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Autore: Spring Dania    08/10/2015    4 recensioni
Riprese il telefono e il giornale, poi digitò nuovamente il numero di Sakura e attese.
Il numero della persona chiamata potrebbe essere spento o non raggiungibile.
Sasuke cercò di mantenere la calma: magari le si era scaricato il telefono proprio mentre stava andando a cercarlo.
No.
Sakura non era esattamente il tipo che si faceva scaricare il cellulare giusto prima di un appuntamento con lui.
L’opzione chiamata era fallita perciò l’alternativa che gli restava era andare a cercarla.
Dove poteva trovarsi?
Hinata gli aveva detto che Sakura era uscita di casa per andare a cercare lui: questo significava che si era diretta specificatamente da casa sua in direzione dell’istituto.
Aspettò.
Il ragionamento di Sasuke non faceva una piega, sicuramente le cose erano andate in quel modo.

La storia di Naruto in un universo alternativo.
L'amore segreto per Naruto di una timida compagna di classe, Hinata, la serrata silenziosità di Sasuke e il suo irremovibile desiderio di vendetta.
Pairing: Naruto/Hinata, Sasuke/Sakura, Kakashi/Anko e molti altri.
Fanfiction ripresa dopo anni di pausa... perdonate perciò la differenza di stile tra inizio e fine.
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Asuma/Kurenai, Hinata/Naruto, Jiraya/Tsunade, Sasuke/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate | Contesto: Naruto prima serie, Naruto Shippuuden
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Ciao amori! Saluto Heart_break, flyikary19 e kry333 per le recensioni e i vari pareri e consigli :D poi Maiko_chan ovviamente (ti ho delusa per la mia lunga assenza, lo so T_T scherzo XD), ringrazio anche SLN per avermi inserita tra i suoi AUTORI PREFERITI grazieee °-° e tutti quelli che hanno più recentemente aggiunto la mia storia tra le preferite, le seguite e le ricordate… avanti… lo so che ora dimentico qualcuno!
Lizzie1096, Kalyma P Jackson, Britt16Raymond, Arya M, tempestxd, sivaice, Dark_Shadow, Haruna_Chan_, Dryad, lele06, Heartofgold (cuore d’oro °-°), Siria_Ilias, melly658, midnightx5, Mizzy e DrCox!
In realtà siete molti di più ma ho solo messo i nomi di chi mi ha aggiunta più recentemente, in ogni caso se qualcun altro di voi continua a seguirmi… batta un colpo! ;) una recensione o un messaggio per dirmi che apprezzate fa sempre piacere e in genere rispondo subito nonostante le mille cose da fare!
Tornando a noi…
Per scrivere questo capitolo mi sono ispirata a 2 cose! Innanzitutto la canzone è BELLISSIMA e fa venire da piangere proprio, per coloro i quali non abbiano visto il film, è tratta da “X-Men, Giorni di un futuro passato” con Hugh Jackman *-* seconda cosa… tra i miei maestri c’è l’immancabile Gianrico Carofiglio, autore della serie di romanzi giudiziari sull’avvocato Guerrieri. Chi l’ha letta potrebbe trovare delle somiglianze interessanti con l’ispettore Tancredi!


Capitolo 17
Il tempo in una bottiglia


If I could save time in a bottle,
the first thing that I'd like to do
is to save every day till eternity passes away
just to spend them with you…

If I could make days last forever,
if words could make wishes come true,
I'd save every day like a treasure and then,
again, I would spend them with you…

Time in a bottle – Jim Croce

Quindici anni prima.

