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Autore: Iaiasdream    06/10/2015    4 recensioni
Seguito di: A QUEL PUNTO... MI SAREI FERMATO
Rea, ormai venticinquenne, dirige il liceo Dolce Amoris, conducendo una vita lontanissima dal suo passato, infatti ha qualcosa che gliel'ha letteralmente cambiata... ma... come si soleva immaginare, qualcuno risorgerà dagli abissi in un giorno molto importante... cosa succederà?
Genere: Erotico, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Armin, Castiel, Dolcetta, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A quel punto... mi sarei fermato '
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39' Capitolo: NON CI SARÀ UN LIETO FINE
 
 
 
 
<< Ricordi, Castiel?... ricordi quella notte di quattro anni fa?... io la ricordo perfettamente, fuori pioveva, avevo riacquistato la memoria e ti raggiunsi al lago. Ritornammo a casa tua bagnati fradici. Ci ritrovammo, e ci amammo perdutamente... dopo tre anni di lontananza e di incomprensioni, Rea e Castiel ritornarono a stare insieme >>.
La voce di Rea risuona quasi roca nell'aria, e io, ancora troppo frastornato da questa scoperta, non riesco ad alzare lo sguardo per fissarla negli occhi, ma le sue parole le sento vivide quasi a colpirmi la pelle come una folata di vento caldo.
<< Quella fu l'ultima volta che facemmo l'amore... >> riprende tremando << ...il giorno dopo a casa di tuo padre, tu mi portasti in camera tua, mi gettasti sul letto e mi chiedesti di darti un figlio... >> si ferma, la sento sbuffare un sorriso mescolato a un sospiro ricolmo di dolore e di pianto, << all'epoca come potevamo sapere che nel mio grembo c'era già qualcuno? Io ti lasciai, convincendomi che ti avrei dimenticato, che il tuo ricordo sarebbe stato deposto in un angolo del mio cuore, come si fa con qualcosa da dimenticare al più presto, ma come potevo... non ci riuscii... >>
Finalmente riesco ad alzare la testa, e il volto di Rea che si presenta davanti ai miei occhi esprime tutto il suo dolore.
<< Fu il mese dopo averti lasciato che Etienne diede segnali della sua presenza... >> piange, iniziando a singhiozzare, << ...ero incinta di tuo figlio, e tu non eri accanto a me >> sibila abbassando la testa e affondando il viso fra i palmi.
<< Perché non me lo hai mai detto? >> chiedo con voce roca.
Lei non risponde, libera gli occhi ormai arrossati e mi guarda con supplica.
<< Perché non ritornasti da me? >> ribatto rimettendomi in piedi.
<< Avevo paura... >>
<< Di cosa? Cazzo, Rea. Etienne è mio figlio! Se solo me l'avessi detto prima... >>
<< Non volevo rischiare! Tu pensi davvero che non ci abbia mai pensato? Notti insonni ho passato con il pensiero di fartelo sapere, che mi logorava la mente. "Se glielo dicessi, Castiel non sposerebbe Ginevra" pensavo contenta! Ma quando ritornavo a ragionare, la paura che tuo padre avesse voluto togliermi mio figlio, mi faceva impazzire! >>
<< Non glielo avrei mai permesso! >> urlo sentendomi il sangue ribollire nella testa. Non può aver pensato davvero che io avrei potuto permettere una crudeltà del genere.
<< Chi me lo assicurava?... tu?... mettiti nei miei panni! Eri stato capace di cedere alle minacce di quella maledetta, come potevo essere sicura che avresti mollato tutto? >>
<< Lo avrei fatto, pur di stare con te! >>
<< Non lo avresti fatto per Erich!... è anche per questo che non dissi nulla... Etienne ha sempre me, ma Erich, Erich sarebbe stato di nuovo solo, e lui era così piccolo e indifeso. Non riuscivo ad accettare di rovinargli per sempre la vita... >>
<< Così... hai pensato bene di metterti con quel vigliacco e far credere a tutti che il bambino fosse suo... >> soggiungo.
<< Armin lo sapeva! Era l'unico a saperlo! >> risponde decisa e distaccata.
