Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Ryoredwarrior    12/10/2015    2 recensioni
Ci sono amicizie che nascono spontaneamente, guidate dalla naturale empatia, dal piacere di frequentare qualcuno che ci somigli, che abbia i nostri stessi gusti e il nostro stesso modo di vedere la vita. Poi ci sono quelle amicizie che iniziano arrancando, magari nate da situazioni imprevedibili e con persone che apparentemente non hanno nulla in comune con noi, ma sono quelle che se coltivate con cura sanno donarci molto. Come per l’amore, vivono di un sapiente gioco di equilibri e compromessi, anche a costo di ferirsi ogni tanto con qualche spina, sono i fiori più rari e preziosi che arricchiscono il nostro giardino.
Genere: Avventura, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Eren Jaeger, Jean Kirshtein
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Amicizia forzata

 

Correva veloce, ma il tempo era comunque più veloce di lui.

Era in ritardo, un ritardo terribile, si era lanciato nel corridoio della caserma a gran velocità infilandosi la giacca al volo. Aveva dormito pochissimo dopo la notte passata con il caposquadra Hanji, assecondandola nel suo ennesimo esperimento sulle sue capacità di Titano. Quella donna dalla tempra di ferro non dormiva mai, quando era presa dalle sue intuizioni niente e nessuno poteva fermarla.

Ad Eren, a dire il vero, inquietavano i suoi sguardi eccitati all’idea di poterlo sottoporre a qualche nuova prova, per confutare le sue strambe teorie. La prospettiva di fare la cavia da laboratorio, sebbene per nobili fini, non lo esaltava, anzi pensare di essere a completa disposizione di Hanji, spesso lo preoccupava, la follia e la ragione in quella donna camminavano lungo un filo sottile e dall’equilibrio precario.

Raggiunse il refettorio trafelato, mentre tutti gli altri suoi compagni stavano già consumando la colazione. Si aggirò tra i tavoli sperando che nessuno notasse il suo arrivo, invece si accorse di essere al centro dell’attenzione di Sasha e Christa che accompagnarono il suo ingresso con una serie di risolini, quei risolini che fanno parte di quella fitta rete di comunicazione femminile, chiara solo a loro, ma completamente oscura per qualsiasi maschietto nelle vicinanze.

Controllò il suo stato, certo non era impeccabile, ma la patta dei pantaloni era chiusa (cosa molto importante), la giacca era a posto, l’imbragatura era fissata, che c’era che non andava? Mikasa, che si era alzata dal tavolo per prendere dell’acqua, gli passò a fianco squadrandolo – Ti sei pettinato? –

Eh? Cosa?

Ness, annodandosi l’immancabile bandana sulla testa rincarò la dose – Mmh, qualcuno si è pettinato con le bombe a mano stamattina – disse uscendo all’esterno, ridendo tra sé e sé.

Eren realizzò osservandosi riflesso sul vetro della finestra, aveva un aspetto terribile, i capelli di solito lisci e ordinati erano quasi ritti sulla testa, chissà come diavolo si era addormentato. Per di più, profonde occhiaie bluastre circondavano i grandi occhi verdi, decisamente quella giornata non era iniziata nel modo migliore.

– Eren! – lo rimproverò Armin che stava deponendo il piatto vuoto – Sbrigati tra poco partiamo! –.

Lo so, lo so, maledizione.

Cercò di finire la colazione quanto più velocemente poteva, trangugiando il pane rischiando di strozzarsi, avvertendo su di sé lo sguardo di qualcuno che individuò all’istante: Jean.

L’alto ragazzo biondo, suo antagonista per eccellenza, vera croce e tormento, non perdeva occasione per sparare a zero sul nemico, stavolta approfittando del suo palese ritardo, lo fissava con insolenza – Ecco la nostra “Diva”, dormito bene? Magari stava aspettando la colazione a letto, invece di unirsi a noi poveri plebei – lo puntava diritto negli occhi appoggiato mollemente al tavolo con le braccia conserte sputando sarcasmo velenoso.

Jean sapeva bene dove e come colpire. Il soldato Eren Jaeger era tristemente noto per avere la miccia corta, bastava veramente poco per accenderlo, Connie che si stava dirigendo fuori sussurrò – Dai Jean, smettila…–.

Stronzo, dacci un taglio, non è giornata.

Con notevole sforzo Eren cercava di ignorarlo concentrandosi sulla colazione, ma l’altro non demordeva, evidentemente aveva un solo scopo in mente: litigare.

– Stanotte ci siamo dati il turno di guardia tutti quanti congelandoci le chiappe là fuori – incalzava il biondo – Naturalmente abbiamo fatto i doppi turni, visto che QUALCUNO se ne stava al calduccio a giocare al dottore -.

