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Autore: Placebogirl_Black Stones    08/10/2015    7 recensioni
- Volevo fare un bel regalo alla mamma, lei adora questi biscotti! E adesso non ne è rimasto nemmeno uno! Dovrò tornare a casa senza niente, con solo un’inutile scatola vuota!- sottolineò, cercando di far capire a quel bambino che il suo pianto non era insensato.
- Tutto si genera dal niente e zero è dove tutto comincia, ricordatelo!- rispose serio lui, fissandola dritto negli occhi e puntandole contro l’indice - Me lo ha detto una volta mia madre-
** Fanfiction partecipante alla ShinRan Week indetta dai fans su Tumblr **
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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WHERE EVERYTHING STARTS



Stava seduta sulla panchina resa fredda e umida dal calar della sera, con le manine strette intorno a quella scatola di biscotti ormai vuota. Qualche briciola restava sulla carta rossa che ne rivestiva l’interno, mentre l’aroma dolce della vaniglia si faceva sempre più fievole, portata via dall’aria.
Il suo piccolo corpo di bambina di sei anni era scosso da muti singulti, il capo chino a nascondere grosse lacrime che scendevano senza controllo dai suoi grandi occhi verdi, cadendo una ad una sul vestito di cotone leggero color rosa, ornato da balze come quelli delle bambole. Così presa dalla sua tristezza, non si era nemmeno accorta dell’ombra che si era fermata davanti a lei pochi secondi prima.

- Perché piangi?- attirò la sua attenzione una voce squillante.

Alzò lentamente il viso, tirando su col naso e reprimendo un singhiozzo. Davanti a lei c’era un bambino pressappoco della sua età, occhi blu e vispi dietro un paio di grandi occhiali, che la osservava con un’aria incuriosita e perplessa tenendo le mani dentro le tasche dei corti pantaloncini beige che indossava.
Si strofinò il dorso della mano sugli occhi, nel vano tentativo di cancellare le tracce di un pianto che durava da almeno mezz’ora. Gli occhi però la tradirono, restando gonfi e rossi.

- I…miei…biscotti…- riuscì a mormorare alla fine, con un filo di voce, abbassando lo sguardo sulla scatola vuota.
- I biscotti?- le chiese il bambino, non capendo.
- Avevo comprato questi biscotti per regalarli alla mia mamma, ma mentre tornavo a casa un gruppo di bambini più grandi mi ha strappato la scatola dalle mani e ha mangiato tutti i biscotti…- si morse il labbro inferiore, mentre le lacrime avevano ripreso a scenderle dagli occhi.

In tutta risposta, il bambino estrasse le mani dalle tasche, incrociando le braccia al petto e assumendo un’aria di sufficienza, contornata da spavalderia.

- E tu piangi per una sciocchezza come questa?- la rimbeccò.
- Non è una sciocchezza!- replicò lei, quasi gridando, arrabbiata per l’insensibilità di quello sconosciuto.
- E invece lo è!- ribadì lui, convinto della sua affermazione.
- Vattene via, stupido!- lo cacciò, alzandosi finalmente dalla panchina e muovendo qualche passo verso di lui con aria minacciosa, senza mai mollare la presa sulla scatola di biscotti vuota.

Invece che andarsene, il bambino rimase lì a fissarla, senza nascondere una nota di sorpresa per quell’improvvisa forza dimostrata. Forse pensava che fosse solo una piagnucolona, ma lei sapeva bene di non esserlo.

- Volevo fare un bel regalo alla mamma, lei adora questi biscotti! E adesso non ne è rimasto nemmeno uno! Dovrò tornare a casa senza niente, con solo un’inutile scatola vuota!- sottolineò, cercando di far capire a quel bambino che il suo pianto non era insensato.
- Tutto si genera dal niente e zero è dove tutto comincia, ricordatelo!- rispose serio lui, fissandola dritto negli occhi e puntandole contro l’indice - Me lo ha detto una volta mia madre-

Sgranò gli occhi, colpita da quelle parole così profonde, che sembravano più adatte ad uscire dalla bocca di un adulto che da quella di un bambino di sei anni.

