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Autore: The Writer Of The Stars    02/10/2015    2 recensioni
Rin che sorride con gli occhi e non lo sa, che ha le guance imbellettate di imbarazzo e tenerezza, che pensa di essere inutile e affatto carina e che nemmeno immagina che quel sorriso ha conquistato non uno, ma ben due cuori ancora infantili ed acerbi per la profondità dell’amore. Rin che ha la vita negli occhi e che vorrebbe tanto trasmetterla a Kakashi con la forza inaspettata di un sorriso mai richiesto ma indispensabile, Rin che vive per due persone, perché una di queste deve ancora imparare bene come si fa …
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Kakashi che adesso ha la vita di Obito in un occhio e porta quella di Rin in un altro, che sorride in modo sbagliato perché lei non ha avuto il tempo di insegnargli bene come si fa. Rin che sorride nei suoi occhi, e Kakashi che osserva il cielo tinto d’arancio e i suoi allievi che ora ama come figli, vivendo per entrambi.
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Accenni Kakashi/Rin.
Idea tratta da una mia vecchia one shot pubblicata in un'altra sezione.
Nessun riferimento all'omonimo film!
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Obito Uchiha, Rin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Idea tratta da una mia vecchia fanfiction postata sul fandom de “L’Attacco dei giganti”. (Sì, scrivo anche in quella sezione, e sì, amo Shingeki No Kyogin. Sono Rivetra shipper, Petra x Levi rules!)

 
Sin da piccolo, Kakashi Hatake aveva capito che erano pochi i veri piaceri della vita, ma soprattutto, che questi potevano trovarsi in cose piccole, infinitamente piccole alle volte. Come un kunai nuovo di zecca, o un buon piatto di ramen, ad esempio. Oppure in altro, perché la felicità l’aveva trovata anche in altri mondi. Negli sguardi soddisfatti di Minato- Sensei nei suoi confronti, molto spesso, nella sbadataggine di Obito, alle volte, o nel sorriso di Rin, ogni giorno. Erano cose insignificanti forse, momenti e gesti che agli occhi dei più sarebbero risultati probabilmente banali, scontati quasi, ma per lui, che non aveva sperimentato davvero cosa fosse la bellezza di un abbraccio materno o un sorriso paterno, quelle piccole cose gli sembravano quanto di più simile alla sua ideale felicità potesse esserci. E andavano bene, eccome se andavano bene.

Un’altra cosa che ultimamente aveva annoverato alla minuta lista sotto il titolo di “felicità”, era senza ombra di dubbio quella grande quercia nel bosco circostante il villaggio, quella con il tronco pingue e i rami vecchi di migliaia di anni che non sembravano però mai stanchi di sostenere il peso della vita delle foglie su di loro. Era una bella quercia, pensava tra sé, ed era ancora più bella quando vi si appoggiava contro stremato dopo un allenamento, con gli occhi chiusi e il respiro affannato per lo sforzo. Ed era bello, lo sapeva che era bello, starsene lì sotto con i polmoni che piano piano tornavano ad immettere aria regolarmente, con gli occhi che non ne volevano sapere di aprirsi perché troppo stanchi e con il sonno che dalla testa schizzava via nel suo corpo, raggiugendo tutte le direzioni e rilassando le sue membra adolescenziali, portandolo a trascorrere un paio d’ore in silenzio, da solo, in assoluto riposo sotto quelle foglie che da verdi diventavano gialle, che poi cadevano ammantando il terreno circostante e tornavano alla fine in nuove rigogliose foglie verdi, più belle e brillanti di prima. Era pace quella, e sebbene amasse l’azione e gli allenamenti, aveva scoperto che quella pace gli piaceva, gli piaceva tanto. 

“Rin, insomma, aspettami!”

“Obito, non è colpa mia se sei lento!”

Se la quercia secolare significava pace, Obito e Rin invece significavano solo un’altra cosa, che stranamente non turbava poi tanto il suo cuore: famiglia. Erano rumorosi, allegri, pieni di vita e inarrestabili; erano Famiglia, perché Famiglia significa che nessuno viene mai abbandonato o dimenticato, e Kakashi credeva che abbandonarsi a quella onirica convinzione fosse quanto di più giusto e difficile al contempo potesse esserci.

“Ma io non sono lento, sei tu che …”

“Shh!” Rin bloccò di scatto la sua avanzata per il bosco tinto dall’arancio del sole calante di fine autunno, e con un gesto secco della mano zittì all’istante il ragazzo che arrancava alle sue spalle. Obito chiuse la bocca, mentre le labbra si contraevano in una smorfia confusa e gli occhi fissavano curiosi i capelli scuri di Rin che non le coprivano abbastanza la schiena esile. Rin si voltò piano, sorridendo leggermente e con una tenerezza leggera nelle iridi appena socchiuse.

“Guarda …” sussurrò solamente, indicando con discrezione la grande quercia di fronte a lei. Obito alzò lo sguardo stranito, non capendo cosa ci potesse trovare di tanto interessante in uno stupido albero, ma quando gli occhi ebbero l’accortezza di abbassarsi un poco, il respiro si mozzò appena, mentre la bocca si apriva in un ovale di stupore.