<< Perché l'hai fatto? Sono io il padre di Etienne, perché il mio posto lo hai dato a un altro? >>
<< Cosa vuoi che ti dica? >> chiede esasperata << Vuoi che ti chieda perdono? Io avevo paura!... Ogni giorno che passava credevo di morire, e Armin... >> si ferma, poi riprende con voce flebile << Armin mi ha salvata >>
<< Da cosa? >> chiedo indispettito << Dal rimanere sola? Poverina... non saresti stata di certo l'unica! >> esclamo sprezzante.
<< Castiel, perché adesso mi tratti così? >>
<< Mi hai ingannato >>
<< I-io ti avrei ingannato? >> chiede incredula << ma che stai dicendo?! >>
<< Dal primo giorno, da quando ho messo piede qui, non mi hai mai detto la verità! >>
<< Perché, tu me l'avresti detta?... avanti, rispondi! >>
<< Di che stai parlando? >>
<< Sei anche bravo a fingere! Se non ti sovviene, perché non pensi a ciò che nascondevi nel cassetto della tua scrivania al liceo? >>
<< Ma che dici? >> chiedo confuso, non riuscendo a capire per quale motivo questo discorso sta prendendo una brutta piega. Dovrei essere felice di questa scoperta, e invece sento una rabbia dentro, che non riesco a controllare.
<< Sai una cosa? Se mi avessi detto la verità sarei stata pronta a perdonarti, ma adesso... >> scuote la testa fissandomi dritta negli occhi, che mi accorgo essere arrossati << Ci conosciamo da una vita, e mai... MAI, dalla tua bocca è uscita la verità!... e ora mi vieni a dire che io ti avrei ingannato? >>
Dopo quella domanda, alla quale non so dare una risposta, non aggiunge altro, stringe i pugni e si allontana velocemente.
Preso da uno scatto istintivo, le corro dietro chiamandola a gran voce per farla fermare, ma lei non mi ascolta.
<< Ho detto fermati! >> urlo afferrandola per un polso e strattonandola di poco.
<< Lasciami! >> urla piangendo.
<< Non puoi andartene, non così! >>
<< Lasciami! Non ti voglio vedere! >>
<< Ricordati di una cosa Rea... >> le stringo le spalle intimandola a guardarmi negli occhi << ...Te lo dissi già una volta, ricordi? Le cose mie non si toccano, sono mie e di nessun altro >>
<< Che cosa vuoi dire? >> chiede intimorita.
<< Non so perché siamo arrivati a questo punto... >> rispondo fissandola intensamente << ...ma t'avverto: qualunque cosa succeda, questa volta non non te ne andrai, non con mio figlio! >>
<< Perché dici questo? >> la sua voce è rauca, e da come l'ha espressa, capisco che ha paura << Perché? Rispondi! >> urla strattonandomi per liberarsi << Tu non mi vuoi più... >> aggiunge poi ansimante << ...è questo, non è vero? >> la guardo e non rispondo.
Perché? Mi chiedo dandomi dell'idiota. Dovrei dirle la verità, e invece tengo la bocca chiusa. Perché lo sto facendo?
Chiudo gli occhi raccogliendo quanta più aria possibile, mi preparo a rispondere, ma non appena lo faccio, uno sbuffo da parte sua mi interrompe di scatto. Riapro le palpebre tornando a guardarla.
<< Tua moglie aveva ragione... >> sorride triste; poi si avvicina a me incattivendo il suo sguardo <<  A questo punto fa' cio che vuoi, ma mio figlio... non lo tocchi, né tu, né tua moglie, né nessun altro! >>
Ed ecco qualcosa di molto affilato trafiggere inesorabilmente il mio cuore. Sento un forte dolore in petto e il glaciale sguardo che Rea mi sta lanciando, mi sta facendo paura.
Per la prima volta nella mia vita mi sento in questa maniera, anzi no. Non è la prima volta, ricordo di aver già sentito questi inquietanti sentimenti, e sono gli stessi di quando mi rendevo conto di perderla. Un agghiacciante brivido mi delinea la spina dorsale come fosse un taglio di coltello.
Quando ritorno alla realtà, mi rendo conto troppo tardi che lei si è allontanata. Cerco di raggiungerla ma qualcuno alle spalle mi chiama fermandomi.
Mi giro di scatto riconoscendo la voce.
