fece perdere l'equilibrio, facendolo cadere in ginocchio per terra, le ginocchia immerse nel fango e in piccole pozze d'acqua. Si rimise gli occhiali e guardò più avanti, vedendo un minuscolo stagno distare massimo un metro dalle sue ginocchia. Iniziò a gattonare, non pensando minimamente ai vestiti ormai rovinati, fin quando non infilò le mani nell'acqua fredda. Chiuse gli occhi e si tolse subito gli occhiali, posandogli accanto a lui. Raccolse l'acqua con le mani chiuse a coppa, e si sciacquò la faccia accaldata, un senso di freschezza a farlo rinvigorire. Aveva un leggero mal di stomaco, la gola che gli bruciava e il respiro controllato, cercando di prendere delle profonde boccate d'aria. Quando riaprì gli occhi, gli appoggiò sull'acqua sotto di sè, le ginocchia e i polsini delle camicia ormai interamente fradici, così come la sua faccia e l'attaccatura dei capelli ricci. Vide il suo riflesso guardarlo dal pelo dell'acqua, le iridi verdi luminose e le pupille vagamente allargate, come se fosse un gatto. Alcune goccioline gli scendevano sulle guance per tornare nel piccolo stagno e formare delle leggere onde.
Continuava a specchiarsi sulla superficie dell'acqua, guardando quel volto che in quegli anni ne aveva passate di tutti i colori.
Teste infilate nel water, buste di latte svuotate sui capelli, cibo della mensa rovesciato sui suoi vestiti nuovi e di marca...non era mai stato preso sul serio nella sua scuola, ogni volta che tornava a casa vedeva sempre qualcosa di diverso macchiargli la divisa, e non era mai riuscito ad avere la meglio sugli altri. Si era sempre chiuso nel silenzio, lasciando che subisse senza contrattaccare.
Era uno schifo, e lo sapeva bene.
Tamara, fin dal primo momento in cui l'aveva conosciuta, aveva sempre cercato di aiutarlo, a difenderlo quando lui da solo non ci riusciva, ma non le sarebbe mai dovuto spettare quel compito. Harry sapeva che doveva sollevarsi le maniche e farcela da solo, e nonostante fosse sempre stato abituato agli agi, sarebbe arrivato il momento in cui doveva infondersi coraggio e mettere la faccia nelle faccende, non poteva continuare a nascondersi dietro il bel visino di Tamara che, continuando così, si sarebbe ben presto stancata di lui. 
Harry non riusciva a capire perché la sua mente stesse partorendo dei pensieri del genere in quel momento, in cui non era nemmeno molto lucido, ma forse guardando il suo riflesso bagnato sul pelo dell'acqua, si era reso conto di quante ne avesse passate, di quante volte quel suo viso fosse stato preso in giro, e non tanto per la bellezza, quanto per la persona timida, introversa e asociale che si nascondeva dietro. Fece forza sulla braccia per rimettersi in piedi e per tornare dentro a cercare Tamara, quando accadde una cosa stranissima. Si avvicinò di più all'acqua, notando i lineamenti del suo viso riflessi, le occhiaie sotto agli occhi, i baffetti a decoragli il labbro superiore e due fossette che apparivano lente, accompagnate da un sorriso che si allargava su quel volto pallido. Harry sollevò un sopracciglio, allontanandosi un po', ma era come se il suo riflesso non lo copiasse più. Harry si toccò la bocca e non stava ridendo, per niente, mentre la sua copia stava sorridendo sornione, un angolo della bocca che si sollevava di più verso l'alto e un sopracciglio che si sollevava, strafottente.
Harry spalancò gli occhi, allontanandosi. L'alcol gli aveva sicuramente toccato il cervello, eppure...
Si avvicinò nuovamente, socchiudendo gli occhi, l'Harry riflesso che apriva i suoi come se volesse congelarlo sul posto. Prima che Harry si rendesse conto dell'assurdità della situazione, una forza sinistra tirò la sua mano verso il basso, facendolo immergere nell'acqua. 
Lo stagno era alto forse una decina di centimetri, che cosa lo stavo tirando verso il basso? Il suo riflesso iniziò a ridere, ma nessun suono arrivò alle orecchie di Harry che si fece forza e cercò di tirare a sua volta per far uscire la mano dall'acqua, ma ogni tentativo fu vano. Il suo riflesso socchiuse gli occhi ed Harry venne tirato con una violenza tale che cadde in acqua, ma non urtò il basso fondale come invece aveva creduto. No.
Aveva sentito l'acqua entrargli nel naso, nella bocca aperta e nelle orecchie, eppure continuava a scendere verso il basso, i vestiti che fluttuavano e la mano che veniva trascinata ancora più giù, fin quando non sentì di urtare qualcosa di molle che, ad una seconda spinta, si strappò, risucchiandolo.
Harry cadde di pancia in una stanza bianca, boccheggiando e con i vestiti grondanti acqua. Si sollevò sulle ginocchia, prendendo fiato e improvvisamente lucido, come se l'effetto dei tre drink fosse svanito in un attimo. Sollevò la testa, i ricci marroni che gli cadevano bagnati sul volto pallido e sgranò gli occhi, continuando a respirare con avidità, la luce di quella stanza che lo constringeva a socchiuderli un po' per vedere meglio.
Certo, non si sarebbe mai aspettato che un altro Harry gli stesse davanti, un Harry vestito di nero, senza occhiali e con i capelli tenuti in alto come li portava solitamente. Le braccia lasciate penzolanti lungo il bacino, lo guardava con occhi socchiusi e la mascella serrata.
Harry si alzò in piedi, ingoiando a vuoto. Stava sognando.
Oppure era morto.
Una delle due cose.
Anzi, era più probabile la seconda.
Si spostò i capelli dalla fronte, facendo un leggero passo indietro. «Chi sei?» chiese Harry in un sussurro, ma in quella stanza bianca e luminosa la sua voce riecheggiò come se avesse urlato nel vuoto. 
L'altro ragazzo si scrollò i capelli un'unica volta, le labbra strette tra loro.
«Chi cazzo sei tu!» gli rispose, ed Harry notò un piercing sul suo labbro inferiore, con cui spesso i denti bianchi giocavano. Poi la sua copia abbassò di poco l'addome e si spinse in avanti, correndo verso di Harry con le braccia protese verso di lui. Quando i due corpi entrarono in collisione, il ragazzo si sentì attraversare da un getto d'aria potentissimo che, per la violenza, gli fece perdere i sensi.





