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Autore: miseichan    05/10/2015    4 recensioni
“Andrà benissimo, ne sono sicura.”
“Sarà un massacro.”
“Melodrammatico.”
“Pivella."
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le Eliminatorie





“Fai ancora in tempo a scappare.”

Rossella sorrise e scosse la testa. “No.”
“Dico sul serio, mi inventerò qualcosa.”
“Mentiresti per me?”
“Certo che sì. Hai avuto un’emergenza in famiglia, che te ne pare?”
“Che tipo di emergenza?”
“Il trucco è non scendere mai nei dettagli,” le spiegò Pietro. “Restare sul vago.”
“E se loro dovessero chiedertelo?”
“Sono i miei fratelli,” fece spallucce lui. “Li manderò al diavolo.”
“Sei adorabile,” mormorò Rossella, prendendogli il viso tra le mani. 
Pietro si lasciò sfuggire un sospiro scontento e chiuse gli occhi. “Sono nervoso.”
“Oh, me ne sono accorta,” rise lei. “Quanto più sei agitato tanto più sboccato diventi.”
“Mi dispiace, sono orribile. Faresti meglio a scappare finché sei in tempo.”
“Niente da fare, voglio conoscerli.”
“Rosi, ascolta...”
“Lo hai detto tu, ricordi? Meglio ora che siete soltanto voi cinque.”
“Mi sbagliavo,” borbottò Pietro. “La cosa migliore è evitare del tutto l’incontro.”
“Ricapitolando,” lo ignorò Rossella. “Matteo è il maggiore, poi ci sei tu, quindi Federica e infine i gemelli?”
Pietro annuì, l’espressione a metà fra il disperato e il rinfrancato. 
“Andrà benissimo, ne sono sicura.”
“Sarà un massacro.”
“Melodrammatico.”
“Pivella,” sogghignò lui, stringendola a sé per un bacio veloce. “Non sai cosa ti aspetta.”

 

 

§

 

 

