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Autore: Caramel9999    03/10/2015    0 recensioni
Mi sono ispirata ad una rubrica sul forum di Dolce Flirt chiamata Cosa ne sarà di loro in futuro?
Semplicemente parlo di cosa accadrà (secondo me) ai ragazzi del Dolce Amoris nel loro futuro prossimo
su Dolce Flirt mi chiamo jessica28
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Mi scuso per non aver pubblicato per un pò di tempo ma l'inizio della scuola è sempre un trauma. Prego tutti i lettori di scusare le mie mancanze e mi auguro che il racconto vi piaccia ^-^

 

Tutti ricorderanno quella ragazza dai capelli rossi che spesso si poteva trovare in aula A e che bazzicava dal club di musica a quello di giardinaggio. Ma si; quella ragazza un po' distratta; a sua detta “poco intelligente”. Stentereste a riconoscerla oggi. Si, suona sempre la chitarra e ha un fratellino ricciolino, è allegra e spensierata però in lei è scattato qualcosa. Si è impegnata molto ed ha preso una laurea triennale in Beni Culturali ed ora è al suo primo giorno di lavoro.
E' una splendida mattinata di primavera il sole sta sorgendo pigro all'orizzonte; e una ragazza con una utilitaria argentata sta bloccando il traffico sull'autostrada. Sembra che il conducente stia cercando qualcosa sui sedili posteriori del veicolo.

"Ma dove l'ho messo?!"

*Drin,drin*

"Ci mancava solo il telefono."

“Pronto”...... “Si, signor direttore”...... “Si lo....” ….... “Sarò lì tra 5 minuti, promesso”.

Sto facendo tardi al mio primo giorno di lavoro, incredibile.
Rumori di clacson si odono distintamente ma sembra che la ragazza, pel di carota, non se ne accorga minimamente; anzi continua tranquilla a cercare questo oggetto ignoto fonte di tanto trambusto.
Finalmente l'ho trovato, questo dannato cartellino identificativo. Oh! Ma guarda che capelli. Non importa li sistemo quando arrivo. La strada che sto percorrendo è nuova per me, per fortuna ho il navigatore. Ancora non posso crederci; appena finita l'università non credevo che sarei riuscita a trovare subito lavoro e invece, eccomi qui. Il giorno del colloquio ero nervosissima non avrei mai pensato che tra tutti quei candidati avrebbero scelto proprio me.
Sono arrivata finalmente. Wow il parcheggio è enorme. Faccio manovra, non sono brava nelle inversione ad U e cose simili; non le so fare perciò finisco sempre per urtare da qualche parte; ed oggi non è diverso dal solito, ho perfino urtato l'auto di qualcuno. Che faccio adesso?! Devo lasciare i dati dell'assicurazione? Ma sono in ritardo. Decido di lasciargli un bigliettino con su scritto il mio numero. Non ho più tempo devo sbrigarmi. Afferro la cartellina, il cellulare, la borsa, la scatola con i miei effetti personali, il cartellino identificativo, (quasi me lo dimenticavo) il giacchetto ed il cappuccino. Avrei bisogno di una terza mano. Qualcuno mi aiuti, continuo a pensare; poi scorgo un mio collega non molto lontano, cerco di fargli cenno con una mano anche se a stento riesco; Continuo ad avvicinarmi, come una disperata con lo sguardo indico il mucchio di oggetti che ho in mano. Quando finalmente, noto qualcuno che si avvicina a me ecco che....

...Bum.....

