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Autore: Micchan    16/02/2009    5 recensioni
"Ed ora, che tutto era finito… a lui non andava bene una vita tranquilla, la vita che si sarebbe senza dubbio guadagnato passando il resto della sua esistenza accanto a Ginny, sposandola, creando una famiglia con lei. Ironico come, nonostante quel bastardo fosse morto, la sua vita fosse ancora condizionata da Tom Riddle."
Un nuovo Punto di Vista - Un regalo Inaspettato al momento Giusto.
Genere: Malinconico, Comico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Harry Potter, Tom Riddle/Voldermort
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Avvertenze: I personaggi non mi appartengono, credo che la cosa sia nota a tutti. La storia tiene conto del settimo libro, ma non dell'epilogo. Un vago accenno Shounen-Ai, ma è così velato che si potrebbe scorgere solamente volendolo veramente XD E' del tutto trascurabile. Il rating Giallo è dovuto ad un linguaggio un po' colorito.



Halloween Present

Chiuse la porta sbattendola con rabbia – la stessa rabbia che aveva trattenuto fino a quel momento, per non rischiare di dare un pugno in faccia a qualcuno, per poi pentirsene. Percorse la strada a grandi falcate ed andatura svelta, senza prestare attenzione alla direzione presa dalle sue gambe.

Un posto valeva l’altro. Aveva solamente voglia di… di camminare, senza nessuno a cui dover rendere conto del perché lo stesse facendo. Senza dover giustificare ogni sua più piccola azione.

Si morse il labbro inferiore con ferocia, cominciando lentamente a rallentare il passo, prestando attenzione a ciò che lo circondava. Le strade non brulicavano più di bambini come qualche ora prima, e anche gli ultimi elementi recalcitranti venivano trascinati nuovamente in casa dai genitori.

Si strinse maggiormente nel suo mantello ad una ventata d’aria fredda serale, osservando alcune foglie dai caldi colori autunnali venir trasportate via. Dopotutto, era comprensibile che nessuno volesse porre fine a quei magici festeggiamenti della notte di Halloween.

Sospirò, sollevando una mano dalle lunghe dita affusolate per passarsela tra i già arruffati capelli neri, spettinandoli maggiormente. E dire che fino a poco prima anche lui si stava godendo la spensieratezza della festa con gli amici.

Già, amici. Amici come Ron. Quello a cui avrebbe volentieri mollato un pugno, quella sera, in più di un’occasione. C’erano da ringraziare i provvidenziali interventi di Hermione, pronta a mettersi tra loro due per fare da paciere.

Continuò a camminare, i passi che ormai fluivano di volontà propria, come il fiume dei suoi pensieri, percorrendo le strade ormai buie di Godric’s Hollow – illuminate dai saltuari lampioni che costeggiavano la strada e le zucche intagliate che cominciavano ormai a spegnersi.

Un piccolo sorrisino triste increspò le labbra del Salvatore del Mondo Magico, a quella vista – poteva sentirlo il calore familiare emanato dalle luci accese dentro le case, dove le famiglie erano rintanate insieme per sfuggire al freddo autunnale, riscaldati da una fetta calda di torta di zucca e una tazza di cioccolata calda.

Niente più paura, niente più timori – né per Maghi né per Babbani. Non più almeno, da circa sei mesi. La cupa ombra della minaccia di Voldemort ormai scomparsa dalle menti della gente. Anche le perdite sembravano in qualche modo… passate di secondo piano, con l’euforia dei festeggiamenti.

Ma non per lui, come sempre. Era il suo cuore il paese più straziato, come sempre – una landa ricoperta di grigie croci, ognuna portante il nome di qualcuno. Una per ogni persona che per un sogno di libertà, per creare un futuro migliore, aveva sacrificato la propria vita.

Si fermò improvvisamente, rendendosi conto di dove le sue gambe l’avevano condotto. "Mhp" sbuffò, nel tentativo di reprimere una risata amara – per quell’ironia del Destino. Sollevò lo sguardo color smeraldo, per meglio poter osservare il Cimitero di Godric’s Hollow.

Dopo qualche istante di esitazione riprese a camminare, oltrepassando il cancello ed incamminandosi per il sentiero sterrato in salita che costeggiava la collinetta. La sensazione che provò fu quella che qualcuno gli avesse in qualche modo voluto ricordare l’avvenimento più importante di quella notte.