Spazio autrice
E va bene, ecco una piccola sorpresa. So che ancora non ho finito di pubblichare The match (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3201763&i=1) ma questa ff ce l'ho pronta da un po' e mi dispiaceva non condividerla con nessuno di voi - sebbene comunque rimanga sempre sola come un cane.
Ma comunque, questo primo capitolo è fondamentale, però sappiate che dal prossimo la storia avanzerà su due piani diversi, così avrete modo di conoscere ambedue i personaggi.
Vi voglio avvisare di una cosa: la storia non è terminata, e siccome odio non portare le storie a termine, ma in particolar modo tardare con gli aggiornamenti, ci tengo ad avvertirvi. Gli aggiornamenti non saranno settimanali, come ho fatto con le altre mie storie. Siccome a causa della scuola sono molto occupata a studiare, non ho tempo di scrivere, infatti sono ferma a metà del 13esimo capitolo da un pezzo, ormai. Per questo aggiornerò lentamente, perché non voglio sentirmi con l'acqua alla gola. Non voglio scrivere velocemente per essere puntuale, magari rischiando che i capitoli facciano schifo, per cui ho bisogno del mio tempo, perché sono anche particolarmente legata a questa storia e per l'insegnamento che c'è dietro. Spero possiate capirmi e che possiate apprezzare questa mia storia come si deve.
Per il banner, ci tengo a ringraziare @unannosenzapioggia per aver speso del tempo per me. Grazie mille per aver dato una "copertina" alla mia storia.
La sto pubblicando anche su wattpad, se volete. Mi chiamo xsmiling.
Se siete arrivati fin qui, grazie mille davvero.
Per chi non mi conosce, benvenuti nel mio piccolo mondo.
All the love e alla prossima,
Elisa.



 
  
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