“Buonasera a tutti, io sono Silvestro e sarò il vostro cameriere.”
“Cominciamo con un paio di bottiglie di vino?”
“Vino? Io ho voglia di birra.”
“A me andava della tequila,” buttò lì Federica. “Nessuno per la tequila?”
“No alla tequila.”
“Guastafeste. Credevo fossi a favore dell’alcol durante le Eliminatorie.”
“Alcol sì. Tequila no,” sentenziò Matteo, aggiungendo poi a mezza voce, “un minimo di lucidità dobbiamo pur mantenerla.”
“Bianco o rosso?” chiese Gianmarco. 
“Birra, insisto,” ribatté Gianluca. 
“Una bottiglia di acqua minerale, per favore.”
Silvestro sussultò nel silenzio appena creatosi, colto alla sprovvista. 
“Oh, acqua minerale?” domandò impacciato. “Certo.”
“Acqua?” 
“Acqua,” annuì Rossella, decisa. “Problemi?”
Pietro cominciò a masticarsi l’interno guancia per evitare di sorridere. “Nessun problema.”
“Io ho un problema,” fece Gianluca.
“Anche io,” concordò Gianmarco. “Stiamo festeggiando. Non si beve acqua.”
“Rum, Porto, Gin, quello che vuoi, ma non... acqua!”
“O tequila,” borbottò Federica, girandosi verso Silvestro. “Io comincio con una birra.”
“Stiamo festeggiando il nostro diploma liceale,” ribadì Gianmarco, solenne. “Quindi abbiamo ogni diritto per bandire l’acqua a questo tavolo, giusto Luca?”
“Dannatamente giusto. Birra per tutti.”
“Tu e questa maledetta birra. Ho voglia di vino.”
“Siete a malapena maggiorenni,” ringhiò Pietro, sporgendosi verso i gemelli. “Datevi una regolata o ordiniamo acqua per tutti.”
“Cinque mesi e mezzo non è malapena,” sbuffò Gianluca. 
“E vogliamo parlare di quando ti sei scolato la bottiglia di vodka che era...”
“Stop.” Matteo alzò le mani, un sorriso pacato a piegargli le labbra. 
“Vedi?” ridacchiò Federica dandogli di gomito. “Ci voleva la tequila.”
“Prima ordiniamo, okay? Poi,” gesticolò vagamente in direzione di Pietro e dei gemelli, “tutto il resto.”
Silvestro annuì flemmaticamente. “Tutto il resto,” ripeté. “Devo preoccuparmi?”
“Una bottiglia di bianco e birra,” ordinò Matteo. “Tutti d’accordo?”
“Non ha risposto,” commentò Silvestro annotando in fretta e furia. 
“Negazione plausibile,” sorrise Matteo. “Niente sarà riconducibile a me.”
Silvestro impallidì e arretrò di un passo. 
“Coca cola per me.”
Pietro scoppiò a ridere, una nota di isteria appena udibile nella voce.
“Rossana,” cominciò Gianmarco. 
“Mi chiamo Rossella.”
“Rossella,” continuò Gianluca. “Almeno un rum e coca?”
“Lasciatele bere quello che vuole, per l’amor del cielo,” sospirò Matteo. 
“Non c’è modo di averla subito, quella birra?” chiese Federica.
“Tesoro,” provò Pietro fra una risata e l’altra. 
“No, è una questione di principio, ora.” Fulminò i gemelli e si girò verso Silvestro con un sopracciglio inarcato, in attesa. 
“Una coca cola,” segnò diligentemente lui. “Passiamo alle pizze?”
Ignorando gli altri Pietro poggiò la fronte sulla spalla di Rossella. “Sei tremenda.”
“Berrò la tua birra.”
“Oh, lo so,” ridacchiò lui. “Cercherò del rum di contrabbando per correggere la coca cola.”
“A voi cosa porto?” li interruppe Silvestro. 
“Una margherita e una boscaiola.”
“Grazie mille.”
Il tempo di controllare di aver segnato tutto e Silvestro sparì verso le cucine. 
“Abbiamo spaventato il cameriere,” commentò divertita Federica. “Povero cucciolo.”
“È un piacere conoscerti, Rossella,” disse Matteo, sincero. “Mi spiace solo che Pietro si sia finalmente deciso a farci incontrare proprio quando non daremo il nostro meglio.”
“Durante le Eliminatorie?” grugnì Federica. “Pessima scelta.”
“Le Eliminatorie sono brutali.”
“Andrebbero registrate e tramandate ai posteri.”
“Potremmo farlo. Ottima idea”
Matteo assottigliò lo sguardo e i gemelli scossero la testa. 
“Oppure no.”
“Assolutamente no. Pessima idea.”
Matteo tornò a sorridere. “Sono certo che Pietro ti abbia doverosamente avvertita.”
Rossella annuì e si schiarì la gola. “Ovviamente.”
“Sul serio, Pietro?” gemette Matteo, spostando lo sguardo sul fratello. “Impreparata? L’hai lasciata venire qui totalmente impreparata?”
“Eliminatorie?” sibilò Rossella, artigliandogli la coscia. “Perché ne sento parlare solo ora?”
“Non volevo spaventarti!” guaì Pietro. “Le unghie, tesoro, le unghie!”
“Che cazzo sono le Eliminatorie?”
“Ed ecco l’alcol,” gioì Federica. “Tempismo perfetto.”

 

~

 

