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Autore: Martins92    05/10/2015    1 recensioni
Nata in un piccolo paese italiano della Calabria, Catherine all’età di 12 anni si trasferisce con la sua famiglia in un appartamento nel Bronx, negli Stati Uniti, per motivi lavorativi del padre. Cresciuta in un ambiente malfamato, conosce presto i vizi della vita e diventa una donna cinica, sicura di se, una vera femme fatale. Incontra molti uomini durante il suo cammino, ma pare che nessuno di questi sia alla sua portata. Quando un giorno, dopo il suo primo matrimonio caduto in frantumi, incontra un uomo affascinante che segnerà la sua vita per sempre. Storia di un amore passionale e al tempo stesso tormentato, perché dietro alla apparente felicità si cela un abisso nero dal quale sarà difficile per Catherine riemergere.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Da ragazza sono sempre stata molto fiera di me stessa. Non mi sono mai reputata bella, quello mai. Ma quando guardavo la mia immagine riflessa nello specchio le parole ‘’sono la migliore’’ risuonavano nella mia testa come una canzone. Gli uomini notavano di me la camminata; elegante, sicura e veloce. Nonostante i tacchi vertiginosi che amavo indossare ogni giorno, le mie gambe riuscivano a sostenere un passo svelto e disinvolto; è questo che faceva girare la testa ad ogni uomo. Ogni uomo. Ho sempre pensato che gli uomini fossere una ‘’brutta razza’’, da manipolare a mio piacimento. Modestamente, riuscivo sempre ad arrivare al mio obiettivo. Sdolcinati, sbruffoni, squattrinati, generosi, ne ho incontrato di tutti i tipi. Facevano correre voce che la mia bellezza fosse paragonabile a quella di una regina, forse a quella Cleopatra lì d’Egitto. Stronzate, pensavo io, eppure quei complimenti davano alimento a quei miei atteggiamenti così regali. Morale della favola non ho avuto mai problemi di cuore, me ne sono sempre fregata, facendo trapelare invidia negli sguardi delle altre donne, anche delle mie sorelle. Quelle stupide. Forse sono loro che hanno gettato sfortuna nella mia vita. Rimurgino a tutto ciò mentre sto lavando una pila di pentole nel lavandino, mentre quel pezzente è seduto in soggiorno a guardare le sue stronzate in tv. Ero la regina del quartiere e adesso guardami, cosa sono? La serva di questo buzzurro, buono a nulla. Quando lo incontrai avevo poco più di 20 anni, e l’anno dopo mi convinsi a sposarlo. Non so bene nemmeno io il perché l’ho fatto. Forse spinta da quella cretina di mia sorella. ‘’Sposalo! Ti stai facendo vecchia, ha un buon lavoro e potrai permetterti di sfoggiare una pelliccia, di tanto in tanto.’’ Perché darle retta? E’ sempre stata una maledettissima ficcanaso, lei. Una estenuante ficcanaso. Pensa di essere nel giusto, pensa di sapere cosa è giusto o sbagliato per me. La realtà è che io sapevo come sedurre un uomo, bello e facoltoso. Lei no, assolutamente. Feci perdere la testa anche a quel calciatore famoso, quello straordinariamente bello e ricco. Ma l’ho rifiutato, ebbene sì. Mi sono divertita, in fondo. Continuo a insaponare le stoviglie mentre penso a tutta una vita trascorsa in un piccolo quartiere di borgata. Ero felice sì, ero fiera di me. Non come adesso, umiliata da questo coglione. Ma giuro su dio che lo lascio, oh si che lo lascio. Appena se ne presenta l’occasione faccio le valige e me ne vado da questo porcile. Sono nel letto, accanto al porco. Mi ha picchiata, dinuovo, perché non gli è piaciuto quello che gli cucinato per cena. Ma l’ho picchiato anch’io, oh sì che l’ho fatto. Pensa di volermi domare ma gli ho rifilato una padellata dritta in faccia, su quella sua faccia da maiale. Sono le 3:12 e non riesco a dormire. Mi alzo, vado in bagno e faccio scorrere l’acqua nel lavandino. Mi guardo allo specchio; un occhio nero. Non posso sopportarlo, ancora. Sono due le soluzioni: o lo soffoco nel sonno e me ne vado al più presto da qui. Stanotte. Mi infilo la vestaglia, prendo la valigia che da alcuni giorni ho riposto nell’armadio in attesa di questo momento, e ci infilo dentro tutto ciò che riesco a raccimolare in fretta e furia. Chiudo il bagaglio a mano, chiudendo in se tutte le mie speranze, mi affretto ad arrivare alla porta, in ciabatte e coi capelli sconvolti. ‘’Dove stai andando Catherine?’’ mi grida l’animale dal letto. ‘’Lontano da te! E non provare a fermarmi oppure stavolta ti taglio la gola.’’ I nostri occhi si fissano per alcuni secondi e riesco a scorgere in lui una punta di rassegnazione. ‘’Vattene, e non tornare più cagna’’ dice agitando un braccio come per cacciarmi via. Sapevo che anche lui ne aveva abbastanza di me. Non avevo intenzioni di dargli dei figli, non c’eravamo mai amati. Eppure le nostre vite si erano annodate casualmente per volere degli altri. Esco da quel tugurio e mi trattengo dal sbattere la porta, per non svegliare i vicini pettegoli. Respiro a pieni polmoni l’aria della notte, l’aria della libertà e di una nuova vita. Il giorno dopo avrei avviato la pratica per il divorzio. Cammino a passi svelti sul selciato, calciando ogni sasso si presenti sul mio cammino. So benissimo dove mi sto dirigendo, mia madre sarà sconvolta nel vedermi. Ma preferisco darle un’attimo di apprensione piuttosto che farle sapere dai miei vicini che ero caduta in depressione. Non potevo restare, non in quella casa, non con quell’uomo. Era ora di riprendere in mano la mia vita e di decidere con la mia testa cosa sarebbe stato del mio destino.
   
 
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