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Autore: Yume18    03/10/2015    4 recensioni
Il ragazzo si aggirava tra le tombe silenziose, camminando spedito, con una meta precisa, ma allo stesso tempo insicuro, timoroso. Sì, proprio lui, Sasuke Uchiha aveva paura. Ma sopratutto percepiva quell'ormai quotidiano nodo in gola e sentiva un grosso peso gravargli sullo stomaco.
Avanzò ancora, senza frenare quelle strane emozioni che si agitavano dentro di lui. Doveva farlo. Era il 10 ottobre e da un anno la guerra era finita. Doveva fare gli auguri a Naruto. Ad ogni costo. Glielo doveva, infondo l'Uzumaki alla fine era riuscito a cambiarlo, l'aveva salvato dal baratro oscuro in cui era caduto. Aveva dato tutto per lui e lo aveva chiamato amico sempre e comunque. Fino alla fine.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Dopo la serie
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Tanti auguri…
 
 
Il vento fischiava forte nelle orecchie, e le foglie secche danzavano nell’aria, finendo di qua e di là, ammucchiandosi a terra, per poi disperdersi nuovamente.
 
Il cielo plumbeo e voluttuoso non lasciava presagire nulla di buono. Prometteva tempesta e ad ogni secondo pareva ingrigirsi di più, fino a piombare sulla terra con fare opprimente, intrappolando gli uomini in una tetra e triste morsa.
 
La distesa di lapidi che pareva senza confini non migliorava certo il paesaggio. Quel reticolo ordinato era monotono e dava un senso di amara perfezione, come fosse frutto di un’ironia perversa e crudele, nascosta sotto quel gesto così fintamente cortese, come dare una patria ai morti. Fornire ai vivi il modo per restare in contatto con i propri cari, rinnovando ogni volta il dolore, e quindi facendo soffrire la gente del dolore passato.
 
Lui odiava i cimiteri. Odiava andare ai cimiteri, da sempre. Proprio per quella sensazione di gelo che gli lasciavano addosso, quella sensazione di essere preso in giro, che i morti fossero presi in giro. Odiava quel modo contraddittorio di risolvere le cose. Di andare spontaneamente, ogni volta che capitava, a battere su una ferita non ancora cicatrizzata. Che si riapriva del tutto, e di nuovo faceva male come la prima volta.
 
Però adesso era esattamente questo che lui voleva: non dimenticare. Non poteva farlo.
 
Si addentrò fra le strette viuzze tra una pietra tombale e l’altra. Più procedeva, più quei massi scuri gli parevano infiniti e tutti uguali. Leggeva di sfuggita i nomi incisi sopra. E anche quelli non gli dicevano niente. Anche quelli erano solo scritte insignificanti, tutte simili e tutte diverse.
 
Superò la parte più vecchia del cimitero, e le tombe piene di muschio e incrostate finirono, lasciando il posto ad altre. Molto più nuove. Ormai il ragazzo non guardava più a terra, ma dritto davanti a se. E i ricordi strazianti cominciarono a riaffiorare. Impetuosi.
 
Lui non cercò di reprimerli, come da sempre faceva. No, questa volta doveva riuscire a sopportare quel dolore nella sua immensa grandezza. Doveva smetterla di fare il codardo e affrontare la realtà. Ma neanche dopo un anno riusciva ancora a capacitarsi di tutto quello che era successo e pensare al passato era impossibile senza che degli strani sentimenti lo invadessero in massa. E lui si sentisse male.
 
Aveva superato anche quelle altre tombe, adesso era in un settore del tutto nuovo. E lui capì che lì, come per la maggior parte del cimitero che si dilungava a perdita d’occhio in ogni direzione, erano sepolti i caduti in battaglia. Shinobi valorosi di Konoha.
 
