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Autore: gattina04    03/10/2015    6 recensioni
Due tempi, due storie: un futuro neanche troppo lontano e un presente.
Cosa accadrebbe se all’improvviso comparisse una bambina convinta di essere la figlia di Emma e Killian? Come reagirebbero i due scoprendo che presto la loro vita cambierà drasticamente?
E se dall’altra parte due genitori fossero alla disperata ricerca della loro piccola scomparsa? Cosa faranno per ritrovarla, come potranno reagire di fronte a quella che sembra una missione impossibile?
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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8. Nuove conoscenze
 
Future time
La mattina seguente ci alzammo presto per poter arrivare dai Troll delle Rocce il prima possibile. Non che io e Killian avessimo dormito; avevamo passato la notte in tutt’altro modo, cercando di cancellare ogni minimo pensiero con la passione tra i nostri corpi. Il dolore era rimasto, ma almeno avevamo provato a metterlo da una parte per un po’.
Dopo aver fatto colazione, quando finalmente eravamo pronti per partire, sentimmo del trambusto al di fuori dei cancelli del palazzo.
Elsa si fece subito avanti andando ad interrogare una guardia. «Che cosa sta succedendo?».
«Una donna afferma di dover parlare con urgenza con i vostri ospiti, altezza. È la stessa donna che vi ha annunciato il loro arrivo».
«Allora cosa aspetti a farla passare?», proruppe Anna, che nel frattempo si era avvicinata alla sorella.
«Subito». La guardia si ritirò inchinandosi, tornando poco dopo seguita da Ariel, che grazie al suo magico braccialetto aveva perso la coda per ottenere un paio di gambe.
«Ariel che succede?». Mi diressi di corsa vicino a lei, temendo il peggio.
«Buone notizie credo», si affrettò a dire per rassicurarmi; doveva aver notato il panico del mio sguardo. Anche Henry e Killian ci raggiunsero per sentire quello che la sirena aveva da dire.
«Mentre ero al porto ieri sera sono stata richiamata a Storybrooke da Regina. Lei e i tuoi genitori mi hanno consegnato una lettera per voi». Aprì la sua borsa e ne estrasse un foglio che afferrai senza indugio. Qualunque fosse la notizia speravo che portasse un po’ di speranza, ne avevo davvero bisogno visto che non riuscivo più a vedere la luce in quel profondo baratro.
La lettera era indirizzata a me ed era scritta con la grafia ordinata di mia madre.
Cara Emma,
poco dopo la vostra partenza a bordo della Jolly Roger, è successa una strana cosa: l’Emma e il Killian del 2015 sono riusciti a mettersi in contatto con noi. Non abbiamo la minima idea di come sia stato possibile, ma noi potevamo sentirli e abbiamo parlato con Edith. Lei sta bene, è al sicuro e loro ci hanno assicurato che la proteggeranno e che sarà in buone mani finché voi non potrete riabbracciarla.
Spero che questa lettera sia inutile e che lei sia già lì tra le tue braccia; ma se così non fosse allora l’importante è questo: Edith sta bene, me l’ha detto lei stessa, almeno su questo punto puoi stare tranquilla. Qualsiasi cosa succeda sappi che lei ti aspetta, non perdere la speranza.
Vorrei essere lì con tutti voi. Un bacio
Mary Margaret
Passai la lettera a Killian in modo tale che anche lui ed Henry potessero leggerla. Feci un profondo respiro per poter incanalare tutte quelle informazioni. Edith stava bene, non avevo mai dubitato di quello, ma averne la certezza era sicuramente un conforto inaspettato.
«Che succede?», domandarono insieme Anna ed Elsa.
«Lei sta bene», rispose Killian al mio posto. Il sollievo nella sua voce era evidente. La certezza che lei fosse al sicuro era forse la prima buona notizia che ricevevamo da quando era iniziato tutto quell’inferno. I miei genitori erano riusciti a parlarle: cosa avrei dato per essere stata al loro posto e aver potuto sentire la sua voce! Mi mancava da morire il suono della sua dolce vocina o anche solo il sentire risuonare intorno a me la sua risata così simile alla mia.
