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Autore: ellephedre    09/10/2015    8 recensioni
Raccolta di one-shot post Verso l'alba, dedicata ad Ami e Alexander. Dopo le battaglie, cosa cambia per loro? Hanno dei progetti, da portare avanti insieme e separati. Hanno ancora da conoscersi. Hanno da evolversi.
«A volte, ti amo così tanto che ho solo voglia di... bearmi di te. Di averti con me, sentirti.»
Lei lo faceva sentire in una maniera indescrivibile.
Ami si ritrasse un poco. «Invece tu a volte mi ami così tanto che... non hai voglia di stare solamente abbracciati, no? Anche se te lo chiedo io.»
... c'era una risposta giusta a quella domanda? O era a trabocchetto?
«Era questo che intendevo dire» sorrise Ami. «Non devi pensare a come rispondere, basta che dici la verità.»
«Be', ma queste sono mie strategie. Hanno una loro utilità. Vedi? Ti divertono.»
Ridendo piano, lei lo abbracciò. «Ma questa notte possiamo restare così?»
«Sì.»
«... anche se non vuoi?»
«Mi fraintendi. Io lo voglio sempre. Solo a che a volte di mezzo mi va anche qualcos'altro.»
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ami/Amy, Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la fine
Capitoli:
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per istinto e pensiero 6

 

 

Per istinto e pensiero

di ellephedre

 

 

Inizio marzo 1997 - Videogiochi

   

Nell'unica sera che potevano uscire insieme quella settimana, Alexander le aveva proposto di passare del tempo a casa di Yamato. Ami era curiosa di scoprire che cosa ci fosse da fare lì. Forse c'era stato qualche problema che bisognava risolvere? O magari Alexander si era prefisso di pulire un po' l'appartamento del suo amico. Le sembrava un intento nobile, in cui lo avrebbe aiutato volentieri, solo che...

Niente, sospirò. Se non uscivano più a cena fuori o per una passeggiata, era colpa sua. I ritmi della rigorosa tabella di marcia che si era imposta non le lasciavano molto tempo libero. Aveva allentato il ritmo dopo la figuraccia che aveva fatto a San Valentino - come aveva potuto dimenticarsi di quella ricorrenza? - ma appena aveva notato che stava rimanendo indietro, aveva chiesto ad Alexander di essere di nuovo paziente. Lui era stato comprensivo.

Proprio perché si rendeva conto di non essere la migliore delle fidanzate, Ami cercava di essere molto dolce con lui durante i loro incontri. Gli telefonava tutte le sere prima di andare a dormire. A volte provava un profondo desiderio di teletrasportarsi per andare a trovarlo, ma... Sapeva come andava a finire quando si vedevano: cenavano insieme e parlavano per non meno di due ore consecutive. Scopriva di avere talmente tanto da dirgli quando lo vedeva in faccia.

Alla fine, raramente trovava il coraggio di andare a casa per la notte. Nemmeno lo voleva in verità, e la mattina successiva era sempre stanca. Per quanto fosse piacevole quel tipo di spossamento, la sua concentrazione ne risentiva per diverse ore. Come una ragazzina si beava del ricordo degli abbracci, vivendo su una piccola nuvola di spensieratezza amorosa.

Invece, ricordò, mancava così poco tempo alla fine della scuola.

Si stava impegnando nello studio apposta per darsi una settimana in cui fare una pausa assoluta. Avrebbe passato un paio di giorni con le ragazze e Usagi, per starle vicino prima del suo matrimonio, poi... poi il suo tempo sarebbe stato tutto per il suo ragazzo.

Arrossì mentre suonava il citofono. Si ricompose quando una lucina la illuminò in volto: era l'apparecchio che la inquadrava con una telecamera.

«Sali» fu tutto ciò che udì, un saluto insolitamente conciso.

Incuriosita, percorse i due piani di scale dell'edificio e schiacciò il campanello dell'ex appartamento di Yamato.

Alexander le aprì la porta, sorridente. «Entra!»

Invece di darle il benvenuto con un bacio, lui tornò dentro, diretto in salotto. Sicura che ci fosse qualcosa da vedere, Ami si tolse rapidamente le scarpe e lo seguì, lanciando un'occhiata alla stanza.

Alexander si stava sedendo sulla moquette. Aveva impugnato un joystick e guardava fisso lo schermo del televisore. Stava giocando ai videogiochi.

Ami roteò gli occhi al soffitto.

«Hai visto?»

«Ehm...» Lei iniziò a togliere il cappotto.

«È una Playstation. L'hai mai provata?»

«Certo.» Aveva anche una buona padronanza di quei mezzi ludici, tuttavia... «Mi hai chiamato qui per giocare?»

Sullo schermo lui stava comandando un personaggio femminile in pantaloncini e maglietta azzurra attillata. La ragazza stava attraversando una giungla.

«Tomb Raider?» commentò Ami.

Alexander le lanciò una mezza occhiata. «Conosci il gioco?»

Per forza, non viveva fuori dal mondo. «So di cosa tratta.»

«Sto arrivando a un punto di salvataggio.»

Naturale, con tutta calma.

Colpita dalla propria irritazione, si permise di sorridere mentre tornava verso l'ingresso, per disfarsi di soprabito e borsa.

