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Autore: Eluviel    09/10/2015    1 recensioni
In The Long Run / A Lungo Termine
Francis ha sempre provato un certo tipo di curiosità per Arthur. Stufo di osservare il loro rapporto regredire, decide di giocare le sue carte con l'intenzione di indurre un mutamento nella visione che Inghilterra ha di lui. Nulla di più complesso, ma Francis sa essere paziente e a tratti persuasivo e non ha nessuna intenzione di gettare al vento la sua occasione.
{Cambiamento} se Arthur continua a negare.
{For Good} non importa il trascorrere delle stagioni, degli anni, dei secoli
{Cold Feet} mai si tirerà indietro.
[FrUk]
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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 Autumn
~
October


 


La stagione estiva era volta al termine e aveva ceduto il dominio indiscusso all'umido autunno, che puntuale era arrivato portando con se null'altro se non giornate piovose ed una discreta dose di fitta nebbia. Non era certo un tempo adatto a tirar su l'umore di qualcuno, ma Francis era perennemente con l'animo che viaggiava alto.
Le cose tra lui ed Inghilterra erano discretamente migliorate dalla serata del party di America in cui aveva finalmente tirato fuori le palle ed esplicitato i suoi sentimenti per il biondino britannico. Non c'era ancora stato alcun rapporto fisico tra i due - benché Francia non facesse altro che aspettare impaziente il momento giusto per stabilire il suo dominio sulle regioni vitali del compagno-, Arthur cercava sempre di evitare possibili discorsi a riguardo e di deviare discussioni già cominciate; e quando ciò non era possibile o scappava, o riempiva il povero parigino di legnate, arrossendo in modo esagerato e lanciando imprecazioni a destra e a manca. Francia si ripeteva sempre di sopportare, di calmare i bollenti spiriti e concedere all'inglese il tempo che gli serviva per ritenersi pronto, senza troppi risultati. La sua pazienza si stava sempre più assottigliando e oramai non gli bastava più fare fantasie assurde ed oscene mentre osservava di nascosto Arthur cambiarsi d'abiti.
Aveva bisogno di contatto.
D'altra parte, le visite di Inghilterra a casa di Francis avevano cominciato ad assumere una certa regolarità. Vedere Arthur bazzicare con frequenza attorno a lui era l'unica cosa in grado di mantenerlo felice e vedere che pure il britannico sembrava esser veramente contento di trascorrere del tempo in sua compagnia era ben più di una magra consolazione per l'assenza di uno spazio intimo condiviso.


"Ehi, mangialumache, il té è pronto".


La voce di Arthur recuperò l'attenzione di Francis e riportò indietro la sua mente, provocandogli un leggero sussulto.
Si era completamente assentato seduto accanto alla finestra, a fissare le foglie rosse che volteggiavano lentamente verso terra del ginepro troppo cresciuto del suo vicino. I rami si erano allungati così tanto che avevano oltrepassato lo steccato laccato di almeno un paio di metri, riducendo il suo praticello ben curato ad una discarica abusiva di foglie secche e scricchiolanti.
Inghilterra alzò un sopracciglio incuriosito, mentre allungava la tazza piena della bollente bevanda verso il francese, aspettando che quest'ultimo lo degnasse di una qualche attenzione.


"Oh, ti chiedo scusa, mi ero perso guardando fuori".


Prese la tazza fumante con la mano e accigliò per un istante la fronte, domandandosi come l'inglese facesse a tenere stretta una cosa così ustionante, e la depositò immediatamente sul tavolo aspettando che si freddasse un po'.

"Che guardavi?"

Inghilterra si era seduto sulla poltrona accanto alla sua e lo stava fissando, genuinamente interessato alla risposta, con le labbra appoggiate al bordo della tazza.

"Ohnohnohnohn, se mi fissi con quell'espressione eroticissima finirò per-"

"Piantala, razza di porco!"