«Almeno sappiamo che non dobbiamo preoccuparci per la sua incolumità», affermò Henry.
«È una splendida notizia», esultò Anna. «Sono sicura che questo è soltanto l’inizio e che d’ora in poi le cose andranno per il verso giusto». Non potevo dirmi così altrettanto speranzosa, ma almeno era un punto di partenza. Non sarebbe importato quanto tempo ci avremo messo nel trovarla, noi avremo riabbracciato nostra figlia; nel frattempo potevamo stare certi che lei sarebbe rimasta al sicuro, avrebbe comunque avuto una specie di genitori alternativi che si sarebbero occupati di lei e che l’avrebbero difesa.
Rassicurati almeno su quel punto, ci mettemmo in cammino per andare dai Troll delle Rocce. Anna apriva la strada con la sua naturale euforia e vivacità, seguita da Henry e Killian. Io ed Elsa chiudevamo il gruppo.
«Henry è così cresciuto», disse all’improvviso puntando lo sguardo sulle spalle di mio figlio, che  camminava poco più avanti. «Devono essere successe molte cose dall’ultima volta che ci siamo viste».
«Beh in effetti sì. Henry è grande ormai, adesso studia letteratura a New York».
«È lontano da Storybrooke?».
«Sì abbastanza. Un po’ mi manca, e anche a Regina però lo sentiamo spesso. Credo che abbia una ragazza laggiù, anche se per ora non ci ha detto niente». Quella mattina l’avevo visto trafficare col telefonino nella speranza che funzionasse; ovviamente non era stato così, ma ero sicura che avesse qualcuno a New York che aspettasse la sua chiamata. Speravo solo che ne avrebbe parlato presto con me o con Regina.
«Beh non è solo lui ad essere cambiato», mi fece notare. «Anche tu sei cambiata e non mi riferisco solo al taglio di capelli». Feci un mezzo sorriso sapendo che aveva ragione.
«Credo che sia stato inevitabile», dissi solo.
«Non sei più quella persona che ha una tremenda paura di essere amata, che cerca di costruire un muro intorno a sé per evitare di esporsi e che tiene i suoi sentimenti sepolti in fondo al cuore». Non credevo che Elsa fosse riuscita a capirmi così bene, aveva descritto perfettamente l’Emma che ero quando ci eravamo conosciute.
«Sì, hai perfettamente ragione. In parte lo devo sicuramente a mia figlia, ero già una madre ma non sapevo fino in fondo cosa significasse avere qualcuno completamente dipendente da te. Henry era già grande quando è venuto a cercarmi».
«Deve essere orribile starle così lontano», mormorò a mezza voce.
«Lo è. Più che altro è l’impossibilità di raggiungerla che ci da il tormento, sia a me che a Killian».
«Anche lui è molto cambiato. Sembra molto più maturo del pirata che ho conosciuto».
«Forse lo è, penso che alla fine siamo riusciti a maturare insieme. Sicuramente per me essere amata costantemente come mi ama lui ha fatto la differenza».
«Avevo capito che lui ti amava immensamente, tu all’inizio, invece, cercavi di non farti coinvolgere troppo. Però sono contenta che alla fine lui abbia avuto il sopravvento. Posso dire che ho visto sbocciare il vostro amore».
«Beh sì, tu c’eri», confermai. «Ma tu invece cosa mi dici? Anna mi ha detto che non vuoi nessuno».
«Oh non direi che non voglio», replicò. «Anna mi assilla con il fatto che dovrei trovare l’amore e approfitta di ogni occasione per presentarmi dei pretendenti. Il fatto è che nessuno sembra…».
«Quello giusto», conclusi per lei. «Quello che ti fa battere il cuore e ti fa tremare le ginocchia».
«Già qualcuno che mi guardi come Hook guarda te, o tu guardi lui». L’amore vero: era quello che cercava e che aveva tutto il diritto di cercare.