A questo punto il ragazzo affrettò il passo, quasi mettendosi a correre. I ricordi che aveva lasciati senza più un freno stavano prendendo possesso della sua mente. E quelle pietre, che prima no gli facevano né caldo né freddo, cominciarono a farlo sentire ancora peggio.
Se lì immaginava ancora là, ritti sul campo di battaglia. In quella notte fatale, in cui i cinque grandi pesi ninja si erano finalmente riuniti e avevano combattuto con un solo grande esercito per far fronte alla minaccia di Madara. Tutto questo solo per merito di una persona. Che aveva raggiunto il cuore di tutti, ed era riuscito a tenere insieme così tante persone diverse e a dare loro la forza per non arrendersi mai. Quella stessa forza che lo caratterizzava. Che lo spronava sempre a fare meglio, a non abbattersi.
 
Cominciò a piovere. Una pioggerellina fitta. Che dava fastidio, finiva negli occhi, e ti lasciava inzuppare senza quasi che te ne accorgessi. Scendendo fino alle ossa e gelando il sangue. Sarebbe stato meglio un acquazzone.
 
Prima di rendersene conto il ragazzo ebbe raggiunto il lato opposto del cimitero. Tutte le tombe ormai erano alle sue spalle. Ma lui sapeva che quello che stava cercando non era dietro di lui, ma davanti, lo sentiva.
 
 Da quella posizione il ragazzo poteva vedere il monte degli Hokage dopo tanto tempo. Notò che c’era un volto di pietra in più, quello di Kakashi. Ma questo non lo fece sorridere. Poche cose lo avevano fatto sorridere veramente nella sua vita. Quel sorridere fatto col cuore, e non in quel modo falso e di gioia apparente di quando si ottiene ciò che si vuole con la prepotenza.
 
Non poté fare a meno di pensare che al ninja copia non spettasse quel posto, che era quasi un sacrilegio che avesse deciso di diventare Hokage, di accettare l’incarico. Nessuno ne sarebbe mai stato degno, per quanto il ragazzo si ostinava a sostenere.
 
Percorse qualche passo, e si aprì di fronte a lui un ampio spiazzo, dal quale si poteva vedere ancora meglio se possibile l’intero villaggio e in particolare i volti di pietra e il palazzo dell’Hokage. Fu allora che si rese conto di trovarsi di fronte ad un’imponente costruzione in pietra.
 
Ebbe lì per lì timore di avvicinarsi, e si bloccò. La pioggia era cessata. Come se il cielo avesse dato un avvertimento prima che cominciasse la vera burrasca. L’erba era umida. Il tronco degli alberi attorno lucido e dalle foglie ancora gocciolava acqua piovana. Oltre i primi faggi, non si distingueva molto, e il bosco pareva lugubre e tetro. Misterioso. Ma non era questo che metteva paura al ragazzo.
 
Alla fine prese un profondo respiro, strinse i pugni e raggiunse la tomba. Perché questo era. Non era come le altre. Alla base era molto ampia e rialzata, e dal basso si alzava un imponente blocco di pietra messo in verticale. Persino più alto del ragazzo, che non ebbe il coraggio di alzarvi gli occhi per leggere il nome che c’era scritto.  Poté osservare le centinaia di piccoli oggetti che vi erano posti, con delicatezza. Dei portachiavi, dei peluche, dei disegni tutti sbiaditi. E ancora portafortuna, fiori freschi di ogni genere … Poi in mezzo a tutto era ben in mostra un copri fronte.
 
Il ragazzo lo raccolse, combattendo contro se stesso. E al solo tatto quell’oggetto gli parve infinitamente potente. Lo strinse forte nella sinistra, percependo il leggero incavo del simbolo del villaggio sul metallo freddo. E la stoffa consumata e bagnata che terminava in due lunghi nastri neri. Quindi finalmente alzò la testa, salendo sul pianerottolo dove prima era posto il copri fronte. Trovandosi a pochi centimetri dalla lastra di pietra.
 
Puntò sharingan e rinnegan sulle poche incisioni della lapide e lesse piano, parole che invece risuonarono forti e nitide dentro la sua testa:
NARUTO UZUMAKI.
 