Aveva sempre pensato di essere un caso a parte con un fidanzato come Alex, che se perdeva tempo in qualcosa era su un programma al computer, mai su un videogioco. Ma prima o poi doveva cascarci anche lui.

Ora si era sollevato sulle ginocchia. «Ci sono quasi...»

Ami guardò lo schermo. La pettoruta Lara Croft stava compiendo un balzo sovraumano da una piattaforma di rovine a un'altra, diretta verso un cristallo luccicante che galleggiava per aria. Appena lo raggiunse, sul televisore comparve una finestrella con diverse opzioni.

«Ecco!» Soddisfatto, Alexander salvò il gioco. «Sono qui da quattro ore. Non riesco a fermarmi, voglio sempre scoprire quale enigma viene dopo.»

Lei poteva capirlo, ma non le era mai capitato di essere ignorata per via di un hobby.

Alexander finalmente le dedicò attenzione. «Ho preso una cosa per te.»

L'emozione che provò la fece sentire sciocca.

Davvero teneva tanto a essere riempita di attenzioni? Eppure, non era altrettanto brava quando si trattava di offrirne - o almeno, Alexander avrebbe avuto il diritto di pensarlo.

Lui la raggiunse e la sorpassò, dirigendosi verso il comò su cui era posato un vaso. «Li ho messi in acqua perché fossero freschi.»

Oh, erano fiori. Bellissimi boccioli di rosa bianchi, umidi sui petali.

Ami li ricevette in mano e abbracciò il vaso, per non farlo cadere.

Alexander era contento. Aveva già capito l'effetto che le aveva fatto. «Era un po' che non te li regalavo. Ma quando vedo dei fiori, io penso sempre a te.»

Il vaso le sfuggì lentamente dalle dita. Lui la aiutò a trattenerlo e lei si aggrappò a una sua spalla.

Non permise al bacio di essere un mero saluto: sollevò una mano, accarezzandogli i capelli. Visse il momento romantico che sognava da giorni interi.

Alexander tirò fuori una rosa dal vaso, avvicinandola alla sua tempia. «Te la metterei tra i capelli, come l'altra volta. Ma qui ci sono le spine.»

«Non sarebbero rose, altrimenti.» Ami chiuse gli occhi, per godersi il calore della fronte sulla sua. Si allontanò per rimirare il regalo.

Lui rimise a posto il fiore. «Volevo essere più originale, ma la bancarella da cui li ho presi non aveva una grande scelta.»

«Non importa. Mi piacciono.» Li amo. Sentì che se lo avesse aggiunto, sarebbe stata travolta. Le azioni con cui si sarebbe espressa sarebbero state spudorate, troppo passionali e... preferiva trattenerle, esprimersi con calma. Forse non ci sarebbe riuscita se lui avesse continuato a guardarla, ma Alexander le stava indicando con la testa la consolle posata a terra.

«Yamato non l'ha portata in America per via del diverso attacco di corrente. Negli USA hanno la nostra stessa codifica per i giochi, ma lui non voleva rischiare che la macchina si rovinasse. L'ha lasciata qui per me, solo che fino a oggi non ci avevo badato.»

Se non altro, Alex avrebbe avuto qualcosa con cui tenersi impegnato nei giorni in cui lei fosse stata impegnata con lo studio. A quel proposito... «I tuoi esami?»

«Mi sto preparando a dovere.»

Naturalmente lui era in grado di valutare la qualità della propria preparazione, ma lei era sempre un po' in apprensione: non lo voleva distratto. «Come mai mi hai invitata qui?»

Alexander studiò un pensiero prima di rispondere. «Yamato mi ha chiesto di affidare la casa a un'agenzia immobiliare, per affittarla, ma... voglio prenderla io.»

Oh. «È un appartamento... spazioso.» Non sarebbe costato poco.

«Mi sembra già troppo piccolo per una sola persona.»

Sì, conosceva gli spazi a cui era abituato lui. Si guardò intorno. «Cosa farai delle due camere in più?»

«Ci porto i mobili che mi ha lasciato mia madre.»

In effetti, con tutto il mobilio inutile che riempiva i due piani di casa Foster, c'era solo l'imbarazzo della scelta. Spostare tutto sarebbe stato... oh. Ma il trasloco non doveva essere per forza un problema. «Posso aiutarti a spostare le tue cose.»

«Hm?» 

«Col teletrasporto.» Non sarebbe stato difficile. «Non dovrai assumere qualcuno e non ci sarà nemmeno bisogno di inscatolare. Posso far apparire il tuo armadio e le librerie dove ti servono, con tutto il loro contenuto.»

Sorpreso, lui iniziò a vedere la comodità della soluzione. «Giusto.»

«Un utilizzo pratico del mio potere è utile, soprattutto quando si tratta di risparmiare denaro.» Non esisteva nulla di peggio degli sprechi.

Alexander annuì. «Allora... nell'ultima settimana di marzo vorrei il tuo aiuto.»

Cosa? «Vuoi... passare le vacanze traslocando?» Si rese subito conto di quanto fosse sciocca la domanda: naturalmente i giorni di vacanza erano il momento migliore per cambiare casa. Più tempo libero, meno distrazioni. Inoltre, Alexander le aveva detto che con suo padre erano rimasti d'accordo affinché lui rimanesse nel vecchio appartamento solo fino al mese successivo.