«Spero che tu lo possa trovare presto». Avevo appena finito di pronunciare quelle parole quando, inaspettatamente, ebbi un giramento di testa che mi diede l’impressione di perdere l’equilibrio. Fui costretta a smettere di camminare e a chiudere gli occhi per cercare di fermare il paesaggio intorno a me, che aveva iniziato a girare vorticosamente.
«Emma!», proruppe Elsa. «Ti senti male?». Sapevo quale conseguenza avrebbero causato quelle parole, visto che avevo notato che Killian aveva rallentato il passo in modo da poter origliare la nostra conversazione.
«Emma!». Come volevasi dimostrare: due braccia che conoscevo fin troppo bene mi avvolsero immediatamente.
Cercai di aprire gli occhi per tranquillizzarlo. «È stato solo un giramento di testa, sarà stata la stanchezza di…». Non riuscii a finire la frase perché mi sentii svenire. Killian per fortuna mi sostenne e mi fece sedere su una roccia lungo il sentiero, sollevandomi le gambe.
Anche gli altri erano accorsi e percepivo i loro sguardi preoccupati su di me. Per fortuna il mio corpo rispose prontamente e pian piano ripresi il controllo di me stessa.
«È così pallida», mormorò Anna. «Forse sarebbe meglio portarla alla bottega di Oaken, c’è anche una sauna; avrà sicuramente qualcosa per farla riprendere».
«Non credo che sia necessario», ribatté Henry. «Lasciamola respirare».
Quando provai a riaprire gli occhi, il mondo aveva per fortuna smesso di girare. Lo sguardo di Killian era fisso su di me, colmo di preoccupazione.
«Come ti senti?», mi chiese sfiorandomi la guancia con l’uncino.
«Sto bene, è stato solo un giramento di testa», minimizzai. «Deve essere la stanchezza».
«Tesoro bevi un po’ di rhum, vedrai che ti farà stare meglio». Tirò fuori la fiaschetta e fece per passarmela. Il rhum era davvero la sua soluzione a tutto? Peccato non fosse altrettanto consigliato in gravidanza.
«No grazie, non mi va adesso», mormorai sperando che si accontentasse di quella spiegazione.
«Vuoi dell’acqua?», mi domandò Elsa.
Forse quella era meglio. «Sì grazie». Hook rimise a posto la fiaschetta ed Anna mi passò la boraccia; mi affrettai a bere un paio di sorsate.
«Credo sia meglio fermarci un po’ per riposare», suggerì Killian.
«No», proruppi cercando di alzarmi. «Non ce n’è bisogno, non dobbiamo rallentare».
«Tesoro», mi fece rimettere a sedere, «sono giorni che non dormi bene, riposarsi qualche minuto non farà male a nessuno».
«No! Davvero, ora è passato. Dobbiamo andare a parlare con i Troll delle Rocce».
«Mamma non c’è bisogno di affrettarsi, sappiamo che Edith sta bene; dieci minuti in più o in meno cosa cambiano?». Adesso ci si metteva pure Henry?
«Ho detto di no; non sto male, è stato solo un giramento di testa». A quel mio scatto Killian mi afferrò per le spalle puntando i suoi occhi dritti nei miei. Sapevo che quando mi scrutava così era capace di leggermi come un libro aperto. Abbassai lo sguardo puntandolo a terra con la consapevolezza che lui era comunque riuscito ad intuire molto di più di quanto volessi mostrare.
«Swan». Il suo tono era autoritario. «Dimmi cosa mi stai nascondendo». Avrei mai smesso di sorprendermi per quanto quell’uomo riuscisse a capirmi?
Alzai di nuovo lo sguardo puntandolo nel suo. «Sono incinta».
Vidi la sua bocca spalancarsi sentendo la mia inaspettata dichiarazione. La sua espressione passò dalla sorpresa alla felicità, a quella che era la più profonda gioia e commozione.