 
Seguivano altre scritte, alle quali quasi Sasuke non fece caso. Ancora assorto nel tentativo di comprendere appieno quelle due parole tanto enormi di significato. “Qui giace l’eroe che ha salvato l’intero mondo ninja.”. Quello che era sì, un eroe, ma non solo. Naruto aveva vissuto fin dalla tenera età come un reietto, e aveva condiviso la sua stessa sofferenza. Quindi prima di tutto era stato un mostro, e un bimbo orfano e pieno di odio.
 Poi però aveva saputo uscire da quella morsa di dolore, ed era diventato un suo compagno. Lui Sasuke, invece, ne era stato sopraffatto e manipolato. E quando Naruto aveva perso il suo compagno, era diventato un uomo. Perché aveva conosciuto la vera sofferenza, e aveva fatto la sua scelta per il futuro. Aveva cercato Sasuke a lungo, senza mai arrendersi. Sì, proprio lui, che invece non aveva capito niente, si era sempre lascito condizionare da tutto e tutti, inseguito un’assurda vendetta e dimenticato cosa fosse veramente importante.
E quindi Naruto era stato anche salvatore. Che lo aveva afferrato con forza e l’aveva prepotentemente strappato da quelle tenebre che l’avvolgevano. E alla fine era anche un eroe. Amico di tutti gli shinobi del mondo e persino dei cercoteri. Aveva saputo far cambiare idea a tutti, riportare ognuno dalla giusta parte. E adesso cos’era diventato? Solamente un cadavere in decomposizione sotto terra. Una lapide, un essere immateriale. Era morto.
 
E quel che era peggio. Era morto per mano sua.
 
Sasuke si senti improvvisamente mancare la terra da sotto i piedi. Si disse che niente era reale. Che non era così … Ma non era affatto convincente con se stesso. Ancora, dopo un anno passato dalla sua morte, non riusciva a capacitarsi del proprio gesto. Alla fine Naruto aveva dato persino la vita, per raggiungere il proprio obbiettivo.
 
E per tutto quel tempo Sasuke non aveva fatto altro che rivivere quello scontro milioni e milioni di volte, provando rabbia, verso se stesso e verso l’Uzumaki.
 
Loro due, che si fissavano, che cominciavano a combattere, che rimanevano avvinghiati in uno scontro fatale. Che si colpivano che si rialzavano che si parlavano. Lui che insisteva nelle sue assurde convinzioni, e Naruto, che non avrebbe lasciato solo Sasuke per niente al mondo, che ancora, durante quello scontro all’ultimo sangue, non mirava ad uccidere l’altro. E in tutti i modi, in tutte le lingue, gli parlava. E lui non ascoltava. E alla fine si erano colpiti, e entrambi avevano sentito che quella sarebbe stata l’ultima volta. E mentre Sasuke mirava al petto del biondo, questo indirizzava il colpo verso la destra del ragazzo moro, con una traiettoria volutamente non mortale.
 
Un boato, ricordi confusi. Alla fine si era rialzato con la consapevolezza di aver steso l’altro. Ma poi l’aveva visto inerme al suolo. E qualcosa dentro di lui era scattato. Come quando si dice : “ Non ci si rende conto di quello che si ha, fintanto che non lo si perde.”. Naruto sorrideva, era sereno. Sasuke non capiva. Si era portato le mani ai capelli, rendendosi conto di quello che aveva appena fatto, ed era caduto in ginocchio. Non ancora sicuro dei propri sentimenti.
-Cosa hai combinato idiota?!-
Aveva urlato, nonostante sapesse che era stato lui a ridurlo in quello stato. Naruto aveva tossito, sputando sangue. E aveva alzato un braccio portandoselo al petto. Il moro era rimasto a guardare confuso. Naruto aveva estratto da una tasca nascosta e sigillata della giacca qualcosa che aveva risvegliato in Sasuke ricordi che credeva sepolti per sempre.
 
 Era il suo copri fronte, che aveva lasciato a Naruto dopo il loro scontro in quella stessa valle quattro anni prima. Naruto glielo porse, ancora sorridendo. Quel sorrido grande e luminoso. Pieno di vita, anche in punto di morte. Sasuke, con le mani tremanti, non era riuscito a stringerlo, e l’oggetto era caduto a terra con un tintinnio.
-Perché …?-
-Baka …. È una vita che te lo dico. Coaf … Perché noi siamo amici.-
-Ma … E adesso?! Il tuo sogno?! Non dirmi che non vuoi più essere Hokage!-
-Non può essere Hokage una persona che non ha saputo riportare alla ragione un amico. E io ce l’ho fatta, almeno credo. Io sono Hokage per me stesso, ho realizzato il mio sogno. Finalmente tutti mi accettano. Che mi dici Sasuke, adesso cosa pensi di fare?-
Era arrivato a farsi uccidere. Aveva capito che quello era l’unico modo per far capire al moro cosa fosse veramente importante.
-Io …-
Naruto aveva sorriso di nuovo, un sorriso di trionfo. Perché nell’indecisione delle parole dell’amico aveva letto pentimento e disperazione. Adesso poteva andarsene in pace.
 