Alexander era dubbioso. «Col teletrasporto non ti porterò via più di mezza giornata. So che hai da studiare.»

Lei non replicò. Davvero gli aveva dato l'impressione di non voler passare del tempo con lui nemmeno durante la pausa scolastica?

Nella sua espressione Alexander vide un invito a cambiare argomento. «Per quanto riguarda l'appartamento... Non costerà poco, ma nell'immediato mi farà risparmiare. Yamato non mi chiederà una caparra contro i danni. Penso che non vorrà nemmeno un anticipo sull'affitto, ma glielo offrirò lo stesso. Non gli piace l'idea di dipendere dal denaro dei suoi genitori, anche se hanno dei doveri verso lui e sua nipote.»

Era comprensibile. «Come stanno?» Le ultime novità che aveva sentito su Yamato-kun e la bambina non erano state incoraggianti.

Ma sul viso di Alexander c'era sollievo. «Va meglio. Arimi non piange più tanto la notte. Shun si sta affezionando a lei, lo sento quando ne parla. Mi ha raccontato che Arimi ride quando lo vede. Ha imparato a riconoscerlo.»

Ami fu contenta. «Yamato-kun se lo merita.»

Alexander annuì e non disse più nulla. Il pensiero del suo amico lontano gli causava nostalgia e anche un certo senso di colpa per l'oceano che li divideva.

Ami non si stupì di vederlo cercare una distrazione con lo sguardo. I suoi occhi si fermarono sulla consolle.

«Ti va di giocare a qualcosa? Ci sono due joystick.»

«Certo.»

Lui si piegò a prendere degli astucci con diverse copertine. «Allora... qui c'è un gioco di tennis... Quest'altro è un gioco di corse.» Scartò un titolo che lei trovava interessante.

«Quello no?»

Alexander glielo fece vedere meglio. «Tekken? È un picchiaduro.»

Ne era consapevole. «Sono brava.»

Lui sgranò gli occhi. «Hai giocato a picchiare la gente?»

Ami scelse apposta di non menzionare il suo breve excursus come cosplayer a un torneo di picchiaduro. Aveva partecipato - e vinto - per poter parlare coi Three Lights. Non le sembrava delicato continuare a menzionare una persona per cui aveva avuto una cotta, perciò non aveva raccontato ad Alexander di quell'episodio. «Mettimi alla prova» gli disse.

Lui inserì il disco nella consolle. «Okay. Però gioca un po' da sola prima, altrimenti...»

«Non ne ho bisogno.»

Alexander fu perplesso. «Come farai a sapere le mosse che servono a-»

«Le intuirò strada facendo.» I comandi di calci e pugni erano sempre gli stessi per tutti i videogiochi di quel genere. Avrebbe perso qualche partita mentre imparava, ma presto...

Nella sua poca convinzione lui fu quasi beffardo. «Come vuoi. Poi non lamentarti.»

Così era una sfida. «Guarda che conto di vincere. Vuoi mettere qualcosa in palio?»

Alexander la guardò con occhi nuovi. «I videogiochi tirano fuori il tuo spirito di competizione.»

Certo, perché ci si poteva sfidare all'ultimo sangue senza arrecarsi il minimo danno. Come a scacchi, ma diversamente da quel caso era richiesta meno riflessione e più istinto.

Lui aveva iniziato a prenderla sul serio. «Vogliamo rendere la cosa interessante? Lasciamo decidere il premio al vincitore.»

«Ci sto.» Tanto avrebbe vinto lei, e sarebbe stata generosa.

Lui sollevò due dita. «Due partite multisquadre, con otto personaggi ciascuno. Ogni sfida due round, così la vittoria non sarà mai un caso.»

Ami fu d'accordo. «Non potrai dire che ho vinto per pura fortuna.»

Alexander scoppiò a ridere. «Cominciamo! Voglio vedere di cosa sei capace!»

Anche lei. Nei pochi secondi in cui lo aveva visto giocare aveva avuto l'impressione che Alexander fosse un 'pigiatasti', un giocatore che andava ad istinto quando si trattava di adoperare un joystick. Dato che lui aveva già esperienza con quel gioco, conosceva alcune tecniche dei personaggi e le aveva senza dubbio imparate a memoria, ma appena fosse stato messo alle corde sarebbe ricorso a una disperata difesa priva di strategie. Era solo una teoria, ma lei era piuttosto sicura di non sbagliarsi.

Il gioco era partito ed erano arrivati alla schermata di selezione dei personaggi.

Non conoscendone nessuno, Ami scorse i volti per provare a comprenderne sommariamente le caratteristiche. Di solito i creatori di picchiaduro erano poco originali: aspetto e stile di combattimento erano sempre fortemente collegati. Quando ebbe finito di dare un'occhiata alla selezione disponibile, Alexander aveva già scelto quattro personaggi, tra cui un'unica ragazza. Lei si impose di sceglierla a sua volta, ma in modo da evitare uno scontro diretto. Poiché lui continuava a scegliere personaggi maschili, decise di farne una sfida tra sessi e scelse tutti i personaggi femminili a disposizione, più un emulo di Bruce Lee, la versione in videogioco di Tigerman e quello che le sembrava il malvagio della storia, un tizio coi capelli sparati all'indietro dalle folte sopracciglia.