«Oh ma è una cosa fantastica!», proruppe Anna. «Avrete un altro bambino! È meraviglioso».
«Congratulazioni», le fece eco Elsa.
«Avrò un altro fratellino? Questa famiglia si sta allargando sempre di più, ma la cosa mi piace».
La mano di Killian mi sfiorò la guancia. «Da quanto lo sai?».
«Con certezza?». Lo fissai stringendomi nelle spalle. «Da quando Edith è scomparsa».
«E perché diavolo non me l’hai detto?». Anche se era un rimprovero suonava poco come tale.
«Perché non volevo che questa notizia fosse rovinata da quel momento orribile. Avrebbe dovuto essere una buona notizia, se te l’avessi data allora… ti saresti solo preoccupato anche per me».
«Emma io mi preoccupo sempre per te e credimi niente mi farebbe essere meno lieto per questa splendida novità». Mi fiondai sulle sue labbra, dandogli giusto il tempo di finire di parlare. Le sue braccia mi avvolsero, facendomi aderire contro il suo petto. La sua bocca si mosse sulla mia baciandomi con passione, riuscendo a farmi percepire tutta la sua felicità. Infilai le dita nei suoi capelli, godendo del suo sapore e cercando di imprimermi nella memoria quel momento che a suo modo era stato comunque unico.
Sentii Henry tossire per ricordarci che non eravamo soli, ma in quel momento non importava granché del fatto che stavamo dando spettacolo. Purtroppo, però, Killian si staccò, troppo presto per i miei gusti, intrecciando in ogni caso la sua mano alla mia.
«Allora», dissi per rompere l’imbarazzo che si era creato, «ci rimettiamo in viaggio?».
«Solo se sei sicura amore».
«Lo sono», risposi con sguardo fermo. Mi alzai e lasciai che lui mi desse il braccio, mentre gli altri, senza aggiungere altro riprendevano il cammino e ci distanziavano per lasciarci un po’ di privacy.
Solo Anna si trattenne accanto a noi. «È davvero una cosa meravigliosa, sembri proprio più radiosa. Non avevo detto nulla, ma avevo notato che c’era qualcosa di diverso. Sembrate davvero una coppia così affiatata, spero proprio che Gran Papà possa darvi una mano e che possiate rivedere presto vostra figlia. È sempre una sofferenza stare lontani dalla propria famiglia…».
Smisi di ascoltare e appoggiai la testa sulla spalla di Killian. Ero stata davvero una stupida a nascondergli la gravidanza; dovevo immaginare che lui sarebbe stato felice lo stesso. Ma forse era stato più per me che per lui che avevo mantenuto il segreto. Non riuscivo a pensare a quel nuovo bambino con il constante incubo di Edith. Non poter stare con lei, non riuscire a riabbracciarla, mi impediva di realizzare che presto io e Killian avremo avuto qualcun altro che sarebbe completamente dipeso da noi, che avremo e che ci avrebbe amato incondizionatamente.
Non molto tempo dopo vidi Elsa ed Henry fermarsi in una radura rocciosa, con molte pietre di forma circolare dalle grandezze più disparate.
Anna corse verso di loro. «Gran Papà siamo io ed Elsa, fatti vedere».
All’improvviso una pietra iniziò a rotolare verso di lei e altrettanto improvvisamente prese vita. «Anna, Elsa, mie care! È un piacere vedervi».
«Gran Papà dobbiamo presentarti delle persone», disse Elsa. «Hanno delle importanti domande da farti». Mi avvicinai, sempre al braccio di Killian, per vedere meglio e anche per essere vista da quello strano troll.
La pietra si voltò verso di noi, scrutandoci con i suoi grossi occhi. «Lo so e vi stavo aspettando».
 
Present day
Eravamo seduti da Granny ed io ero maledettamente nervosa, come del resto anche Killian. Non ci piaceva per nulla l’ida di presentare Edith a Gold, ma un accordo era un accordo e se non volevamo affrontare la sua ira avremmo dovuto rispettarne i termini.