Era quasi tentato da spaccargli il recipiente di ceramica in testa e di rigirargli i ciottoli nelle ferite, ma poi pensò al prezioso té bianco che aveva preparato con tanta cura e che sarebbe andato inequivocabilmente sprecato, e non lo fece. A volte si domandava proprio cos'era che continuava a spingerlo a tornare a bussare alla sua porta, quando avrebbe potuto restarsene in pace nella sua caotica Londra ed evitare Francis come la peste. Più se lo chiedeva e meno giungeva ad una risposta; anche se nel suo cervello si era fatta strada da tempo una certa idea che si rifiutava di accettare a priori. Sperava per lo più di riuscire a trovare alternative logiche al suo comportamento, ma col tempo la consapevolezza che forse le attenzioni del francese non gli dispiacevano così tanto cancellava ogni altra possibilità.
Non sapeva se sentirsi lusingato o se provare ribrezzo.
Francia notò il self-control di Inghilterra irrigidirgli tutti i muscoli e gli scappò un sorriso quando si immaginò la lotta mentale che stava facendo per evitare di riempirlo di ceffoni o strangolarlo. E il sorriso scoppiò in una lieve risata quando si rese conto che il suo gentil animo aveva prevalso sulla voglia di omicidio.

"E ora che ci trovi di così esilarante?"

"Nulla, nulla, stavo solo pensando ad una cosa".

"Ti dispiace dirmi che cosa stava pensando quella tua dannata testaccia?"

"Sai, Angleterre, non penso che tu voglia veramente saperlo".


Fece ondeggiare il liquido giallognolo dentro al recipiente e poi ne bevve un sorso.


"Merde, come fai a bere questa roba? Sembra acqua sporca! ...E' acqua sporca? Mi hai messo acqua del cesso nella tazza?!"

"Razza di idiota, che persona orribile mi credi? Ti detesto ma non sarei mai così pessimo da darti da bere l'acqua dello scarico".


Inghilterra guardò imbronciato Francis mentre si contorceva in preda a finti spasmi sulla poltrona, rantolava e piagnucolava di continuo discutendo da solo su quello che aveva appena ingurgitato; ogni tanto sbirciava di soppiatto Arthur per sondare la reazione di quest'ultimo alle sue lamentele. Il londinese aveva chiuso le spalle contro il suo petto e aveva assunto un'espressione piuttosto accigliata, con le sopracciglia corrugate ravvicinate tra loro.
Era incazzato nero e non ci voleva certo un master per arrivarci.
Francia allora la smise coi suoi prolissi teatrini e si ricompose, fissando verso il basso per timore di incrociare lo sguardo furibondo di Arthur.

"White tea".

"Pardon?"

"Quello che hai appena bevuto e di cui ti sei lamentato fino allo sfinimento".

"Non riesco a capire dove tu voglia arrivare, mon amour..."

"Smettila di chiamarmi in quel modo, Francis.
Forse tu non sai quanto possa essere pregiata ogni singola foglia del té bianco. Veniva raccolto apposta per essere offerto all'imperatore della Cina."

"Ehi, ehi... Mi dispiace Angleterre, non pensavo te la prendessi fino a questo punto..."

"Shut up, non mi interessano le tue scuse. Non ci arrivi? Sei pure ritardato di cervello oltre che deficiente di persona? Io...l'avevo scelto apposta per te..."

Mormorò con un filo di voce, augurandosi con tutto il suo cuore che le orecchie di Francia non fossero così fini da percepire le sue parole.

"Pour moi?"

Non si era nemmeno reso conto di quando Francis si fosse alzato dalla poltrona dove si era annidato per sedersi sopra al bracciolo della sua. L'unica cosa di cui era consapevole era che il parigino aveva le labbra a una manciata di millimetri dal suo orecchio, sussurrava sornione parole dal chissà quale significato facendo in modo che il suo respiro finisse per accarezzargli dolcemente il collo. Inghilterra sentì una forte sensazione di disagio risalirgli dallo stomaco, nulla l'avrebbe mai abituato a certi modi di fare di Francia.

"Hai preparato un té così pregiato per me nonostante tu sia consapevole della mia incapacità di apprezzarlo?"

Arthur si prese un secondo, socchiuse le palpebre, per selezionare la risposta più adeguata da fornirgli. Avrebbe potuto mentirgli e non sarebbe nemmeno stata la
prima volta, oppure avrebbe potuto dirgli la verità.
Aprì gli occhi e si voltò verso il suo inquisitore alla ricerca di un contatto visivo, senza pensare a quanto ora fosse vicino alle labbra di quest'ultimo.

"Sì".

Lo ammise schiettamente, per i ripensamenti aveva davanti tutta una vita.
Francis sospirò. Non chiese il permesso ad Inghilterra per baciarlo sulla fronte e si incupì sentendo Arthur avere un fremito non appena le sue labbra si posarono sulla sua fronte tiepida.

"Non ti abituerai mai, non ho forse ragione chérie?"