<< Aspetta Castiel >>, è Armin. Ha una mano appoggiata sullo stomaco e cammina a fatica asciugandosi con l'altra mano il labbro inferiore che tralascia rivoli di sangue.
<< Che cazzo vuoi? >> chiedo sprezzante.
<< Dobbiamo parlare >>
<< Non abbiamo più niente da dirci tu e io! >>
<< Aspetta! >> mi interrompe alzando la voce << Non hai voluto ascoltarla... Ma adesso ascolterai me >>
 
***
 
Nonostante sto alzando il passo per raggiungere velocemente il primo piano, le scale mi sembrano interminabili.
Sento qualcosa stringermi la gola impedendomi di respirare e provocandomi un forte dolore.
Mi arranco al passamano della ringhiera fissando la porta del secondo piano come qualcosa da voler raggiungere disperatamente.
Un gemito di pianto mi esce presuntuoso dalla bocca. La lite con Castiel, io, non immaginavo che avrebbe potuto prendere questa brutta piega.
Le parole che mi ha detto, che gli ho detto, ascoltate da orecchie estranee possono far veramente male, e solo adesso mi rendo conto di come ci siamo feriti a vicenda.
Nonostante tutto, non riesco a darmi una risposta plausibile, non riesco a rassegnarmi al fatto che a parlare è stata solo la sua gelosia.
La realtà va ben oltre ogni semplice immaginazione, e per come si è presentata davanti ai miei occhi è frustrante e maledettamente ingiusta: Ginevra aveva ragione. Castiel ha un'altra, e il comportamento che ha avuto nei miei confronti istanti fa, conferma tutti i miei dubbi.
Arrivata davanti la porta della mia camera, la spingo bruscamente, ritrovandomi a guardare il letto.
Ansimando e continuando a piangere, spalanco l'anta dell'armadio prendendo alla rinfusa tutti gli indumenti che sono appesi e piegati, gettandoli con noncuranza dietro di me.
Esausta mi volto verso il letto osservando smarrita il caos che ho provocato, poi sentendo le gambe cedermi, mi appoggio di spalle all'anta e scivolo giù piangendo disperatamente.
"Che cosa sto facendo?" mi dico affondando il viso fra le mani. "Non posso andare via, non posso continuare a fuggire per sempre da lui. Anni fa, promisi che avrei affrontato a testa alta ogni situazione... ma io... la verità è che sono una maledetta bugiarda e vigliacca. Non riesco a non pensare che la miglior cosa sarebbe quella di prendere il primo treno e sparire da questo maledetto paese insieme a mio figlio.
Il problema è che ho sbagliato dall'inizio. Quattro anni fa, non avrei dovuto accettare l'aiuto di Armin. Sarei dovuta andare via senza far sapere niente a nessuno. E invece, ho avuto bisogno del conforto di qualcuno, anche se quest'ultimo mi ha rovinato la dignità".
Lentamente tolgo le mani dal viso aprendo gli occhi che bruciano per le lacrime. Guardo la finestra accorgendomi che il cielo si sta tingendo di tramonto.
"Devo andarmene da qui" mi ripeto, e questa volta convincendomi, non solo per le parole di Castiel, ma soprattutto per quello che mi ha detto Armin e per ciò che avverrà.
Dopo qualche istate immersa nei miei pensieri, sento al piano inferiore la porta d'entrata aprirsi. La trillante risata di mio figlio, inonda subito l'abitacolo e un forte calore invade il mio cuore. Mi alzo di scatto raggiungendo velocemente le scale, ma prima di scendere, mi accorgo che Kim e il bambino stanno salendo.
<< Mamma! >> esclama quest'ultimo correndo verso di me. Mi abbasso per accoglierlo fra le mie braccia e stringerlo forte, mentre la bruna rimane ferma a fissarmi. Ricambio lo sguardo, permettendole di leggermi dentro.
<< Ch'è successo? >> chiede con voce roca.
Le mie labbra tremano, e risollevandomi con in braccio Etienne, mi dirigo nella mia stanza senza curarmi di darle una risposta.
<< Che casino! >> esclama mio figlio scendendo << ma è passato un uragano? >> chiede afferrando un pantalone dal pavimento.
<< Che significa? >> soggiunge Kim guardando la stanza allibita. << che stai facendo? >>
<< Me ne vado! >> rispondo prendendo il trolley dall'armadio.