Edith sedeva al tavolo senza dire una parola e guardava Hook che, irrequieto, andava avanti e indietro per il locale. Io ero seduta al suo fianco e picchiettavo con le dita sul legno, inquieta per quella, anche se breve, attesa. Tremotino sarebbe arrivato di lì a poco e il non sapere esattamente che atteggiamento avrebbe avuto, non mi faceva stare tranquilla. Lo conoscevo troppo bene per non credere che avesse secondi fini, anche se non era più il Signore Oscuro.
«Tieni tesoro questa è per te». Granny posò una tazza di cioccolata fumante di fronte ad Edith. «Ci ho messo la cannella proprio come piace a te». Possibile che quella piccola fosse già entrata nelle grazie di mezza Storybrooke? E secondo: la cannella? Sul serio? Doveva essere impresso nei miei geni, se riuscivo a trasmettere quel carattere a tutti i miei figli.
«Grazie». Prese la tazza tra le manine e iniziò a berla con estrema golosità mentre Granny si allontanava.
«Chi è che dobbiamo incontrare?», mi chiese dopo aver terminato un lungo sorso.
«Il signor Gold, sicuramente l’avrai conosciuto di già nel tuo tempo».
«È per questo che tu e Killian siete così nervosi?». Abbassai lo sguardo per guardarla meglio: i suoi occhi mi scrutavano in attesa che rispondessi alla sua domanda.
«Cosa sai tu di Gold?», domandai invece di risponderle.
«A papà non piace il Coccodrillo. Mi dice sempre che devo stare attenta e che non devo ascoltare quello che mi dice». Sapeva molto di più di quanto credessi, visto che l’aveva chiamato con il nomignolo che Hook usava per il suo acerrimo nemico.
«E la mamma e il papà ti hanno mai portato da lui per insegnarti a gestire la magia?». Se era quello che volevamo fare, dovevamo capire se ci avevano già provato; ma da quello che aveva detto sembrava proprio che quell’opzione non fosse stata proprio considerata.
«No, solo mamma e zia Regina hanno cercato di farmi imparare, ma non hanno insistito tanto perché io non riuscivo a sentirla».
«In che senso non riuscivi? Adesso è diverso?». Non mi ero accorta che Killian si era fermato a lato del tavolo e si era messo ad ascoltare la nostra conversazione. Comunque anche io avevo notato che Edith aveva usato il tempo passato. Voleva dire che era cambiato qualcosa?
«Non lo so», rispose sorseggiando la cioccolata. «Io non riesco ancora a gestirla ma non è più come prima».
«Questo perché probabilmente adesso è più potente». Alzai la testa di scatto sentendo quella voce, mentre Killian si voltava repentinamente. Gold era davanti a noi e fissava la piccola con aria benevola, forse fin troppo benevola.
«Scusate non avevo intenzione di origliare», disse facendo un passo avanti. «Tu devi essere la piccola Edith». La bambina lo fissò con aria truce, ma lui continuò come se nulla fosse. «Immagino che tu sappia chi sono, in fondo dovresti conoscere più o meno tutti in questa cittadina».
«Che cosa intendevi dire prima?», gli domandò Killian. «In che senso è più potente?».
«Immagino che tornare indietro nel tempo le abbia richiesto molta magia, anche se lei non se ne è accorta. È ovvio che sia cambiato qualcosa in lei».
Edith aveva smesso di bere la cioccolata e lo guardava con fare torvo, stringendo le dita intorno alla tazza. Il suo sguardo era identico a quello di Hook: avevo visto Killian guardare molte volte Tremotino con gli occhi pieni di rabbia trattenuta. Edith lo guardava esattamente nella stessa maniera.
Anche Gold sembrò notarlo. «Beh pirata non si può certo negare che sia tua figlia, ma permettetemi di sedermi». Senza aspettare una risposta si sedette sul divanetto dall’altra parte del tavolo, proprio di fronte a me ed Edith.