“Come va la coscia?”
“Dolorante ma niente di grave,” sorrise Pietro. Sbirciò fuori dal bagno e mormorò, deciso: “Se agiamo velocemente dovremmo riuscire a scappare dalla porta sul retro. Pronta?”
“Queste Eliminatorie, allora?”
Rossella incrociò le braccia al petto. “Sto aspettando.”
“Sono semplici cene,” si arrese lui. “O pranzi, colazioni... incontri, ecco. Ci incontriamo, noi cinque, prima dei grandi eventi familiari. Abbiamo cominciato,” ci pensò un secondo, l’espressione assorta, “uh, mi sembra quasi sette anni fa. È stata un’idea di Matteo, come sempre: è lui lo stratega della situazione. E da allora non abbiamo più smesso.”
“Non capisco. Se sono semplici incontri...”
“No,” scosse il capo Pietro. “No, no. Non c’è niente di semplice.”
Le sorrise. Un sorriso triste, preoccupato, straripante consapevolezza. 
“Ci incontriamo prima per prepararci,” cominciò. “Non so perché ma è proprio quando tutta la famiglia è riunita per qualcosa di serio che tutto va a puttane, okay? Che sia un compleanno, un funerale o un diploma, è proprio allora che i segreti escono fuori. Non è bello. Non è per niente piacevole. Mai. Considera poi che noi siamo cinque: pieni di rancore, rabbia, pura follia. Mescola il tutto e bum! Non un bum metaforico, eh. Parlo di vere e proprie esplosioni: c’è un garage che non potrò mai farti vedere.”
“Pietro.”
“Fammi finire, aspetta. Abbiamo cominciato sette anni fa, incontrandoci prima della festa per i diciotto anni di Matteo: ci riunimmo in cantina, urlandoci contro l’un l’altro per tre ore intere, poi ci presentammo al piano di sopra. Fu una festa magnifica. Formammo un fronte comune, capisci? Coprendoci le spalle a vicenda e ridendo delle sventure altrui. Per la prima volta non ci furono risse o quant’altro.”
“Non alla festa, almeno” commentò Rossella.
Pietro arricciò il naso, stringendosi nelle spalle. “Esattamente.”
“Giocate d’anticipo, in poche parole. Vi riunite, vi ubriacate e...”
“Ci sputtaniamo vicendevolmente.”
Rossella sbatté le palpebre. 
“Con amore, ovviamente. Ci sputtaniamo con amore.”
“Incredibile.”
“Lo so, lo so, ma funziona. Per quanto possa sembrare assurdo funziona.”
“Perché le chiamate Eliminatorie?”
“Sono incontri senza esclusioni di colpi che precedono la partita vera e propria,” snocciolò Pietro, prendendole le mani. “Siamo dei pazzi furiosi, ne sono consapevole.”
Rossella si limitò ad annuire. 
“Mi ami ancora?” sussurrò lui, le labbra a un soffio dalle sue. 
“Me ne pentirò terribilmente, non è vero?”
Conoscevano entrambi la risposta. 

 

~

 

