Serie TV > Once Upon a Time
Ricorda la storia  |      
Autore: Nimel17    04/10/2015    1 recensioni
“Storia partecipante al contest “Dimmi cosa ti piace e ti dirò chi sei” indetto da ame tsuki sul forum”.
E se l'Autore avesse scritto un'altra storia per dare a Rumpelstiltskin il suo lieto fine?
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belle, Isaac/Autore, Signor Gold/Tremotino
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Isaac fissava il corpo disteso di Rumpelstiltskin: il volto del Signore Oscuro era bianco come un lenzuolo, la fronte imperlata di sudore e l’espressione distante, ma sofferente.
Non era più cosciente.
L’Autore fissò la sua penna, pensieroso. Non sapeva nemmeno lui interamente perché lo stesse aiutando… c’era qualcosa di più di quello che gli aveva offerto come spiegazione, non era solo una questione di similarità caratteriale.
La verità era che Isaac ammirava quell’uomo: un vero codardo non si sarebbe mai reso zoppo pur di non abbandonare suo figlio, ma aveva il sospetto di essere l’unico a pensarla così. Proprio nel momento di maggior bisogno, gli eroi lo avevano abbandonato, prima nelle mani di quella strega sadica, poi alla sua stessa ossessione.
Nessuno, tranne lui, capiva quanto fosse stato importante liberarsi dal controllo del pugnale.
Sentiva come se dovesse dare a Rumpelstiltskin il suo lieto fine e, visto che Baelfire era morto, l’unica possibilità di fornirglielo era tramite Belle.
“C’era una volta, in un regno molto lontano, un villaggio minacciato una volta di più da terribili Orchi…”
Isaac sorrise e riprese a scrivere.
 
 
I bambini urlavano. Quella era la cosa peggiore. Gli Orchi ruggivano e con i loro passi pesanti facevano rimbombare il terreno, dando vita ad un vero Inferno sulla Terra. Rumpelstiltskin, tuttavia, era stanco di fuggire e se ne stava seduto a terra, appoggiato alla pietra della sua casa distrutta, con la mantella del suo Bae tra le mani.
Voleva morire vicino all’unica cosa che gli rimaneva del figlio.
Poco lontano da lui, il cadavere di una giovane fanciulla, appena entrata nell’adolescenza, era rimasto un po’ isolato rispetto agli altri corpi, quasi a sottolineare la tristezza di quella morte.
I lunghi capelli biondi erano sporchi di sangue secco, come pure i vestiti; le mancava il braccio destro, scaraventato da uno di quei mostri probabilmente nella foresta, vista la loro forza, così Rumpelstiltskin chiuse gli occhi e mormorò una breve preghiera perché la poveretta fosse già morta, quando le era stato strappato l’arto.
Non riuscì a frenare le lacrime, accorgendosi finalmente che quella ragazzina era Morraine, la prima e ultima infatuazione di Bae.
“Triste, vero?”
Il tessitore si voltò verso la voce, appartenente a una figura incappucciata seduta vicino a lui. La frase gli era stata rivolta in poco più di un sussurro, rendendogli impossibile distinguere se si trattasse di un uomo o di una donna, ma non aveva bisogno di sapere chi era il suo nuovo interlocutore, non con quella spaventosa aura di potere.
“I-il Signore Oscuro…”
Rumpelstiltskin fece per alzarsi di scatto, ma le mani si aggrapparono male al suo bastone e scivolò a terra, con un urlo soffocato di dolore.
“Non avere paura. Ho solo bisogno che tu mi ascolti.”
“Siete… vi ha mandato qui il Duca?”
“Il Duca mi controllava, non ha importanza che tu sappia come. Ora, però, ho riacquistato la libertà.”
L’uomo rabbrividì, non avendo dubbi sulla sorte del nobile che li aveva lasciati morire.
“Potete fi-finire la guerra?”
“Qual è il tuo nome, contadino?”
“R-Rumpelstiltskin. Vendo la mia lana al mercato.”
“Se ti dicessi che è in tuo potere finire la guerra, Rumpelstiltskin?”
A quelle parole, il tessitore trattenne a stento un singhiozzo, scuotendo la testa.
“Io sono solo il codardo del villaggio, Signore Oscuro. Non avrò mai il potere di fermare quest’atrocità. Il solo potere che ho, è scegliere l’angolo in cui nascondermi.”
“Ma se ce l’avessi, lo faresti?”
“Non desidererei nulla di più. Sarebbe troppo tardi per salvare il mio figliolo, ma vi sono così tanti altri bambini che potrei salvare…”
“Tutto quello che devi fare, tessitore, è stringere un patto con me.”