 Aveva chiuso gli occhi. E Sasuke gli aveva urlato più volte di non fare l’idiota e di svegliarsi. Gli aveva ricordato che il Naruto che conosceva era forte, che non si arrendeva mai, che non si era mai arreso e che non poteva farlo adesso. Non adesso che Sasuke aveva capito cosa voleva sempre dirgli l’Uzumaki. Ma il biondo non aveva sentito nessuna di quelle parole. E non aveva potuto avere la soddisfazione di sentirle pronunciare dopo averle agognate tutta la vita. Ormai era troppo tardi.  
 
MORTO.
 
 
Sasuke lasciò cadere la testa in avanti fino a farla toccare sulla lapide, e portò in alto la mano libera sbattendo forte il pugno sulla pietra fredda. Strinse il copri fronte del biondo così forte da farsi sbiancare le nocche. Sentiva dentro un grosso nodo che gli premeva contro il petto. Sapeva che quello era il senso di colpa. Il nodo gli risalì la gola, e sta volta era così grande che il ragazzo non riuscì a trattenerlo e a rimandarlo giù. E le lacrime sgorgarono fuori dagli occhi dell’Uchiha.
 
Non si preoccupò di tenere alto il proprio orgoglio, non gli interessava che qualcuno, se mai fosse arrivato proprio in quel momento lo vedesse in lacrime.
 
Anche piangere era una cosa che faceva di rado. Aveva pianto per suo fratello. E anche in quella occasione era stato proprio lui a privarsi di ciò a cui teneva di più. Prima di ucciderlo, si rese conto Sasuke, aveva considerato Naruto un fratello. Niente più Uchiha e niente più Uzumaki. E ora, anche se era morto, non lo era veramente. Lui non era solo sotto di lui. Ma anche in tutto il mondo.
 
Nell’animo di mille e mille shinobi. Lui era diventato la fiamma stessa che ardeva e portava avanti quella volontà cosiddetta del Fuoco. Lui era colui che aveva cambiato per sempre i cuori della gente, e adesso viveva dentro ognuna delle persone che popolavano quella terra. E sarebbe vissuto in eterno. Nella memoria dei figli, dei figli e dei figli di quelli che l’avevano conosciuto.
 
Le lacrime caddero a terra nella pietra, già bagnata, ma solo quelle poche gocce poterono lavare via tutto il dolore che aleggiava sopra quella tomba. Il dolore degli amici, dei conoscenti, delle persone care. Che la pioggia caduta, tanta e abbondante in un anno, non aveva potuto lavare via.
 
Sasuke lo sentì lì. Fu un attimo di sfuggita. Ne avvertì la presenza, e avvertì come il tocco leggero di una mano sulla sua spalla. Alzò la testa di scatto. Niente. Solo pietra. Chiuse gli occhi ed eccolo: ecco il suo sorriso, dolce, gentile. Lo stava consolando, era lì con lui. E lo perdonava. Non era mai stato arrabbiato. Ma lo perdonava ugualmente di tutto.
 
Sasuke allungò la mano, ma toccò solo la lapide gelida. Però alla fine sorrise. Un debole piccolo sorriso, che veniva dal cuore. Finalmente poteva essere in pace con se stesso.
 
Che tipo quel Naruto, l’aveva fatto piangere e ridere allo stesso tempo, due cose che già da sole era impossibile da fargli fare. Figuriamoci nello stesso tempo.
 
Sussurrò qualcosa al nulla, poi estrasse dalla tasca il copri fronte, il suo copri fronte, quello rigato, che Naruto gli aveva consegnato in punto di morte. E lo appoggiò sulla pietra assieme all’altro che già aveva rimesso al suo posto.
 