“Che cos’abbiamo oggi?”
“Questo non è niente di che… hanno trovato un chilogrammo di cocaina nello scantinato di un’agente immobiliare.”
“Fedina penale?”
“Fino ad oggi intatta, sebbene quella del suo ex fidanzato non lo sia. Guarda la foto segnaletica: lo abbiamo arrestato sei anni fa con l’accusa di spaccio di droga, adesso si è dato alla fuga. Lei non parla.”
“Ex fidanzato… andiamo bene. C’è altro?”
“Sì, qualcosa c’è. Un ragazzo è scomparso.”
“Di che si tratta?”
“Si chiama Tenzo Nakamura, diciotto anni, orfano, diplomato alla Leaf High School col massimo dei voti. Studia chimica farmaceutica e per pagarsi gli studi lavora in una drogheria vicino casa.”
“Minorenne e orfano… chi ne ha denunciato la scomparsa?”
“Da un anno è stato dato in affidamento a una coppia di anziani che vive vicino alla comunità dove è vissuto: fino a che non avrà compiuto vent’anni e sarà quindi maggiorenne, vivrà con loro. Il droghiere ha dunque chiamato per chiedere come mai non si fosse presentato sul posto di lavoro, perciò si sono insospettiti nel non vederlo tornare. Finora non avevano mai notato nulla di strano: sostengono anzi che sia un ragazzo molto puntuale e che mantenga con tutti ottimi rapporti non solo lavorativi ma anche interpersonali. È il terzo in due mesi.”
“Tenzo… Juugo… Kimimaro.”
“Nessuna traccia, nessun segno.”
“Fa’ una cosa… dammi queste carte, non ho tempo da perdere. Tu continua a interrogare la fidanzata dello spacciatore… io studio meglio questo caso.”
“D’accordo, a dopo.”
“A dopo.”
Quella storia dei minorenni scomparsi stava cominciando a degenerare e a diventare sempre più arcana.
Un omicidio era un omicidio, un suicidio era un suicidio… per quanto tremendi potessero essere, erano fatti di cui bisognava prendere atto.
Una scomparsa invece era il niente, Ibiki lo sapeva bene e non riusciva a spiegarsi ciò in alcuna maniera.
Una persona scomparsa era una persona il cui destino si annullava ma allo stesso non cessava di esistere: non si sapeva bene a cosa quella persona fosse andata incontro e non si sapeva neanche quanto tempo fosse necessario affinché se ne riavessero notizie.
Di alcune persone non si era mai più saputo alcun che.
Continuò a camminare lungo il corridoio del dipartimento di polizia, per raggiungere il suo ufficio ed entrarvi, chiudendo la porta.
Il lavoro di Ibiki aveva di bello solo un aspetto ovverosia quello di poter aiutare qualcuno… le volte che ci riusciva.
Andare alla ricerca di una persona scomparsa non era una di quelle, vista e considerata la natura sconosciuta dell’evento.
Una cosa che dava molte soddisfazioni a Ibiki, nel suo lavoro di poliziotto, era negoziare: era perfettamente in grado di gestire una conversazione al telefono con un rapinatore o con una qualsiasi persona che avesse messo qualcuno sotto sequestro.
Talvolta le scomparse si ricollegavano a questo e dopo poche ore era facile che venisse avanzata una richiesta di riscatto in cambio della vita del sequestrato… ma questo accadeva quando di mezzo c’era una sola cosa: i soldi.
Alcune scomparse si ricollegavano ad esempio a soggetti incidentati i cui cadaveri non erano ancora stati rinvenuti… ma non era questo il caso.
No.
Le ultime scomparse che si erano verificate riguardavano invece minorenni cresciuti in situazioni difficili o più semplicemente di disagio; non era stata avanzata alcuna richiesta di riscatto e, di certo, non si poteva dire che le persone che si occupassero di tali soggetti scomparsi avessero un conto in banca degno di nota.
Questo aveva spinto Ibiki a supporre alcune ipotesi fondamentali verso le quali risultava difficile dissentire.
Le persone sequestrate potevano essere entrate nel giro della criminalità oppure, nel peggiore dei casi, essere state adescate da qualcuno, persone senza scrupoli e con la mente malata come pedofili o sfruttatori… con uno stile di vita che neanche le bestie feroci.
Era un problema che per molti rappresentava un tabù, non per Ibiki tuttavia che da tempo aveva iniziato ad odiare il suo lavoro, per via della possibilità di fallire dinanzi al nulla più totale.
Prese la foto di Tenzo e la posò sulla scrivania, poi vi pose accanto le fotografie degli altri due ragazzi scomparsi e iniziò a osservarle.
Tenzo aveva diciotto anni, Juugo e Kimimaro rispettivamente tredici e dodici anni.
Tenzo nella foto appariva sorridente e felice, i due ragazzini mostravano invece uno sguardo scuro e profondamente immotivato: era evidente che appartenessero a due differenti categorie di persone disagiate.
Tenzo poteva aver attraversato un periodo triste della sua vita ma sicuramente aveva avuto la fortuna di incontrare qualcuno pronto ad aiutarlo e ad assisterlo nel suo percorso di crescita; per gli altri due non si poteva dire altrettanto.
Ibiki era ancora immerso nei suoi pensieri quando si accorse che il telefono del suo ufficio aveva iniziato a squillare; guardò ancora per un altro secondo le foto di Juugo e Kimimaro, dunque agguantò la cornetta e rispose.
“Pronto.”
“Ibiki, sono Orochimaru, abbiamo un problema. Un uomo ha intenzione di far esplodere una bomba all’interno di una banca. Devi venire subito a negoziare.”