“Rossella è tornata!”
“Sarà una passeggiata,” bofonchiò Rossella, facendo il verso a Pietro. “È meglio ora che siamo solo noi cinque, credimi.”
“Questo è vero: noi siamo assolutamente meglio del resto del parentado.”
“Noi cinque siamo magnifici.”
“I magnifici cinque.”
“Non erano sette quelli? O tre?”
“Hanno cominciato a bere senza di voi,” li informò Silvestro. “Le pizze stanno arrivando.”
“Sono qui solo come osservatrice,” sentenziò Rossella. 
Pietro le passò una birra. 
“Chi comincia?” chiese Matteo. 
“Cip e Ciop,” decise Federica. 
“Niente da fare,” borbottò Gianluca. “È la nostra festa. Giusto, Marco?”
“Giustissimo. Comincia Pietro.”
“Ah, no. Non ho ancora sufficiente alcol in corpo. Fede, a te l’onore.”
“Matteo?” deviò in un attimo Federica. 
Rossella si morse le labbra e sentì l’improvvisa voglia di sgranocchiare pop corn. 
Matteo scosse la testa, bevve un sorso di birra e fissò i gemelli. 
“Cosa?” balbettò Gianmarco. 
“Vi siete diplomati sul serio, vero?”
Gianluca si portò una mano al petto, l’espressione scioccata. “Colpo basso.”
“Così ci offendi.”
“Domanda più che lecita,” fece spallucce Federica. 
“Tu quoque, Fede?!” 
“Certo che ci siamo diplomati!” scattò Gianluca. “A pieni voti, per di più.”
“Entrambi? Niente imbrogli?” chiese Pietro.
“Ci state facendo fare brutta figura con Rossana.”
“Rossella,” lo corresse Rossella, sovrappensiero. “Come si fa a imbrogliare?”
“Sono due piccoli bastardi,” spiegò Pietro. “Il modo lo trovano sempre. Senza contare che Marco è anche un hacker in erba.”
“Qual è Marco?”
“Quello con gli occhiali.”
“In erba a chi?” sbottò Gianmarco, abboccando inconsapevolmente all’amo. “Non hai la più pallida idea di cosa sia in grado di fare e...”
“E fra queste cose c’è il falsificare un diploma liceale, per caso?” intervenne candidamente Matteo, ringraziando con un cenno del capo Pietro. 
Gianmarco serrò le labbra, innervosito. 
Gianluca soffocò una risata. “No, sul serio: i diplomi sono veri, legali e guadagnati. Dagli la buona notizia, Marco.”
“Ho deciso che indirizzo universitario seguire.”
L’intero tavolo si fermò in attesa. 
“Scienze e tecnologie informatiche.”
“Cazzo,” commentò Pietro. “Sul serio? Io scherzavo sull’hacker. Lo sai che è illegale, sì?”
“Sei legalmente perseguibile, adesso,” gemette Matteo, chiudendo gli occhi. 
“Ottima scelta, Ciop!” si congratulò Federica. “E tu, Cip?”
Gianluca abbassò lo sguardo e borbottò qualcosa di incomprensibile. 
Gianmarco gli poggiò un braccio sulle spalle. “Luca si prende un anno sabbatico.”
“Chiedo scusa?” aprì di scatto gli occhi Matteo. 
“Perché mai dovresti prenderti un anno sabbatico?” 
“È quello che vuole fare ed è quello che farà,” mugugnò tetro Gianmarco. 
“Oh,” sfiatò Federica facendo segno a Silvestro di portare un nuovo giro di birre. “Vi siete già presi a pugni o è la prima volta che ne discutete come si deve?”
“Non c’è niente da discutere,” fece Gianluca, scrollando via il braccio del fratello. “Non dobbiamo essere sempre d’accordo su tutto, no?”
“Avresti potuto quantomeno parlarmene prima,” ringhiò a mezza voce Gianmarco. 
“Come se tu avessi mai potuto accettare.”
“Accettare cosa?! Di girare il mondo zaino in spalla per un anno?”
“Non mi sembra un’idea tanto malvagia, idiota!”
“La mamma non te lo lascerà mai fare, cretino!”
“Non è il permesso della mamma che mi serve ma quello di Matteo!”
Rossella inarcò un sopracciglio e Pietro scosse impercettibilmente la testa in risposta. 
I gemelli si girarono contemporaneamente verso Matteo. 
“Allora, posso?”
“Non ti azzardare a dargli il via libera, Teo!”
Matteo alzò una mano. “I toni,” mormorò cauto. “Moderiamo i toni.”
“Non puoi lasciarlo andare,” sibilò Gianmarco. 
“Sono maggiorenne. Posso fare quello che diavolo voglio.”
“Ha ragione,” annuì Matteo, zittendoli entrambi in un unico colpo. “Non puoi fermarlo, Marco. Se vuole distrarsi un po’ dobbiamo lasciargli la possibilità di farlo.”