- Zero è dove tutto comincia…- ripeté, quasi cercando di imprimere nella sua mente quelle parole.
- Esatto. Quindi piangere non serve a nulla, devi rimboccarti le maniche e ripartire da capo. Trova il modo di riempire quella scatola- si concesse un sorriso abbozzato.
- E come?-
- A questo devi pensarci tu, non puoi aspettarti che sia io a risolvere i tuoi problemi!- tornò immediatamente ad assumere l’aria spavalda di poco prima.
- Ma io…- si strinse nelle spalle mogia mogia, non sapendo cosa fare.
- E va bene- sospirò il bambino - Ti darò una mano, ma solo per questa volta!- l’avvertì.
- Grazie!- esclamò felice, facendo ritornare la luce nei suoi occhi.

Lo vide arrossire e guardarla come incantato, perdendo ogni traccia dell’arroganza mostrata in precedenza. Era molto più carino così. In fondo, non doveva essere poi così scortese. Il bambino tossicchiò, cercando di recuperare la sua integrità e distogliendo lo sguardo da lei, pur mantenendo quel rossore sulle gote.

- Forza, vieni con me- la invitò a seguirlo senza troppi giri di parole, avviandosi verso il centro del quartiere.
- Aspetta!- lo fermò lei, afferrandolo per un braccio - Non mi hai detto come ti chiami-

Si girò verso di lei, sorridendo e aggiustandosi gli occhiali.

- Mi chiamo Conan Kudo- rispose.
- Piacere di conoscerti, Conan!- gli sorrise - Io sono Chikage Matsuda-


……………..


Quando uscirono dal minimarket il sole era ormai scomparso dietro la linea dell’orizzonte, lasciando al suo posto solo una scia che colorava di arancione la parte sottostante del cielo. Di sicuro entrambi si sarebbero beccati una bella ramanzina dai rispettivi genitori.
Conan reggeva in mano il sacchetto di cioccolatini a basso costo che avevano acquistato con gli ultimi spiccioli che le erano rimasti, e lei teneva la scatola vuota.

- Forza, aprila- la invitò.

Si apprestò ad eseguire l’ordine, mentre lui apriva il sacchetto di cioccolatini. Li versò all’interno della scatola, mettendoci poi di nuovo il coperchio sopra.

- Ecco, adesso la scatola è di nuovo piena!- osservò il suo lavoro, soddisfatto dell’idea avuta.
- Grazie mille, Conan-kun!- gli regalò uno dei suoi sorrisi più belli, facendolo arrossire di nuovo.
- Beh…adesso devo tornare a casa, ci vediamo- la salutò frettolosamente, come se volesse scappare via.
- Conan?- lo fermò.
- Che c’è?- girò leggermente il capo verso di lei, mostrando un’aria scocciata.

Ormai aveva capito che anche quando faceva quell’espressione, in realtà era solo un modo per mascherare il suo lato gentile. Dopotutto, le piaceva quel bambino.
Sentì un leggero calore sulle guance, e immaginò di essere arrossita proprio come Conan prima.

- Ecco…Potresti accompagnarmi a casa? È buio e ho paura…- assunse un’espressione da cucciolo abbandonato, che avrebbe fatto tenerezza anche al più rozzo degli esseri umani.
- Uffa, quanto sei difficile!- sbuffò Conan, senza però rifiutarsi, segretamente affascinato da quello sguardo - Forza, dimmi dove abiti che ti accompagno-
- Al 77 del quartiere di Beika-


………………


- Si può sapere dove sei stato fino a quest’ora?! Lo sai quanto mi hai fatta stare in pensiero?! - lo rimproverò sua madre, non appena varcò la soglia della porta di casa.