"Potrò cominciare a tollerare il tuoi modi di fare quando comincerai ad apprezzare il té come bevanda e la smetterai di tracannare vino come fosse acqua".

Francis si chiese se Arthur fosse consapevole dell'uso appena fatto della parola 'quando', come se sapesse che il suo cambiamento di gusti sarebbe stato inevitabile. Aspettò che l'inglese si girasse dalla parte opposta alla sua nel tentativo di interrompere un loro ulteriore futuro contatto, prima di concedersi un sorriso soddisfatto.

"Che ne dici di andare un po' all'aperto a fare una passeggiata?"

Disse scostandosi dalla poltrona mentre si dirigeva a recuperare il suo cappotto. La sua non era una proposta, né una scusa per ritrattare sulla piccola pretesa dell'inglese, più che altro era un caldo invito a stare un po' al fresco e permettere ad entrambi di accantonare momentaneamente ogni sorta di pensiero.

Non udì risposta da quest'ultimo, che si alzò e di tutta fretta si infilò trench e sciarpa di lana avvolgendosela fin sopra alla punta delle orecchie, mentre sfrecciava fuori di casa fissandolo come un leone ferito.



----



I due si inoltrarono per le affollate strade di Parigi e passeggiarono a lungo fianco a fianco senza proferire verbo. Arthur se ne stava avvolto perennemente nella sua sciarpa con le mani infilate in profondità nelle tasche del cappotto pesante senza dar segno di aver voglia di tirar fuori un qualche argomento su cui costruire una conversazione più o meno seriosa e utile. Semplicemente rigava dritto immerso nella grande sfera dei fatti suoi, riguardandosi bene dal non allontanarsi troppo da Francis col rischio di perdersi. Quest'ultimo ancora si sentiva in colpa per non essere stato in grado di apprezzare - anche solo un minimo- il té preparatogli con cura, ben conscio di aver buttato al vento una delle poche possibilità che Inghilterra gli aveva offerto, ben camuffata, come strumento di contatto tra loro. Si auto flagellava mentalmente per quanto sprovveduto e idiota fosse stato: si vantava tanto di essere il romantico d'eccellenza e poi era incapace di cogliere indizi sottili come quello lasciatogli poco tempo prima. Tentava anche di giustificarsi da solo, dopo il momento di pindarico masochismo, ripetendosi che lui era abituato a manifestare e ricevere amore ed attenzioni in maniere molto più esplicite e che perciò non notò la piccola dimostrazione di affetto del londinese; immediatamente però riprendeva ad auto maledire la sua avventatezza.
Tutto quel rimorso e rimuginare gli provocò languori di fame allo stomaco e si sentì meno solo quando la pancia di Inghilterra fece l'eco al suo borbottare, indice che, sebbene non stesse chiedendo del cibo, non gli sarebbe dispiaciuto affondare i denti in qualcosa di sostanzioso.
Questa volta non l'avrebbe certo portato in un ristorante stellato, si sarebbe limitato ad alimenti meno sofisticati e più informali: per quanto gli facesse piacere vedere che l'inglese apprezzava la sua cucina, per quanto gli dispiaceva dal profondo dire addio ad una sostanziosa quota del suo patrimonio per via di un solo pasto.

"Amour, hai per caso voglia di qualcosa da mangiare?"

Arthur simulò una voce scocciata quando gli rispose, giusto per non fargli notare che era felice che Francia si fosse accorto del suo bisogno. Apprezzò questo suo preoccuparsi.

"Mah, tu che dici? Ho lo stomaco che borbotta come un vulcano in eruzione".