<< Cosa? Dove? >>
<< Etienne, va' a giocare all'x-box >>. Il bambino mi obbedisce senza ribattere e quando siamo sole, Kim ritorna a chiedermi che cosa sto facendo.
<< Non lo vedi? >> rispondo aprendo la valigia.
<< Lo vedo, ma non riesco a capire! >>
<< Me ne vado >>
<< Dove? >>
<< Non lo so >>
<< Come sarebbe a dire: non lo so? >> esclama piazzandosi davanti a me e chiudendo la valigia.
<< Ho rivelato il mio segreto a Castiel! >> rispondo bruscamente << e le cose non sono andate bene >>
<< Come? >>
<< Hai capito perfettamente! Non è andata come speravo! Non mi ha abbracciato e non mi ha detto che vivremo per sempre felici e contenti!... Si è solo limitato a incazzarsi e dirmi che l'ho ingannato... >>
<< Solo questo? Devi capirlo. Chiunque avrebbe reagito in quella maniera! >> m'interrompe incrociando le braccia al petto.
Scuoto la testa incredula e riapro la valigia depositando alcune maglie. << Lascia perdere Kim. Non cercare di difenderlo. Ho trovato una foto di una ragazza nel cassetto della sua scrivania, e sua moglie mi ha confermato che Castiel ha avuto un'amate. Per di più la stessa ragazza della foto, si presenta ormai da giorni a scuola e cerca qualcuno! >> riprendo con un tremolante sospiro.
<< Rea, non puoi scappare per una stronzata come questa! Hai provato a parlargliene? Vedrai che si sistemerà tutto... >>
<< Non si sistemerà un bel niente! >> urlo afferrando il trolley e scaraventandolo lontano da me. << È tutto finito Kim! Il Castiel e la Rea di prima non ci sono più. Non torneremo come una volta. Non più! Lo vuoi capire?! >>
<< No! Io non riesco a capire! Perché?! >>
<< Perché non voglio che mi portino via Etienne! >> rispondo stringendo i pugni dalla rabbia.
<< Cosa vuoi dire? >> balbetta la bruna scuotendo il capo.
 
***
 
<< Qualche mese fa, ho incontrato tua moglie >> riprende Armin fissandomi dritto negli occhi. Al contempo lo guardo cercando di intuire bene le sue parole.
<< Si presentò invitandomi a bere qualcosa,  tra un ragionamento e l'altro, scoprii che Ginevra è amica di mia madre. Iniziò a farmi domande su Rea e su... vostro figlio. Naturalmente io non rivelai nulla. La lasciai dicendo che Rea e io non stavamo più insieme e che non avevo voglia di rivangare il passato. Qualche giorno più tardi la rincontrai a casa di mia madre. Stavano prendendo un caffè e parlavano sottovoce. Quando mi videro entrare, fu mia madre la prima a cambiare discorso. Poi rimasi solo con Ginevra... >> si ferma spostando il suo sguardo verso l'orizzonte.
<< Va' avanti >> lo sprono infastidito da quella pausa.
<< ...quella frase, io... credo che non la dimenticherò mai... >> continua tremando.
<< Quale frase? >> chiedo ansioso.
<< "La tua Rea me la pagherà molto cara, sia lei che suo figlio" >> risponde come un automa, rivolgendomi lentamente il suo sguardo glaciale.
A quelle inquietanti parole, il mio cuore manca un battito e riesco a percepire il significato di quella frase.
<< Che cazzo stai dicendo?! >> esclamo piazzandomi davanti a lui e afferrandolo per il colletto.
<< Non sto mentendo. È questo quello che stavo dicendo a Rea, prima che tu ci interrompessi. Ginevra ha in mente qualcosa contro di lei! >>
<< Brutto figlio di puttana! >> esclamo scaraventandolo per terra << tu eri d'accordo? >>
<< Come puoi pensare una cosa simile? Le ho già fatto del male, e me ne sto pentendo amaramente... >>
<< Io ti assicuro che se solo torcerete un capello sia a lei che a mio figlio, non la passerete liscia! >>
<< Queste parole devi andare a dirle a tua moglie >> m'interrompe rialzandosi e guardandomi con sicurezza. << Invece di incolpare Rea, dovresti andare da lei e rassicurarla. Lei ti ama, e anche se mi fa male al cuore ammetterlo, ti ha sempre amato. Lei è ancora arrabbiata con me per ciò che le ho fatto, e ogni giorno che passa, i rimorsi mi divorano l'anima. E ancora adesso mi chiedo come fai tu a non avere rimorsi? >>
Quelle parole non mi fanno reagire molto bene. Infatti senza trattenermi, gli sferro un pugno in pieno volto buttandolo ancora una volta per terra.