“U-un patto? Ma… io non ho niente da dare, in cambio di una cosa così importante. Sono povero…”
“Non ho bisogno di ricchezze, sai, filo la paglia in oro. Perché credi che il Duca viva ancora nel lusso, nonostante i campi non producano più nulla da quando è iniziata la guerra, nonostante voi poveri diavoli non possiate più pagare le tasse?”
Rumpelstiltskin affondò le mani sul terreno per frenare il loro tremore. Aveva sempre saputo che il Duca non era un brav’uomo, ma che avesse continuato a lasciar morire dei bambini innocenti pur avendo sotto il suo controllo la creatura più potente del mondo… si rivide gli occhi scuri e lucidi di Bae davanti a sé, la prima volta che l’aveva tenuto in braccio.
Non si rese conto di piangere fino a che sentì una stoffa morbida premergli sulle guance. Il Signore Oscuro gli stava asciugando le lacrime con un fazzoletto, il volto sempre nascosto dall’ampio cappuccio.
“Non è il momento delle lacrime, Rumpelstiltskin. Cosa mi daresti, per porre fine alla guerra?”
“La mia vita non vale tanto.”
“La tua morte mi sarebbe inutile, tessitore.”
“Cosa posso offrirvi? Vi darò qualunque cosa.”
“Qualunque?”
Lui annuì freneticamente, improvvisamente fiducioso. Forse, finalmente, poteva dimostrare di valere qualcosa. Di essere qualcosa di più del figlio dell’ubriacone del villaggio, del codardo disertore, dell’uomo abbandonato dalla moglie.
“Dopo tutto il tempo passato sotto il controllo del Duca, il mio castello sarà un disastro e non posso ripulirlo interamente con la magia. Ricordati, Rumpelstiltskin, la magia ha sempre un prezzo.”
“Dunque…?”
“Dunque, mi servirà un servitore per la mia alquanto vasta dimora. Allora, tessitore, abbiamo un accordo?”
“Io… io diventerò vostro servitore, se voi finirete questa guerra e farete in modo che non ci siano più attacchi di Orchi.”
In altre occasioni, non si sarebbe mai permesso di parlare così, tantomeno a una creatura che poteva spezzargli l’osso del collo con il solo pensiero. Non sapeva spiegarsi cosa gli fosse preso.
“Apprezzo intelligenza e precisione in un dipendente. Se le persone con cui facevo prima i miei accordi fossero stati la metà accorti di te, tessitore, non ci sarebbero state tante lamentele su come conducevo i miei… affari.”
Con una nube violacea, il Signore Oscuro fece comparire una pergamena.
“Sai leggere?”
“Non molto bene, ma meglio di quanto sappia scrivere, suppongo.”
Afferrò il rotolo, strizzando gli occhi per riuscire a dare forma alle lettere che gli danzavano davanti agli occhi. Dopo essersi accertato che non ci fosse nulla di più di quanto avevano stabilito, firmò con mano tremolante.
Rum…pel…
La piuma d’oca gli scivolò via dalle dita, atterrando sul fango.
“M-mi dispiace.”
“Non importa. Rumpel… immagino che potrò chiamarti così, d’ora in poi. È più veloce, non trovi?”
Lui alzò le spalle. Apparteneva legalmente a quella creatura, poteva chiamarlo come voleva. Nessun padrone si preoccupava mai di come chiamare il suo schiavo, perché doveva essere diverso con lui?
“Non è importante. Se così desiderate…”
“Conta così poco per te la tua identità?”
Il pover’uomo ripensò a quante volte aveva desiderato essere qualcun altro, cambiare vita, lasciarsi alle spalle la sua fama.
“Meno di niente, signore.”
Intorno a loro, era sceso il silenzio e non c’era nemmeno più l’ombra di un Orco a minacciarli.
Il cadavere di Morraine, però, era rimasto dov’era. Rumpelstiltskin deglutì.
“Potete… potete riportare in vita i morti, padrone?”
“Temo di no, tessitore. La magia non può risuscitare i morti, non può fare innamorare le persone e non può  far tornare nessuno indietro nel passato… almeno, fino a che qualcuno non decifra le leggi del viaggio nel tempo.”
Le spalle di lui si afflosciarono, il piccolo viso di Bae che si allontanava definitivamente nell’oltretomba. Strinse con tutte le sue forze la mantellina.
“Posso portarla con me?”
“Portati pure quello straccio, se lo desideri. Ora reggiti forte, tessitore, viaggeremo con la magia per non perdere altro tempo. Ritengo che tu non abbia molti saluti da fare.”