“Un anno non è un po’.”
“Anche io presi un anno sabbatico,” s’intromise Federica, grattando via l’etichetta della birra. “Sai, per schiarirmi le idee.”
“Oh, sì. E quello andò magnificamente,” mugugnò caustico Gianmarco. 
“Ehi! Solo perché sei terrorizzato all’idea che la tua preziosa metà ti lasci indietro non significa che devi prendertela con me!”
“Ti sei sposata in Danimarca, Fede!”
“E ho divorziato in Islanda, non vedo cosa cazzo c’entri!”
“Stiamo perdendo di vista il punto,” fece notare Matteo. “Cambiamo argomento?”
“Non puoi dirlo alla mamma,” si affrettò a dire Gianluca al gemello. 
“Certo che non lo dirò alla mamma, cretino!” sputò Gianmarco. “Credi mi sia del tutto bevuto il cervello? Ah, no, aspetta quello sei tu!”
“Grazie,” sospirò Gianluca, rilassando le spalle. 
“Vai a farti fottere.”
“E su questa nota,” comparve sorridente Silvestro. “Ecco le prime pizze.”
“Non finisce qui,” promise tetro Gianmarco addentando una fetta. 
“Ho dato fuoco alla macchina di zio Andrea.”
Silvestro rischiò di far cadere un piatto. 
“Di nuovo?” piagnucolò Pietro adocchiando la sorella. 
“Avevi promesso di non farlo più,” sospirò Matteo. 
“Dato fuoco appena un po’ o dato fuoco con tanto di esplosione?” s’informò Gianluca. 
“Darà la colpa a noi in ogni caso,” scosse il capo Gianmarco. 
“Abbiamo un alibi,” fece spallucce Gianluca. “Noi abbiamo sempre un alibi.”
“Lui non era nella macchina, vero?” saltò su improvvisamente Pietro. 
“Uh, se c’era quantomeno non darà la colpa a nessuno.”
“Perché, di grazia, Fede?” chiese Matteo.
“Mi ha dato della puttana.”
Silvestro sbiancò e fece dietrofront. “Torno subito con le altre pizze.”
“Viscido bastardo,” sibilò Gianmarco.
“Hai fatto benissimo,” concordò Gianluca. 
“Non l’ho mai sopportato,” aggiunse Pietro. “Grandissimo stronzo.”
“Perché, di nuovo, Fede?” ripeté Matteo, affatto scalfito. 
“Lo ha appena detto,” si lasciò sfuggire Rossella. 
Pietro fece una smorfia e le passò nuovamente la birra. 
“Intende perché mi ha dato della puttana,” le sorrise Federica. Un sorriso angelico che non aveva mai portato a niente di buono. “Mi ha incontrata mentre avevo la lingua nella gola di Stefano.”
“Stefano? Stefano il ragazzo di Mariella?” chiarificò Pietro.
“Stavi pomiciando con suo genero in pratica!” spalancò gli occhi Gianmarco.
“Il genero è il ragazzo della figlia dello zio?” si accigliò Gianluca. “Sono confuso.”
“L’ex-ragazzo,” roteò gli occhi Federica. “Si sono lasciati quasi un anno fa, bontà divina.”
“Un anno è tanto tempo,” commentò Silvestro, posando anche l’ultima pizza sul tavolo. “Porto un altro giro di birre per tutti?” chiese nel silenzio. Annuì fra se e se e sparì senza attendere risposta. 
“Quindi lui era o non era nella macchina?” tirò le somme Pietro.
“Purtroppo no,” mormorò cupa Federica. 
“Così stai uscendo con Stefano.”
“Verrà alla festa?” chiese Gianmarco. “Anzi, no, non voglio saperlo.”
“Dovete tenere la mamma lontana da me,” ammonì Federica. 
“Ho lasciato matematica,” buttò lì Pietro.
Matteo poggiò cautamente le posate sul piatto. “Tu cosa?”
“Stai scherzando,” pigolò Federica. “Ti piaceva così tanto! Non la smettevi di dirmi quanto ne fossi entusiasta!”
“Eravamo in facoltà con te proprio l’altro giorno!” insisté incredulo Gianluca. 
 “Non era ‘l’altro giorno’,” mugugnò Pietro. “Era due settimane fa.”
“Hai abbandonato matematica nelle ultime due settimane, perciò,” concluse Matteo.
“Non lo sapevano, eh?” gemette Rossella carezzandogli la schiena. 
Pietro le lanciò un mezzo sorriso e serrò le labbra. 
“Ora studia ingegneria,” spiegò lei al suo posto. “Gli hanno anche già convalidato diversi esami e non avrà problemi a mettersi in pari.”
“Non è quello il problema,” fece una smorfia Gianmarco. 
“Sappiamo benissimo che riuscirà tranquillamente a eccellere in qualsiasi cosa,” sorrise Federica lanciando una briciola di pane al fratello. 