Era troppo, quella giornata iniziata così male stava prendendo una piega decisamente funesta, in una frazione di secondo Eren si era alzato in piedi rovesciando a terra la sedia, lanciandosi verso Jean e afferrandolo per il bavero della giacca – Senti idiota – sibilò tra i denti fissandolo con lo sguardo più truce del suo ricco repertorio – Non ho voglia di litigare con te per queste cazzate, dovresti già essere con gli altri invece di stare qui a rompermi, quindi togliti dai piedi! – le ultime parole gli uscirono dalle labbra come un ringhio.

Jean che ormai era abituato alle minacce del suo nemico abituale, gli afferrò il polso sfidandolo con lo sguardo – La verità è che tu hai sempre un trattamento di favore, quando invece, nessuno si accorge che sei solo un dannato psicopatico incapace, non sei utile a ness…– .

Non riuscì a terminare la frase, un sinistro ben assestato di Eren l’aveva colpito con forza alla mandibola, facendolo volare sul tavolo. Il ragazzo biondo si riassestò a fatica, pulendosi il rivolo di sangue che gli usciva dall’angolo della bocca con il dorso della mano. Lo detestava, si lanciò verso Eren cercando di colpirlo prima al volto, ma l’altro intuendo la mossa lo schivò, poi andò a segno con un gancio allo stomaco, facendo piegare in due l’avversario.

Intorno a loro intanto si era creato il solito capannello d’incitamento, chi tifava per Jean e chi per Eren, in realtà il siparietto della zuffa tra i due, all’ora dei pasti, era quasi un’abitudine ormai, c’era anche chi raccoglieva scommesse, se non in denaro, in piccoli favori – Se vince Jean mi rifai il letto per una settimana! -.

L’adrenalina e il testosterone viaggiavano a ritmi folli nel corpo di Eren , così come il battito accelerato del cuore, che minacciava di schizzargli dal petto. Gli avrebbe fatto saltare i denti davanti stavolta… una fitta lancinante spense velocemente i suoi ardori di combattente, il capitano Levi attirato dal trambusto, era piombato nel salone afferrando Eren per un orecchio – Che cazzo sta succedendo qui! – ringhiò tirando forte l’orecchio del ragazzo che si lamentava sillabando improperi muti a fior di labbra, Jean saggiamente terrorizzato dall’ufficiale, che sapeva avere modi alquanto persuasivi, rispose prontamente – Ci perdoni signore, era solo una scaramuccia, stavamo scherzando -.

Levi continuando a mantenere la presa del malcapitato, che si contorceva come una torpedine presa all’amo, squadrò il biondo con il suo solito sguardo vacuo e inespressivo, inarcando leggermente il sopracciglio destro – Mi prendi per il culo forse? Vi stavate azzuffando come due galli da combattimento, sempre voi a fare casino, mi sono rotto, adesso vi sistemo una volta per tutte – finalmente lasciò andare Eren che aveva il volto rigato da lacrime di dolore.
Un brusio si sollevò dagli spettatori, che all’arrivo di Levi, si erano magicamente zittiti e per metà dileguati. Sapevano che le minacce dell’ufficiale non erano mai a vuoto.
– Ma dai, sono ragazzi! – una voce squillante da dietro la prima fila fece girare tutti quanti. Una sola persona poteva aver avuto l’ardire di contraddire Levi, il caposquadra Hanji si infilò tra le reclute – Si sa come sono a questa età, sono carichi come molle ha ha ha ha! – concluse ridendo sguaiatamente, come suo solito, poi si avvicinò ad Eren – Povero tesoro che faccia sciupata! – gli accarezzò la guancia – In parte è colpa mia spero che tu non abbia preso freddo a stare seminudo in quel seminterrato! –.
Il ragazzo avvampò vistosamente per la vergogna e la frase scatenò l’ilarità generale. Le battute di dubbio gusto sulle attività notturne del caposquadra e la sua giovane cavia, fecero velocemente il giro del salone.

Il capitano Levi, in mezzo ai due litiganti, li osservava accigliato – Oggi ve ne starete qui a pulire la caserma da cima a fondo, latrine comprese, dovrà brillare come uno specchio –.
Eren e Jean avevano già dipinto sul volto lo scoramento più totale, quando Hanji avanzò verso di loro – Io ho un’idea migliore – estrasse dalla cintura un paio di manette di metallo che chiuse ai polsi dei ragazzi, il destro ad Eren il sinistro a Jean, incatenandoli assieme.