Si aspettava una reazione del genere, sua madre si preoccupava sempre troppo. Glielo aveva ripetuto mille volte che sapeva badare a se stesso, ma come ogni madre anche lei non riusciva a lasciargli troppa libertà, specie considerando che aveva ancora sei anni e nonostante la sua mentalità fosse quella di un adulto di venti, anagraficamente e agli occhi della gente restava un bambino. Tutto ciò gli dava una gran noia. br>
- Scusami, okaasan, ma ho dovuto riaccompagnare una bambina che aveva paura a tornare sola- le sorrise grattandosi la nuca, cercando di rientrare nelle grazie della donna assumendo quell’aria da santarellino che faceva ogni volta che voleva giustificare un danno.
- Sempre una scusa pronta, sei incorreggibile! Identico a tuo padre!- continuò sua madre, che evidentemente non si era addolcita con la sua farsa.
- Che c’entro adesso io?- si udì una voce provenire dalla cucina, sulla porta della quale apparve poco dopo suo padre, desideroso di sapere il motivo per il quale era stato chiamato un causa.
- Hai una bella faccia tosta, Shinichi!- si rivolse a lui sua madre - Da chi pensi che abbia preso queste belle abitudini?!-
- Non gli ho mica detto io di rientrare tardi!- cercò di discolparsi.

A guardarli così, nessuno avrebbe detto che quelli erano rispettivamente una karateka professionista e il detective più famoso del Giappone, denominato dai giornali “il nuovo Sherlock Holmes”. A casa, fra le mura domestiche, erano una normalissima coppia di giovani sposi con un figlio, che aveva le sue giornate sì e le sue giornate no. Poteva dirsi fortunato, tutto sommato: aveva due genitori che lo amavano e che si amavano a loro volta, quello che serve per fare di una famiglia una bella famiglia.
Anche lui, proprio come suo padre, aveva ereditato la passione per i gialli e le investigazioni, e sognava un giorno di poter raggiungere la stessa fama. Cosa che sua madre non aveva preso bene, ovviamente. Le aveva chiesto spiegazioni un giorno, o per lo meno ci aveva provato, ma tutto ciò che aveva ottenuto in risposta era stato “Tuo padre si è cacciato in un grosso guaio anni fa per colpa della sua mania di giocare a fare il detective, non voglio che tu faccia la stessa fine! Se ti chiami Conan c’è un motivo…”. Quell’ultima frase non l’aveva capita, ma guardando la faccia di sua madre nel pronunciarla aveva preferito non chiedere altro.
Nonostante ciò, non aveva smesso di seguire il padre durante i suoi casi, beccandosi rimproveri su rimproveri. Era più forte di lui, ce l’aveva nel sangue. E sapeva che sua madre lo avrebbe adorato comunque, qualunque strada avesse intrapreso nella vita, proprio come amava suo padre dietro quei bisticci da ragazzini.

- Lasciamo perdere!- borbottò infine lei, ponendo fine alla discussione e dirigendosi a grandi passi verso la cucina, brandendo il mestolo che stringeva in mano come fosse una mazza chiodata.

Sua madre era una donna molto graziosa, lo dicevano tutti, ma quando si arrabbiava faceva davvero paura. Poteva stenderti con una sola mossa. Suo padre, che lo sapeva molto bene avendone fatto esperienza negli anni, cercava di placare la sua ira facendola ragionare.

- Dai Ran, non arrabbiarti! Lo sai com’è fatto!- la seguì, sudando freddo.

In tutta risposta, sua madre afferrò un coltello e tagliò a metà una patata destinata allo stufato per cena, con lo stesso ardore di un antico samurai. Vide suo padre sobbalzare, indietreggiando.
Sospirò scuotendo la testa, rassegnato a quei teatrini quotidiani. A volte si sentiva lui l’unico adulto in casa, anche se la sua opinione spesso valeva meno di zero.
Zero…
Fu a quella parola che gli tornò in mente la vicenda di poche ore prima, e soprattutto il volto di Chikage, con quel meraviglioso sorriso che gli aveva fatto battere il cuore come solo i romanzi che gli faceva leggere suo padre avevano fatto fino a quel momento.
Nella sua mente di piccolo genio balenò un’illuminazione improvvisa: forse sapeva come aggiustare quel litigio e far tornare il sorriso a sua madre.