«Credo che tu sia prevenuta nei miei confronti», disse direttamente alla bambina. «Il tuo sguardo parla chiaro, così come anche una parte del sangue che ti scorre nelle vene. Non posso negare che tra me e tuo padre ci siano stati dei contrasti».
«Contrasti?», ringhiò Hook. «Beh chiamarli contrasti è minimizzare».
Gold non si curò di lui e proseguì. «Ovviamente come puoi vedere, visto che siamo entrambi qui intorno allo stesso tavolo, abbiamo superato ciò che accadde in passato».
«Io non la vedrei in questo modo», replicò Killian. «Direi piuttosto che è la necessità che mi ha costretto a smettere di vendicarmi nei tuoi confronti».
«Sì lo so caro. Collaborare con me è l’ultima cosa che vorresti ma come vedi è quello che stai facendo; si potrebbe dire che tu stia facendo ciò che è necessario».
«Mamma e papà mi hanno detto di non fidarmi di te», intervenne Edith, cogliendoci tutti di sorpresa. «So cosa hai fatto in passato».
«Bene immagino che tuo padre ti abbia più o meno raccontato la sua versione».
«Non c’è una mia versione», protestò di nuovo Hook. «C’è solo la verità». Gli lanciai uno sguardo intimandogli di tacere. Quella conversazione era già difficile senza che ci si mettesse anche lui, ribattendo su ogni minimo punto. Non era saggio far perdere la pazienza a Tremotino, soprattutto quando sembrava sopportare così bene le accuse del suo nemico. Quello era il primo segno che le sue intenzioni non erano così cristalline come voleva farci credere.
«Comunque», continuò, «io sono qui solo per conoscerti e per aiutarti». Cercai una parola per definire il suo atteggiamento. Viscido: ecco come era. Non mi fidavo, ma sapevo che l’unico ad avere risposte sui poteri di Edith era lui. Non mi ero scordata cosa aveva detto appena arrivato: era cambiato qualcosa in lei che l’aveva resa più potente.
«Non voglio il tuo aiuto», rispose prontamente Edith, tirando fuori una grinta e un coraggio inaspettato. Puntò il suo sguardo dritto in quello di Tremotino, sostenendo i suoi occhi che la scrutavano e mantenendo inalterata la sua espressione fiera. Sapevo benissimo da chi avesse preso quell’atteggiamento: aveva le iridi di Killian ma quel modo di fare, quella sicurezza e quella tenacia erano propriamente mie.
Tremotino scoppiò a  ridere inaspettatamente. «Si direbbe proprio vostra figlia, ha già un bel caratterino per essere una bambina. Comunque mia cara sbagli a non volere il mio aiuto».
«E perché mai? Io mi fido dei miei genitori e loro non vorrebbero il tuo aiuto».
«Beh forse è proprio su questo punto che ti sbagli. Sono stati proprio Emma e Killian, qui presenti naturalmente, a chiedermi una mano».
Edith ci guardò confusa e sorpresa. La sua sfiducia nei confronti di Tremotino era tale da non capacitarsi del fatto che fossimo stati noi per primi a rivolgerci a lui.
«È vero?», domandò guardando prima me e poi Killian. Di sicuro la strategia di mettercela contro faceva parte del piano di Gold.
«Sì, ma non è come pensi», balbettai.
Hook era furente. «Era l’unico che poteva permetterci di parlare con i tuoi nonni». Vidi Edith scambiare un’intensa occhiata con Killian. A quanto pareva non ero più la sola che riusciva a comunicare con lui anche con un solo sguardo; infatti Edith sospirò e sembrò calmarsi.
«E posso fare anche altro. Per esempio sono l’unico che ha capito ciò che stavi cercando di dire prima quando sono arrivato».
«Cosa intendi?», chiesi incuriosita.
«Edith non riesce ancora a gestire la magia che ha dentro di sé, però come ha detto lei stessa non è più come prima. Adesso riesci a percepire che c’è, non è vero?».
La piccola lo fissò socchiudendo leggermente le labbra. «Sì», sospirò infine.