I due la fissarono attoniti aspettandosi un minimo di spiegazione razionale, la donna si sistemò gli occhiali sul naso dandosi un contegno – Uno dei principi fondamentali della squadra ricognitiva prevede di rispettare ed avere cura dei propri compagni, come membri di una grande famiglia – alzò il dito al cielo recitando – " I vostri compagni saranno il vostro sostegno e voi per loro, senza la più totale fiducia e coesione non sarete in grado di far fronte a nessun nemico", ragion per cui ora - mentre un ghigno satanico si era impossessato di lei, concluse – Convivendo forzatamente, direi per almeno due giorni, credo che sarete più propensi a cambiare atteggiamento l’uno verso l’altro – detto questo si gonfiò il petto d’orgoglio, gongolando per quella che le sembrava una trovata geniale.

– Cosa?! – Jean strabuzzò gli occhi – Non può farmi questo caposquadra! Preferisco pulire la caserma – e inviò al capitano Levi il suo miglior sguardo da cane bastonato.
Eren sottolineò brontolando – Io non ci sto con questo qui fianco a fianco per due giorni! Ma stiamo scherzando?!? –. 
Il capitano girò i tacchi – Bene, e sia, mi sembra un’ottima soluzione –. Poi passando vicino ad Hanji, si lasciò sfuggire in un sussurro – Sei diabolica -.

 

I due prigionieri forzati erano in piedi, nel mezzo del cortile della caserma, osservavano l’armata prepararsi per la spedizione e avevano il morale sotto la suola degli stivali. Non osavano nemmeno guardarsi in faccia, la situazione era oltremodo imbarazzante, nemmeno se li avessero messi alla gogna, o lapidati sulla pubblica piazza del palazzo reale, avrebbero provato una tale vergogna. Oltretutto legati a quel modo sarebbe stato impossibile partecipare alla missione e utilizzare il movimento tridimensionale, erano doppiamente beffati e inutili.

– Beh che fate lì in piedi come due spaventapasseri? – Hanji li aveva raggiunti armata di tutto punto pronta per la battaglia – Salite sul cavallo, forza, non penserete di stare ad oziare qui tutto il giorno?! .
I due si scambiarono uno sguardo allibito.
– Ma signore, non possiamo cavalcare così! – Eren alzò il braccio mostrando l’incriminato oggetto di tortura, costringendo Jean a fare altrettanto.
– Potete cavalcare su un unico cavallo, tanto non siete due pesi massimi, forza muoversi! –. Con sommo sgomento si resero conto che stava parlando sul serio: salire a cavallo? Condurlo cosi? Pareva un’impresa impossibile.

Purtroppo per loro quello era un ordine e si videro costretti ad eseguirlo. I primi dieci minuti furono impiegati per capire come riuscire a salire, tra le varie contorsioni possibili girando intorno all’animale e formulando ipotesi. La parte più difficile invece fu decidere chi dovesse stare davanti e chi dietro.
– Io non ci sto dietro di te – protestò Eren – Mi fa schifo! Devo pure tenermi stretto, sto io davanti –.
– Imbecille, non sei mancino come fai a tenere le redini, devo starci io davanti! –.

Andarono avanti così per altri dieci minuti, quando si accorsero che tutti si erano già messi in marcia. Alla fine, salmodiando e brontolando Eren si convinse, e dopo incredibili manovre degne di uno spettacolo circense, riuscirono a montare a cavallo e a seguire il resto del plotone.

Naturalmente erano il fanalino di coda, per quanto Jean fosse un abile cavaliere, galoppare a quel modo non era per niente semplice. Il passeggero dietro, dal canto suo aveva il suo bel da fare per mantenersi saldo, stringendo il più possibile le ginocchia al cavallo, perché aveva una braccio infilato sotto a quello del compagno e l’equilibrio della coppia era decisamente instabile.

– Cerca di tenerti stretto dannato, non voglio rischiare di cadere! – gridò Jean che era furioso e frustrato per la situazione, in fondo aveva detto la verità, Eren possedeva la capacità di trasformarsi in un gigante, per questo era considerato prezioso, una risorsa importante da proteggere, ma le poche volte che aveva messo a disposizione la sua forza di Titano per l’esercito, qualcosa era sempre andato storto. Era solo un ragazzino rabbioso a cui era capitato suo malgrado un potere più grande di lui, che non era neppure in grado di controllare a dovere, non era una risorsa, ma un tremendo impiccio, forse anche un pericolo.

Come preventivato dagli schemi di tattica impartiti dai superiori, l’armata si divise nelle posizioni strategiche, ala destra e sinistra per gli avvistamenti, corpo centrale e retrovie.
– Fermati! - ordinò improvvisamente Eren al conducente della cavalcatura.
– Che c’è? Che hai? – rispose Jean seccato.