Che non era di certo una festicciola in maschera tra amici. “Staranno meglio senza di me…” mormorò tra sé e sé, calciando un sasso ed infilando le mani nelle tasche dei neri pantaloni, con tanta forza che per un momento ebbe paura di averli strappati.

Non molto confortante come pensiero, ma in fondo veritiero. Nell’ultimo periodo non appena Ron apriva bocca finiva per litigare con lui – e questo faceva male a Hermione, lo vedeva dai suoi occhi lucidi mentre gli ordinava di smettere.

Ma per loro era impossibile smettere, perché l’argomento delle loro discussioni non era qualcosa che poteva essere semplicemente eliminato – non era un’incomprensione, uno scontrarsi d’idee sulle strategie di Quidditch come succedeva a Hogwarts.

Il problema era Ginny. O per meglio dire la stasi – o forse sarebbe più opportuno chiamarla crisi? - in cui era caduta la sua relazione con la ragazza. Alla vigilia della battaglia finale, della morte dell’Oscuro Signore, presi dall’entusiasmo della vittoria e dal dolore delle perdite si erano rimessi insieme.

Ma erano passati mesi e mesi da quel giorno – e lentamente, come se il suo amore per lei gli stesse scivolando come sabbia tra le dita, aveva cominciato a sentirsi stretto in quella relazione. Amarla era diventata quasi come… come un’abitudine. Un punto fermo della sua vita, dopo averne persi tanti.

Non c’era più quella passione. Se mai c’era stata, aggiunse dispettosa una vocettina nella sua mente, facendogli alzare lo sguardo verso il cielo notturno disseminato di stelle. E si era confidato con Ron, spiegandogli come ormai Ginny per lui non fosse altro che una sorella.

Gli ci era voluto un po’ per comprendere in cosa si era trasformato quell’amore – o forse lo era sempre stato, ma lui ne aveva avuto troppo bisogno per capirlo al momento. E a quella confessione il suo migliore amico aveva reagito come se il tutto fosse stato un affronto personale.

Fermò i suoi passi, lasciandosi cadere seduto con un tonfo su una delle panchine che costeggiavano ogni tanto il sentiero sterrato del Cimitero, senza la forza di proseguire ancora, di arrivare fino alla tomba dei suoi genitori e di Sirius.

In mente gli frullavano ancora le recenti accuse mosse dal Rosso proprio quella sera, a quella festicciola di Halloween organizzata con i vecchi compagni di scuola come inaugurazione per la ricostruzione della casa dei suoi genitori.

”Noi siamo sempre stati la tua famiglia, Harry! Cos’è, adesso non siamo più abbastanza per te? gli aveva sputato contro con astio il compagno – e l’assurdità di quella situazione gli aveva fatto tornare in mente quella litigata al quarto anno, per colpa di uno stupido torneo a cui non voleva neanche partecipare.

E le parole che, senza quasi rendersene conto, gli aveva urlato contro prima di uscire come una furia sbattendo la porta, gli ritornarono improvvisamente in mente, colpendolo con la loro veridicità come una secchiata d’acqua gelida. “Come cazzo fai a non capire che è l’opposto? Voi siete troppo per me!”

Reclinò all’improvviso la testa all’indietro, poggiando la nuca sulla sommità dello schienale in ferro battuto della panchina, lasciandosi andare ad una risata a labbra aperte – amara e sprezzante, con un’ilarità del tutto ironica verso sé stesso.

La famiglia Weasley era troppo normale per lui, che alla normalità non ha mai fatto abitudine. Finalmente l’aveva capito – e tutto improvvisamente era così chiaro che gli sembrò impossibile che non l’avesse capito prima, quando era così evidente invece.

Non c’era mai stato niente di normale nella sua vita – era cresciuto con la consapevolezza di essere braccato da quello che probabilmente era il più grande Mago Oscuro degli ultimi secoli, affrontandolo anno per anno fin dalla tenera età di undici anni.

Ed ora, che tutto era finito… a lui non andava bene una vita tranquilla, la vita che si sarebbe senza dubbio guadagnato passando il resto della sua esistenza accanto a Ginny, sposandola, creando una famiglia con lei. Ironico come, nonostante quel bastardo fosse morto, la sua vita fosse ancora condizionata da Tom Riddle.

Abbassò lo sguardo, rendendosi conto di star accarezzando una superficie liscia e fredda tra le mani – e un bagliore di sorpresa attraversò le iridi dal brillante colore verde di un Avada Kedavra, rendendosi conto di tenere tra le dita lo Specchio Magico, ultimo dono dell’amato Padrino.

