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Autore: VBlackParade    03/10/2015    1 recensioni
Epoca medievale.
Un periodo in cui ben poco era concesso, a parte le disgrazie.
Due uomini in contratto di amicizia e servitù.
Alla fine, ne varrà comunque la pena di rischiare.
Genere: Erotico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Epoca medievale, Italia.
Gerard stava indossando la sua armatura appena fatta lucidare. Lo stemma inciso splendeva di quei pochi colori alla fioca luce della luna. Quasi si sentivano ancora i ferri incandescenti che giusto un attimo prima stavano forgiando una spada. Nella notte rilucevano pure i suoi lineamenti sottili e quella chioma castano chiara, spenta per la tristezza e per la frustrazione di una battaglia incombente. L’odore della terra bagnata di sangue sembrava già nell’aria.
“Sai, la mia famiglia avrebbe fatto meglio a restare dov’era.. in America intendo”, borbottava, “Qui in cosa si è imbattuta di meglio? Avevano troppo buontempo e denaro, e io ero troppo piccolo per poter esser privato di quella meravigliosa aria selvaggia”.
“Suvvia, stia tranquillo, andrà tutto bene alla fine, dicono sia solo una guerriglia”, gli venne risposto con tono consolatorio.
“Smettila con queste formalità una buona volta!”, ridacchiò lui facendo poi una pausa, “Tu.. tu credi ancora che io possa sopravvivere? Frank, sono un semplice soldatino, scaltro solo per esperienza, ma senza alcuna abilità strategica. Basta che voli una lancia nella direzione sbagliata e io sono carne da macello come chiunque altro”.