“Ovvio. Ha un cervello magnifico,” ridacchiò Gianluca. 
“Senza contare la memoria fotografica,” si massaggiò gli occhi Matteo. “Il problema è che è già la terza volta che cambia facoltà.”
Pietro si lasciò sfuggire un guaito.
“Terza?” sibilò Rossella. 
“Tesoro, le unghie.”
“Terzo cambio? Credevo fosse il primo!” trasecolò lei. “Terzo cambio?!”
“Oh, sì. Hai cominciato con legge, no?”
“No,” negò Gianmarco. “La prima è stata fisica. Quant’è durato lì?”
“Due mesi e mezzo.”
“Poi c’è stata legge, ricordi? Con Silvia,” ammiccò Federica. 
“E ora c’è ingegneria,” ringhiò Pietro torvo. “Vi ringrazio per l’utile riassunto.”
“Perché non ne sapevo niente?” sibilò Rossella. 
“Non credevo fosse così importante, tesoro.”
“Degli uomini in divisa potrebbero venire a farvi delle domande,” mormorò Matteo. 
Pietro si zittì e inarcò le sopracciglia. “Prego?”
“Ho detto loro che la mamma non era disponibile ma che voi quattro sareste stati più che felici di rispondere a ogni loro domanda.”
“Uomini in divisa?” inclinò il capo Federica. “Divise sexy? Devo lasciare Stefano?”
“FBI? CIA? M16? KGB? NCIS? CSI?” elencò allegro Gianmarco. 
“Hai finalmente ucciso la tua segretaria?” ridacchiò Gianluca. “Cielo, e non ci hai neanche chiamati per aiutarti a disfarti del corpo?”
“Che tipo di domande?” lo interrogò Pietro. 
“Che lavoro fa Matteo?” chiese Rossella a nessuno in particolare, del tutto persa. 
“Nessuno lo sa,” rispose seria Federica. “Alle volte dubito persino che lui stesso lo sappia.”
“Deve avere a che fare con il governo,” annuì Gianluca.
“Qualcosa in cui c’entrano le forze armate, le pistole e tanti viaggi,” aggiunse Gianmarco.
“Che tipo di domande?” ripeté Pietro, il tono sempre più tagliente. 
Matteo gli sorrise. “Smettila di preoccuparti tanto.”
“Mi preoccupo quanto è necessario,” abbassò la voce Pietro. “Che tipo di fottutissime domande, Matteo?”
“Vogliono darmi una promozione, tutto qui,” fece spallucce lui. “E voi, quando queste persone verranno, vi limiterete a sorridere e negare ogni cosa.”
“Dovresti preoccuparti di più, Pietro,” mormorò Gianmarco a mezza voce.
“Sorridere e negare,” brindò Gianluca. “La nostra specialità.”
“Se sei nei guai con,” cominciò Pietro, prontamente interrotto da Matteo. “No.”
“Mi sono persa,” li informò Federica. “Cosa sa Pietro che io non so? Cip e Ciop?” si rivolse ai gemelli con espressione inquisitiva. 
“Fuori,” ringhiò Pietro, afferrando Matteo per il gomito e trascinandolo in piedi. “Ora.”
Rossella li guardò allontanarsi e non riuscì a trattenere un sospiro. “È grave?”
“Non si può mai sapere con Matteo,” sorrise appena Gianmarco.
“Confidiamo nel fatto che quando lo sarà Pietro ce lo dirà,” continuò Gianluca. 
“Vi sta bene che vi lascino all’oscuro di tutto?” si sorprese Rossella. 
“Sono convinti di starlo facendo per il nostro bene,” spiegò tranquilla Federica. “Sono i maggiori, capisci? Si sentono in dovere di proteggerci,” annuì in direzione dei gemelli.
Rossella li guardò scambiarsi un’occhiata e poi scoppiare a ridere. 
“Poveri illusi,” singhiozzò Gianluca. 
“Sono dolci a modo loro,” si asciugò una lacrima Federica. 
Silvestro si avvicinò al tavolo e si schiarì la gola. “Stanno urlando, lì fuori.”
“Immaginavamo,” annuì stancamente Rossella.
“Se dovessero ricorrere alle mani devo venire a chiamarvi?” chiese allora Silvestro.
Federica considerò la domanda, quindi squadrò il tavolo. “Hanno lasciato qui i coltelli,” notò sollevata. “Lasciali fare.” Lanciò un’occhiata interrogativa a Rossella.
Rossella si strinse flemmaticamente nelle spalle. “Come no.”
“Oh, ma è amore, allora,” si commosse Gianluca. 
A Gianmarco andò di traverso la birra. 
“Come no?” ripeté felicemente sorpresa Federica, piegandosi verso di lei. 
“Il terzo cambio di facoltà,” le ricordò Rossella. “Non ci vedo niente di male in un pugno o due.”
