Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Whatadaph    02/10/2015    5 recensioni
Due giovani agli albori di un sogno. Un vecchio cerca di annegare nel ricordo, cercando la risposta ad una domanda vecchia di cent’anni.
“Solo una cosa vorrei sapere, ancora adesso. Solo una risposta non ho smesso di cercare.”
Grindeldore / Angst / I classificata al contest "Sette giorni, due obblighi e un personaggio" indetto da Freya Crescent sul forum di EFP
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Silente, Gellert Grindelwald | Coppie: Albus/Gellert
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
- Questa storia fa parte della serie 'Licht und Schatten'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nick sul forum: Daphne S
Introduzione: Due giovani agli albori di un sogno. Un vecchio cerca di annegare nel ricordo, cercando la risposta ad una domanda vecchia di cent’anni.
Solo una cosa vorrei sapere, ancora adesso. Solo una risposta non ho smesso di cercare.”
Titolo: La memoria è uno specchio opaco   
Personaggio e obbligo scelto: Albus Silente, Obbligo A
Avvertimenti: Slash
 
 
*
 
La memoria è uno specchio opaco
 
 
Cominciò così, un giorno. Cominciò con il pugno sollevato di fronte ad una porta, con le nocche a battere sul legno scheggiato.
Continuò poi con uno scalpiccio: passi frenetici giù per le scale, che raggiunsero le sue orecchie; poi la porta che si apriva, una donna sulla soglia, dai capelli castani e l’aria distratta.
Alle sue spalle, immobile, c’era lui.
 
… La mia prima immagine di Gellert Grindelwald fu questa. Ricordo le labbra di Bathilda schiudersi per dirmi qualcosa, con un sorriso accogliente, ricordo questo giovane uomo in piedi alle sue spalle, che catturò subito la mia attenzione.
La sua figura era avvolta nella penombra dell’atrio, ma i suoi occhi scintillavano e un forte accento tedesco marcava il suo inglese formalmente perfetto.
Per la prima volta in tutta la mia vita non sapevo come comportarmi. Non sapevo cosa fare, perché ero sempre stato abituato a trattare le persone più grandi di me con educazione e rispetto, i coetanei con indulgenza e cortesia… Ma adesso? Come parlare con una persona che mi pareva uguale a me?
 
(Il Pensatoio rimanda l’immagine di un giovane dai capelli rossicci, raccolti in una coda sulla nuca, con dei piccoli occhiali in equilibrio sulla punta del naso ancora dritto. Il vecchio lo osserva attraverso le lenti a mezzaluna, in piedi al suo fianco, sulla soglia di una casa che vorrebbe dimenticare – o forse non vorrebbe: forse vorrebbe vivere nel ricordo che precede quello che accadde poi. Vorrebbe provare di nuovo quelle sensazioni senza l’affanno, senza il presentimento, senza il sentore della morte.
Vorrebbe non sapere dove ha portato quella strada intrapresa un mattino, alla porta di Bathilda Bath).
 
 
 
C’era un campo di grano, bardato d’oro, sotto un cielo nuvoloso solo a tratti.
C’era Gellert, più biondo del grano, dal volto animato. Lo osservava a lungo mentre parlava e cambiava continuamente espressione: così esuberante, così trainante, così geniale. Le sue idee erano grandi, il suo fervore un tumulto.
Si chiedeva come facesse ad essere tanto pieno di vita.
Non si conoscevano che da pochi giorni, ancora, ma lo faceva sentire meno solo in quel piccolo paese, in quella gabbia di obblighi morali, di costrizioni affettive…
Lo faceva sentire come se avessi trovato qualcuno che lo completasse, che potesse essere un suo specchio.
 
Ricordo cosa pensai. Pensai che davvero ci saremmo potuti completare a vicenda. Pensai di aver trovato la salvezza dal bigio destino cui mi credevo condannato. Credevo che Gellert mi avrebbe tratto via dal grigiore quotidiano, che insieme avremmo raggiunto la luce…
Credevo che potesse essere il mio specchio luminoso e quello oscuro, e io per lui…
 
(Questo altro ricordo è semplice. Non ci sono che due ragazzi di neanche vent’anni, ai margini di un campo di grano, sotto un sole estivo che illumina le spighe di barbagli tremolanti a seconda di come le inclina il vento.
Sembra un ricordo felice, una di quelle memorie minute ma potenti, quel genere di ricordi adatti a formare un Patronus. I due giovani parlano tra di loro: il biondo più a lungo, accompagnando le parole con gesti larghi ed espressioni intense; il più alto in modo più posato, con frasi brevi e le labbra che di tanto in tanto si increspano in un sorriso.
Sembra un ricordo felice, sembra un ricordo puro.
Sono gli eventi successivi a guastarlo, a miscelarlo male, a trasformarlo in un monito mortuario, in un preludio di tragedia).
 
 
 
C’era una scogliera, una ripa scoscesa che scendeva dritta verso il mare, con le onde che si accavallavano selvaggiamente ai suoi piedi, strinate di spuma.
L’acqua pareva scura e lontano all’orizzonte iniziavano ad accatastarsi nuvole di pioggia.
Sulle rocce, tuttavia, brillava ancora il sole: sulla sommità della scogliera, sopra un manto d’erba, c’erano due giovani in piedi, a un passo dal dirupo. Il biondo taceva con gli occhi puntati dritti di fronte a sé, dritti verso il cielo – l’altro lo fissava.
 