Alexander manteneva un atteggiamento neutro, ma Ami sapeva che stava sorridendo mentalmente dell'ingenuità delle sue scelte.

Lei si ripromise di farlo dolcemente a pezzi.

Iniziò il primo scontro.

Round 1. Fight!

Ami iniziò a calciare per aria, familiarizzando col personaggio. Il biondino di Alexander, in tuta rossa, non attaccava.

«Mi stai lasciando del tempo?»

«Dieci secondi. Per familiarizzare.»

Gli sarebbero stati fatali. Con la sua indianina dalle lunghe trecce, Ami testò la lunghezza dei salti, i comandi per calci e pugni, nonché una combo che scoprì sul momento.

«Sei pronta?»

«Fatti sotto.»

La galvanizzò vedere i due personaggi che si correvano incontro. Schiacciando la freccetta laterale verso il basso, fece scivolare la ragazza in avanti, mandandola a colpire con un calcio gli stinchi dell'uomo in rosso. Quello cadde in avanti, rotolando su se stesso.

Alexander raddrizzò la schiena, allerta. Senza pietà Ami gli stava già saltando addosso.

Se le diedero virtualmente di santa ragione.

I pugni del biondo forzuto toglievano un mucchio di energia alla sua barra della vita ogni volta che andavano a segno, ma la sua ragazza indiana era capace di girare su se stessa cambiando il piano del gioco, sfuggendo così agli attacchi e colpendo con calci laterali. Purtroppo, non servì a vincere il primo round.

Ami tornò a sedersi sulle ginocchia, stringendo forte il joystick.

Il personaggio le piaceva. Non doveva perderlo.

«Te la stai cavando bene.»

Era condiscendenza quella che sentiva nella sua voce? «Ti ho tolto l'80% dell'energia alla mia prima partita con questo gioco.»

Lui deglutì. «Infatti ho detto che sei brava.»

No, la stava trattando come una principiante. «La mia coordinazione mano-occhio mi dà una marcia in più ai videogiochi.»

Lui premette il tasto 'Start', per far andare avanti la schermata. «Non me ne hai mai parlato.»

«In modo da farti vedere quello che so fare il giorno in cui mi avessi sottovalutato. Le mie ragazze ti stracceranno.»

Round 2. Fight!

«Lo vedremo.»

Fu come se i personaggi sullo schermo si fulminassero con lo sguardo. Corsero l'uno incontro all'altro, colpendosi con calci che respinsero a vicenda. Ami adottò una tattica di sopravvivenza: attaccare quando la guardia dell'avversario era scoperta e familiarizzare con ulteriori nuove mosse del suo personaggio ogni volta che poteva permettersi di indietreggiare. Riuscì a creare una meraviglioso combo di attacco. Alexander arretrò, ferito, e la fortuna volle che una combinazione di tasti la mandasse in una giravolta controllata, sicuramente destinata a terminare in uno straordinario colpo finale. L'uomo biondo di Alexander - americano, a guardare il nome - aveva piegato il torso e sprigionava una luce crescente dalle braccia.

Oh, no.

Un istante prima che la sua ragazza indiana riuscisse a colpire, il personaggio di Alexander la abbatté via, lontano, con un poderoso attacco finale che prosciugò in un istante tutta la sua rimanente barra della vita.

K.O.

Ami fremette.

Da Alexander non giunse alcun commento.

Avevano concordato due partite a otto personaggi, si ricordò lei, pertanto avrebbe avuto modo di riutilizzare Michelle Chang e le sue mosse.

Il suo prossimo personaggio era una bionda vamp in tuta attillata viola.

«È un'assassina» la informò Alexander.

«Quello che mi ci vuole.»

Udì una risata. «Ti stai infiammando.»

Anche ad Ami sfuggì un sorriso. «Combatti.»

Le magnifiche gambe lunghe di Nina Williams la portarono lontano. Sfoderò calci a ripetizione, ritraendosi nel momento in cui l'americano di Alexander stava per colpirla. Ormai conosceva le sue mosse e la sua velocità. Nel momento in cui vinse il secondo round, fece un piccolo saltello.

Alexander sorrideva, piccato. «Ora ho capito come la usi.» Premette velocemente Start.

Lei era già pronta al nuovo scontro. «Dimostralo.»

Il suo nuovo avversario si rivelò un uomo dal volto mostruoso, munito di spada.

«In realtà Yoshimitsu è un ladro ninja.»

«Nina lo punirà.»

Alexander rise forte e impugnò con più decisione il joystick. «Non penso.»

Purtroppo andò in quel modo, ma non senza una strategia studiata: appena capì che stava per perdere, Ami ne approfittò per studiare nuove mosse del personaggio, in previsione della seconda partita a squadre.

«Non sembri dispiaciuta» commentò Alexander.

«Ho qualcosa in mente. Lo scoprirai.»

La nuova disfida la vide prendere possesso di una ragazza dai tratti giapponesi, vestita in maniera sorprendentemente casta rispetto agli altri personaggi femminili. Ad Ami piacque subito. In partita Jun Kazama non la deluse. «È fortissima» dichiarò mentre schiacciava i tasti per ottenere un calcio volante.

«Per questo l'ho scelta anche io.» Alexander si difendeva a stento.