“Li lascio fare,” approvò Silvestro, affrettandosi verso l’uscita. 
“Te ne avrebbe parlato, prima o poi,” mormorò Federica. 
“Pietro è piuttosto chiuso,” aggiunse Gianluca. “Non si apre facilmente.”
“Non come noi, diciamo così.”
“Non ha avuto problemi a darvi la notizia, o sbaglio?” borbottò Rossella, svuotando la sua birra e rubando quella di Pietro. 
“Ha avuto anni per fare pratica,” agitò una mano Gianmarco. “All’inizio fu quello che si oppose di più all’idea di Matteo: era da poco morto papà e stavamo passando tutti un gran brutto periodo.”
Gianluca fece una smorfia all’eufemismo. “La mamma era depressa,” mugugnò. “Noialtri non riuscivamo a sfogare la rabbia come si deve e ne combinavamo una peggio dell’altra. Matteo tirò fuori le palle e decise di affrontare la situazione come si deve.”
“Pietro era contrario e si limitava a mandare tutti al diavolo; poi un giorno s’imbatté in zio Andrea che sgridava Matteo per... qualcosa. Ti ricordi cosa?”
“Non ne ho idea,” scosse il capo Gianluca. “Sicuramente non era colpa sua, però.”
“Ovviamente,” sorrise amaramente Gianmarco. “Pietro a quel punto non ci vide più e colpì lo zio.”
Rossella aprì la bocca. “Lo ha colpito?”
“Uomini,” alzò gli occhi al cielo Federica. “Così prevedibili. Io almeno sono stata più creativa.”
“Pietro è sempre stato molto protettivo di Matteo,” le confidò Gianmarco.
“Per questo, sai, è quello che più gli urla contro.”
“Matteo lo lascia fare di buon grado. Senza contare che lo spirito delle Eliminatorie è proprio questo.”
“Sputtanarsi,” ricordò Rossella. 
“Cominci a capire,” rise Gianluca. 
“Vedi,” aggiunse Federica. “Informandoci ora del peggio evitiamo spargimenti di sangue quando non è appropriato. Conosci il tuo nemico, no?”
“Il nemico non siamo noi.”
“Il nemico è il resto del parentado.”
“Matteo lo ha sempre saputo,” sospirò Federica, sgranchendosi il collo. “L’idea è sua e quando arriveremo a ucciderci l’un l’altro probabilmente finirà anche per sentirsi in colpa.”
“Non permetterei mai che vi uccideste l’un l’altro,” commentò Matteo facendola trasalire. “Al massimo sarò io a commettere un omicidio di massa.”
“Omicidio che gli uomini in divisa copriranno per te,” ragionò Gianmarco.
“Mi sento in dovere di chiederlo ancora: divise sexy?”
Rossella squadrò Pietro e incrociò le braccia al petto. “Sei ancora vivo.”
“Non avevo nemmeno portato il coltello con me,” sogghignò lui. “Era una semplice chiacchierata.”
“Silvestro era preoccupato che poteste prendervi a pugni.”
“Chi è Silvestro?”
“Colui che continua a rifornirti di alcol,” rispose con aria solenne Gianluca. 
A Matteo andò di traverso il vino. “Quanto ha bevuto?” chiese a Gianmarco, tossendo.
“Quanto sei arrabbiata?” sussurrò Pietro a Rossella. 
“Non sono arrabbiata,” sorrise lei. 
Pietro arretrò, insospettito. “Sei furiosa?”
Rossella scosse la testa e gli riconsegnò la sua birra. Pietro la prese e assottigliò lo sguardo, quindi squadrò il resto dei fratelli. “Che mi sono perso? Che le avete detto?”
“Non c’è più fiducia,” commentò tristemente Gianmarco. 
“Che ti hanno detto?” balbettò Pietro, gli occhi fissi in quelli di Rossella. 
Lei lo tirò a sé per un bacio veloce. “Niente. Smettila di preoccuparti tanto.”
Pietro lanciò un’occhiata disperata a Matteo. 
“Hanno fatto amicizia,” sorrise lui. “Il tuo peggior incubo, immagino?”
“Non il peggiore,” ridacchiò Pietro. “In quello c’è anche Lazzaro.”
Rabbrividirono tutti e cinque, un’espressione tesa sui volti. 
“Cazzo, ero riuscito a rimuoverlo,” borbottò Gianluca. 
“Voglio saperlo?” chiese Rossella. 
“No,” giunse l’unanime risposta. “Assolutamente no.”
Matteo si passò una mano sul volto e prese una fetta di pizza. “Secondo round?”
“Fai ancora in tempo a scappare,” mormorò a mezza voce Pietro. 
Rossella schioccò la lingua. “E perdermi tutto il divertimento?”

 

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