Ahi! Ahi! La porta a vetro. C'era la porta a vetro chiusa; come diavolo ho fatto a non vederla. Mamma. Che figuraccia. C'è un gruppo di persone intorno a me ed io sono ancora seduta per terra con tutte le mie cose sparse in giro. Esattamente difronte a me un piede che batte sul pavimento bianco. Sollevo lo sguardo ed è il mio capo stizzito. E' un uomo di bassa statura, paffutello, con un orrendo paio di baffi ed il riporto. Istintivamente scatto in piedi e lo saluto con formale rispetto. Quel ignobile individuo che cercavo di chiamare se la sta ridendo sotto i baffi mentre la mia amica Paola (grazie alla quale ho fatto il colloquio qui) raccoglie le mie cose, lievemente imbarazzata. Dopo le dovute scuse mi incammino verso la sala dei dipendenti insieme a Paola. Sconfitta, amareggiata, umiliata e con il viso in fiamme per la vergogna. Ma appena varco quella maledetta porta a vetro noto lo scheletro di un branchiosauro così grande da sfiorare il soffitto e ne rimango incantata. Mentre guardo quell'immenso essere, o meglio, ciò che ne resta; sento che tutto ciò che mi circonda non c'è più, scomparso nel nulla; le sensazioni d'imbarazzo ed inadeguatezza, completamente sparite e d'improvviso ritorno bambina. Ripenso a quella volta quando con i miei genitori andai per la primissima volta in un museo, devo aver avuto appena 5-6 anni , ma me lo ricordo come se fosse ieri. Quello che vidi, mi spaventò in un primo momento tanto da nascondermi dietro mia madre che sorridendo mi rassicurò e mi disse di non aver paura. Ancora spaventata sporsi la testa dando un secondo sguardo a quel coso cornuto (che adesso so essere un triceratopo) e la paura si tramutò in incanto. Fu allora che nacque la mia passione per i fossili.
Percepisco che quello è il luogo dove voglio lavorare. Il motivo per cui ho preso archeologia era proprio lo stupore e la curiosità verso un mondo così diverso che mi avevano spinto ad intraprendere questa strada. Non posso arrendermi per così poco; devo assolutamente tirarmi su. Ahh! Se solo il mio caffè non innaffiasse le piante nell'ingresso. Durante le mie macchinazioni mentali non mi sono accorta che Paola mi ha preceduta e che sono sola nel mezzo della sala. Meglio affrettarmi. Ma dov'è la sala dipendenti?!
Vagabondo in giro per il museo senza sapere dove sto andando. Mi volto ed un leone in vetro resina a grandezza naturale per poco non mi fa morire d'infarto. Scorgo seduto su di una panchina in un angolo un bambino con al polso legato un palloncino; comprato certamente al negozio di souvenir all'ingresso. Mi avvicino e gli domando cosa stesse facendo lì tutto solo; il bambino asciugandosi le lacrime mi risponde che ha perso la mamma ed il papà. Gli propongo di cercarli insieme visto che anche io mi sono persa. Lo prendo per la manina e lo accompagno all'entrata facendo richiamare dall'altoparlante quei genitori un po' distratti e nel giro di una manciata di minuti il piccolo può riabbracciare la sua mamma. Intanto Paola affannata mi viene incontro:
-Si può sapere che fine avevi fatto?- Mi dice
-Scusami tanto e che non avevo la minima idea di dove fosse la sala dei dipendenti – Le rispondo portandomi una mano dietro la testa
-Dovevi solo seguirmi- riprende fiato – Come hai fatto a rimanere indietro?!-
-Sai com'è- Mi giustifico in vano -Ogni tanto capita di perdersi nei propri pensieri- Le sorrido, un po' in colpa mi scuso.
Mi fa nuovamente strada; questa volta senza perdermi d'occhio un istante. Dovrebbero farla santa; ha sistemato tutte le mie cose, oltre ad avermi cercata per mezzo museo. Non avete idea delle innumerevoli cose che non avrei mai capito senza l'aiuto di Paola.