Non parlarono più, impegnati a cercare di annichilirsi a vicenda. Jun ebbe la meglio, per un soffio.

Ami tirò un sospiro di sollievo.

Alexander si riappoggiò sui talloni. «Marshall Law mi vendicherà.»

Ami rise. Incrociò lo sguardo con lui e in lei si accese una scintilla di... qualcosa. Giocare le faceva quell'effetto.

«Jun è la migliore.»

«Marshall è stato creato per vincere.»

La sfida tra i due personaggi fu all'ultimo sangue. Ami perse il primo round e recuperò nel secondo. Nel terzo, iniziarono a farle male le dita per la velocità con cui premeva i comandi. A metà gara Marshall Law coinvolse Jun in una spirale di colpi devastante, da cui lei uscì viva solo per miracolo. Ami si impegnò a recuperare con le combo micidiali che aveva imparato. Funzionò, ma un attimo prima che sferrasse il colpo finale, Alexander riuscì a scappare e infliggerle un ultimo calcio. Bastò ad azzerare quel dieci per cento di vita che le era rimasto.

Mesta, Ami emise un lungo sospiro di delusione. Aveva perso Jun.

Accanto a lei non udiva battute di giubilo. Alexander era impietosito.

«Ehi» lo ammonì. «È una gara. Capita di perdere.»

«Mi dispiace che tu abbia perso un personaggio che ti piaceva.»

«Più tardi giocherò alla versione arcade e farò un torneo intero con lei.»

Alexander fece andare avanti il gioco. «C'è una cosa che ti farà ridere.»

«Hm?»

«Adesso hai Anna Williams. È la sorella di Nina. Presuntuosa, arrogante, vendicativa. Prova a premere questi tasti.» Glieli indicò sul joystick mentre il round iniziava.

Appena i personaggi furono liberi di muoversi, Marshall Law fece due passi in avanti, finendo per subire il colpo di Anna: un paio di schiaffi sdegnati in pieno volto, che gli fecero girare la testa a centottanta gradi.

Ami scoppiò a ridere.

Alexander si divertì con lei, contento.

«Ora basta sconti però.» Ami gli indicò il televisore. «È tempo di combattere.»

Con Anna non andò lontano: aveva delle limitazioni rispetto alla sorella Nina, inoltre Marshall Law era davvero molto forte. I creatori del videogioco gli avevano dato una marcia in più. Ma studiandolo bene...

La sua ultima ragazza fu Kunimitsu ed Ami la sacrificò per carpire ulteriori punti deboli di Law.

Col nuovo round arrivò il momento dello scontro diretto: lei e Alexander avevano lo stesso personaggio.

«Percepisco che vuoi vendicarti.»

«Sei intelligente.»

Alexander sorrise. Anche se ce la mise tutta, Ami non gli lasciò scampo: aveva imparato i colpi di Law tramite quello che aveva visto fare a lui e lo usò al meglio delle sue possibilità. Anche così, la sua vittoria fu una questione di fortuna, decisa nelle ultime percentuali di vita rimaste a entrambi.

Soddisfatta, Ami strinse il joystick. Era tornata in corsa per la vittoria finale.

«Anche io conosco i punti deboli di Law» le ricordò Alexander.

«Usali» lo incitò lei, preparandosi al nuovo scontro. Era tempo di affrontare Jun Kazama.

Fu un combattimento all'ultimo sangue, metodico e preciso: Ami si rifiutò di affidarsi alle mosse più efficaci di Law. Si adeguò all'abilità di Jun, colpendo solo dopo aver parato i colpi. Frustrato, Alexander cambiò strategia a due terzi della gara, ma a quel punto Ami ribaltò le carte in tavola e scatenò le giravolte del suo personaggio, senza dare tempo a Jun di reagire. Lei andò a terra. 

Alexander aveva socchiuso gli occhi, contrariato.

Ami si interessò della storia di Jun. «Chi è?»

«Un'agente della protezione ambientale esperta di arti marziali.» Alexander raddrizzò la schiena. Aveva appena scelto di smettere di fare il pigiatasti.

Fu il momento della sfida contro King, l'emulo di Tigerman. Ami studiò con grande attenzione le capacità del personaggio. In fondo, se avesse perso Marshall, le sarebbe toccato usare lui. 

Alexander non le diede filo da torcere nel primo round: lo usò per cambiare stile di gioco, testando la varietà di mosse di King. Ami non si lasciò ingannare e rimase attenta. Notò un sorriso appena accennato sul volto di Alexander e si preparò a dargli battaglia.

Fight!

Si ritrovò vittima di una combo e arretrò, parando per miracolo il colpo successivo. Rispose con una sua serie di colpi che furono tutti respinti. Saltò lontano, prima di venire di nuovo attaccata.

Rilasciò un ansito e mandò di nuovo alla carica Law. Il personaggio di Alexander la intercettò in aria, scaraventandola a terra. Non le diede modo di rialzarsi: la afferrò in una presa, capovolgendo Law e saltando con tutto il suo peso sulla testa del personaggio.

Ami emise un ghigno di dolore. Che brutto modo di morire.

Alexander saltò il replay ed ebbero modo di vedere King che emetteva un ruggito di vittoria.

«È un animale?» sorrise Ami.