- Okaasan - richiamò la sua attenzione, sorridendo soddisfatto.
- Che c’è?!- rispose scontrosa lei, ancora arrabbiata.
- Oggi mi è tornata in mente una cosa che mi avevi detto qualche tempo fa…Ricordi quella frase, “Zero è da dove tutto comincia”? Ecco, mi chiedevo dove l’avessi sentita. In un film per caso?-

Ran smise di fare a fettine qualsiasi verdura le capitasse per mano, spalancando gli occhi e girandosi verso di lui. Aveva abboccato.
Finse un’aria ingenua, come solo un bambino può fare: in realtà sapeva benissimo da dove veniva quella frase. Lo stesso giorno in cui gliela aveva detta, lui era andato da suo padre chiedendo spiegazioni, convinto che fosse una specie di enigma; Shinichi, invece, gli aveva confessato che era stato proprio lui a dirgliela, un giorno di tanti anni fa durante un viaggio a Londra.

- Beh…ecco…- farfugliò, abbassando lo sguardo imbarazzata e arrossendo.
- Allora? Me lo puoi dire?- insistette.

Ran rialzò lo sguardo, puntandolo verso Shinichi: lo trovò più imbarazzato di lei. Si grattava la nuca e nel mentre tentava di convincere il figlio a lasciar perdere con certe domande e ad andare a lavarsi le mani prima di cena. La rabbia di poco prima sbiadì, lasciando spazio a una piacevole sensazione di tenerezza. Come faceva ad avercela con quei due? Erano incorreggibili, ma anche gli uomini che amava più di ogni altra cosa.

- Me l’ha detta tuo padre tanti anni fa- confessò infine, sotto lo sguardo attonito del marito.
- Davvero?- si finse sorpreso per non rovinare il piano ormai riuscito - Otōsan, perché gliel’hai detta?-
- Lo sai benissimo…- bofonchiò a denti stretti suo padre, cercando di uscire da quella situazione imbarazzante.
- E come faccio a saperlo se non ero ancora nato?- proseguì nella commedia.
- Me l’ha detta una sera sotto il Big Bang a Londra- intervenne di nuovo sua madre - Una sera d’estate come questa…- guardò fuori dalla finestra con occhi languidi, sognando tempi lontani che erano rimasti impressi nella sua memoria.
- Wow, che bello!- cercò di sembrare entusiasta della cosa, anche se le sdolcinatezze non erano nel suo interesse.
- Adesso però va a lavarti le mani!- lo spinse fuori dalla cucina suo padre, che ormai era rosso come un pomodoro maturo.
- Va bene, va bene- si avviò verso il bagno, ormai certo che poteva lasciarli soli a godersi quel momento di riappacificazione.

Tuttavia, non andò veramente a lavarsi le mani: si nascose dietro l’angolo e attese qualche minuto, ascoltando la conversazione fra i suoi genitori. I toni erano pacati, dolci, segno che sua madre non era più arrabbiata.
Quando non sentì più nulla, si avvicinò nuovamente alla porta della cucina con passo lento, cercando di non fare rumore. Li trovò che si sbaciucchiavano come due adolescenti e comprese che era meglio andare a lavarsi le mani per davvero. In fondo era ancora un bambino, non doveva assistere a certe scene (e soprattutto non voleva assistervi).
Storse il naso, avviandosi lungo il corridoio con le mani in tasca.

“Bah, gli adulti! Chi li capisce è bravo!” pensò fra sé e sé.

ANGOLO DELL'AUTORE
Salve a tutti! Approdo adesso sul fandom di DC, con questa schifezza fanfiction che ho scritto in occasione della ShinRan Week indetta dai fans su Tumblr. Non è nulla di speciale, piuttosto banale, ma erano mesi che non scrivevo più nulla dopo spiacevoli eventi successi su un altro fandom sul quale scrivevo da due anni. Diciamo che considero questa fanfiction come un punto di partenza per ricominciare a scrivere (spero).
Se vi ha fatto schifo siete autorizzati a tirarmi scarpe, clave, uova marce e tutto ciò che vi passa per le mani, se invece vi è piaciuta almeno un pochino fatemi sapere!
Grazie a tutti quelli che leggeranno!
Un bacione
Place
P.S. Siccome sono nuova nel fandom se doveste notare similitudini della mia storia con altre scritte in precedenza (in poche parole plagi) vi prego di dirmelo subito così la cancello, non voglio copiare nessuno nemmeno involontariamente!
   
 
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