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Autore: Rosalie97    07/10/2015    0 recensioni
Ora mi rendo conto di cos’era lui per me, era un fuoco, un fuoco dalle alte fiamme che mi avvolgeva da ogni parte. Mi sarebbe bastato soffiarci sopra per spegnerlo, ed ora, lo sto finalmente facendo.
Genere: Guerra, Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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You're a fire, but I can fan


 
 

Una pioggerellina ghiacciata scende dal cielo pieno di nubi nere come la morte. Ed è proprio essa che riempie il tessuto del nostro mondo proprio in questo momento. Attorno a me ci sono le cose più orribili che siano mai state create: dolore, distruzione, guerra, lacrime piene della sofferenza più pura e cuori che inevitabilmente si spezzano, per poi non riunirsi mai più.
Ed è qui che mi trovo, sotto la peggiore tempesta che si sia mai verificata, tra mille cadaveri, i capelli e i vestiti sporchi di sangue, gli occhi che bruciano, un sapore amaro in bocca e la voglia di piangere. Sopra e tutt’attorno a me le bombe continuano a esplodere, mentre tutto ciò che la razza umana abbia mai creato si disfa in mille pezzi.
Ma a me quasi non importa nulla di tutto questo, devo ammetterlo, seppur sia qualcosa di molto brutto da dire o ideare. Io sono qui, in mezzo alla morte, alla guerra, al pericolo, per una mia scelta. L’ho inseguito, non potevo non farlo. Perché è sempre così idiota? Cosa gli dice il cervello? Eravamo al sicuro, avevamo un riparo, un posto dove rimanere fino alla fine di questo… disastro. Ma no, lui doveva uscire, doveva vedere con i suoi occhi ciò che stava succedendo, non gli bastava udire il rombare delle bombe e il rumore dei tuoni, basso e profondo come un oceano.
Lo osservo, mentre lui gira su se stesso, gli occhi di quell’azzurro così perfetto rivolti al cielo. Si dice che gli occhi rispecchino l’anima di una persona… ecco perché i suoi sono così glaciali.
È uno stronzo, non ci si può far nulla. È odioso, non gli importa dei sentimenti degli altri, preferisce pensare a se stesso. Quando il caos è scoppiato… pensate che abbia minimamente pensato a me? Oh, no, per niente. È corso via, fregandosene della persona di cui invece avrebbe dovuto avere più cura. È toccato a me seguirlo ovunque andasse, nel tentativo di non perderlo nel casino in cui si è trasformato il nostro mondo.
Eppure, non avrei problemi, nemmeno le bombe e il rischio di morire in ogni istante mi toccherebbero minimamente, se a lui importasse di me, se davvero mi amasse. Quella è l’unica cosa di cui mi importa sul serio, l’unica di cui ho veramente bisogno… e l’unica che probabilmente non otterrò mai.
Distolgo lo sguardo da lui, non sono in grado di mantenerlo troppo a lungo, e mi lancio un’occhiata attorno. Ovunque, i colori sono in conflitto tra loro: grigio, nero, rosso, arancione, giallo… Le fiamme ricoprono tutto come un manto, salgono fino al cielo creando muri di fuoco. Il fumo è dappertutto, rischia di farmi soffocare, ma a me non importa. Sale in alto, occlude ogni cosa, rendendo questa realtà il peggior incubo per chiunque.
Ma la verità… è che per me, la mia vita è già un incubo da parecchio tempo.
Non è facile vivere con qualcuno che ami alla follia ma a cui non importa praticamente nulla di te. E non è facile quando sai che tutto ciò che dovresti fare è lasciarlo, andartene via, trovare qualcun altro, ma non ci riesci perché pensi che magari, riprovando ancora, restandogli vicino, potresti cambiare le cose, potresti renderlo… diverso, pur sapendo che ciò non accadrà mai. È un modo triste di illudere se stessi, anche se le illusioni, pensandoci, non sono mai felici. Un’illusione consiste in un’utopia, un luogo, un qualcosa che vuoi raggiungere perché la tua realtà ti fa schifo. È un modo di prendersi in giro, mentre si è alla ricerca della felicità.
Ho tentato davvero tanto di renderlo diverso, Dio solo sa quanto ci abbia provato… ma nulla è cambiato, in tutti questi mesi. E forse, l’unica cosa da fare è proprio quella di lasciarlo andare, come se fosse un’altra vittima di questa guerra.
Non avrei dovuto seguirlo.
Riporto lo sguardo su di lui, che ha un’espressione estasiata. Cosa sta pensando? Come fa a trovare bella la guerra? A volte mi viene da pensare che sia pazzo.
Le fiamme illuminano tutto, illuminano anche lui, facendolo sembrare quasi parte di quel bagliore, parte del fuoco.
Gira nuovamente su se stesso, sempre con quell’espressione dipinta in volto. Osservo i suoi capelli, sporchi di fuliggine e cenere, la punta della cresta bruciacchiata, e mi rendo conto… accidenti, ma quanto ho sofferto per colpa sua?! Perché soffro per questo delinquente? Non ne vale la pena, accidenti!
