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Autore: TheLonelyWriter    09/10/2015    0 recensioni
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"Perché porre fine ad un'amicizia premendo un grilletto sarebbe troppo semplice. E noi, lo sai benissimo, siamo ancora amici."
Oggi John Lennon avrebbe compiuto 75 anni. E ho voluto lasciar correre la mia immaginazione, se Paul McCartney avesse voluto scrivere una lettera a lui dedicata, ripercorrendo gran parte della loro amicizia. Buona lettura.
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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INTRODUZIONE: Questa immaginaria lettera è dedicata al 75° compleanno di John Lennon, che è nato proprio il 9 ottobre del 1940 ed è stato tragicamente assassinato da un folle l'8 dicembre del 1980. Il suo patrimonio musicale non ha eguali nella storia del rock. Ho voluto immaginare una lettera scritta da Paul al suo migliore amico e questo è venuto fuori, buona lettura.

John, amico mio.

Quante ne abbiamo passate insieme, eh? Da quel primo, meraviglioso giorno in cui avemmo modo di conoscerci. Ricordo molto chiaramente come andarono i fatti, era il 6 luglio del 1957, quando il nostro amico comune Ivan Vaughan ci presentò l'uno all'altro.

«John, ti presento Paul!»

Tu, col tuo sguardo ubriaco, che ti aveva fatto sbagliare tutto il testo di Be Bop a Lula, mi stringesti la mano dicendo:

«Piacere, io mi chiamo... John Lennon.» singhiozzando per la sbronza che ti eri preso.

Per scherzare allora, ti scrissi su un foglietto le parole di quella canzone e ricordo che facemmo fragorose risate. Poco dopo, mi mandasti il tuo compagno di band Pete Shotton a chiedermi se volessi far parte del tuo primordiale gruppo, i Quarrymen. Ti avevo particolarmente stupito, la sera di quel giorno, durante la festa di St. Peter. Passò il tempo e riuscimmo a trovare il nostro buon amico George e Stuart Sutcliffe, al basso. Mi sembrava abbastanza strano avere tre chitarristi e nemmeno un batterista fisso, ma preferii rimanere in silenzio.

Poi, come dimenticare quando, quella mattina, venisti ad annunciarmi ufficialmente che, dopo una simpatica serata passata insieme a Stuart, avevi cambiato nome alla band? Il nuovo nome era “The Beatles” e mi parve strano e allo stesso tempo divertente, perché proprio il nome di un insetto come nome di una band? Perché proprio lo scarafaggio?

Stuart non sapeva suonare il basso troppo bene e ricordo l'imbarazzo che gli segnava il volto quando era costretto a suonare di spalle per evitare di mostrare i suoi errori. Avemmo davvero molto fortuna ad incontrare quel tipo lì, Williams, che ci propose qualche tournée ad Amburgo, dove riuscimmo a trovare il nostro batterista Pete Best.

Come dimenticare quel giorno in cui ci arrestarono per aver dato fuoco all'albergo bruciando per sbaglio un profilattico appeso alla parete? Ci espulsero dalla Germania, dopo un breve soggiorno in quella scomoda prigione. Ma come dice quel detto russo, non c'è uomo che non è mai stato in prigione, no? Ben presto, amico mio, avremmo fatto qualcosa di cui avremmo meritato la prigione, ma che tenemmo nascosto, più o meno.

Poi Stuart ci abbandonò, per dedicarsi all'arte. Mi manca, il buon vecchio Stuart e ricordo il dolore che provammo tutti quando morì quel dannatissimo 10 aprile del '62. Parlo come se fossero stati giorni fa, ma si tratta di quarant'anni, quaranta interminabili anni fa.

Poi, fu il turno delle esibizioni al Cavern. Te lo ricordi, il nostro primo posto dove ci esibimmo? Allora sì che ci divertivamo tantissimo e un accordo sbagliato non era la fine del mondo, anzi, ci si rideva su con gusto. Lì incontrammo per la prima volta, dopo un concerto, il nostro grande amico Brian Epstein, che di lì a breve sarebbe diventato il nostro primo, storico manager. Ci insegnò l'inchino a novanta gradi che tutti ricordano, dopo le nostre serate e che forse era una caratteristica comune a tutti i nostri concerti.