<< Che cazzo ne sai tu, di quello che sento io? >> chiedo digrignando i denti. << So benissimo che questa situazione è causa del mio passato menefreghismo. So che la colpa di tutto questo è soltanto mia. Non sei tu quello che deve venirmi a fare la predica! >>, e detto questo lo lascio lì allontanandomi con passo svelto.
Raggiungo deciso casa di Rea e mi accorgo che tutte le stanze sono spente. L'ansia di prima ritorna a farmi visita, così senza perdere altro tempo, mi reco al cancello e mi accingo a suonare, ma non appena l'indice sfiora il pulsante del campanello, vedo la porta di entrata aprirsi.
<< Kim! >>. Non appena mi vede, la bruna trasalisce, forse presa alla sprovvista. Si volta verso l'entrata e socchiude la porta, poi si avvicina velocemente.
<< Castiel, che ci fai qui? >> chiede sottovoce.
<< Rea è dentro? >> ribatto speranzoso.
<< Sta dormendo >> risponde sospirando.
<< Aprimi il cancello >>. Scateno di poco il ferro, ormai preda all'ansia. Kim mi guarda con occhi strabuzzati, mi afferra i pugni e mi supplica di fare piano.
<< Che vuoi fare Castiel? >> aggiunge disperata.
<< Voglio entrare, aprimi il cancello >> ripeto innervosito.
<< No, lascia perdere. Sta dormendo, era nervosa e agitata. Se avete litigato ancora, l'unica cosa da fare e darvi del tempo. Rea adesso non vuole vederti... >>
<< Lì dentro c'è mio figlio! >> esclamo a denti stretti, lei si interrompe di colpo e mi fissa negli occhi. << Me ne sbatto il cazzo di ciò che vuole lei. Io voglio vedere mio figlio! >> scandisco l'ultima frase con autorità.
Vedo Kim sospirare afflitta. Scrolla le spalle e si accinge ad aprire, ma prima di farlo mi chiede: << Sai di tua moglie? >>
Annuisco, << È per questo che voglio starle vicino. Ignorerò totalmente i suoi capricci. Non m'importa di ciò che pensa. Ne ho piene le tasche di spiegarle ciò che lei fraintende >>
<< So che forse non è giusto nei suoi confronti, ma, ti faccio entrare solo perché ci conosciamo da anni, e so chi sei... >>, detto questo apre il cancello e mi libera il passaggio. << Le ho dato una camomilla, non credo ti sentirà >> aggiunge poi invitandomi con un gesto della mano ad entrare.
<< Grazie Kim >> accetto recandomi velocemente alla porta. Senza più curarmi della bruna, entro. La penombra mi rende incapace di vedere nitidamente, ma un fascio di luce proveniente dalle vetrate del salotto, illumina di un blu-nero le scale. Le guardo per qualche istante con titubanza, poi inizio a salire.
Ogni gradino, su cui poggia il mio piede, mi trasmette delle scosse; il cuore inizia a palpitare con foga e sento le mie mani aggrapparsi al passamano con tremore.
La stanza del bambino è a pochi passi da me, e la voglia matta di vederlo, cresce ancor di più. Sembra come se fosse il nostro primo incontro.
La porta della sua camera è socchiusa, e da lì una calda luce soffusa, illumina di poco il corridoio.
Entro lentamente e subito il mio sguardo viene catturato dalla sua immagine. Sta dormendo tranquillo. Mi avvicino lentamente, e in tale maniera mi siedo al suo fianco osservandolo con dolcezza.
Come ho potuto non accorgermene prima? I suoi capelli corvini, il suo sorriso, ma soprattutto i suoi occhi di quel grigio cenere che è uguale al mio.