Alzo di nuovo gli occhi e vedo che lui mi sta guardando. Oh, si è finalmente accorto che sono qui? Quale sorpresa!
<< Che ci fai qui? >> dice. Il suo tono è serio, autoritario, privo di emozioni. Niente di nuovo.
<< Ti ho seguito >> replico.
Rammento il giorno in cui lui mi ha detto “sì”, in cui ha detto di ricambiare i miei sentimenti, e tutte le immagini dei bei momenti passati insieme, nei primi tempi, mi affollano la mente come le bombe affollano questo luogo. Io gli ho creduto, allora, ho creduto sul serio a ogni cosa che ha detto… come ho fatto a non accorgermi che tutto era una dannata bugia? È come se lui avesse fatto la parte del re, ed io quella del soldato intento ad inchinarsi ai piedi del proprio sovrano. Sinceramente, per come sono andate le cose… sembra davvero così. Sembra che io non abbia fatto altro che chinarmi sempre più ai suoi piedi, diventando come uno di quei cavalieri che baciavano l’anello al loro re per dimostrargli infinita devozione.
Ma lui non è un re, ed io non sto ai suoi fottuti comandi, dannazione! Che diritto ha di portare quella corona? Io non valgo meno di lui! Io l’ho aiutato per tutto questo tempo, l’ho tirato fuori dalla feccia che era diventata la sua vita, riportandolo a un’esistenza che sarebbe valso la pena di vivere, ho fatto di tutto per lui… e in cambio cosa ho ottenuto? Solamente una serie infinita di dannate delusioni. Perché mi ci è voluto tanto a capirlo?
<< Non dovevi seguirmi. >> Parla in un modo freddo, e poi distoglie lo sguardo da me con noncuranza. Oh, quanto è chiaro che non gli frega niente.
Mi volta le spalle, comincia a camminare, allontanandosi. Dove sta andando? Mi lascia qui così? Lo odio.
<< Hai ragione >> grido con tutto il fiato che ho in corpo, per superare il rumore delle esplosioni e delle urla. << Non dovevo seguirti, dovevo lasciarti al tuo dannato destino! Perché sto rischiando la vita per te?! È da stupidi. Tu non vali tanto! >> sto sputando fuori mesi e mesi di emozioni represse.
Lui non si ferma, continua ad avanzare.
<< Bravo, comportati in questo modo! Non fai altro che affermare la mia ipotesi! Sei un dannato stronzo! >>
Si ferma, si gira leggermente verso di me. Mi guarda con i suoi occhi azzurri, con un sopracciglio inarcato. Ha la sua tipica espressione da “hai-finito-?”.
Non ci vedo più.
<< Va al diavolo, Duncan >> esclamo.
<< Ti stai comportando da idiota. >>
<< Io? Idiota? Perché, sentiamo? Perché ti sto dicendo quel che penso, perché finalmente ho capito che per te non vale la pena? >>
Non risponde, si limita a guardarmi come un adulto guarderebbe un bambino, con la compassione per chi è più insignificante ed ignorante.
<< Per tutto questo tempo ti ho aiutato, rimanendo al tuo fianco. Ti ho sempre difeso, ti ho sempre amato, ti ho sempre dato tutto, e per cosa? Per ricevere meno di niente in cambio? >>
<< Piantala e torna al rifugio, tornerò presto… >>
Lo interrompo: << Oh sì, stai pur certo che ci torno. Ma tu puoi farne a meno. >>
<< Mi stai… >>
<< Sì, ti sto cacciando. >> “No, lo stai condannando” penso.
Duncan spalanca gli occhi, << Oh, eddai… Non puoi dire sul serio! Dove andrò?! >>
Intorno a noi, la guerra imperversa ancora, non sembra voler accennare a finire.
Ora mi rendo conto di cos’era Duncan per me, era un fuoco, un fuoco dalle alte fiamme che mi avvolgeva da ogni parte. Mi sarebbe bastato soffiarci sopra per spegnerlo, ed ora lo sto finalmente facendo, nonostante il tempismo non sia dei migliori.
<< No. >> Mi volto, allontanandomi nella direzione da cui entrambi siamo venuti.
<< Non puoi dire sul serio! >> grida. << Al! >>
<< Addio, Duncan >> rispondo io. << Alejandro Burromuerto non si fa mettere i piedi in testa da nessuno. >>



 
*Angolo autrice*
Okay, non ho idea di come mi sia venuta in mente questa... cosa.
L'idea di scrivere una ff su Alejandro e Duncan mi è venuta mentre ascoltavo Burn it down dei Linkin Park, e ovviamente non ho potuto fare a meno di assecondare la mia testolina bacata.
Inizialmente l'idea era quella di scrivere una storia triste/fluffosa(?) su di loro, ma quando ho letto bene il testo, ho deciso di trasformare il contesto, e così è nato questo schifo :D
Non trucidatemi, pls, lol.
Forse Al è un po' OOC, ma boh, lascerò a voi il compito di deciderlo (?).
Grazie a chiunque sia arrivato fino a qui, felice che siate ancora vivi e non siate deceduti nel leggere questo obbrobrio,
ora scappo,
byeeeee <3 *saltella via*
 
  
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