Iniziammo a registrare nello storico studio di Abbey Road, Pete ci abbandonò e trovammo il nostro Richard, che chiamammo Ringo, come suo valido sostituto. Peccato solo per la sua falsa partenza, quando secondo Brian non suonava la batteria come voleva in Love Me Do, così ci pensò il buon Andy a registrarla, limitando Ringo ai tamburelli.

Ma da lì partì il nostro successo frenato, come dimenticare tutti i concerti più importanti? Sono ormai abituato a collegare ogni album ad un concerto in particolare. Ad esempio, A Hard Day's Night lo registrammo anche per il nostro omonimo film, ma suonammo molte canzoni fatte in quel momento al nostro primo spettacolo in America, all'Ed Sullivan Show. Iniziò la nostra eterna competizione, le nostre canzoni che si contrapponevano a quelle fatte dall'altro. Credo sia tutto iniziato da A Hard Day's Night, quando composi per tutta risposta Can't Buy Me Love. Forse era questo a mantenere vivi i Beatles, oltre al nostro stile e al nostro talento.

Quando invece uscì Help, esibimmo gran parte di quelle canzoni non solo nel secondo film ma anche al mitico Shea Stadium, come dimenticare quella bellissima esibizione?

Poi, toccò al Giappone, al famoso concerto del Budokan, con parte delle canzoni di Help e anche quelle del '66, che anno mitico.

Ma la vera svolta arrivò dopo il concerto a Candlestick Park, quando dopo minacce di morte, fan invadenti e fanatici incazzati e non poco, per le tue dichiarazioni circa Gesù, decidemmo di non esibirci più in pubblico. Quindi ci chiudemmo nel nostro piccolo studio di Abbey Road e iniziammo le registrazioni per il nostro album più celebre: Sgt Pepper's Lonely Hearts Club Band e i due singoli che rimarranno sempre nella storia della musica pop, la mia Penny Lane e la tua Strawberry Fields Forever, composta mentre partecipavi alle riprese di How I Won The War.

E poi... Si dice che ogni evento bello finisca con qualcosa di davvero molto brutto. Infatti, di lì a poco, morirà il nostro buon Brian, evento che ci farà separare sempre di più l'uno dall'altro.

Dopo le tragiche registrazioni del White Album nonostante le spettacolari Hey Jude, Revolution, Helter Skelter, decidemmo che il capitolo “Beatles” si sarebbe presto chiuso. Quindi registrammo delle canzoni per un album che si sarebbe chiamato Get Back, un ritorno alle origini, un ritorno a quel rock'n'roll sfrenato dopo un lungo periodo psichedelico. Il progetto fallì, eravamo ormai troppo poco coesi per riuscirci, quindi riciclammo qualcosina, registrammo poco altro materiale e facemmo Abbey Road.

Poco prima ci eravamo esibiti nel famoso Rooftop Concerpt, dalla quale prendesti alcune canzoni per l'ultimo album non programmato, Let It Be. Non capisco perché detestassi così tanto la mia canzone, ma credimi, non me la sono mai presa più di tanto.

Quando ci sciogliemmo, non ci sentimmo per 5 anni. Dissi che difficilmente i Beatles sarebbero ritornati e che sarei stato l'ultimo a volere che la band rinascesse dalle ceneri. Ma in realtà ero solo confuso, tra Linda e l'abbandono, l'inizio della carriera da solista... Vi accaniste contro di me, cercavate messaggi contro di voi nelle mie canzoni, nonostante non avessi nulla da nascondere. Il buon Ringo, però, mi era rimasto amico, più o meno.

Quando ritornammo a sentirci, era ormai troppo tardi. Chi avrebbe immaginato che quel giorno del 1980 un pazzo ti avrebbe sparato, uccidendoti?
Ci rimasi davvero molto male. Ricordo entrai in una stanza vuota con una chitarra e... Ti ho rivisto in quel momento. Ero perfettamente sobrio, ma tu eri con me. Quindi ho iniziato a parlarti, a urlarti contro, a comporre quella che oggi è la mia celebre canzone Here Today. Ma tu non potevi, forse non volevi rispondermi. Ogni mio concerto lo dedico a te, a George, a Stuart, a tutte quelle persone che nella mia vita... Sono state importanti.

E oggi è il tuo compleanno.

Fai settantacinque anni.

E... Come vuoi che concluda questa lettera?
Buon compleanno, Lennon.

 

Perché porre fine ad un'amicizia premendo un grilletto sarebbe troppo semplice. E noi, lo sai benissimo, siamo ancora amici.

 

Paul McCartney

   
 
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