~ you were singing at the top of your lungs, and I remember
laughing.
I would like to
reach out my hand
Charlie gli camminava accanto. Non
faceva altro, solo – camminava, corporea, perfettamente tangibile, lì accanto a
lui. Ogni passo le spingeva indietro i capelli, scoprendo la linea del collo
dorato dal sole. Gli occhi fissi davanti a sé tranne che per quelle volte in
cui le loro spalle si sfioravano – allora Charlie lo guardava, di sfuggita,
senza sorridere troppo, e subito dopo tornava a concentrarsi sulla strada e
sull’orizzonte come se lui neanche esistesse.
Era
un problema serio, tenersela così vicina.
Miles
si sforzava, davvero, di non pensarci
troppo, ma era uno di quei casi umilianti in cui sai di combattere una
battaglia persa.
Charlie
era giovane. Era partita su richiesta del padre morente – Ben: Dio, a volte
quasi se ne scordava – per andare a cercare lui
perché l’aiutasse a riprendersi il fratellino. La tipica missione della
principessa ruzzolata giù dal trono. Ma era cresciuta già prima, poi durante e
dopo quella prima tappa; neanche con la faccia più tosta del mondo Miles
avrebbe mai potuto dire che al suo fianco in quel momento camminasse una
ragazzina. Aveva visto il mondo, alla fine, quello vero. Aveva persino ucciso. Ed
era così dannatamente giovane.
Era
bella, anche. Non che questo potesse o dovesse
attirare troppo la sua attenzione. Ma neanche passava sotto silenzio: era con
gli occhi di Rachel che lo sbirciava, era con quella
bellezza che lo infastidiva.
Continuava a sforzarsi di non pensarci – e appena credeva di esserci riuscito
per più di cinque secondi le loro spalle si sfioravano.
Ma
non era questo, non era niente di tutto questo. C’era una cosa di Charlie che
lo faceva profondamente incazzare, ed era il fatto che lei ricordava.
Quindici
anni dal blackout, ed eccola lì, la figlia di suo fratello, poco più che
adolescente, con le sue pretese di sangue e di famiglia e gli occhi di sua
madre e le parole e le speranze maturate in forza di volontà, che veniva
appositamente a ricordargli chi era stato – prima Bass,
con Bass, dopo Bass – e non
contenta, non soddisfatta di aver innescato con quel semplice vieni con me una serie di esplosioni nel
cuore di un mondo senza suoni, si era addirittura sforzata di ricordarlo:
lui qui a cercare di dimenticare anche solo di esistere e lei lì a frugare
nella memoria di una bambina di quattro anni, mi hai portata a fare un giro in macchina, tu cantavi e io ridevo.
Che
fine aveva fatto quell’uomo?, gli aveva chiesto dopo, del tutto incurante di
scavargli un cratere nell’anima – perché lo sapeva, sapeva benissimo di fargli
male e gliel’aveva fatto lo stesso. Sangue del suo sangue.
E
Miles non era il tipo che avrebbe mai potuto semplicemente sputare la verità,
dirle che quell’uomo lo rivedeva negli occhi di lei. Ma aveva il dannatissimo
sospetto che in qualche modo lo sapesse. Non che questo risolvesse qualcosa.
Un
passo più lungo, una perdita d’equilibrio – e ogni tanto Charlie gli sfiorava
la mano, e in quei momenti non lo guardava, ma sorrideva più a lungo.
Miles
si sforzava, davvero, di non dare
troppo peso a quel sorriso. Ma sapeva perfettamente di mentire a se stesso
mentre si diceva che non era per vederlo
più spesso che aveva iniziato a canticchiare.
I may see you, I
may tell you to run
(You know what they
say about the young)
Spazio
dell’autrice
No regrets. 535 parole di fluff puro perché, da quando ho iniziato
Revolution,
shippare incest mi dà molti
ma molti problemi in meno di qualsiasi altra occasione in cui mi sia mai
successo. (Ovviamente nei limiti del credibile perché nel profondo Miles è
troppo una persona decente per assecondare le mie più turpi fantasie o///o)
Anyway. Sono a quota sedici episodi, nella prima
stagione; ho ambientato questa shot in un momento del
tutto imprecisato del primo arc (prima di
Philadelphia) per non rischiare di finire troppo fuori canon:
ovviamente ho capito che Miles e Rachel hanno condiviso
qualcosa, per dirne una, e addirittura nutro il dubbio che in realtà Charlie
sia sua figlia – NO SPOILER PLEASE! Per cui, beh, ritengo di non aver strafatto
troppo; ma il punto è che dovevo scaricare quest’ondata assurda di feels in qualche modo, e quando ho iniziato a scrivere
Miles ha deciso da sé che voleva cantare per far sorridere Charlie. ♥ Speaking of, i versi sono tratti
da Send me on my way, Rusted Root, uno dei miei guilty pleasures. E il titolo è ovviamente una quote di Charlie, se non sbaglio del quarto episodio.
Dedico questa
sciocchezzuola a Giada che mi ha
colta giusto in un momento di fangirling su Billy
Burke spingendomi a spostarmi da Zoo
a Revolution
e dannandomi l’anima per sempre.
Thanks for reading,
Aya ~