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Autore: Le notti con Salem    07/10/2015    0 recensioni
In una delle tante giornate passate in solitudine, Dagran decide di compiere una buona azione nonostante il pessimo umore e ciò porterà una sorpresa o due a lui e al resto del gruppo
Ambientato circa un anno e mezzo prima degli eventi del gioco
(già pubblicato sui miei account su lokee e deviantart)
Genere: Comico, Fantasy, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dagran, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Sotto la pioggia

Dagran si fermò a osservare il cielo sempre più cupo. Nubi temporalesche stavano soffocando con rapidità la poca luce rimasta prima del tramonto. Era proprio il momento di tornare indietro.
Aveva vagato per tutta quella giornata di fine estate in completa solitudine, com'era sua abitudine fare in quel periodo dell'anno. Zael e Lowell erano a conoscenza da lungo tempo di quel suo bisogno d'isolamento, perciò non sarebbe stato un problema spiegarlo a Syrenne e a Yurick.
Era il suo modo di rendere omaggio ai compagni caduti cinque anni prima, durante l'unica, vera sconfitta nella loro vita da mercenari. Quando quel momento dell'anno arrivava, il ricordo della loro scomparsa si faceva più doloroso e lui diventava intrattabile. Per questo si prendeva un giorno o due per sé, lasciando che Zael e gli altri si dedicassero più allo svago che al lavoro, guadagni permettendo. A Dagran sembrava che ogni volta arrivasse più in fretta della precedente, ma nell'ultimo periodo il lavoro era andato meglio del previsto, così aveva potuto lasciarli senza problemi.
Prima di rimettersi sulla via del ritorno, tirò fuori da sotto la camicia il pendente che portava al collo, una placca di metallo rettangolare con un angolo tagliato. Come la penna ornamentale legata ai suoi capelli, anche quello era il ricordo di un affetto perduto.
Quello di Celes, la sua compagna.
Lo strinse con rabbia, pensando a tutto ciò che gli era stato strappato nella sua vita, e ribadì fra sé il giuramento che aveva fatto da bambino, quando aveva lasciato il proprio villaggio in fiamme, come unico superstite.
Diede un'ultima occhiata al pendente prima di rimetterlo al suo posto, dopodiché si affrettò sulla strada, sperando che la pioggia aspettasse il suo ritorno alla locanda prima di iniziare a cadere.
Neanche a dirlo, dopo pochi passi un muro d'acqua si abbatté su di lui.
Per fortuna si era portato dietro la mantella con cui coprirsi in caso di bisogno, insieme a una collezione di epiteti locali che ripassò sottovoce rivolgendoli a ogni singola nuvola sopra la sua testa.
Dopo pochi minuti di corsa, giunse alle porte della città. Dietro le nuvole, il sole era ormai tramontato e solo i fulmini illuminavano la strada. La guardia di turno al cancello lo fece passare senza problemi e gli suggerì anche una strada per raggiungere la sua locanda bagnandosi il meno possibile. Dagran apprezzò il consiglio, anche se a conti fatti non faceva più differenza: la mantella che portava andava bene per coprire bisacce e armi, ma era troppo piccola per un uomo di quasi due metri come lui, infatti era arrivato lo stesso in città mezzo zuppo.
Lasciò di malavoglia il riparo del cancello e s'infilò nelle vie della città, seguendo il percorso consigliatogli dalla guardia. A parte lui, non c'era nessun altro in strada. Meglio così.
Mentre si affrettava a tornare alla locanda, rifletté su come utilizzare la propria parte dei guadagni dell'ultimo lavoro. Vitto e alloggio erano a posto, dato che alla locanda avevano pagato in anticipo, e anche le loro armi erano ancora in buone condizioni. Aveva preso in considerazione l'idea di fare un salto al bordello dall'altra parte della città, a intrattenersi con un paio delle loro “signorine”, ma quella pioggia torrenziale che si stava abbattendo sulla sua testa gli suggerì che forse era meglio pensare prima a un rinnovo del suo esiguo guardaroba, partendo da un mantello vero e proprio.
Stava pensando a un modo per organizzare le spese e poter fare entrambe le cose, quando per poco una carrozza non lo travolse sbucando da una strada laterale.
«Togliti dalla strada, pezzente!» gli urlò il cocchiere. In realtà c'era spazio più che a sufficienza nella via perché il mezzo passasse in tranquillità, ma il cocchiere aveva spronato di proposito i cavalli per andargli addosso.
Il mercenario fece un balzo di lato e la carrozza gli sfrecciò accanto, passando sopra un'enorme pozzanghera che lo inzuppò del tutto.
Tra l'acqua e il fango che gli colavano addosso, era riuscito a notare due cose: il ghigno compiaciuto sulla faccia del cocchiere e l'indifferenza dei passeggeri dietro il finestrino della carrozza; due nobildonne tutte ingioiellate e un uomo di mezz'età, vestito di vari strati di pelliccia, seta e altri tessuti sicuramente costosi, che dava l'impressione di non aver mai fatto uno sforzo fisico diverso dal portarsi la forchetta alla bocca. Per quel poco che era riuscito a scorgere, i tre non avevano mostrato alcun interesse per quel che stava succedendo al di fuori dell'abitacolo, anzi, era probabile che se la carrozza lo avesse investito, si sarebbero lamentati dei possibili danni che lui avrebbe procurato al loro mezzo!
Quello scorcio di aristocrazia si allontanò lasciandolo in mezzo alla fanghiglia e a Dagran non rimase altro da fare che togliersi di dosso tutta la sporcizia che poteva e ritornare alla locanda più fradicio e furioso di prima.
Che vita di merda!
