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Autore: erzsi    01/10/2015    6 recensioni
Hermione lo osservò allontanarsi fino a che non sparì dietro ad un angolo, toccandosi la pelle lì dove lui l’aveva sfiorata. Aveva visto un Malfoy diverso, quella sera. Più umano, più onesto e meno odioso. Sorrise, al buio del corridoio. Aveva conosciuto Draco.
Terza Classificata al “Fan Art Contest” indetto da _kimmy_ sul forum di EFP
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Mentire non le era mai sembrato così naturale.
Anche in quel lasso di tempo, mentre avanzava nel corridoio deserto, con le sole candele come unica compagnia, macinando passi uno dietro l’altro. L’andatura sempre più veloce, il respiro altrettanto affrettato.
Mentiva anche in quel momento, celando la sua vera intenzione.
La verità.
Era per il suo amore per la verità, che si era affrettata ad uscire dalla stanza della festa, non prestando attenzione a quei pochi studenti che avevano dimostrato l’intenzione di fermarsi a parlare con lei. Si era comportata in modo avventato, quando aveva scelto di lasciare Lumacorno e tutti gli invitati, ma sapeva che quella poteva essere forse l’ultima opportunità di conoscere ciò che rincorreva da quasi un anno. 
Era vicina, lo sentiva.
Affrettò ancora il passo : non si sarebbe mai perdonata se non fosse riuscita a cogliere l’occasione che le si era presentata in modo così fortuito. Non voleva sprecarla solo per stupidi ed infantili timori. Una parvenza di paura che le contagiava gli occhi e le impediva di respirare in modo regolare.
E ci si scontrò, con quella verità.
    «Smetti di seguirmi».
Suonò come un ordine, pronunciato seccamente, quasi con odio. Hermione dubitò che l’ultimo suo pensiero fosse del tutto errato : quello era odio. Sincero, radicato e viscerale odio.
Verso di lei.
    «Sei entrato» un sussurro interruppe quel silenzio, e si stupì nel constatare che era fuoriuscito dalla sua bocca e non da quella di lui. Non si era resa conto di aver parlato, non fino a quando lui si voltò verso di lei.
    «Mi annoiavo» rispose, il ghigno così tipico di lui disegnato su quel volto mortalmente bianco. Gli contagiava gli occhi, freddi come il più rigido e nevosi degli inverni. «Non esiste cosa peggiore della monotonia».
    «Sei in errore» lei manifestò il suo naturale dissenso scuotendo la testa. Era una strana sorta di gara, quella che si era instaurata, fin dal primo anno, tra la Grifondoro e il Serpeverde : il secondo parlava, e la prima lo osteggiava pubblicamente. Era un tacito accordo che nemmeno loro sapevano di aver stipulato, ma che li condizionava costantemente, giorno dopo giorno. «La solitudine, l’odio, la guerra lo sono».
    «Non per me, Mezzosangue» sibilò freddo, avvicinandosi alla ragazza. Ed Hermione non indietreggiò, nonostante il buonsenso che sembrava essere così innato in lei. Lo guardò negli occhi, infiammati da un sentimento che lei faticava a riconoscere, non avendolo mai effettivamente provato.
Gelidi, ardenti, distaccati, imperturbabili.
Erano inverno, quegli occhi.
    «Sono tutte conseguenze della monotonia» tornò a sussurrare, fissandola senza emozione. «Dopotutto, l’invariabilità è tipica di noi Serpeverde. Siamo statici, come la polvere».
