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Autore: Eisen im Blut    07/10/2015    0 recensioni
Seconda classificata al concorso Holy ship [ Hetalia + Free contest ]
_ AU!Amnesia _
"Erano le sei e mezza quando l’albino aprì gli occhi in quella stanza.
Con la destra si toccò il petto, all’altezza del cuore, indugiò qualche secondo sulla piccola zip della felpa per poi risalirla, aprirla e scoprire la pelle del petto quel tanto che la cerniera gli permetteva. "
{...}
"Era disorientato. "
{...}
"Sapeva di chiamarsi Gilbert e sapeva che quel pulcino era più di quanto la parola amico potesse definirlo appieno e che si chiamava esattamente come lui Gilbird. Ma…"
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Austria/Roderich Edelstein, Prussia/Gilbert Beilschmidt
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Autore : Eisen im Blunt
Titolo 
Der Atem eines Speicher 
Fandom : Axis Power Hetalia
Personaggi : Austria/ Roderich Edelstein, Prussia/ Gilbert Beilschmidt
Pair : PruAus
Genere : Drammatico, Introspettivo
Raiting : Ho voluto iniziare con il verde ma avviso che potrebbe salire a giallo

Note : 
 Salve a tutti ! 
Rieccomi su EFP dopo un breve periodo di silenzio, dovuto più che altro all'università, a scrivere nuovamente qualcosina su una delle mie coppie preferite. Spero vi possa piacere e come sempre ringrazio in anticipo chi avrà il tempo di leggere questo primo capitolo e magari lasciare una piccola recensione. Questa storia come già scritto nell'introduzione parteciperà al concorso
 
Holy ship [ Hetalia + Free contest ] ed inserisco a seguito anche le informazioni scelte che appariranno nella storia o dalle quali ho preso spunto.

Buona lettura !



Coppia: PrussiaXAustria
AU: Amnesia 
Canzone: How to save a life
Citazione: La gente muore solo quando viene dimenticata -Isabel Allende

 



P R I M O  S O F F I O:
Il bianco della perdita





La gente muore solo quando viene dimenticata
Isabel Allende 




-Non lascerò che questo avvenga
-Mai ?
-Sarebbe stato del tutto inutile esserci incontrati di nuovo
-Danke schon Roderich




Erano le sei e mezza quando l’albino aprì gli occhi in quella stanza.
Con la destra si toccò il petto, all’altezza del cuore, indugiò qualche secondo sulla piccola zip della felpa per poi risalirla, aprirla e scoprire la pelle del petto quel tanto che la cerniera gli permetteva. Il rumore fu attutito dal piumone che lo aveva protetto dagli spifferi gelidi della notte appena passata. Il calore del suo corpo, sotto la canottiera e la felpa, fu liberato dal tessuto umido che aveva impregnato le coperte portandolo a rabbrividire appena nell’aria gelida della mattina. Si sciolse i muscoli, ancora intorpiditi, sedendosi per poi restare con la sola canottiera nera a proteggerlo. Piegò le ginocchia in un fluido movimento fino a poterci poggiare la fronte senza correre il rischio di farsi male ed abbracciò le proprie gambe. Prese aria, spingendo il proprio corpo ad attivarsi al meglio, mentre chiudeva ancora una volta gli occhi rossastri al mondo.  Aveva passato una notte senza sogni, fortunatamente, che era arrivata come una pesante coltre ed aveva cancellato gran parte delle ore passate sveglio.
Era disorientato.
Alzò gli occhi e guardò fuori dalla finestra della  stanza. Cadeva la neve, in soffici fiocchi, e la piazza al di fuori del vetro appena appannato ne era interamente ricoperta.  Si alzò e si tolse i vestiti lasciandoli scompostamente cadere sul morbido tappeto ai piedi del letto, lasciando quest’ultimo nel disordine in cui l’aveva devastato durante la sua notte solitaria, in cerca del bagno. L’acqua tiepida ed  il sapone nell’ampia doccia fecero il resto per risvegliarlo completamente. Una volta pronto tornò nella propria stanza dove si diresse verso l’armadio per prendere una comoda felpa dall’ampio scollo con le maniche a tre quarti grigio fumo, una T-Shirt a righe bianca e nera e dei jeans grigio chiaro strappati in più punti. Era strano muoversi di nuovo, il suo corpo non lo sentiva davvero proprio, sentirlo così docile nella risposta che i suoi pensieri gli suggerivano. Si osservò il palmo della mano dove scivolava una goccia dal polso ancora umido per la doccia appena fatta. Piano piano calava indisturbata tra le pieghe della sua pelle verso il dito indice. Le falangi, poi l’unghia e la punta. Avrebbe potuto fermarla e raccoglierla, come ci si sarebbe aspettato da una persona normale, ma la sensazione tattile era incredibile e destabilizzante al tempo stesso. Non si rese neppure conto dei secondi che inesorabilmente passavano mentre  osservava il proprio viso nell’ampio specchio a figura intera posto accanto all’armadio che gli rimandava i piccoli dettagli della storia aveva sempre visto. Queste piccole cicatrici biancastre e rosate si sommavano come i brividi che gli percorrevano nella sua interezza la schiena e le gambe fino ad arrivare al pavimento. Si portò una mano tra i capelli bianchi come la neve mentre tentava di sistemarsi con le dita quelle ciocche morbide ed ancora umide dall’acqua. Osservò le proprie caviglie ancora nude lasciate scoperte dall’orlo scucito dei pantaloni mentre i suoi piedi adagiati così dolcemente al pavimento tanto da renderlo morbido sotto di lui si perdevano per la pelle così chiara da avere un colore simile al marmo in terra.
Chiuse gli occhi e sospirò appena. Era una sensazione bizzarra ed unica. Si avvicinò silenziosamente al piccolo pulcino che ancora addormentato respirava serenamente e profondamente su un piccolo e morbido cuscino posto sul comodino accanto al letto. L’ombra di un dolce sorriso incurvò le labbra del ragazzo mentre timidamente, come se avesse timore di svegliarlo o fargli del male, allungava un indice fino alla testolina tiepida di quel batuffolo dorato. Sapeva di chiamarsi Gilbert e sapeva che quel pulcino era più di quanto la parola amico potesse definirlo appieno e che si chiamava esattamente come lui Gilbird.
Ma…Tutto il resto gli era completamente sconosciuto.

 
  
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