Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: Abby_Donati    06/10/2015    1 recensioni
"Vivi la vita al momento perchè tutto il resto è incerto" era la sua filosofia. Era un po’ come me, ma non avrei mai pensato che il nostro primo incontro non si svolse in quel negozio, ma anni prima, in cui la mia vita cambiò.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Chapter 1

 
La giornata non era delle migliori: il cielo era ricoperto di nuvole nere che minacciavano temporale, mia madre continuava a insistere che l’accademia di musica era solo una perdita di tempo, e non dovevo sprecare la mia vita.
“Non combinerai mai nulla nella vita con una chitarra” aveva detto, come se gli fosse mai importato veramente qualcosa. Uscii di corsa da casa con la mia classica tenuta: Vans senza lacci, jeans strappati e una maglietta con un teschio messicano, tutto rigorosamente nero che, ormai, era diventato il colore primario del mio armadio e salii sulla mia auto. A volte ripenso alla vita che facevo cinque anni fa, all’ora era tutto più semplice; ero una classica sedicenne. Ora invece sono tutto l’opposto del mio passato. “Carpe diem, cogli l’attimo” avevano detto, ed era quello che stavo facendo.
Nell’arrivo al campus, speravo che tutto andasse nel verso giusto, senza nessuna complicazione, invece mi sono ritrovata bagnata e ricoperta di fango dalla vita in giù, senza telefono e davanti una segretaria bionda ossigenata, con due palloni da basket al posto delle tette e una voce squillante. La posso definire ‘una classica giornata no’.
“Buongiorno, come posso aiutarti?” si vedeva lontano un miglio che il suo sorriso era finto. Gli angoli della bocca erano troppo tirati e gli occhi mostravano un velo di rabbia misto tristezza.
Conclusione? Doveva essere uscita da poco da una storia d’amore.
Odiavo questa parola: Amore. Ormai le persone si aggrappano a questo sentimento un po’ come scusa, per non rimanere soli nella vita, come il matrimonio. Le persone hanno paura della solitudine, la considerano ‘Il veleno della vita’.
“Salve, sono Alison White, vorrei la chiave della mia camera” Il mio tono era sul velo dell’ovvio. Altrimenti perché sarei qui? A volte, facciamo domande così ovvie che ci rispondiamo da soli.
“Stanza B15, i tuoi coinquilini sono già arrivati” La chiave, che tenevo in mano, era ormai diventata di un colore sul bronzo, per via dei tanti anni che le correvano.
Non so se era per il fatto che io e la scuola non andavamo molto d’accordo, o per il fatto che mi ero già persa quattro volte per quei corridoi, ma avevo la sensazione che sarebbe stato un anno complicato, pieno di problemi.
Quando vidi la grossa B del mio padiglione tirai un respiro di sollievo. In ogni piano che percorrevo, gli studenti mi guardavano e distoglievano subito lo sguardo. Mia mi aveva sempre detto che i piercing mi davano un’aria più da dura, soprattutto con il mio abbigliamento, ma era quello il mio scopo. Più facevo ‘paura’ più gli altri mi stavano lontani. ‘Meglio soli che mal accompagnati’ era questa la mia filosofia. Quando arrivai al terzo piano, vidi la mia camera infondo al corridoio. Più mi avvicinavo più dei rumori varcavano la soglia. Erano due voci, una maschile e una femminile.
“Quella camera è mia!” la voce maschile era roca, potente, incuteva quasi terrore.
“Non pensarci fratello!” quella femminile era più soave, più dolce.
Posai la chitarra e le due valigie al muro e aprii la porta, ritrovandomi subito dopo con il culo per terra. Una valigia mi aveva investito, facendomi cadere sulla soglia della porta.
“Porca puttana”il sibilo era più forte di quello che volevo, tanto che i due individui smisero di sbraitare tra di loro. Spostai il borsone, rialzandomi in piedi.
“Alison White?” si vedeva benissimo che la ragazza davanti a me era intimidita. Il corpo si irrigidì appena vide i piercing sul labbro e sul sopracciglio, deglutendo rumorosamente.
“Non mordo tranquilla, comunque si sono io, e voi siete?” presi le mie borse e le appoggiai al muro. La ragazza aveva lo stile che avevo io anni fa: acqua e sapone, senza trucco e vestiti colorati.
Inizia a scrutare la prima parte della stanza: il soggiorno era sui toni del bianco e del blu, composto da un divano, un tavolino con due poltrone sui lati e una tv con dvd; la cucina era invece sul colore del giorno, rosso e arancione, con i classici accessori (forno, frigorifero ecc.) e un tavolo; Il bagno era classico, e anch’esso bianco e blu. Tra il bagno e la cucina, proprio dietro il soggiorno, c’era una terrazza. Non era tanto grande, ma bastava per contenere un tavolo da giardino con quattro sedie.
“Scusaci io sono Katherine, ma puoi chiamarmi Kate, e lui è il mio fratellastro Harry” Harry era un po’ come me: aveva piercing ed era vestito di nero, ma si sa ‘mai giudicare un libro dalla copertina’. Strinsi la mano che Kate mi aveva porto e feci lo stesso con Harry, nonostante l’espressione scocciata.
Quando esaminai le camere, mi accorsi che una era singola con un armadio e una scrivania, mentre l’altra aveva due di tutto.
“Stavate discutendo per la camera singola vero?” Tornai nel soggiorno, tirando fuori dalla borsa un pacchetto di sigarette e un accendino, dirigendomi poi sul terrazzo. Sapevo che fumare faceva male, entrambi i miei nonni sono morti per cancro ai polmoni, e non sarebbero stati fieri di me, ma ormai era diventato una via di fuga dallo stress, avevo quei pochi minuti di libertà, senza pensieri, senza problemi in cui mi dovevo concentrare solo per aspirare e poi far uscire il fumo dalle labbra.
“Si, e credimi dolcezza, non sarà tua” Harry mise una mano sul mio sedere, palpandolo. Gli presi la mano e gliela rigirai sulla schiena, come mio padre mia aveva insegnato, mi portai la sigaretta alla bocca, aspirai e feci uscire il fumo sul suo orecchio.
“Chiamami di nuovo dolcezza, e ti ritroverai senza poter più scopare. Uomo avvisato, mezzo salvato” lo lasciai andare e gettai il mozzicone.
“Questa ragazza mi piace di già” Kate rideva del fratellastro come un bambino poteva ridere per una faccia buffa. A parte Mia non ho mai avuto amiche con cui parlare, confidarmi. Per il resto ho sempre fatto da me, senza nessuno che mi guidasse per la strada giusta.
“Ti va di condividere la camera?” D’istinto avrei risposto di no. La solitudine era il mio ambiente naturale, con essa potevo stare tranquilla e senza problemi, ma avere un’amica qui al campus era utile per poter affrontare quest’anno.
“Certo, va bene, ma voglio il letto vicino alla finestra” presi le valige e la chitarra dirigendomi nella camera, dando per scontato di avere il letto.
“Se mi fai sentire come suoni certo” non so perché accettai, forse per il fatto della sensazione di ‘libertà’ che mi dava dormire vicino a una fonte d’aria.
Posai le borse in fondo al letto e tolsi la chitarra dalla fodera accordandola. Presi il plettro e iniziai a strimpellare le prime note di Let her go dei Passenger. La mia voce si aggiunse poco dopo accompagnando la melodia che si era creata. Ogni singolo suono, ogni singola nota era pura poesia. La musica era diventata parte di me e, maturando la mia passione, sono maturata io. Pascoli, Ungaretti, D’annunzio, hanno creato opere famose in tutto il mondo, ma le vere sinfonie che accompagnano la gente, in questa triste realtà chiamata vita, è proprio la musica. Ogni persona ha il suo stile e, con esso, il tipo di musica.
Le ultime note si dispersero nell’aria, lasciando il dolce rumore del silenzio. Guardai Katherine aspettando una sua reazione, qualche segno.
“Ok, quel letto è tutto tuo” sorrise mettendosi sul letto posto di fianco al mio, guardando il soffitto.
“A cosa stai pensando?” posai la chitarra nella custodia insieme al plettro. Ormai si era persa nel vuoto e non si era accorta della mia domanda. La sua espressione era impassibile con lo sguardo in cerca dei ricordi passati, in cerca della felicità vissuta. Le mani erano sotto la nuca e le ginocchia piegate.
“Terra chiama Katherine” gli sventolai la mano sopra gli occhi e, a tale gesto, sbattè le palpebre.
“Eh, che dicevi?” tali comportamenti mi facevano ridere. Come si può passare da un’espressione sognante alla confusione più totale della realtà?
“Niente tranquilla” iniziai a mettere a posto i miei vestiti. Si passava da un armadio nero e bianco, a uno multicolore.