… Non ricordo esattamente cosa ci stessimo dicendo quel giorno, in cima alla scogliera; ricordo solo che lontano cominciava ad acconciarsi il temporale e noi eravamo in alto, molto in alto sopra il mare… Ricordo come ci sentimmo. Era esaltante sostare in piedi lassù, così vicini al baratro: l’euforia ci divorava e ci sentivamo potenti, lì in cima, come fossimo padroni del mondo, affacciati all’oceano mentre il vento ci schiaffeggiava…
Potrebbe essere stato quello il momento in cui ho deciso che avrei seguito Gellert in capo al mondo. Non avevo provato nulla di così forte: ero terrorizzato, ma per nulla al mondo avrei rinunciato a sentirmi così.
 
(Il vecchio distoglie gli occhi dai due giovani. Dentro di sé, nei recessi più segreti del suo animo, qualcosa si scuote ancora. Nelle profondità, il ragazzo che era continua a bramare quell’ebbrezza di vento e fuoco, ancora smania, ancora freme…
Una volta di più, il vecchio ha paura, quell’ansia sommessa e ancora inconscia che si ha di un sogno lontano, ma mai dimenticato).
 
 
 
Due giovani passeggiavano per un cimitero, l’uno accanto all’altro, per una volta in silenzio. Si guardavano attorno ad occhi socchiusi, alla ricerca di qualcosa… Come sempre, il più alto dei due – quello con i capelli ramati radunati in una coda nella nuca – appariva più calmo e padrone di sé, mentre il biondo dalla faccia d’angelo quasi scalpitava, frenetico, con lo sguardo che saettava in continuazione da una parte all’altra.
Poi la sua voce. “Eccola là, Albus,” ed entrambi si precipitavano verso una lapide più vecchia delle altre, con un simbolo triangolare inciso nella pietra.
Seguiva qualcosa di simile una confusa serie di momenti ammassati uno sull’altro, che si conclusero con Gellert tuffato sull’altro a ghermirlo in una stretta euforica. Albus ricambiava l’abbraccio, ma la sua espressione era mutata…
 
… È un altro momento di cui non ricordo precisamente le parole, la sequenzialità. Ricordo solo che Gellert mi teneva stretto a sé davanti alla tomba di Ignotus Peverell; ricordo la sensazione del suo mento aguzzo infisso nella mia spalla, del suo respiro sulla mia pelle…
Ricordo che pensai allora che fosse troppo tardi per tornare indietro e che probabilmente mi ero innamorato.
 
(Il vecchio si tira indietro dal Pensatoio e si guarda intorno, nel suo ufficio circolare ingombro di libri e oggetti magici, dalle pareti tappezzate di ritratti addormentati, che paiono ancora una volta farsi i loro affari. Fanny gorgheggia piano dal suo trespolo e Albus Silente aggrotta la fronte sopra le lenti a mezzaluna, mentre i suoi occhi si fanno tristi, si fanno opachi…
Apre il terzo cassetto della sua scrivania con una piccola chiave che teneva nascosta sotto la veste: il legno scricchiola appena e la sua mano dalle dita lunghe e magre – la sinistra, giacché la destra giace raggrinzita e annerita nel suo grembo – tira fuori un pacchetto di lettere ben impilate, legate tra di loro da un nastro blu ormai sbiadito, tanto vecchie che la carta pare fragile, come se da un momento all’altro si potesse sbriciolare.
Una lacrima solitaria scivola lungo il suo zigomo rugoso e scompare in mezzo alla fluente barba argentea.
“Davvero, Albus?” gli sembra ancora di poter udire la voce di Gellert, come se giungesse da lontano, dalla cella di Nurmengard oppure da un campo di grano vecchio quasi cent’anni. “Davvero non le hai mai buttate via? Dopo tutto quello che è successo?”
C’è una nota di compatimento nella voce del vecchio amico, del nemico di un tempo.
Gli occhi del vecchio si fanno più tristi. “Davvero credevi che avrei potuto farlo?” risponde in un mormorio, ma non c’è nessuno ad ascoltarlo).
 
 
 
Come in molti giorni di quella lontana estate, il sole brillava ma le nubi iniziavano a radunarsi in lontananza, come truppe chiamate alla guerra.
C’era un campo di grano ormai mietuto e due giovani stesi tra i mozziconi di spighe, ancora lucenti come una distesa di puntini dorati. Le loro labbra si cercavano, i loro corpi si trovavano, mentre laggiù si preparava la tempesta.
“Il mondo sarà nostro, non è vero?”
“Per te, Gellert, non c’è nulla che non farei.”
 
… Questo momento lo ricordo, chiaro come l’alba. Ricordo bene gli occhi di Gellert che fissavano i miei prima di tornare a catturare le mie labbra. Ricordo il cuore che mi batteva nel petto ad un ritmo di tamburo, ad un ritmo di marcia…
Solo una cosa vorrei sapere, ancora adesso. Solo una risposta non ho smesso di cercare. Vorrei sapere se la mia era solo un’illusione o se, almeno solo per un momento, lui mi abbia davvero amato.
 
(Quando bussano alla porta, il vecchio si riscuote e mette ogni cosa al proprio posto, tornando a chiudere nel terzo cassetto della scrivania il giovane che era stato un tempo, radunando via le sue memorie per tirarle via dal Pensatoio.
Poco prima che la porta si schiuda e che il giovane Harry Potter entri nel suo ufficio, il vecchio pensa che sia più giusto aiutare i ragazzi d’oggi: per quelli d’un tempo, suo malgrado, non c’è niente che si possa fare.
Non ci sono altre risposte da trovare).
 
 
 


Note dell’Autrice
Dopo un bel po’, con mia grande gioia torno a scrivere sulla mia OTP, e ovviamente non potevo non scrivere qualcosa di altamente depressivo.
Questa storia partecipa al contest “Sette giorni, due obblighi e un personaggio” indetto da Freya Crescent sul forum di EFP.
Spero vi sia piaciuta!
Daph
 
 
   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Whatadaph