«No, ma gli effetti sonori sono convincenti.»

E divertenti. «Chi era Law?»

«Un uomo onesto che voleva far soldi per mantenere la sua palestra e il suo ristorante. Purtroppo ora, dall'oltretomba...» Scosse la testa.

«Ehi. Non gongolare troppo.»

«Giusto. Ho ancora due personaggi da uccidere.»

Ma Ami non perdeva mai senza aver imparato qualcosa. Si ritrovò a manovrare proprio King, con una tuta che rispecchiava fedelmente il costume del Tigerman animato. La fece valere: da bambina aveva tifato anche lei per la vittoria dell'orfano Naoto Date. Sorprendendo Alexander, si appropriò delle abilità di King senza difficoltà, aiutata dal modo in cui il personaggio scattava veloce in avanti, da vero professionista del ring. Arrivò a copiare la presa che l'aveva sconfitta. Alexander si concentrò di nuovo e arrivò quasi a batterla, finché un calcetto agli stinchi lo mise K.O. Guardarono entrambi sorpresi la barra della vita di lui: era finita senza che se ne accorgessero.

Alexander la prese con filosofia. «Si muore anche in questo modo.»

Per i gusti di Ami, era troppo tranquillo. Che aveva in mente?

Il suo prossimo personaggio era un grosso robottone.

«Questo lo hai scelto perché non mi credevi capace» disse lei.

«Aspetta prima di giudicarlo.»

In effetti, la sua opinione risultò affrettata. Jack-2 era lento a muoversi, ma ogni suo pugno era un quintale di metallo che le toglieva un terzo dell'energia. Ami sudò freddo per tutto il combattimento. Vinse di nuovo, ma solo per un soffio.

Alexander appoggiò il joystick a terra. Incrociò le dita, stirando i tendini le braccia. «Ora faccio sul serio.»

«Parole.»

Si scambiarono un nuovo sguardo d'intesa, ognuno pronto a mettere l'altro alla prova.

Il nuovo personaggio di Alexander si chiamava Kazuya Mishima. Anche lei lo aveva selezionato, per ultimo.

«Lui partecipa al torneo per uccidere il padre.»

«Edipico» commentò lei.

«Non ci sono madri di mezzo. Heihachi Mishima lo ha gettato giù da un burrone. Pur di ucciderlo, Kazuya si farà possedere da un demone.»

Quando si diceva, 'essere divorati dal desiderio di vendetta'... Kazuya lo scatenò anche contro il suo personaggio. Aveva in dotazione un devastante calcio rotante che si muoveva su diversi livelli, oltre che una gambata che dall'alto verso il basso puniva con celerità l'avversario. Ami non riuscì a difendersi da un solo colpo. Colta di sorpresa, si ritrovò battuta prima di riuscire a reagire.

Perfect! la schernì il gioco.

Alexander non stava più nascondendo la sua soddisfazione.

Ami strinse le palpebre. «Questo è il tuo personaggio preferito, vero?»

«Sì. Quello che uso meglio.»

Ami inforcò il joystick con più decisione, sporgendosi verso il televisore. Era ora di dare il tutto per tutto!

Kazuya VS Kazuya.

«La sfida finale» dichiarò con voce teatrale Alexander.

«'Sta zitto.»

Per poco non si unì alla risata bassa di lui.

Fu esilarante essere al comando di Kazuya, così come lo era stato con Jun e Marshall. Riprodusse i calci che aveva subito, ed esaltata si difese con maestria dagli attacchi, al meglio delle sue possibilità. Aveva imparato molto in un quarto d'ora di gioco e rivaleggiò con Alexander alla pari.

Appena finì il primo round, a nessuno dei due importò chi avesse vinto. Fecero a gara a chi cliccava Start per primo, per andare avanti.

Il silenzio tra loro era assoluto, le loro menti concentrate sul videogioco.

Fight!

Fu un tripudio di tasti schiacciati. Ami si ritrovò a virare di lato col corpo, come per dare maggior spinta al personaggio. Si ricompose in tempo per parare un pugno, poi coinvolse l'altro Kazuya in una combo che lo mandò a roteare per aria quasi fosse senza peso. Alexander si rialzò immediatamente e non commise più errori. Entrambi riuscirono a inforcare serie poderose di calci e pugni, senza infliggersi alcun danno. Erano diventati superbi a leggersi a vicenda.

Ami saltò all'indietro con Kazuya, per prendersi un secondo e ragionare.

Con una mossa sciocca, Alexander tentò una spallata in corsa. Lei la schivò muovendosi di lato, ma lui non cadde in avanti. Si accucciò, cominciando a girare su se stesso. Si preparava a un colpo finale. Allerta, Ami si spostò di lato più volte, ma il vortice di Kazuya non smetteva di seguire i suoi movimenti. «No!» gridò, mentre un uppercut rovinoso la mandava a volare in aria, finendola.

«Sì!» proruppe Alexander, alzando i pugni.

Ami gettò la testa all'indietro.

Era stata battuta.

Fu scossa da una risata improvvisa, che la fece tremare su tutto il corpo.

Si ritrovò circondata da un braccio e ricevette un bacio veloce tra orecchio e mascella. «Sei stata grande!»