Osservò il proprio riflesso, accarezzando il contorno del viso con la punta delle dita – colto dall’improvviso desiderio di vederci all’interno il volto di qualcun altro. Qualsiasi altra persona, qualcosa che desse una scossa alla sua vita.

Sbatté un paio di volte le palpebre, nel tentativo di schiarirsi la vista – convinto di aver avuto solamente un’illusione ottica. Eppure aveva avuto l’impressione che, per un momento, i suoi occhi riflessi nello specchio avessero cambiato colore. Che fossero diventati neri come la pece.

“Chi non muore si rivede, Harry Potter. O almeno così si dice.”

Per poco l’oggetto non gli cadde di mano, quando udì quella voce sibilante provenire dal volto riflesso all’interno – che non era più il suo, decisamente.

Le fine labbra di Tom Riddle si incresparono in un sogghigno divertito, probabilmente scatenato dall’espressione basita che il ragazzo doveva aver assunto nel momento stesso in cui si era finalmente reso conto a chi appartenesse la voce.

”Voldemort! Che cazzo ci fai nel mio specchio?” gli ringhiò contro Harry, serrando i denti bianchi – mettendo in risalto i canini affilati, parte della sua maschera vampiresca - riprendendosi finalmente dal momentaneo shock che l’aveva colto.

“Potter, continuo a meravigliarmi di come abbia fatto a sopravvivere sguazzando in questo suo stato di completa ignoranza. Per quanto sono certo l’addolorerà la notizia, Halloween è principalmente il giorno in cui il mondo dell’aldilà e quello dei vivi sono più vicini, non una ricorrenza per permettere a bambini troppo cresciuti di strafogarsi di dolci.” Storse il naso in un moto di disgusto provocato dal solo pensiero, per poi sfoggiare un altro di quei suoi irritanti ghigni, che facevano pericolosamente prudere le mani ad Harry.

”Non dovresti piuttosto chiederti come abbia fatto allora un tale ignorante a mandarti all’altro mondo?” replicò, le labbra piegate solo da un lato in uno strafottente sorriso sghembo – affatto impressionato dall’occhiata omicida che gli venne rivolta. Dopo averlo affrontato per anni, ritrovandoselo davanti in tutta la sua macabra e rivoltante figura, il suo aspetto giovanile non lo intimoriva certamente.

”E si dia il caso che io sappia in cosa consista Halloween. Ma ciò non spiega perché, porco cazzo, tu sia finito dentro il mio specchio!” continuò, alzando esponenzialmente il tono della voce ad ogni parola, iniziando a scuotere pericolosamente il delicato oggetto.

”Vuole che le procuri una clava, Potter? Trovo le si addica maggiormente, considerato il suo comportamento!”

Le sue parole parvero calmare il ragazzo, che smise di agitare convulsamente il prezioso specchio – solo per poter guardare in faccia il suo nemico di sempre e scoccargli un’occhiata furente.

”Dopotutto dovrebbe dirmelo lei perché mi trovo qui, considerato che è stato lei ad evocarmi.” Continuò l’altro ignorandolo, dandosi qualche pacca sulla toga nera da mago per rassettarla dopo la brillante idea avuta dal Salvatore del Mondo Magico e Non.

”Io non ho evocato proprio un bel niente, Riddle!” gli ringhiò contro per tutta risposta, avvicinandosi lo specchio al volto – neanche volesse saltarci dentro per sbranare il Serpeverde.

Quest’ultimo si limitò ad inarcare un sopracciglio, osservandolo scettico – mentre per un momento, o almeno così parve ad Harry, un luccichio di sorpresa gli attraversò lo sguardo d’onice. “Ciò implica che tu l’abbia fatto inconsapevolmente…” commentò, quasi come se stesse riflettendo tra sé e sé.

Aggrottò le sopracciglia Harry, studiando la figura di Tom Riddle che –ormai doveva arrendersi all’evidenzia- era apparsa nel suo specchio, senza alcun motivo apparente.

Ma un motivo c’è, si premurò di fargli notare quell’irritante vocina dentro la sua testa, che come ogni volta gli parve terribilmente somigliante al tono da maestria adottato da Hermione quando parlava con lui e Ron. Storse il naso infastidito, non potendo fare a meno di ammettere che, effettivamente, lui stava pensando a Voldemort poco prima.




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Continua.
   
 
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