«Cosa?», proruppi. «Riesci a sentire la tua magia, perché non me l’hai detto?».
«Non è proprio così», si giustificò. «È strano, io non so spiegarlo». 
«Ma posso farlo io. Credo che avendo usato tutta quella magia tu sia più consapevole del fatto di possederla; però, dall’altra parte, è come un elastico che è stato tirato troppo e che non riesce più a tornare delle stesse dimensioni di prima. La tua magia è stata tirata ed espansa a tal punto che adesso si trova in un corpo troppo piccolo per contenerla». Era per questo che quando era scoppiata a piangere aveva creato quel putiferio; non l’aveva mai fatto prima perché non era mai stata così potente come lo ero diventata in quel momento.
«A quanto ho capito non sei mai riuscita a controllare la tua magia», continuò l’altro. «Però adesso, il non riuscire a controllarla, ha conseguenze più pericolose rispetto a prima, non è vero?».
Edith non rispose ma dalla sua espressione si capiva che Gold aveva colto nel segno.
«E se anche fosse?», domandò Killian percependo lo sguardo della piccola su di sé. «Tu cosa potresti fare? Ormai non hai più poteri Coccodrillo».
«Lo so, ma ho capito più io sui suoi poteri in neanche due minuti che voi o i suoi veri genitori in sei anni. Cosa pensate che potrei fare se diventassi il suo mentore? Potrei cercare di incanalare la sua magia nella giusta direzione, in fondo neanche voi volete che la piccola finisca per radere al suolo Storybrooke». Edith si voltò a guardarmi preoccupata e impaurita. I suoi occhi mi parlavano chiaramente: “Potrei farlo davvero?”. Non ne avevo la minima idea, tuttavia non mi preoccupava solo l’incolumità della mia città, ma anche la sua. Avevamo promesso ai suoi genitori di proteggerla e sicuramente in questa promessa rientrava il difenderla da Tremotino. Ma chi l’avrebbe protetta da sé stessa? Eravamo del tutto certi che non avrebbe rappresentato un pericolo per la sua stessa incolumità? Non potevamo saperlo ed il problema stava tutto lì: la magia aveva sempre un prezzo e quale sarebbe stato il costo di possedere una tale potenza a soli sei anni?
«Tu non sarai il suo mentore», dissi infine. «Però potrai darle dei consigli e cercherai di insegnarle a controllare la sua magia, con il mio aiuto e sotto il mio controllo naturalmente. Io sarò sempre con lei e tu dovrai sottostare alle mie e alle sue richieste. Se Edith dice che per lei è troppo, tu dovrai smettere, se io mi oppongo tu non continuerai. Questi sono le mie condizioni, sempre che Edith sia d’accordo».
Edith mi guardò per un secondo, puntando poi lo sguardo su Killian. «Va bene», disse infine. «Non voglio fare del male a nessuno».
«Tesoro», intervenne Killian facendole una carezza. «Tu non potrai mai fare del male a qualcuno, te lo garantisco. Lo sai, non devi credere a tutto quello che dice il Coccodrillo». Un sorriso mi salì spontaneo alle labbra, sentendo la sua rassicurazione. Edith non avrebbe mai dovuto sentirsi pericolosa, invece le parole di Tremotino l’avevano fatta sentire tale e avevano minato tutte le sue certezze.
Puntai lo sguardo su Gold aspettando una sua risposta. «D’accordo, accetto».


Angolo dell'autrice:
Buongiorno a tutti! Nell'attesa del prossimo episodio di OUAT vi posto un altro capitolo.
Gioite: Emma a rivelato a Killian della gravidanza! Questo era un punto molto sentito e alla fine lei glielo ha detto.
Dall'altra parte avviene l'incontro tra Gold ed Edith... la piccola è prevenuta nei suoi confronti e diciamocelo conoscendo Tremotino fa bene ad esserlo.
Vi ringrazio di leggere la mia storia.
Un abbraccio e a presto
Sara
  
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