Gerard si sistemò l’elmo sul capo e percorse velocemente la distanza che lo separava dalla porta di quella piccola stanza della servitù che già sapeva non avrebbe mai più rivisto, ma venne inaspettatamente bloccato.
“Non puoi andartene, è troppo tardi ed è notte fonda, potrebbe sorprenderti qualche superiore, ti prego di restare”, e Frank gli prese la mano con supplica nella sua, segnata da tagli e colpi violenti parati di sfuggita.
“Amico mio, sai che resterei ma se le trombe squillassero seduta stante, io sarei impreparato e non voglio esser costretto a disertare poi. Inoltre, non voglio che tu senta oltre le mie sciocche lamentele. Non è assolutamente mio diritto rovinarti i dolci pensieri da giovanotto che hai. Buonanotte Frank”, concluse liberandosi dalla sua mano e facendo un altro passo verso la porta. Il ragazzo lo raggiunse e bloccò la serratura, gettando oltre la chiave.
“Gerard, ho quella di scorta ma non potevo lasciarti andare. Sei il mio unico amico e voglio godere della tua presenza un’ultima volta, te ne prego. Almeno in questo momento ho la certezza che ci sei”, sospirò con forza, come se gli fosse appena stata confermata la fine del mondo.
“Le tue origini italiane Frank non smentiscono la tua melodrammaticità.. e sempre confermano ciò che davvero accadrà, almeno stavolta. Sono vecchio ormai, e tu sei profetico”.
Il giovane si fece piccolo e stretto sul suo petto, permettendo a Gerard di odorare il profumo di tutta una vita davanti, anche se era una vita di stenti. Aveva comunque ancora molte esperienze da fare, senza dover perdersi con un quasi quarantenne vedovo e a un passo dalla morte.
“Senti Gerard, amico mio..”, le parole forzate con gli occhi fissi a terra, “mi sento ormai in dovere di essere trasparente con te”.
“Sempre, Frank, la nostra amicizia è sempre stata così, quindi dimmi cosa ti affligge. Forse la mia partenza o il mio addio poco sentimentale?”
“Accantona l’ironia.. mi infastidisce la mia menzogna...”, urlava quasi con la voce interrotta da deboli singhiozzi, “ti ho mentito a lungo, dal primo momento in cui ti sei presentato a me come ‘Gerard, dalle Americhe’ e mi hai guardato con quegli occhi che io... ah, non sei mai stato davvero mio amico, o forse non ero io a vederti come tale! Dieci anni fa, quando iniziai io ad affiancarti, non potevo dirti ciò che sto per ammettere ora, ne andava delle nostre vite, della tua vita. Ebbene, Gerard dalle Americhe, io ti amo e vorrei il privilegio di un tuo sincero tocco prima che..”
“Prima che io muoia, insomma”, replicò l’altro con fare quasi naturale e chinando il capo di lato, “Sai, probabilmente io ora ti definirei un traviato dal demonio se fossi un uomo come gli altri con famiglia.. ma io ho avuto una sola donna, di comodo, ed essa sforzò la mia natura... solo un uomo ricevette però le mie vere attenzioni, quindi”.
Frank ormai piangeva e stava recuperando la chiave per permettere all’amato di uscire quando Gerard gli sorrise, lo attirò a sé e continuò il discorso: “Ma quell’uomo sei sempre stato tu e non hai mai capito che la mia codardia impediva le mie folli azioni, e poi tu hai sempre avuto troppa paura per me. Sono ormai un uomo morto, cosa mi potrebbe mai impedire di giacere con te stanotte e finire felice all’inferno?”.
“Speravo di essere almeno un po’ la ragione per cui sopravvivrai”, sussurrò stanco l’altro.
“Non posso prometterti nulla in questa piccola vita, e tu lo sai meglio di me”.
A colmare la distanza tra i due volti fu per primo Frank, colui che per tanto tempo diede solo miseri segnali di amicizia, mentre Gerard si godeva quel piccolo infantile bacio, pensando tra sé quanto dolore già sapeva di provocare a quella creatura. Sapeva sarebbe stata l’ultima volta in cui si sarebbero guardati negli occhi, o per lo meno toccati. Nient’altro di questo a loro era più permesso, per loro il futuro o era bianco o era nero. Stavolta, sembrava nero funereo.
Gerard iniziò a spogliarsi dell’armatura più pesante, passando poi alla maglia in ferro e ai piccoli stracci di tessuto che dovevano coprirlo un po' dal freddo. Scoprì un corpo vecchio, pallido, segnato cicatrici da battaglia, alcune datate, altre ancora fresche e rosso sangue. I segni di una vita si erano fatti quasi prematuri su di lui, vividi come non mai, ma non meno anche su Frank, consumato da una vita di lavoro e fame, un ragazzo a cui risultava difficile togliere gli abiti. Dentro di sé sapeva che non era un bello spettacolo il suo torace più e più volte fustigato con la verga dal padre. La vergogna che provava era tanta, forse troppa, ma la sofferenza quella non la si poteva mascherare neppure con il voltarsi di spalle.
“Non posso togliermi gli abiti, Gerard”.
“Ho già visto le tue cicatrici.. fu per errore tempo fa, dalla finestra qui”, la indicò, “ti stavo cercando e la tenda non era ben tirata”.
“Non avresti mai dovuto vedere quel lato di me, mai!”, scoppiò in lacrime, richiamando alla mente il dolore antico della frusta paterna.
“Invece io l’ho amata quella parte di te, è ciò che ti ha permesso di diventare chi sei ora, anche se non era strettamente necessario”. Lo uccise dentro con le sue iridi verdi, un coltello piantato dritto nel cuore di Frank, nella sua anima. “Voglio che tu ti spogli davanti a questo specchio e che tu capisca che ti sei sempre sbagliato, che sei un uomo meraviglioso e che le cicatrici possono scomparire all’istante se tu lo vuoi”.
Gerard condusse il ragazzo di fronte a una piccola parete specchiata, lasciando cadere lentamente le vesti, e percorse i suoi lineamenti con le dita, anche attorno ai segni, mostrandogli quanto fossero irrilevanti di fronte a una personalità tanto positiva come la sua. Stringendosi in un bacio passionale, i due si spostarono sul piccolo letto instabile e iniziarono quell’amplesso amoroso che avevano tanto desiderato, ma che non avevano mai potuto confessare per concederselo. Era frutto di semplice tenerezza e amore, non di bramosia o sfogo. Tra loro non esisteva la postilla ‘liberarsi dalla paura’ in quel momento. Esistevano solo le loro anime, unite in una sola, non curanti dei pensieri altrui e della vita oltre la morte.
“Promettimi che almeno ci proverai a sopravvivere... anche solo per ripetere questo momento”, chiese Frank mentre percorreva il profilo del volto di Gerard.
“Ci proverò ma non mi permetterò mai di crearti false speranze, hai già sofferto abbastanza e non servo anche io. Ora rivestiamoci, tra poco devo partire indubbiamente e nessuno deve trovarci così”, lo baciò per l’ultima volta quella sera per potersi poi preparare.
Frank venne già reclamato da un altro servo al piano superiore, così cercò frettolosamente la chiave e aprì l’uscio, facendo uscire l’amante di soppiatto. Lì fuori vi si trovava un compagno di Gerard, che lo guardava interrogativo ma senza far troppe domande. Lo stava cercando, in quanto tra dieci minuti si sarebbero dovuti incamminare verso i confini della regione. Si girò di scatto verso Frank.
“Never in Hell, always in Paradise. Mai nell’Inferno, sempre in Paradiso. Ti amo immensamente”, gli sfiorò la guancia con il dorso della mano.
Con gli occhi inondati dalle lacrime, l’unica cosa che il ragazzo riuscì a rispondere fu: “Ti amo, ma torna”.
In quel momento vi fu lo squillo delle trombe. La partenza di mille soldati si sentiva, così come il tintinnio delle armi pendenti.

Quella fu l’ultima volta che Frank vide Gerard dalle Americhe.
   
 
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