Non ho avuto neanche il tempo di sedermi che ecco arrivare un superiore che richiede l'ausilio di una guida, così balzo in piedi l'unico problema e che anche Nick ha avuto la stessa idea . Nick è quel grande amico che prima non mi ha aiutato e casualmente svolge anche le mie stesse mansioni. Inizia così un'intensa lotta di occhiatacce; lui sguscia via nel corridoi; a passo deciso lo inseguo. E' un testa a testa per i primi dieci passi ma poi d'improvviso mi fa lo sgambetto ed io ruzzolo per terra per la seconda volta oggi. Così la scolaresca in gita è tutta sua, è libero di istruire quelle giovani menti con quel suo ghigno beffardo in volto che sembra quasi farmi la linguaccia. Ed io non posso fare altro che sbuffare distesa sul pavimento. La mattinata procede tranquilla i visitatori non affollano le sale ma c'è comunque un bel via vai di gente. Che giornata! Ed è solo il primo giorno. Nooo.... Domani ho perfino il turno serale, significa che dovrò chiudere io le sale; anche se non capisco perché devo farlo io visto che poi c'è il guardiano notturno.
Tornata a casa mi infilo qualcosa di comodo come un vecchio e largo maglione un po' infeltrito che io indosso stile “Flashdance”. E' stato mio fratello a regalarmelo prima che partissi per l'università, era già vecchio allora, lui dice che me l'ha dato come portafortuna; la verità e che voleva solo sbarazzarsene comunque è il pensiero che conta e per stare a casa è comodissimo. Tutte le sere quando rientro do da mangiare a Macchiolina il mio gatto. Non so con precisione se è un maschio o una femmina però ha un enorme macchia rossiccia sulla schiena ed una marroncina sulla fronte che gli copre un orecchio ed un occhio, a parte qualche macchietta altra, per il resto è bianco. E' così buffo! L'ho trovato la settimana stessa che mi sono trasferita a Roma nel vicolo sotto il mio appartamentino una sera che stavo portando fuori la spazzatura. Aveva un paio di mesi quando lo vidi mangiare dal cassonetto avanzi di quello che sembrava pollo all'arancia. Mi avvicinai per accarezzarlo e subito si girò per mordermi. In quel momento sentì di essere simili; anche io ero sola ed impaurita in quella grande città, così nonostante la sua avversione nel farsi prendere che dimostrò graffiandomi la mani; riuscì ad acciuffarlo, da allora siamo diventati grandi amici. Il giorno dopo mi sveglio con calma, ho tutto il giorno per: fare la spesa, mettere in ordine, andare alla posta per pagare la bolletta della luce, telefonare a mio padre, mandare una mail alla mamma (tanto per farle sapere che sono viva e non affogata nel mio disordine) anche se so che mi chiamerà nel pomeriggio per sapere se mi nutro, se non faccio tardi la sera, se gli alieni non mi hanno rapita e sostituita con un robot marziano e cose simili. Vorrei solo la smettesse di trattarmi come una bambina.
La sera, mi preparo ed esco. Percorro la stessa strada sconosciuta. Parcheggio nello stesso posto di ieri. E' ora di rimboccarsi le maniche. Saluto il branchiosauro e vado dritta dal mio capo che mi assegna subito un gruppo di turisti. Procedo spedita per le varie aree tematiche e rispondo ad ognuna delle domande che mi vengono poste. Passo al secondo gruppo....poi il terzo e così via. La serata passa così mooolto lenta. Ed ora il fatidico momento, La CHIUSURA . Non rimango completamente sola ovviamente c'è un superiore con me che riordina gli uffici. Io comincio ad ispezionare le stanze, mi assicuro che non ci sia nessuno e chiudo a chiave. Ma dopo la quarta stanza completamente vuota sento dei passi e delle risatine provenire dalla sala dei grandi mammiferi. Mi affaccio e stranamente c'è la luce spenta, così punto la torcia per scovare quelle risate. Un rumore come di un oggetto che si frantuma mi destabilizza, appoggio la schiena al muro o meglio quello che credevo un muro; solo che la consistenza è completamente diversa mi volto di scatto........e vedo quel dannato leone in vetroresina che mi fissa. Dannato coso, gli urlo silenziosamente addosso, al prossimo turno serale giuro di portarmi un telo per coprirlo. Nuovamente il rumore di scarpe da ginnastica che stridono su di un pavimento liscio, percepisco un brivido corrermi lungo la schiena.
-C'è qualcuno?! Chiunque tu sia esci per piacere.-
Al mio tremante appello non si ode risposta. Fino a che non rischio di scivolare su di uno strano liquido denso color rosso intenso.

Sa....sa....sa....Sangue????!!!!!                                               

 
   
 
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