“Ti piace questo vestito?”
“Non lo so.”
“Secondo me ti starebbe a pennello.”
“Come fai a dirlo?”
“Ti ho studiata bene.”
“Certo che tu non sai fare altro.”
“Dai, sto scherzando…”
Tsunade si voltò a guardare Jirayia con gli occhi ridotti a due fessure, per poi tornare a guardare un tubino nero esposto in una delle vetrine di una sontuosa boutique.
“E poi costa troppo.”
“Il fatto che costi troppo non significa che tu non possa privarti del piacere di indossarlo.”
“Un’altra volta.” Rispose Tsunade, riprendendo a camminare.
Jirayia si mise le mani tra i capelli. “Ma che cosa ho fatto per meritare un trattamento del genere?”
Tsunade rise ma continuò a passeggiare mentre Jirayia si affrettava a spostarsi al suo fianco. “Dai… ho prenotato qui vicino. Faremo tardi se non ci sbrighiamo.”
Jirayia annuì e fu presto condotto da Tsunade all’interno di un noto ristorante del centro; si levarono le scarpe e si accomodarono sul pavimento, in una sala un po’ solitaria caratterizzata dalla presenza di più tavoli bassi.
“Allora mia cara… a cosa devo quest’invito di stasera?”
La osservò con un’attenzione maggiore del solito, notando che l’espressione della donna fosse molto sostenuta.
Tsunade in compenso scosse i lunghi capelli biondi e alzò lo sguardo circospetto sull’amico.
“Sto pensando di lasciare la polizia.”
Jirayia in quel momento stava bevendo del the.
Non sbuffò. Non soffocò.
Lo bevve tutto d’un fiato, posò la tazza sul tavolino e fece un sospiro.
“Perché?” le chiese.
“Lo sai benissimo.”
Era vero: Jirayia conosceva benissimo il motivo per cui Tsunade stesse valutando di non lavorare più in quell’ambiente.
Da quando un anno prima Dan, il suo storico fidanzato, era morto mentre era in servizio, Tsunade non era più stata in grado di esaminare un cadavere.
Guardare quei corpi privi di qualunque respiro vitale le faceva materialmente immaginare che su quel tavolo da laboratorio non ci fossero degli emeriti sconosciuti ma sempre e soltanto il suo fidanzato.
Poi aveva fatto domanda per entrare nella polizia scientifica, dove la sua scienza innata si era, per così dire, ridotta alla semplice analisi di prove rinvenute su luoghi di delitti oppure per determinate richieste della squadra mobile comandata da Orochimaru.
Poi però due mesi prima era avvenuto l’irreparabile.
Il fratello più piccolo di Tsunade, Nawaki, era stato coinvolto per puro caso in una sparatoria, avvenuta non molto lontano dal liceo che frequentava, la Leaf High School.
Era dunque più che plausibile che Tsunade volesse scappare da tutto e da tutti; l’unico motivo per cui Jirayia si ostinasse a fare lo gnorri era dovuto ad un fatto puramente egoistico.
Jirayia amava Tsunade dal primo momento in cui l’aveva vista.
Qualsiasi rifiuto che la donna avesse rivolto nei suoi confronti non aveva fatto altro che provocare l’apertura di profonde ferite, che Jirayia aveva sempre tentato di rimarginare conferendosi quell’identità di dongiovanni per cui era diventato famoso tra i suoi amici.
“Non hai pensato di superare la cosa in modo diverso?”
“Ho perso la voglia di fare quel lavoro.”
Jirayia fece per replicare ma presto arrivò un vassoio pieno di uramaki e Tsunade prese a mangiare avidamente; non poté dunque fare che imitarla e rimasero in silenzio per diversi minuti, almeno finché Jirayia non si fu deciso a parlare di nuovo.
“Se lasciassi la polizia, dove andresti?”
Tsunade masticò ancora per qualche secondo, per poi bere e ricominciare a guardare Jirayia.
“Vorrei rendermi utile.”
“Guarda che il tuo lavoro è utile.”
“Voglio entrare nell’insegnamento e provare a far capire a quei ragazzi come si vive.” Ribatté secca. “Dopo l’università ho conseguito l’abilitazione per l’insegnamento di biologia… ho fatto domanda e mi hanno proposto di andare a insegnare in una scuola fuori città. Ho qualche mese per decidere.”
Jirayia rimase in silenzio.
“Ho bisogno di evadere, Jirayia. Ho bisogno di… andare via da qui. Dimenticare.”
Jirayia si passò una mano sul viso, sebbene cercare di mostrarsi forte di fronte a lei gli costasse uno sforzo immane.
“Io non condivido questa tua scelta, voglio essere sincero con te. Devi però… devi fare quello che ti senti.”