Francis lo afferrò sottobraccio e saltellò assieme a lui fino ad una pasticceria situata un centinaio di metri più avanti, a detta sua la migliore che si potesse trovare in tutto il Paese. Elencò nel mentre tutte le prelibatezze che aveva assaggiato, sottolineando le sue preferite e dando realistiche descrizione dell'aspetto fisico di tutti i dolci e del relativo sapore, facendo venire l'acquolina ad Inghilterra; tant'è che dovette asciugarsi la bocca un paio di volte per evitare di sbavare come un cane al quale viene mostrato un osso ancora da spolpare.
Quando finalmente arrivarono alla pasticceria, Arthur si meravigliò di quanto fosse bravo Francis nelle descrizioni dettagliate, notando che ogni singolo dolce era esattamente come se l'era immaginata grazie a tutti i piccoli particolari che il francese gli fornì tutto entusiasta.
Avrebbe voluto svaligiare l'intero negozio e scappare con delizioso bottino ma per l'amore della sua linea e con la tristezza nel cuore prese una porzione di fettine di mela fritte con salsa alla vaniglia e lamponi più una piccola fettina di saint honoré. Si sedette in uno dei tavolini in mezzo al cortile esterno della pasticceria e non aspettò affatto Francia per iniziare a banchettare, il quale arrivò poco dopo con un piattino contenente diversi pasticcini di forme e colori sgargianti. Scoppiò a ridere in faccia ad Inghilterra quando vide il modo da troglodita con cui si abbuffava. Trovava che non si addicesse affatto alla sua personalità e ai suoi modi di fare, per un istante gli ricordò Prussia quando faceva a gara con West -da ubriachi fradici- a chi riusciva ad ingoiare più krauti e salsicce con patate nel giro di mezz'ora.

"Qfesta roba è daffevo fuona!" , biascicò Arthur a bocca piena senza rallentare il ritmo con cui continuava a divorare le fettine di mele tiepide e croccanti.

"Sono contento che tu apprezzi, ma s'il te plaît, manda giù prima di parlare! Non voglio che tu soffochi!"

"Ah no?"

L'inglese finì di ripulire il piatto dagli ultimi residui di sostanze commestibili e deglutì, concedendo a Francis un piccolo sprazzo di dialogo prima di passare alla fetta di saint honoré.

"Veramente hai cercato di ammazzarmi per giusto un centinaio di anni, you rascal!"

"Come se tutto quel casino fosse dipeso da una mia decisione! Sai bene che noi non possiamo interferire con le follie decise dai nostri boss".

Inghilterra fece le spallucce e spostò la sua attenzione sulla torta, mangiandola però con più delicatezza delle precedenti fettine di mela.

"Penso proprio che dovresti portarmi a Londra prima o poi".

Arthur alzò un sopracciglio e restò in ascolto per esortare l'altro a continuare il discorso, visto che apparentemente non aveva nulla a che vedere col precedente.

"Si, insomma... Tourterelle, magari potrei cominciare ad apprezzare il tuo cibo se mi dai l'opportunità di farci l'abitudine! Ma non il tuo cibo, nel senso quello che fai tu. Quello non lo voglio sentire perché cucini senza grazia e amore, ohnohnohn!".

"Che avete tutti contro quello che preparo? Bloody hell, sei persino più irritante di Alfred. Non ti porterò da me per permetterti di lamentarti di continuo!"

"Angleterre ti prego, voglio solo poterti apprezzare meglio..."

"No, tu a casa mia non ci vieni. Non voglio dover appendere cartelli ovunque con scritto di barricarsi in casa quando passi tu per evitare di essere molestati".

"Ohnohnohnhon, sarai mica geloso?"

Ora Francia lo stava fissando col mento leggermente all'insù ed un'aria piuttosto inquisitoria, nascondeva a pelo un ghigno sadico per la domanda che sapeva essere piuttosto critica. Il fatto che Arthur non gli avesse risposto nell'immediato mandandolo a quel paese era segno che aveva fatto centro. Quest'ultimo cercò di replicare alla domanda,che più aveva l'aria di un'accusa, diverse volte, ma alla fine decise di lasciar cadere lo sguardo a terra e di abbandonarsi ad un intenso sospiro di arrendevolezza. Questo francese in grado di spiazzarlo non lo entusiasmava affatto, si riteneva più al sicuro quando i loro litigi gli impedivano di scrutargli dentro con l'intensità con cui lo stava facendo ora, coi suoi occhi azzurri piantati su di sé. O forse era Inghilterra stesso ad essere diventato troppo prevedibile e malleabile?
Scelse saggiamente l'opzione del silenzio, sapendo che se Francia non era completamente rincitrullito avrebbe capito.
Poteva perfettamente immaginarsi l'espressione trionfante e vittoriosa che molto probabilmente, anzi certamente segnava il viso del parigino e perciò di rimanere a testa bassa ancora un po', per permettergli di metabolizzare la situazione. Gli dava ancora fastidio dover dargliela vinta.

"... Alla prima idiozia che combini ti rispedisco indietro a calci".

Concluse poi più convinto che mai di aver fatto una cazzata a dar la possibilità ad un potenziale molestatore seriale di invadere la sua città, ma sapeva perfettamente che se non avesse accettato la proposta di Francis quest'ultimo l'avrebbe a dir poco perseguitato per il resto della sua vita, fin quando non avrebbe ceduto sfinito.