“Possiamo andare, padrone.”
Teletrasportarsi non era come Rumpelstiltskin l’aveva immaginato. Aveva sempre pensato che fosse questione di un istante, senza ripercussioni, come fare un passo; invece, si ritrovò avvolto da una nube così densa che gli impediva di vedere, si sentiva galleggiare e senza stabilità sotto i piedi.
Solo la mano guantata che gli artigliava il braccio gli impedì di cadere, quando la nebbia si diradò e lui vide di essere in una grande sala, probabilmente il salone centrale del castello. I pavimenti e le mura erano fatti di pietra, ma non faceva freddo e l’umidità non gli mordeva il ginocchio come succedeva di solito. C’era un enorme tavolo rettangolare, lungo, posto sopra un elegante tappeto rosso che sembrava più costoso persino delle armature dei cavalieri del Duca, fatte con pietre preziose. Due burattini lo fissavano dall’altro capo della stanza, da dentro una teca piena di oggetti strani.
“Casa dolce casa.”
Rumpelstiltskin sussultò. La voce… non solo non sussurrava più, ma era chiaramente femminile.
Si voltò, lentamente, insicuro di avere inteso bene.
Davanti a lui c’era una donna che sembrava non avere ancora toccato la trentina, con aggrovigliati capelli castano rossicci, lunghi abbastanza da coprirle le spalle; la pelle era a scaglie come quella dei rettili, di uno strano colore verde dorato. Gli occhi blu spiccavano su quel viso come zaffiri nell’oro ed erano fissi su di lui, come se cercassero qualcosa.
L’abbigliamento era strano, esotico: la Signora Oscura indossava aderenti pantaloni di pelle, stivali scuri che le arrivavano quasi fino al ginocchio, un’elegante camicia di seta blu dalle maniche a sbuffo e un gilet che le sottolineava la vita sottile. L’unico gioiello che portava era una collanina semplice, con una perla attaccata.
“V-voi…”
“Puoi chiamarmi padrona, o Belle. Non è necessario essere formali.”
Rumpelstiltskin avrebbe voluto farle tutte le domande che gli si affollavano nella mente come api in un alveare, ma non riuscì ad articolarne nessuna. Aprì la bocca un paio di volte, poi vi rinunciò. Improvvisamente, si sentì mancare e dovette aggrapparsi al bastone per non cadere, mentre le sue azioni acquistavano finalmente un senso di realtà: aveva barattato la sua libertà con la fine della guerra ed era diventato servo della Signora Oscura.
Le mani gli tremarono, ma riuscì a tenersi saldo.
“Quali… quali saranno i miei compiti, padrona?”
La donne gli si avvicinò, osservandolo con aria critica. Rumpelstiltskin abbassò gli occhi, ben consapevole di quanto poco potesse essere all’altezza delle sue aspettative.
“Cosa ti è successo al ginocchio, Rumpel?”
Lui fece una smorfia, sia per il ricordo di ciò che si era fatto, sia per lo strano soprannome. Non fece in tempo a rispondere, tuttavia, perché sentì un calore molto intenso propagarsi dalla rotula a tutta la gamba e si spaventò quasi al punto di cadere. Con sua enorme sorpresa, non sentì dolore per il movimento brusco, come se…
“Mi… mi avete guarito?”
“Un servo zoppo è poco utile, non ti pare? Vai sempre dritto oltre quell’arco, poi gira a sinistra e troverai la cucina. Confido che tu sappia preparare del the.”
Rumpelstiltskin aveva solo una vaga idea di come preparare decentemente la bevanda, un’idea nebulosa frutto delle chiacchiere del defunto apotecario, suo unico amico, ma annuì e si diresse verso la direzione indicata, non prima d’aver fatto un profondo inchino.
“Mentre me lo servirai, ti spiegherò i tuoi doveri.”
“Sì, padrona.”
Camminare senza il bastone era strano: per la prima volta da vent’anni poteva reggersi sulle sue gambe, senza aiuti di alcun genere, senza sentire fitte violente trapassargli le ossa. Se Bae l’avesse saputo… gli si strinse la gola e dovette lottare perché le lacrime non gli uscissero una volta di più: il suo ragazzo avrebbe potuto avere finalmente un padre in grado di tenerlo in braccio e di correre con lui, se soltanto fosse stato ancora vivo.