Tsunade osservò l’espressione visibilmente stanca di Jirayia e fece per aprir bocca ma dovette interrompersi, quando si accorse che il cercapersone di Jirayia aveva preso a squillare.
Lui lo guardò velocemente e alzò la testa verso Tsunade, che continuava a esaminare l’amico con espressione concitata.
“Paghiamo e andiamo via.” Disse Jirayia. “È Orochimaru, devo telefonargli per vedere cosa vuole.”
Tsunade arricciò il naso con un gesto di stizza e si alzò.
Un quarto d’ora dopo erano davanti la filiale di una banca del centro, al piano terra di un lussuoso edificio dall’architettura moderna.
La piazza era invasa da tantissime auto della polizia e accanto ad una di queste stava appostato Orochimaru; poco lontano Ibiki dava disposizioni ad alcuni poliziotti.
Orochimaru gettò un’occhiata rapida ai due amici, soffermandosi in modo particolare sull’eleganza di entrambi e squadrando le gambe di Tsunade; poi ruotò gli occhi sul viso di Jirayia, che ricambiò lo sguardo con una lieve espressione di sfida e agguantò con una mano il rapporto che Orochimaru reggeva.
“Come mai sei qui, Tsunade? Hai ritirato la tua domanda di dimissioni?”
Jirayia si voltò di scattò verso Orochimaru, sul cui viso era comparso un sorriso sprezzante, per poi girarsi a guardare Tsunade, che scrutava Orochimaru in modo concertato ma presumibilmente stava combattendo dentro di sé una battaglia per non guardare Jirayia.
Dunque le cose stavano così: Tsunade aveva già deciso di andarsene.
E allora per quale motivo aveva allestito tutta quella manfrina, piena di tutti quei vorrei e di possibilità?
Jirayia non diede a Tsunade il tempo di rispondere e l’anticipò, sbattendo il rapporto tra le mani di Orochimaru. “Quando mi hai chiamato sul cercapersone eravamo fuori a cena. Che succede?”
Orochimaru fece un viscido sorriso di approvazione per poi divenire nuovamente serio. “Un disperato sta minacciando di far esplodere una bomba dentro quella banca. Ibiki forse sta trovando un punto di incontro; per mettere in sicurezza l’area e disinnescare la bomba però ci serve un artificiere.”
“E ovviamente hai chiamato me.”
“Non era mia intenzione interrompere la tua serata.”
Jirayia ignorò il commento di Orochimaru.
Si tolse l’impermeabile che gettò sul sedile posteriore dell’auto e poi legò i lunghi capelli argentei in una coda; appese dunque il distintivo della polizia al collo e poggiò la valigetta che aveva portato con sé. Si voltò verso Tsunade.
“Sei sicura di voler restare qui? Ti chiamo un taxi.”
Tsunade sbatté le palpebre. “Ormai che ci siamo…”
Attesero altri dieci minuti, quando il telefono all’interno della volante squillò e Orochimaru fece cenno a Ibiki di avvicinarsi; questi accorse in un attimo e rispose al telefono, mentre il primo mise le cuffie.
“Sì.” Disse guardando gli altri tre.
Mosse gli occhi in modo indefinito e si concentrò su Jirayia.
“Ascoltami, lo so che è difficile ma se fai come ti ho detto, non succederà niente di brutto. Sì… lo so. Ma non è questa la cosa giusta. Come dici?”
Ibiki e Orochimaru si guardarono.
“Vuoi che venga io?”
Orochimaru indicò insistentemente Jirayia.
“Vengo solo se mi permetti di portare un mio amico.”
Pausa.
“Non è una persona che ti vuole fare del male, è una persona che ti può aiutare… No, nessuno ti vuole mettere la camicia di forza. Verrò con un artificiere, d’accordo? Arriviamo. Niente armi però ci servono gli strumenti per disinnescare la tua bomba. Te li faremo vedere. Fidati di me.”
Pausa.
“Ok.” Ibiki chiuse il telefono. “Andiamo, Jirayia.”
Jirayia annuì e, prima di incamminarsi con la sua valigetta, prese la pistola che teneva nella cinta e la posò con il caricatore sull’impermeabile; Ibiki lo imitò.
“Andate disarmati?” chiese Orochimaru, sgranando gli occhi.
“Ibiki ha detto niente armi.” Scandì Jirayia, dunque si rivolse a Tsunade, che lo guardava con un’espressione non più ansiosa bensì delusa.
Ormai era chiaro: voleva andare via perché non voleva più trovarsi in situazioni come quelle, in cui lei aspettava che Jirayia tornasse da una banca in cui un disperato aveva minacciato di farsi esplodere con una bomba.
Non voglio più soffrire…
“Tranquilla…” le sorrise Jirayia, quasi leggendole nel pensiero. “Faccio in un battibaleno.”