-Arrivederci Usuratonkachi.-
 
Sasuke si voltò. Si quello era un arrivederci, non un addio. Sarebbe tornato ancora. Perché visitare i cimiteri e le persone morte faceva male. Ma lui aveva bisogno di quel dolore per ricordarsi della sciocchezza che aveva compiuto. Per non scordarsi di tutte quante le sciocchezze che aveva fatto. E per sentire ancora una volta accanto a se Naruto. La sua presenza. Lui non era morto. Era suo amico. Solo questo adesso. Il suo unico vero amico.
-Un ultima cosa, Naruto: Tanti auguri.-
Disse a voce alta il moro scomparendo tra i rami degli alberi secolari.
 
 
Dopotutto era solo per questo che era tornato a Konoha, per fare gli auguri all’amico. Il ragazzo infatti, nonostante avesse abbandonato i propri ideali rivoluzionali che prevedevano lui come nemico comune per le cinque grandi nazioni ninja, e la morte dei cercoteri e dei Kage di tutti i paesi, era, e restava un nukenin. L’assassino di Naruto Uzumaki. Un traditore.
 
E lui non provava a giustificarsi. Dopotutto era vero. Ma nemmeno si lasciava prendere. E presto le ricerche fatte dai cinque paesi per trovarlo e giustiziarlo erano cessate. Dopotutto lui aveva anche contribuito a salvare il mondo, e non stava facendo niente i male in quel momento. Ma se fosse stato visto da qualcuno poi di certo non l’avrebbero più lasciato in pace e inseguito. Per questo non si arrischiava mai ad entrare nei villaggi più grandi.
 
 Quella era stata un’eccezione. Konoha era stata la sua casa. La casa di Naruto. E lui era ancora lì. E meritava almeno che qualcuno gli facesse gli auguri. Dopotutto nessuno sapeva quale fosse il giorno del suo compleanno. Lui non lo festeggiava mai. E quel giorno in cui avevano sconfitto Kaguya, Sasuke aveva scoperto la data esatta.
 
 
Era il 10 ottobre, e delle voci giunsero dalla radura con la lapide di Naruto. Sasuke riconobbe il chakra di Sakura e Kakashi. Solo loro infondo potevano essere. Perche avevano assistito a tutto lo svolgersi della battaglia fino alla fine.
 
Probabilmente si accorsero che a terra giacevano due copri fronte e non uno solo. E che l’altro era senza dubbio quello di Sasuke. Ma nessuno provò a cercalo, o a rincorrerlo. L’Hokage e la ragazza rimasero là dov’erano.
 
Sasuke pensò che, anche se sapeva che ormai era troppo tardi, avrebbe ancora voluto far parte del vecchio team 7. Tornare ai tempi dell’esame dei chunin. E pensò alle molte volte in cui aveva negato la propria appartenenza a quel team. E si sentì uno sciocco.
 
Si fermò e si volto. Sorrise ancora. Finalmente capiva.
 
-Grazie Naruto.-
 
 
 
 
 
 
Eccomi qui con questa breve fiction… Se mai ci sarà qualcuno a cui piaccia quello che scrivo, o che voglia farmi notare errori o imperfezioni siete liberi di esprimere il vostro parere. Ringrazio già in anticipo tutti i lettori, e mi scuso se a volte divento noiosa. Ma sta volta ho dato davvero tutta me stessa per narrare la storia, l’ho scritta col cuore. E visto che di solito mi piacciono i lieto fine mi sono addirittura messa a piangere ad un certo punto mentre la scrivevo. Però ci tenevo davvero molto a pubblicarla, e perciò eccoci qui.
 
La dedico a Naruto, visto che la prossima settimana sarà il suo compleanno. Avrei voluto pubblicarla il giorno giusto, ma se poi per colpa degli impegni non ci fossi riuscita sarebbe stato terribile. Ho pensato di fare le cose in anticipo per non sbagliare, e spero che capiate.
Quindi adesso: Buon compleanno Narutoooo!!!!!!!! Sei fantastico!!!!!
 
Ciao alla prossima, Yume18 ;) 
   
 
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