Come la neve, quando attecchisce al suolo. Una distesa di purezza ghiacciata, che copre tutto e fa dimenticare ogni cosa.
    «L’unica cosa che riuscite a provare è l’odio» lo contraddisse Hermione con un bisbiglio, distogliendo lo sguardo dal volto affilato del biondo, a pochi centimetri da lei. «È l’unica cosa che vi insegnano fin da piccoli. L’unica cosa che riesce a condizionarvi, minacciando tutto il resto. Ma l’odio non è tutto».
    «Non conosco altro» confessò tristemente, stringendo tra le dita una ciocca dei suoi capelli che era scappata dall’acconciatura. Erano morbidi e freschi, quei capelli. Così diversi dai suoi, biondi fino all’estremo.
    «Alcuni non lo meritano» affermò lei, tornando con lo sguardo su di lui. Lo sguardo del Serpeverde era basso, evitava di guardarla preferendo giocare con i suoi capelli. Si rese conto che farsi toccare da lui non era così tremendo come aveva sempre immaginato. I suoi gesti erano gentili, la presa sulla ciocca quasi dolce. «Tu non lo meriti».
    «Sei in errore» la citò, mentre un sorriso incurvava le sue labbra. Ma anche questo era triste, eco di ciò che sentiva dentro. «Merito questo ed altro».
Hermione scosse la testa, pregandolo mentalmente affinché la guardasse e vedesse che nulla di tutto quello era la verità.
    «Sei entrato» ripeté, quasi con un sospiro, al tocco delle sue dita invernali, come tutto il resto di lui, che si erano spostate sulla sua guancia. Si scoprì ad abbandonarsi a quello stesso tocco, lieve e gentile come solo una carezza poteva essere.
    «Sì».
    «Perché?»
Lo vide deglutire a fondo, socchiudendo gli occhi come se la risposta faticasse ad arrivargli alle labbra. «Perché ho paura. Perché sono terrorizzato da quello che sono. Perché temo ciò che accadrà. Perché sarò costretto a detestare tutto. Perché non voglio arrivare fino in fondo. Perché mi odierò».
    «Sono qui. So quello che sei. So chi sei. E sono qui».
Lui sgranò gli occhi, inspirando fino a riempirsi i polmoni. Espirò tutto d’un fiato, liberando anche l’affermazione che gli premeva farle conoscere. «Tu dovresti odiarmi. È nell’ordine naturale delle cose».
    «Sono una Grifondoro. Odio le convenzioni» affermò sicura, sfidandolo a replicare il contrario. Lui rise, un suono basso, quasi gutturale, ma che le fece avvampare le guance. Gliene accarezzò una con la punta delle dita, sentendo caldo sotto i polpastrelli. Aveva sempre adorato il freddo, ma ora non ne era più così convinto.
    «Incosciente» la definì, spostando l’attenzione delle sue dita dalla guancia alle labbra. Le sfiorò piano, attendendo il momento in cui lei si sarebbe ritratta, dimostrandogli che aveva sbagliato ancora una volta, ma nulla di tutto quello avvenne. Abbassò lo sguardo sugli occhi di lei, scoprendoli fiduciosi in un modo che mai era stato riservato a lui.
Non la meritava, quella fiducia.
Sospirò, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi, e si allontanò da lei. «Torna alla festa di Lumacorno, Granger. E dimenticati di me».
Hermione lo osservò allontanarsi fino a che non sparì dietro ad un angolo, toccandosi la pelle lì dove lui l’aveva sfiorata. Aveva visto un Malfoy diverso, quella sera. Più umano, più onesto e meno odioso.
Sorrise, al buio del corridoio.
Aveva conosciuto Draco.