* * *

“Alla fine hai deciso in quale facoltà iscriverti?”
“Storia. Tu ovviamente andrai a matematica, no?”
“Ovviamente.”
“E Kurenai?”
“Ha deciso di partire per l’Inghilterra… vuole imparare l’inglese.”
“Capisco. Le hai detto cosa pensi di lei?”
“Certo che no.”
“Non è una risposta ovvia questa.”
“Deve vivere la sua vita. E poi non stiamo insieme.”
“Perché tu non le hai detto cosa provi.”
“Senti un po’, guarda che ho visto come guardi Anko Mitarashi ogni volta che visiti la comunità. Ma tu non vuoi parlarle… oggi tra l’altro ha fatto il compleanno, perché stasera non prendiamo la macchina e usciamo con lei e Kurenai? Magari fate amicizia.”
“Non cambiare argomento.”
“Silenzio, assenso… lo sai, vero?”
“È molto carina ma non è la ragazza giusta per me.”
“Cosa te lo fa pensare?”
“Ho un sesto senso.”
“Un sesto senso del cavolo…”
Kakashi gli gettò un’occhiataccia.
“Sicuro di non voler uscire stasera?”
“No, Asuma… magari un’altra sera. Non mi va di lasciare mia mamma da sola.” Disse Kakashi. “Mi ha fatto piacere farti compagnia e poi volevo salutare tuo padre.”
Asuma non replicò e gli fece cenno di seguirlo, accompagnandolo nello studio del padre come richiesto.
Il professor Sarutobi era intento a leggere un libro, seduto su una poltrona del suo studio e, quando alzò gli occhi sui due ragazzi, fece un sorriso.
“Ciao, Asuma. Kakashi… che sorpresa. Resti con noi stasera?”
“Buonasera professore, sono passato solo a salutarla. Mia mamma mi aspetta a casa.” Affermò Kakashi, andando a stringergli la mano.
“Capisco… ma tu sai che le porte di questa casa sono sempre aperte per te e tua madre.”
“Lo so, professore.”
“Allora arrivederci, Kakashi.”
“Arrivederci, professore.”
I due ragazzi uscirono.
“Beh…” Cominciò Asuma. “Se non vuoi uscire stasera… non insisto.”
“Grazie, Asuma.”
Asuma fece un sorriso comprensivo, dunque Kakashi lasciò l’edificio e riprese a camminare lungo la direzione di casa.
Percorsi duecento metri notò la figura solitaria di Anko passeggiare dall’altro lato della strada: portava una capiente borsa a tracolla e sembrava tranquilla, guardando le vetrine dei negozi e tenendo sotto braccio un album da disegno.
Fece per attraversare, con l’intenzione di andare a salutarla, quando vide un’auto accostare e fermarsi vicino a lei.
Anko si arrestò e sorrise all’indirizzo del guidatore: era un uomo coi lunghi capelli neri che Kakashi aveva già avuto modo di incontrare all’interno della comunità e anche per via di suo padre.
Un poliziotto di nome Orochimaru.
Studiò Anko mentre saliva in macchina e quando Orochimaru si rimise su strada, per una brevissima frazione di secondo i loro sguardi si incrociarono.
Quando fu sparito dietro l’angolo, Kakashi si mise le mani in tasca e riprese a camminare.
“Kakashi.”
Il ragazzo si voltò. “Obito, sei tu.”