Era la prima volta che vedevano Kakashi Hatake, il loro freddo e rigido compagno di squadra, dormire in quella maniera così rilassata e bella. Se ne stava con le spalle poggiate alla corteccia rugosa, le braccia forti incrociate al petto, una gamba distesa e una leggermente piegata. Gli occhi serrati dolcemente, il coprifronte appiccicato alla fronte perfetta e i capelli di quell’inspiegabile sfumatura argentea che dondolavano appena nel vuoto, sospinti dalla dolce carezza del vento di Novembre. Era rilassato, e sebbene la solita maschera nera stesse coprendo metà del suo viso, Rin ebbe la certezza che in quel momento, un leggero ed inconsapevole sorriso stesse impregnando quelle labbra nascoste e sconosciute.

Rin sorrise a sua volta, gli occhioni scuri fissi sul volto addormentato del ragazzo.

Rin che sorride con gli occhi e non lo sa, che ha le guance imbellettate di imbarazzo e tenerezza, che pensa di essere inutile e affatto carina e che nemmeno immagina che quel sorriso ha conquistato non uno, ma ben due cuori ancora infantili ed acerbi per la profondità dell’amore. Rin che ha la vita negli occhi e che vorrebbe tanto trasmetterla a Kakashi con la forza inaspettata di un sorriso mai richiesto ma indispensabile, Rin che vive per due persone, perché una di queste deve ancora imparare bene come si fa …

 D’un tratto una fredda brezza autunnale giunse a schiaffeggiare il volto delicato della ragazza e spalancando gli occhi, sostituì alla dolcezza una rabbia quasi materna e divertita.

“Ma è possibile che non capisca che così prenderà freddo? Ah, il solito presuntuoso!” esclamò con tono di rimprovero, togliendosi lo zaino dalle spalle e poggiandolo in terra. Obito la osservò incuriosito piegarsi dinanzi alla sacca e aprirla con sicurezza, ficcando poi la testa al suo interno e rovistando alla ricerca di qualcosa di cui non riuscì a riconoscere l’identità. Ascoltando a malapena le mezze imprecazioni sussurrate di Rin, il ragazzo voltò lo sguardo, posandolo di nuovo sul suo compagno di team, ancora assonnato, mentre un sorrisino divertito si fece spazio sulle sue labbra.

“Eccola, aveva ragione allora!” esclamò finalmente Rin, alzando lo sguardo trionfante ed estraendo qualcosa dallo zaino. La ragazza osservò per alcuni secondi la coperta calda stretta tra le sue mani, dandosi mentalmente della grande per essersela portata dietro. “Non si sa mai, potrebbe sempre servire.” Aveva pensato, osservando i nuvoloni scuri che preannunciavano l’inverno e a quanto pareva aveva pensato bene. Con celerità volse lo sguardo alla quercia secolare e in un attimo i suoi occhioni si spalancarono sorpresi, mentre le labbra si contraevano in un sorriso intenerito. Dinanzi a lei, ora non stava più solo il freddo Kakashi Hatake avvolto dalla spirale del sonno, ma al suo fianco, composto nella stessa identica posizione del compagno, si era addormentato anche Obito, che fino a quel momento aveva bellamente ignorato. A vedere quei due starsene vicini a dormire tranquillamente, percepì un enorme senso di tenerezza invaderle le membra, surclassato poi da un moto di gelosia e stizza che la costrinse ad avvicinarsi in fretta ai due.

“Ma insomma, dico io, potreste anche farmi un po’ di posto, no?” biascicò a mezza voce, mentre con delicatezza si infiltrava nel bel mezzo di quel sonno ristoratore. Dopo numerose mosse più o meno delicate, Rin riuscì finalmente a mettersi comoda tra i due ragazzi, che nel mentre non avevano aperto occhio, e con un sorriso portò la coperta sulle loro gambe, coprendo al meglio tutti e tre. Soddisfatta e rinfrancata dal tiepido calore della lana morbida, Rin appoggiò piano il capo sulla spalla di Kakashi, chiudendo gli occhi e sorridendo inconsciamente al sole calante d’autunno che li salutava con lenta discrezione, tingendo l’ambiente circostante di arancio e serenità.

Kakashi percepì il capelli di Rin solleticargli il mento e il naso, e senza aprire gli occhi, sorrise inconsciamente sotto la maschera, pensando che quella “Famiglia” era incredibilmente meravigliosa.
 
 

“ … ensei? Kakashi – sensei?” Kakashi apre di scatto gli occhi, percependo qualcuno strattonarlo leggermente per un braccio. Il suo sguardo freddo ma ancora annebbiato dal sonno si scontra con la figura di Sakura che piegata sulle ginocchia lo osserva leggermente preoccupata. Lentamente cerca di fare mente locale, e alzando lo sguardo scorge, dietro la ragazzina, un’inconfondibile chioma bionda saltellante e un freddo e distaccato sguardo profondo puntato sulla chioma rosa della ragazza. Ancora inspiegabilmente intontito, Kakashi accenna un sorriso sotto la maschera, osservando i suoi allievi con finta tranquillità.