Ancora pervasa dall'adrenalina, lei riconobbe la natura del brivido che provò sui nervi del collo, sensibili per un tocco non dato, desiderato. Continuando a giocare, allontanò Alexander con una mano. «Cosa vuoi per premio?»

Lui la guardò con più attenzione. «Non vuoi fare la seconda partita?»

Lei scosse piano la testa. «Hai vinto tu.» Lo disse con più suadenza di quanto aveva inteso, ma non se ne pentì.

Alexander aveva colto l'implicazione nel suo tono. Rapito, per bisogno, iniziò ad accarezzarle la nuca, cercando di decidere a quale parte della sua immaginazione poteva dare voce. 

Lei non voleva che lui si mettesse limiti. Non dopo il modo in cui l'aveva perdonata per il suo errore di San Valentino, o dopo la pazienza che continuava a dimostrare ogni volta che erano lontani. Lei desiderava stare vicini almeno quanto lo voleva lui. Era ingiusto continuare a perdere occasioni per dimostrarglielo.

Si sollevò sulla ginocchia e, audace, gli circondò il collo con le braccia. «Ti verrà in mente strada facendo.» Lo baciò, dall'alto verso il basso, e si sentì... forte. Capace di lottare e di sostenere più energia del solito.

Non la sconvolse nulla della stretta in cui Alexander la avvolse. Si premette contro il suo petto, come voleva lui, ascoltando l'istinto.

Prima di spegnere il cervello, lo fece funzionare un'ultima volta. Si staccò con la bocca, ansimando. «Hai quello che ci serve, vero?»

«Hm?» mugugnò lui.

«I preservativi.» Solo dirlo ad alta voce la fece arrossire. Non se ne lasciò fermare. «Li hai portati?»

A occhi chiusi, lui stava strofinando la faccia contro il suo collo. Iniziò a baciarlo. «... nel portafoglio.»

Ami cercò con la mano la tasca posteriore dei suoi pantaloni, confusamente. Non trovò nulla.

Alexander sorrideva, il respiro veloce. «Sul comodino dell'entrata.» Si alzò, un movimento rapido che la sbilanciò all'indietro. Si tenne in piedi afferrandosi al braccio con cui lui l'aveva presa mentre già si muoveva verso l'ingresso.

Le piacque la poca delicatezza. «Ne hai sempre uno?»

«Lo preparo ogni volta che so di incontrarti.»

Dopo quella confessione, lui esitò un momento a voltarsi.

Ami si sentì... desiderata.

Quando si guardarono di nuovo, non sentì il bisogno di raggiungerlo.

La distanza creava una tensione sottile, piacevole. Lei la aumentò di un passo.

Notando il sorriso incredulo di lui, giocò e corse via.

La sua mente faticò a ricordarsi qual era la camera da letto. Appena ci arrivò, si girò e finì avvolta in un abbraccio. Tenne gli occhi serrati, lasciandosi sollevare e rispondendo al bacio.

Certo che voglio passare le vacanze con te. Tutto il mio tempo libero con te. E aveva amato tantissimo i fiori.

Sentì coi piedi il materasso e vi salì sopra, camminando all'indietro per lasciargli spazio.

Alexander tolse la maglia prima di raggiungerla. «Cos'hai?»

Ami fece sparire il dolore dal viso. «Non ti dico mai quello che penso. Sto studiando tanto per passare del tempo insieme durante le vacanze.»

Lui ne fu sollevato. «Lo so.»

«No, lo speravi.»

«Lo sapevo. Ti conosco.»

Ma un tempo lei era stata più spensierata e pronta nell'esprimergli il desiderio che aveva di stare con lui. Alexander stava per dire qualcosa, ma lei si sedette e non lo lasciò andare avanti. Se voleva dargli qualcosa, poteva cominciare smettendo di pensare.

Lo baciò con più intensità, quasi con foga, privandosi di freni. Lei era una combattente, come quelli che aveva fatto scatenare sullo schermo. Saggiò la pelle nuda di lui con le mani e sopportò con piacere ogni brivido: sentirsi spogliare era vergognosamente eccitante.

Tenne le palpebre chiuse per comportarsi come se fosse buio, nel momento in cui si dedicava solo ai sensi. Si godette i baci, il respiro caldo della sua bocca, il sapore. Tremò mentre immaginava quello che lui stava vedendo, ma se ne lasciò inebriare. Era un regalo totale quello che voleva fargli, il dono di non vederla più esitare.

Non cambiò idea quando si sentì sfiorare tra le gambe, ma si morse un labbro.

«Va bene?»

Annuì e tornò a baciarlo. Iniziò per prima a tirare giù gli slip, guidandosi con le mani. Manovrarono senza cura, perché fosse possibile sfilarli senza che lei smettesse di stargli sopra.

Ami si sedette a gambe aperte sulla sua mano, forse non per caso. Gemette in silenzio.

Nascose il viso contro la guancia di lui, stringendolo forte. 

«Ami...»

Ondeggiò contro le sue dita, stringendo i denti per le troppe sensazioni.

«Guardami.»

Rispose alla supplica per necessità, alzando la testa.