Io ho un figlio, ce l'ho davanti ai miei occhi, e la prima cosa a cui riesco a pensare è che sto male, perché per il mio egoismo, non ho potuto vederlo nascere e stargli affianco come un padre.
Stringo i pugni e chiudo gli occhi sentendomeli bruciare; sospiro trattenendo a stento un singhiozzo.
Mi curvo verso di lui, gli sposto i capelli dalla fronte e gli accarezzo le guance con le labbra.
<< Mi dispiace, Etienne >> sussurro con voce rauca. << Perdonami. Adesso che papà ti ha trovato, non ti lascerà più andare >>
Lo sento sospirare, mentre mi accorgo che nel sonno le sue labbra si allungano in un dolce sorriso. Lo ricambio, poi dopo avergli dato un bacio sulla fronte, mi alzo e esco dalla camera.
Giunto nel corridoio, mi blocco volgendo lo sguardo verso la porta della camera di Rea. Sospiro afflitto dispiacendomi per ciò che le ho detto. Esito, poi però mi decido a recarmi da lei.
La porta è chiusa, ma non a chiave, così, silenziosamente abbasso il saliscendi e apro.
Subito un odore di freschezza invade le mie nari, me ne inebrio, guardandomi intorno. La stanza si presenta in disordine, ci sono un sacco di maglie gettate sul divanetto, mentre le ante dall'armadio sono spalancate. Rea giace sul letto coperta da un lenzuolo, mi dà le spalle.
Mi avvicino a essa, facendo il giro del letto per trovarmela di fronte.
Sento il suo respiro calmo, anche la sua espressione sembra tranquilla. Tiene il braccio destro che sporge dal materasso. Le afferro docilmente la mano e gliela poggio sul cuscino, ma non appena lo faccio, qualcosa sotto i miei piedi scricchiola, facendomi fermare. Volgo di scatto lo sguardo verso il pavimento: c'è un pezzo di carta stropicciato. Lo raccolgo e mi avvicino alla finestra per vedere bene di cosa si tratta. È una foto, e non appena mi accorgo chi vi è ritratta, subito formulo nella mente tutte le spiegazioni.
<< Non è possibile >> sussurro volgendo lo sguardo verso Rea, e la fioca luce che la illumina fa brillare un rivolo di lacrima che le si è formato sulla guancia.
 
***
 
I raggi del sole colpiscono in pieno i miei occhi già provati per il pianto. Li riapro a fatica, sospirando scocciata.
Nonostante Kim abbia insistito per darmi la sua camomilla, sento di avere un forte dolore alla testa.
Mi sento confusa, non riesco a ricordare cosa sia successo la sera prima. Ma non appena mi alzo e vedo il pietoso stato della mia camera, rimembro subito tutto: volevo preparare le valige per andarmene. Sì, proprio così; volevo. Kim è stata capace di convincermi a fare il contrario. Le ricordo ancora le sue parole: << Se veramente vuoi proteggere tuo figlio, devi proteggere prima te stessa dalla paura. Non scappare Rea. Combatti >>
Quelle parole sono state alquanto convincenti.
Kim ha ragione, non posso scappare in eterno. Etienne ha bisogno di una mamma forte e coraggiosa, e io so di esserlo.
Con quella convinzione nella mente, mi metto a sedere sul letto, cercando con i piedi le pantofole sparse sul pavimento.
Sbadigliando mi dò una grattatina alla testa, poi volgo lo sguardo sul comodino.
La foto di quella ragazza colpisce subito i miei occhi. La guardo con rabbia, poi la prendo e fissandola attentamente, sussurro: << Non mi rovinerai la vita anche tu >>, la scaravento con noncuranza sul letto. Questa però scivola sul pavimento poggiandosi dalla parte posteriore. Qualcosa di essa cattura la mia attenzione. Non mi ero mai accorta che avesse delle scritte. La riaccolgo e leggo attentamente.
Trasalisco nel riconoscere la scrittura. È di Castiel.
"Noi due dobbiamo parlare. Ci vediamo domani a scuola".
Quella frase mi dà un altro sussulto al cuore e un brivido gelido si delinea sulla mia schiena.
L'ora della verità è giunta. Per scoprirla mi basta solo raggiungere il liceo.
Ma, non posso immaginare che lì, mi sta attendendo una brutta sorpresa.
   
 
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