Gli occhi rossastri di Obito quella sera avevano un che di inquietante: Kakashi pensò che ciò fosse dovuto anche all’espressione preoccupata del ragazzo.
“Che succede, Obito?” chiese Kakashi, con un po’ di insistenza.
Obito diede un ultimo tiro alla sigaretta che stava fumando e la gettò a terra, pestandola.
“Non qui… Dobbiamo trovare un posto sicuro per parlare.”
Era visibilmente angosciato.
Kakashi obbedì e seguì l’amico in un vicolo deserto.
“Che succede?” ripeté Kakashi.
“Stamattina ho incontrato il maestro Minato prima di andare a scuola.”
“Che ti ha detto?”
“Mi ha detto che non sta passando un bel periodo. Teme che possa saltargli la copertura, forse qualcuno lo ha scoperto ma non so altro.”
“In che senso?”
“Dice che ormai è un dato di fatto che si siano intensificate le attività relative al traffico di ragazzi.”
“Traffico di ragazzi?”
“Sì.”
“Ma… perché mi dici questo?”
Obito sollevò i suoi intensi occhi rossi su Kakashi.
“Mi prendi in giro?”
“No, voglio sapere quali siano le tue intenzioni.”
“Non voglio aspettare con le mani in mano in attesa che qualcuno venga a dirmi che Rin è morta.”
“La polizia si sta occupando di cercare Rin.”
“Kakashi… la polizia è MARCIA.”
“Non credo che tutta la polizia sia così.”
“Guarda che non sono stato io a spingere tuo padre al suicidio perché hanno incastrato una persona innocente.”
Kakashi sussultò all’udire quelle parole: Obito aveva toccato un nervo scoperto.
“Tieni fuori mio padre da questa storia. Io non posso fare niente per Rin.”
“Non vuoi neanche sforzarti di andare a cercarla o di andare nei posti che lei frequentava?”
“Non sta a noi fare questo, Obito.”
“Questi sono discorsi da codardo… Kakashi. Sei ancora in tempo per ripensarci.”
Obito fece per tornare sui suoi passi ma fu presto bloccato da una figura col volto coperto.
“Ehi.” Sbottò Obito.
Quello non disse niente ed estrasse una grossa pistola su cui stava montato un silenziatore.
“Attento, Obito!” scattò Kakashi, gettandosi sull’amico.
Obito estrasse a sua volta un’arma e iniziò a sparare.
Per un attimo Kakashi non riuscì a comprendere quale fosse stata la causa di quell’improvviso e allucinante bruciore all’occhio.
Fu solo quando si fu ritrovato a terra, schiacciato dal peso di un immobile Obito, ed ebbe avvertito tutto quel silenzio che si rese conto di essere caduto nell’oscurità inquieta.


But there never seems to be enough time
to do the things you want to do, once you find them…
I've looked around enough to know
that you're the one I want to go through time with…

Time in a bottle – Jim Croce

Prossimo capitolo: Intorpidito


A parte che Tenzo Nakamura è una licenza proprio spregiudicata… questo capitolo è stato UN PARTO, davvero ragazzi… in ogni caso voglio essere BUONISSIMA, il prossimo capitolo parla di un Numb Gaara!
È tardi stasera perciò scusate si ci sono errori!

   
 
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