La cucina era molto spoglia, ad eccezione di un vecchio tavolo, una sedia, le credenze e gli utensili strettamente necessari; tutto era ricoperto da uno spesso strato di polvere, così, mentre metteva l’acqua a scaldare sul fuoco (accesosi per magia, con suo grande spavento), si mise a spolverare il tavolo e un servizio da the. Le tazze erano molto pregiate, di fine porcellana bianca, orlate d’oro e con sottili pennellate blu come decorazione: Rumpelstiltskin ci mise particolare cura a lavarle e a farle risplendere, quasi vergognandosi di toccarle con le sue mani ruvide.
Cercò nella credenza degli ingredienti che potessero essere ancora commestibili: non c’erano limoni, solo un’arancia dall’aspetto stranamente fresco, ma se la fece bastare e iniziò a sbucciarla e a tagliarla. Trovò un’unica miscela di the, non molto saporita a giudicare dal colore sbiadito, ma con l’agrume e… cos’era quella… della noce moscata, poteva rimediarvi facilmente. Tuttavia, mancava ancora un ingrediente, qualcosa di floreale per completare la ricetta dell’apotecario.
Si guardò intorno, sconsolato: non c’era l’ombra di un fiore in quella cucina, nessun vaso che contenesse piante da utilizzare… come avrebbe fatto? Che cosa avrebbe servito alla sua nuova padrona? Non poteva fallire il suo primo incarico, persino lui aveva quel po’ di dignità!
Nell’apice del nervosismo, Rumpelstiltskin gettò un’occhiata disperata agli ingredienti, desiderando avere dei petali di rosa da lasciare qualche minuto a mollo per dare sapore la bevanda.
Strabuzzò gli occhi.
Eccoli lì, sopra al tavolo, tre perfetti mucchietti di petali rossi, alcuni freschi e alcuni essiccati; si chiese perché si meravigliasse che un castello magico esaudisse i suoi desideri, dopotutto apparteneva alla Signora Oscura. Sospirò e si mise a versare gli ingredienti nella piccola pentola di rame, pestando diligentemente la noce moscata e i pezzettini d’arancia; quanto doveva lasciarli dentro? Dopo circa cinque minuti assaggiò e gli sembrò che, addolcito con dello zucchero o del miele, il suo primo tentativo di fare del vero the fosse riuscito egregiamente.
Niente a che vedere con l’acqua mista a erbe che poteva permettersi di fare a Bae o a Milah.
Quando portò il vassoio, arrangiato in un modo che credeva avesse un minimo di gusto, la sua nuova padrona era seduta a capotavola, le mani unite come se stesse pregando o riflettendo.
“La cucina ti ha dato problemi, Rumpel? Mi ero dimenticata di dirti che bastava le chiedessi ciò di cui avevi bisogno.”
“Me la sono cavata, mia signora.”
“Cosa mi stai servendo?”
“The alla rosa.”
“Mi piacciono le rose.”
Lui attese rispettosamente in piedi che lei bevesse il primo sorso, respirando solo quando la vide annuire.
“Hai talento, tessitore. D’ora in poi, voglio che sperimenti nuove miscele. Questo the è migliore persino di quello di Jefferson.”
Rumpelstiltskin voleva chiederle chi fosse quel Jefferson, ma frenò la lingua e si accontentò di ritirare la tazza, una volta vuota.
“Desidera….”
Dei pesanti colpi alla porta lo interruppero e, per un momento, gli ricordarono i passi degli Orchi: non si era neanche accorto di aver lasciato cadere la tazzina, fino a che non sentì uno spiacevole tintinnio. Solo allora si riscosse e si precipitò a raccoglierla, osservando pallido il bordo dorato, in cui ora mancava un pezzettino visibile.
“M- mi dispiace… Po-potete appena vedere che è scheggiata...”
“Calmati, Rumpel. È solo una tazza, non m’importa. Vai piuttosto a vedere chi è quest’irruente visitatore. E dire che sono tornata da meno di un’ora! Sarà sufficiente che tu oltrepassi quella statua, caro.”
Lui obbedì e si diresse verso l’ingresso, le gambe tremanti per il pericolo che aveva appena scampato. Che cosa gli era saltato in mente di far cadere un oggetto così pregiato? Avrebbe dovuto fare più attenzione, invece aveva rovinato tutto! Se la Signora Oscura non fosse stata soddisfatta di come la serviva, avrebbe potuto rimandarlo al suo villaggio e far tornare gli Orchi?
Aprì la porta, respirando profondamente. Fece un inchino, senza nemmeno guardare chi aveva di fronte.
“Chi vuole parlare con la mia padrona?”
“Mi chiamo Henry, Henry Mills.”
 
 
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: Nimel17