 

 

***

 

 

Camminava per il sotterraneo avanti ed indietro, troppo inquieta per poter stare ferma. Avrebbe scavato di sicuro un solco, in quel pavimento di pietra, ma non le importava. Non era quello che voleva, non in quel momento.
La verità, l’unica ed incorruttibile verità.
Questa si aspettava, ma tardava ad arrivare. Tornò al quadro, mormorando parole d’ordine a caso, sperando davvero che una di quelle fosse quella corretta, ma Hermione sapeva che era una sfida persa in partenza.
    «Mezzosangue?»
Una domanda la interruppe dalla chiacchierata unilaterale con quel quadro, facendola voltare di scatto. Sospirò di sollievo, incontrando la persona che aveva atteso da quasi un’ora, anima vagante tra quei sotterranei.
    «Cosa ci fai qui?»
    «Hai perso questa» gli mostrò la spilla da Prefetto di Serpeverde, che gli aveva sottratto con l’inganno senza che lui se ne accorgesse. «Ieri sera, nel corridoio».
Draco guardò quell’oggetto stringendo lievemente gli occhi, non ricordava di averla persa. In verità non ricordava nemmeno di averla indossata, la notte precedente. Tese il braccio con la mano aperta, rimettendo subito a suo posto quella spilletta non appena lei gliela restituì.
Aveva riflettuto a lungo sulla sera precedente, ed era giunto alla inconsueta conclusione che nulla di quello che le aveva detto gli aveva provocato rimorso. Gli aveva fatto bene, confidarsi con lei. Lo aveva ascoltato, senza tuttavia ribattere come al suo solito e senza alcun pregiudizio, e gli aveva dimostrato che poteva fidarsi davvero di lei.
La guardava, adesso, in piedi davanti a lui, vestita con dei semplici shorts ed una maglia che sembrava lievemente grande per lei. Teneva stretto al petto un libro, come se quello avesse potuto donarle il coraggio che aveva dimostrato di avere scendendo fino all’ingresso del suo dormitorio.
    «Avresti potuto darmela stamani a colazione».
    «No. Non sarei riuscita ad avvicinarmi come se non avessi…» 
Come se non avessi conosciuto il vero Draco.
Si interruppe, scuotendo la testa e maltrattando una manica della maglia. «Niente».
Il Serpeverde alzò le spalle, mormorando la parola d’ordine per l’ingresso. Le fece cenno di entrare, sicuro invece che lei non l’avrebbe mai fatto.
    «Sono tutti fuori, Granger» le mormorò, muovendo ancora la mano. «Ed io devo cambiarmi. Mi sono allenato fino ad ora, e non sopporto di stare con i vestiti sudati».
Le prese una mano, trascinandosela dietro contrastando ogni suo borbottio. La vergogna che provava lei lo fece sorridere lievemente, mentre si avviava verso la sua stanza. 
    «È vuota, è vero, ma non so cosa potrebbe accadere se qualcuno ti trovasse qui» la mise in guardia, ben sapendo però che nessuno si sarebbe azzardato a fare qualcosa ad una Prefetto. Non se lui era insieme a lei.
Per l’ennesima volta, ringraziò il terrore che gli altri avevano non di lui, ma della sua famiglia.
Lo raggiunse a passo affrettato, quasi correndo, non volendo davvero trovarsi nella situazione che le aveva appena descritto, e rimase immobile davanti la porta della stanza del biondo. Lo sentì sbuffare, dall’interno di quello che doveva essere il bagno, il libro stretto con più forza contro il suo petto.
    «Granger, per quanto ami essere adorato, ci tengo alla mia vita privata» le disse, alzando di poco il tono della voce. Ricomparve, vestito non più da Quidditch ma con la divisa scolastica. Solo con i pantaloni, della suddetta divisa. Hermione aprì la bocca per dirgli di coprirsi, e sembrò boccheggiare quando non le uscì alcun suono.
    «Entra e chiudi la porta» aggiunse, costretto poi a farlo da sé. La Grifondoro guardava dappertutto nella sua stanza, tutto fuorché lui, e la situazione lo fece ghignare divertito. «Mezzosangue, non sei affatto convincente. Non dirmi che è la prima volta che vedi un ragazzo solo con i pantaloni!»
    «Certo che no» lo contraddisse secca, fulminandolo con lo sguardo. «Ma non credo che…»
    «Accomodati» la invitò, interrompendola. «Tranquilla, il letto non morde» aggiunse subito dopo, beccandosi un’occhiataccia da parte sua. Hermione non gli rispose, accettando la sua richiesta. Forse, realizzò, seduta avrebbe provato meno imbarazzo.
O forse ne avrebbe provato il doppio, guardando il Serpeverde che si chinava sulle ginocchia per cercare qualcosa sotto il letto. Lanciò il libro alla sua sinistra, che si aprì a metà, data l’usura di ore ed ore di studio, cercando di allontanarlo dalla posizione in cui si era messo : inginocchiato tra le sue gambe, un braccio scomparso sotto quel mobile a cercare qualcosa di introvabile - il nulla -, la fronte aggrottata mentre la guardava con curiosità e l’altro braccio posato sopra il letto, accanto alla sua gamba, mentre un profumo fresco e pulito le solleticava le narici.
Anche il suo profumo, sapeva d’inverno. 
Vide negli occhi di lui ciò che stava per fare, una consapevolezza alla quale non voleva fuggire, per una volta; un gesto che lui desiderava compiere fin dalla sera precedente nel corridoio, scegliendo di mandare al diavolo quelle assurde credenze sul sangue che suo padre gli aveva sempre inculcato fin dalla nascita.
Hermione sentì il braccio sinistro del biondo stringerla, abbracciandola da dietro la schiena, le sue gambe che si alzavano permettendogli di arrivare all’altezza del viso di lei. 
Lo guardò brevemente, gli occhi color dell’inverno gelido e caldo insieme, e la mano ricomparsa da sotto il letto le strinse la semplice maglietta grigia - leggermente più scura degli occhi di lui, notò solo in quel momento - che aveva indossato, stropicciandone il bordo inferiore fino ad alzarlo di qualche centimetro. Lo osservò avvicinarsi piano al suo volto, lasciandole tutto il tempo di ritrarsi se solo avesse voluto. Ma Hermione non lo fece, preferendo chiudere gli occhi, la testa lievemente chinata all’indietro.
E l’inverno la baciò.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note.

Breve One Shot creata per un contest, ambientata al sesto anno, quando Draco viene sorpreso ad intrufolarsi alla festa organizzata da Lumacorno, fuggendone subito dopo - al contrario di quello che avviene nel libro - da solo. 
I personaggi sono lievemente OOC, Draco in special modo, ma spero di averli resi quanto più possibili fedeli agli originali.
Ringrazio fin da ora chi vorrà dedicare una piccola parte del suo tempo nel leggere questa shot.

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