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Autore: Suncloud    10/10/2015    1 recensioni
Mia madre era strana. Lo era sempre stata, ma da quando mio padre era morto aveva cominciato a svanire anche lei. Era sempre più fredda, distante, vuota, come un corpo senz'anima. Mi aveva abbandonato. E adesso mi stava lasciando sul serio, per tre settimane nelle mani di quello che per me era un perfetto sconosciuto. Non sapevo neanche dove stesse andando, cosa andasse a fare, o chi fosse quel suo 'amico' che era comparso dal nulla. Ma in realtà non sapevo niente. Non potevo saperlo.
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Avvertimenti: questa storia è un po’ un frullato di tutti i miei pensieri perversi. È un po' horror, thriller, erotica, drammatica, storica a tratti, oltre che a sfondo sovrannaturale. E c'è un bel po' di schifo, mettetecelo in conto.
Genere: Introspettivo, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Tematiche delicate
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Behind the eyes - Rigor mortis


 

Il collo livido, le labbra cianotiche. L'acqua era ferma.
Era la prima volta che vedevo un morto.
Annegamento in una vasca da bagno, probabilmente suicidio. Delle pillole erano sparse a terra, sul marmo bianco. Il bagno era in ordine. Spazzolino e dentifricio inseriti in un bicchiere decorato, vetro senza macchie. Neanche uno schizzo d'acqua, o di sangue, o di vomito.
Era un corpo completamente nudo, maschile, magro e ossuto. I suoi capelli continuavano a galleggiare leggeri, mentre la testa era schiacciata sul fondo. Era esattamente come un manichino: immobile, rigido. Rigor mortis.
Ero immobile anch'io. Paralizzata di fronte a uno spettacolo che non avrei mai pensato di dover vedere, quel giorno. Certo, era peggio di un pugno nello stomaco, ma era quasi come se  ci avessi trovato qualcosa di piacevole in quella vista, mi sentivo quasi fortunata. L'aspetto della morte, in fondo, è sempre affascinante. Mi sembrava addirittura poetico.
 Sapevo che la mia era una reazione assurda, sbagliata, ma del resto era l'intera situazione ad essere troppo assurda per sembrarmi reale. Avrei dovuto urlare, o piangere, scappare per l'orrore. Oppure arrabbiarmi con mia madre. Al di là dello shock, quella era la stessa vita a cui lei era stata per affidarmi. Ad un suicida. Mia madre aveva pensato di lasciarmi nelle mani di un tizio che si era appena ammazzato.
Che bella cosa.
E adesso? Quale sarebbe stata la sua spiegazione? Com'era stato possibile che un ragazzo  'così simpatico, divertente, vedrai che stare con lui sarà come una vacanza'  si fosse già  fatto fuori?
Ma mia madre non si scompose. Il suo sguardo era gelido, più freddo del mio. Nei suoi occhi non trovai sorpresa, né rabbia, né delusione. Niente. Eppure lei lo conosceva.
Provò a spingermi fuori dal bagno - Non c'è bisogno che guardi -  ma io non mi mossi.  Che voleva fare?
Affondò le braccia nell'acqua e lo trascinò fuori dalla vasca, senza nemmeno rimboccarsi le maniche.
Un pezzo di carne congelata.
Quella vista mi riportò di colpo alla realtà. Quel ragazzo era morto. Morto sul serio. Non era un film, non era poetico. Era orribile.
- Mamma, ti prego... lascialo stare- ma continuava a guardarlo, a tastarlo, non mi sentiva neanche.  - Guarda che non gli puoi fare niente... ci metti solo nei guai... - sentivo che quello che stava facendo era disgustoso. Toccare un cadavere nudo, cercare di infilargli due dita in bocca, in gola.
 -  Mamma, smettila ti prego. Smettila!-
- Tu smettila di urlare. Esci e aspettami di là.- 
 E poi la mascella si aprì.
Un movimento brusco che però non fece rumore, un ingranaggio ben oleato.
Mia madre gli spinse l'intera mano in gola, più e più volte. Sarei stata io l'unica a vomitare. Il corpo rigido ed esile di quel ragazzo era evidentemente necrotico, mia madre era pazza.