“Ragazzi, ma che ci fate qui?” chiede confuso. Sakura sorride un poco, Sasuke scuote leggermente la testa sconsolato, e Naruto … Beh, Naruto …

“Maestro Kakashi, ma come, se n’è dimenticato?! Dovevamo incontrarci per gli allenamenti!” esclama Naruto concitato. Kakashi fa ordine mentale, ricordandosi piano piano i dettagli offuscati dal sonno.

“Ma non l’abbiamo vista arrivare, e anche se siamo abituati al suo ritardo, Naruto ha piagnucolato talmente tanto che alla fine siamo venuti a cercarla.” Conclude Sasuke con tono neutro, scuotendo leggermente il capo. Naruto gli lancia uno sguardo di sfida, assottigliando gli occhi in una smorfia contrariata.

“Hey, teme, non dire stupidaggini! Io non ho piagnucolato, ‘ttebayo!” esclama piccato. Sasuke ghigna leggermente, chiudendo gli occhi infastidito.

“Tsk, ma per favore, dobe, sei stato più insopportabile del solito.” Risponde con scherno Sasuke, mettendo a tacere il biondo. Sakura ridacchia divertita da quello scambio di battute mentre Kakashi si passa una mano in fronte, mentre con lentezza tutto si fa chiaro.

“Si era addormentato, maestro.” Gli fa notare con un piccolo sorriso Sakura. Kakashi ricambia il sorriso, leggermente nervoso.

“Eheh, già, così pare …” risponde ridacchiando, eppure, dentro di sé, sente la malinconia divorarlo.

Era stato tutto un sogno …
 
D’un tratto però, il suo sguardo viene colpito da qualcosa di particolare, color panna. Incuriosito abbassa lo sguardo sulle proprie gambe e spalancando l’occhio visibile e la bocca sente un peso schiacciargli il cuore, come un macigno. Con timore accarezza la coperta poggiata sull’addome, mentre le labbra si spalancano automaticamente, senza che se ne renda conto.

“Ragazzi!” esclama, richiamando l’attenzione dei tre, che nel mentre hanno ripreso a discutere scherzosamente. I suoi allievi volgono lo sguardo nella sua direzione, sorpresi.

“Cosa c’è, maestro?” chiede Sakura a nome di tutti.

 “Avete portato voi questa coperta qui?” chiede, il tono di voce che tradisce ansia e emozioni disparate. I ragazzi spalancano gli occhi confusi, scuotendo leggermente il capo.

“No, non siamo stati noi.” Risponde Sasuke serio, avvertendo un turbamento interiore nel loro maestro. Kakashi allora stringe con forza il tessuto della coperta per accertarsi che sia reale e non solo un miraggio, ricercando disperatamente con lo sguardo la figura eterea di Obito e di Rin intorno a quell’albero maledetto che lo ha condotto nuovamente a lui. Non scorge da nessuna parte gli occhi marroni di Rin, ma solo quelli verdi e splendenti di Sakura, e di Uchiha ce n’è uno, ma non è quello che sta cercando. Abbassando lo sguardo, Kakashi sorride mestamente, inspirando piano quella coperta che conserva ancora il profumo di Rin, quello che lui ricorda alla perfezione.
Alza gli occhi al cielo, sorridendo lievemente.

Infondo lui lo aveva sempre saputo che Rin si preoccupava troppo per lui, e persino ora, tra le nuvole e le stelle delle notti d’autunno, continua a prendersi cura di lui, come allora.

Non ha mai smesso di farlo.

E sa che è difficile, impossibile quasi, per uno come lui, ma glielo deve. Rin ha bisogno di vivere ancora e adesso tocca a lui ricambiare il favore.
 
Kakashi che adesso ha la vita di Obito in un occhio e porta quella di Rin in un altro, che sorride in modo sbagliato perché lei non ha avuto il tempo di insegnargli bene come si fa. Rin che sorride nei suoi occhi, e Kakashi che osserva il cielo tinto d’arancio e i suoi allievi che ora ama come figli, vivendo per entrambi.
 


Nota autrice:
Buongiorno gente! Piccola precisazione per questa storia: come detto all’inizio, l’idea è tratta da una mia precedente storia postata nel fandom di Aot, perciò è un riadattamento di un mio vecchio lavoro, che era stato ispirato a sua volta da un video su youtube. Come avete notato, oltre che SasuSaku shipper (per me sono la perfezione, lo sapete.) amo la coppia Kakashi X Rin, e sebbene siamo in pochi a sostenerli, per me qualcosa tra di loro c’era. Li adoro insieme (Ok, adoro più che altro Kakashi, ma andiamo, insieme a Rin è ancora più adorabile!) Ah, e anche se il titolo rimanda al famoso film “Se mi lasci ti cancello”, in questo caso non ha alcun collegamento, ma mi sono invece ispirata alla poesia di Alexander Pope.

“L’eterno splendore di una mente candida” è una frase che mi ha colpita incredibilmente e che ho associato a Rin. ;)
Spero che la storia vi sia piaciuta, fatemi sapere che ne pensate!

Alla prossima!


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