Percorse il tratto di strada che gli rimaneva maledicendo tutti i nobili e i ricchi e le loro vite da privilegiati. Non era certo il modo migliore per commemorare i suoi compagni caduti, ma per quella volta andava così.
Era ormai in vista della locanda, l'ingresso illuminato da uno dei pochi lampioni che caratterizzavano il centro della città, quando degli strani suoni attirarono la sua attenzione.
Da un vicolo in ombra accanto a lui provenivano dei tonfi, seguiti a volte da un ringhio sommesso. Prima che il mercenario potesse domandarsi cosa causasse quel rumore, un gran fracasso di legna spezzata riecheggiò per la via.
Una persona con un briciolo di buon senso si sarebbe allontanata da lì di corsa e avrebbe cercato una guardia, ma il pessimo umore di Dagran quella sera lo rendeva tutto fuorché assennato – per non parlare della sua natura impulsiva – e così, pronto a sguainare la spada e con una gran voglia di menar le mani, s'infilò nel vicolo.
All'inizio non vide nulla a causa dell'oscurità e della pioggia, poi gli occhi si abituarono e notò una sagoma a terra. Era una donna. Cadendo era andata a sbattere contro delle vecchie casse vuote facendole crollare a terra.
Mentre le si avvicinava, il ringhio di prima risuonò di nuovo nel vicolo. Dagran impugnò la spada e si preparò a sfilarla dal fodero, pronto a reagire. Era molto vicino, eppure non c'era niente nel vicolo a parte lui e la donna a terra, e pioggia e fulmini distorcevano i suoni impedendogli di capirne la provenienza.
Qualunque cosa sia, è meglio se prima mi occupo di lei, poi vedrò di avvisare le guardie.
Lasciò un momento la spada e s'inginocchiò accanto alla donna, lanciando occhiate tutt'attorno per esser sicuro che quella cosa non lo prendesse alla sprovvista.
La donna ai suoi piedi era poco più giovane di lui e indossava solo una semplice tunica grigia completamente zuppa di pioggia e un paio di stivali che avevano visto giorni migliori. Lunghi capelli neri le coprivano il viso, sormontati da un grande fiore bianco che sembrava resistere senza sforzo a quella pioggia battente. Quando Dagran cercò di scostarle una ciocca per vederla meglio, la donna si mosse e alzò il viso verso di lui. Almeno adesso aveva la certezza che era viva.
Un paio di occhi grigi lo fissavano vacui, ma lui non ci badò, troppo incuriosito dai segni che stavano sopra di essi: otto punti celesti che formavano un cerchio proprio al centro della sua fronte.
Mentre la guardava, la donna tentò di tirarsi su, ma finì col ruzzolare di nuovo a terra. La sentì mormorare qualcosa, senza però capire cosa dicesse.
«Stai tranquilla» fece lui mentre si spostava per tirarla su «Non voglio farti del male, voglio solo aiutarti. Guarda, io sto proprio alla locanda laggiù. Ti porto lì così puoi scaldarti e dirmi.... Ehi! Che diavolo fai?»
La donna aveva strisciato verso di lui mentre parlava e senza preavviso era scattata in avanti e aveva affondato i denti nel suo stivale. Dagran barcollò indietro per togliersi alla sua potente morsa e le diede uno spintone per allontanarla. La donna ciondolò indifferente e parlò di nuovo, e questa volta Dagran capì cosa diceva.
«Cibo» la sua voce era stralunata.
«Ehm, va bene. Ti porto qualcosa da mangiare e...»
«Fame!»
La donna partì di nuovo all'attacco, e questa volta a farne le spese fu il braccio destro del mercenario, alzato per difendersi. Grazie alla pioggia e a qualche residuo di fango dall'incontro con la carrozza, Dagran riuscì a liberarsi con uno strattone senza rimetterci un pezzo di carne, ma così facendo perse l'equilibrio e cadde di schiena sulle pietre bagnate della strada. La donna fu subito su di lui.
«Cibo!»
Era una pazza indemoniata.
Dagran era in posizione di svantaggio: entrambe le spade – quella cerimoniale e quella per combattere – erano bloccate sotto di lui e anche se fossero state libere, lei era troppo vicina perché potesse impugnarle e usarle come si deve. La cosa però non era importante, perché i suoi pugni sarebbero stati più che sufficienti. Si preparò a sferrarle un cazzotto appena avesse tentato un nuovo attacco, alla faccia della galanteria. Lei si mosse, lui era pronto, ma prima che potesse fare alcunché, la lotta era già finita.
La donna, dritta su di lui, traballò un attimo e poco dopo gli si afflosciò addosso mezza svenuta con un rantolo. Nonostante fosse esile e molto più bassa di lui, il suo peso era tale da mozzare il fiato al mercenario.
I due rimasero immobili per un po', poi Dagran, vedendo che la donna non accennava a muoversi, si tirò su scrollandosela di dosso. Prese in considerazione l'idea di abbandonarla lì sotto la pioggia.
Cerco di aiutarla e mi azzanna neanche fossi una bistecca?!
Alla fine però decise di portarla comunque alla locanda. Non gli sembrava giusto lasciarla alla mercé di quella cosa ringhiante nascosta nel vicolo... o lasciare lei libera di aggredire qualcun altro scambiandolo per un pasto.
«Almeno ci sarà un pericolo in meno in giro per le strade» borbottò fra sé il mercenario.
Lei sembrava abbastanza cosciente da poter essere guidata nei suoi passi senza rischiare altri morsi, così le passò un braccio attorno alla vita, la incoraggiò a ricambiare la stretta e cercando di ripararla dalla pioggia più che poteva nonostante fossero entrambi già fradici, la condusse all'ingresso della locanda.
   
 
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