Vedere i suoi occhi le causò uno spasmo improvviso al ventre. Alexander aprì la bocca e con le dita fece quello di cui lei aveva bisogno, allinenandone due rigide all'apertura del suo corpo perché lei potesse spingerle dentro. Ami lo fece ripetutamente, senza controllo, soverchiata mentre moriva di un imbarazzo che rendeva il piacere più feroce, soprattutto nel sentire il respiro consapevole di lui sul collo, sulla faccia.

So good.

Tornò a chiudere gli occhi quando riuscì a fermare le ànche, ma Alexander non se ne lamentò. Tenendola per la schiena la fece sdraiare sul materasso, restandole sopra.

«That was the sweetest prize.»

Ami avvampò da capo a piedi e strinse più forte le palpebre. Indossava ancora la gonna! E lui i pantaloni!

Non per molto, comprese, quando lo sentì armeggiare con la cerniera.

«I want another.»

Un altro premio. Lei fu sul punto di spirare dalla mortificazione, ma non ne ebbe il tempo: Alexander stava strappando la confezione di plastica. Si sollevò, e colpita al petto dall'aria Ami si concentrò sul contatto tra le loro cosce e sul braccio che riusciva ancora a toccargli.

Si sciolse di nuovo, una seconda volta. Non doveva ergere barriere: non c'erano inibizioni, non in quel momento.

Resistette all'assalto di sensazioni dato dai loro corpi che si incontravano. Senza mai guardare, inarcò la schiena nel sentirlo entrare dentro di lei.

«Ti vergogni?»

Trovò la sua testa con le mani, sentendosi compresa dalla dolcezza della domanda. «Love me.» E spinse prima di lui, per inglobarlo più a fondo.

Non aveva bisogno di vedere. Lei sentiva, esisteva, risplendeva nella fisicità di quel legame. Conosceva ogni lembo di carne che toccava e sapeva tutto della mente a cui si univa. Imparava a conoscere se stessa con lui. 

Banalmente, in quel momento, apprese di nuovo quanto fosse sensibile a una stimolazione prolungata, incisiva e rapida, nella parte più interna del suo corpo.

Gli strinse i capelli e le sue gambe si mossero come se non le appartenessero più, circondandogli lascivamente i fianchi.

Oh my god.

Evaporò al picco di sensazioni, ma non col suo corpo. Quello rimase ancorato al letto e ad Alexander, a pulsare, spingere e tremare assieme a lui.

Ami si azzardò ad aprire gli occhi solo alla fine. Nel vedere il soffitto, allungò una mano sopra la testa e trovò un cuscino. Lo usò per nascondervi sotto il viso.

Stremato, Alexander si era sdraiato su un fianco. Sorrideva. «Cosa fai?»

Lei scosse la testa. Non lo so.

«Too much?»

«... sì.» Decisamente troppo.

«You offered.»

Fortunatamente non aveva più sangue da far arrivare alle guance. «Lo so.» Era stata lei a incitarlo.

Alexander la circondò con un braccio. «Ma era troppo.»

Ami sollevò il cuscino, per farsi vedere meglio. Non ebbe bisogno di parlare.

«Troppo, troppo presto.»

Presto?

Lui sorrise. «La prendo come un'anteprima, Ami love. Ma per il momento puoi stare tranquilla. Sono sedato.»

Lei emerse da sotto il cuscino. «Non mi pento, solo che...»

«I know. In questo caso hanno parlato meglio le tue azioni.»

Lei riuscì ad avere il coraggio di quello che aveva fatto. «Sì.»

Alexander si sorprese, poi si divertì. «Torno subito.» Allegro, scese dal letto.

Abbandonata sopra le lenzuola, Ami le tirò da dietro la schiena, cercando di ridarsi un contegno con un poco di più stoffa a coprirla. Riuscì a recuperare giusto un lembo, nemmeno sufficiente a fare un giro della sua vita.

Alexander tornò indietro. «Sei comica.»

«Sono imbarazzata.» Ma non voleva rinnegare tutto quello che era successo saltando sfacciatamente sotto le coperte.

«Ti copro io.» Le offrì un abbraccio che lei accolse con sollievo.

Pacata, Ami osservò la stanza. «È carina.»

«Ci sta giusto il mio letto e l'armadio. Per la scrivania dovrò prendere l'altra camera.»

Ami sorrise: ci sarebbe stato spazio per tutto se lui non fosse stato abituato a metrature tanto ampie.

Alexander la guardò. «Sono contento di venire a vivere qui. Finalmente sarà un posto mio. Qualcosa che mi sono guadagnato.»

Ami fu fiera di lui.

Lo abbracciò e non parlarono più.

Svegli, riposarono.

  

Inizio marzo 1997 - Videogiochi - FINE

  


  

NdA: Ho riletto tre quarti della storia, mentre per l'ultima metà sto andando a istinto, come Ami, e pubblico senza rileggere. Mi sento soddisfatta di quello che c'è nel testo, soprattutto per quanto riguarda lei, che finalmente si è sciolta un po'. Ma solo voi potete dirmi se lo avete percepito :)

 

Elle

 

Note di traduzione, che magari qualcuno ne ha bisogno :)

- So good = Così bello.

- That was the sweetest prize = Quello era il premio più dolce (ma non in senso tenero, quanto... gustoso).

- I want another = Ne voglio un altro.

- Oh my god = O mio dio.

- Too much? = Troppo?

- You offered = Hai offerto tu.

- I know = Lo so.

  

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