"OH ANGLETERRE MERCI JE T'AIMEEEEEE~!"

Francia gli si fiondò addosso con una velocità pari a quella di un razzo e prese a strusciarsi addosso a lui come normalmente fanno i gatti con le gambe del loro padrone mentre emetteva mugolii allucinanti. Tentò anche di baciarlo ma venne prontamente respinto con un manrovescio da Inghilterra, non ancora abituato a certe effusioni in luoghi pubblici.

"STUPIDO MANGIARANOCCHIE! YOU MORON! CHE HAI AL POSTO DEL BUONSENSO? I'LL BLOODY KILL YOU!"

"P-Perché non vuoi il mio amore, Angleterre? Mi hai fatto male! Mi potevi deturpare! Zotico! Rozzo! Insensibile!"

"Perché siamo in un fottuto luogo pubblico pieno di gente!"

"Quindi vuoi dire che se siamo in privato posso s-

"NO."

Disse con violenza Arthur, caricando la sua risposta negativa quanto più possibile per far in modo che Francia la recepisse bene.

"NON CI PENSARE NEMMENO."

Aggiunse poi puntandogli un dito contro e fissandolo con un'espressione palesemente da 'toccami e ti ritrovi col culo sottoterra'.

La vergogna di essere pubblicamente corteggiato gli fece passare la fame e con dispiacere abbandonò ciò che era ancora rimasto della gustosa fetta di saint honoré sul tavolo, allontanandosi a passi veloci dalla 'scena del crimine' ed evitando gli sguardi delle persone che si erano fermate a sbirciare dopo averlo sentito urlare a pieni polmoni.
Francia, ancora destabilizzato per le percosse ricevute qualche istante prima, si alzò barcollando lievemente e seguì a ruota Inghilterra, dispiacendosi del fatto che l'uomo non riuscisse ancora ad accettare le sue avances. Dedusse anche che trovasse immenso piacere nel picchiarlo, visto che ogni volta che ci provava con lui finiva sempre per pigliarsi una raffica di dolorosi scappellotti, ma ciò non lo avrebbe certo fermato la sua corsa alla conquista del cuore del londinese.
Non era masochista fino al punto di farsi malmenare apposta, ma reputava adorabile la faccia che faceva Arthur ogni volta che gliele suonava di santa ragione. Era un po' un mix tra imbarazzo, rabbia e forse pure sottomessa felicità; visto che ormai aveva capito che ad Inghilterra infondo piacevano tutti i complimenti che gli riservava, solo che era troppo orgoglioso per ammetterlo.

"Allora, ti muovi o no? Prima che io cambi idea..." mormorò Arthur quando il francese raggiunse il suo fianco, accennando un lieve sorriso di risposta a quello che fece Francia quando scoprì che aveva ancora intenzione di portarlo con sé a Londra.

Quando raggiunsero un viale meno affollato, Francis fece scivolare la mano su quella di Arthur e timidamente intrecciò le dita tra quelle dell'inglese, aspettando un permesso per poter continuare a stringergli la mano o, tanto per cambiare, altre botte come punizione per la sua avventatezza.
Inghilterra osservò le loro mani unite e sospirò, facendo un lieve cenno col capo.

"Solo per stavolta" aggiunse, "non ti ci abituare".

Francis sorrise contento e gli piazzò un rapido bacio sulla guancia.
Questa volta non arrivarono né sberle né insulti come regalo per il suo affetto, ma soltanto un lieve mugugno del timido Arthur, che strizzò gli occhi e fissò il parigino a labbra accartocciate per un secondo, prima di ritornare in una posizione neutra e riprendere a camminare mano nella mano col suo corteggiatore.


Avere attorno quel bastardo sforna baguette era maledettamente piacevole.







 
Angolo dell'autrice

Che dire, finalmente ce l'ho fatta ad aggiornare la serie, dopo circa due settimane di stallo.... Meglio tardi che mai... Comunque, come avrete notato questo è un pezzo di storia in cui non succede nulla. Letteralmente. Per non sminurlo troppo d'importanza, chiamiamolo 'di transizione'. A partire dal prossimo capitolo si enta gradualmente nel vivo delle vicenduole dei nostri due piccioncini in amore, quindi forza e coraggio, che prima o poi accadranno cose.

 
  
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