Vomito.
C'era vomito nella vasca. Il cadavere aveva vomitato.
Vomitò acqua con uno spasmo. Boccheggiò in cerca d'aria. Spalancò gli occhi, si contrasse afferrando ossigeno.
Ero sconvolta. Non poteva essere vivo, era morto. Non era svenuto, era morto.
Mi allontanai. Andai in salotto, mi sedetti sul divano. Mi alzai di nuovo, quella non era casa mia. Era casa del cadavere. Alla fine tornai vicino alla porta che avevo chiuso.
Respiri affannosi. Un "perché " sussurrato da mia madre. Un fruscio in risposta.
Tornai in salotto, mi risiedetti. 'Non sono un medico, non so niente di medicina' continuavo a ripetermi. Forse un cadavere può vomitare, magari può espellere liquidi in eccesso. Era plausibile, dopotutto.
Ma non apre gli occhi.
 Un brivido mi attraversò fulmineo tutta la schiena. No, me li ero immaginati, quegli occhi. Stavo solo andando nel panico. Le palpebre erano rimaste serrate, per forza.
Feci un lungo respiro. Inspirai, espirai. Volevo andarmene da lì. Mia madre poteva anche restare a contemplare il suo amico morto da sola, a me serviva vivo. 
Raccolsi la borsa dalla poltrona color panna accanto al divano. Estrassi il cellulare: eravamo lì da più di venti minuti, era meglio andarsene sul serio. Chissà da quanto tempo era morto. Qualcuno avrebbe potuto essersi allarmato e aver chiamato la polizia, sarebbe potuta arrivare da un momento all'altro, e io non avrei mai voluto trovarmici in mezzo.
Finalmente mi decisi ad aprire la porta d'uscita. L'aria più fredda della scalinata da condominio mi invase i polmoni e, finalmente, riuscii a tranquillizzarmi, almeno un minimo. Avevo il visto il mio primo cadavere, mi autoconvinsi di aver fatto semplicemente una nuova esperienza. Prima o poi succede a tutti, no? Adesso era finita, potevo anche togliermela dalla testa.
- Annie, torna qui.- la voce di mia madre mi richiamò dall'interno dell'appartamento. Mi voltai per dirle che me ne andavo, e che avrebbe dovuto farlo anche lei.
E invece vidi il cadavere. In piedi. Vivo.
La sua pelle bluastra stava lentamente tornando bianca, gli occhi appannati, sonnolenti, erano fissi su di me. 
Il mio cuore perse un colpo, poi tornò violentemente a martellare impazzito nel petto.'I miracoli non esistono. Lui non può esistere. È un incubo, solo un incubo, un incubo'. Con le mani tremanti raggiunsi la ringhiera, scesi incerta i primi gradini. Volevo scappare ma non ne ero capace. Sapevo che era tutto vero, ma speravo che non lo fosse .
 La sua mano mi fermò, urlai. Cercai d'istinto di divincolarmi, ma mi girò e mi trattenne. Il mio cuore si congelò dal terrore, si ammutolì, e lo sentii rimbombare solo nella testa, pulsante. Venni a contatto con degli occhi che adesso erano vivissimi - Scusami. -  Mi circondò con entrambe le braccia, che ora erano avvolte in un caldo accappatoio - Tranquilla, sta tranquilla - non fu la sua stretta volutamente rassicurante a farmi restare, ma il suo sguardo. Mi aveva ipnotizzata. Continuando a guardarmi accennò un sorriso, dolcemente, sollevando appena le labbra ai lati, come se fosse normale, persino naturale, resuscitare dopo un annegamento. Vidi che mia madre dietro di lui sembrava una statua di cera, dritta, impettita come sempre, come un vigile.
Ero esausta. I miei nervi avevano ceduto all'impossibile. Mi lasciai trascinare dentro come una bambola di pezza, svuotata di ogni forza.

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Ok... uh....  Questo è l' inizo della prima storia che pubblico, e sono parecchio nervosa. So che forse non è un granchè, ma spero che almeno a qualcuno piaccia  ^_^'  Non abbiate paura a criticarmi, anzi, le critiche sono il miglior modo che ho per migliorarmi. Grazie per la lettura :*
   
 
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