Alle quattro del pomeriggio le strade iniziarono a riempirsi. Ero sul marciapiede con il mio Ipod dirigendomi al centro commerciale lì vicino; mi feci dire la strada da Kate prima che iniziasse a discutere di nuovo con il ‘fratello’. Distava solo cinque minuti a piedi e la strada era tutta dritta, senza svolte. Aveva quattro piani, compreso il pian terreno, avendo ogni genere di negozi. Andai in un negozio di elettronica, cercando un nuovo telefono. L’esterno era completamente diverso dall’interno. Aveva una piccola entrata con la classica porta spingere-tirare; l’interno era enorme: sulla destra si trovavano dvd, videogiochi e cd; sulla sinistra accessori per telefoni, computer e tablet; al centro di tutto questo c’era posizionato un enorme bancone con telefoni, mp3 e macchine fotografiche. Mi avvicinai al bancone nella sezione Iphone quando un ragazzo, di dieci centimetri più alto di me, mi si posizionò davanti.
“Posso esserti utile?” lo guardai negli occhi. Erano di un colore simile a quello del mare, erano profondi e pieni di mistero.
“In realtà sono io che lo dovrei chiedere a te” indicò la maglia con la targhetta con inciso ‘L. Tomlinson’.
“In tal caso volevo un Iphon 6” si avviò al bancone prendendone uno nero e uno bianco. Gli indicai quello nero e me lo mise nell’apposita scatola.
“Allora come ti chiami?” gli porsi la carta di credito e digitai il pin.
“Non sono cazzi tua” ripresi la carta di credito insieme allo scontrino e al telefono, incamminandomi verso l’uscita.
“Bhe, piacere di averti conosciuto Nonsonocazzitua”
“Addio Tomlinson” Uscii ritornando al camps.




--------------------------------
SPAZIO AUTRICE:

Salve a tutti/e. Questo è il primo capitolo di Alone Togheter.
Essendo la prima volta, spero tanto che sia di vostro gradimento e, se avete qualche consiglio, se trovato qualcosa che non vi piace, me lo potete dire tranquillamente.
Accetto critiche.
Al prossimo capitolo.




 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Abby_Donati