– Ti ho detto di fermarti! Me la sto facendo addosso, devo pisciare! –. 

– Cosa?! E non potevi farla prima di partire? –.

Jean fermò il cavallo, ovviamente dovette scendere con Eren e accompagnarlo nella “missione”.
 – Dove stai andando per pisciare torni in caserma? – brontolò il biondo seccato.
 – Cerco un cespuglio – rispose Eren che si guardava intorno, mentre il resto della compagnia si allontanava.
 – Maledizione datti una mossa, cosa c’è, non lo trovi? L’hai perso? – lo punzecchiò Jean –.
Eren era già piuttosto nervoso, mentre armeggiava cercando di spostare le cinture dell’imbragatura, che gli passavano davanti al bacino – Non è mica facile con una mano sola e poi girati mi da fastidio se mi fissi! –.

Assurdo pensò Jean che si girò con la schiena contro quella del compagno. Proprio in quel momento, il cavallo che se ne stava tranquillo a brucare l’erba, alzò la testa di scatto drizzando le orecchie nervoso, in un secondo partì al galoppo terrorizzato, allontanandosi a gran velocità nella brughiera.

– Stupida bestia torna qui! – gridò Jean che partì al suo inseguimento incurante del fatto se Eren avesse espletato o meno del tutto le sue funzioni fisiologiche.

– Ma sei impazzito?! Dove corri! – gli gridò l’altro che stava cercando di sistemarsi alla bell’e meglio, trascinato suo malgrado nel recupero del cavallo fuggiasco.

Jean affranto iniziò a fischiare cercando di richiamare il quadrupede che stava scomparendo ormai all’orizzonte – Maledetto, chissà che gli è preso! –.
Eren intanto stava cercando di ricomporsi – Non mi stupisce che sia una bestia stupida, in fondo è il tuo cavallo! –.

 

Poche frasi al vetriolo e i due erano di nuovo sul punto di azzuffarsi, quando la terra tremò pericolosamente, mostrando loro la causa della fuga del cavallo: un gigante enorme, classe almeno dodici metri, dal ghigno inquietante. Era appena uscito dalla boscaglia che avevano alle spalle, diretto verso di loro. Chiaramente quest’ultimo imprevisto cambiò decisamente la priorità del momento, facendoli fuggire insieme a gambe levate.

– Non possiamo farcela – ansimò Jean mentre cercavano di nascondersi in mezzo ai rovi – Siamo a piedi e pure legati, siamo fottuti! - . 

Eren non rispose tenendo gli occhi fissi sul gigante che si stava avvicinando, improvvisamente senza staccare gli occhi dal mostro si portò la mano libera alla bocca, il compagno capite le sue intenzioni gli afferrò la mano – Sei impazzito? Vuoi trasformarti? Non hai il permesso per farlo!-.

– Non abbiamo scelta, ci ucciderà di sicuro, è l’unico modo per sopravvivere –. 

– Ma se non riesci neanche a controllarti! Non è sicuro – Jean gridò in preda al panico.

Eren era serio, lo fissava negli occhi con uno sguardo duro e affilato, in quel momento non sembrava lo stesso ragazzo irascibile che poco fa aveva sfoderato i pugni per una lite banale.

– Fidati di me, devi fidarti, non abbiamo scelta –.

Jean deglutì e lentamente lasciò andare il braccio di Eren, che prontamente si portò la mano alla bocca mordendola con forza, fino a farla sanguinare.

Il gigante ormai li aveva raggiunti allungando la mano enorme sopra alle loro teste, Jean gridò – Lo sapevo! Non funziona! – ma non fece in tempo a finire la frase che una potente scarica elettrica rimbombò, crepitando nella pianura e l’aria si riempì di effluvi di vapore denso e caldo creando una fitta nebbia.
Jean avvertì un forte strattone al polso ammanettato, finalmente era libero, la catena che lo legava al compagno si era spezzata; in mezzo a tutto quel fumo emerse uno scheletro enorme, immenso, che andava componendosi con una precisione affascinante e orribile, trabecole, ossa, costole e vertebre si incastravano velocemente, per poi venire ricoperte dai tendini e dal fasciame muscolare. Il Titano Eren era completo, in tutti i suoi pericolosi quindici metri di potenza, manifestando la sua presenza con un richiamo. Spalancò l’enorme bocca dentata, ed emise un urlo tanto forte e penetrante, che Jean fu costretto a chiudersi le orecchie con le mani.

Il gigante all’apparizione del mostruoso antagonista perse interesse per l’umano e si diresse verso il Titano attaccandolo, cercando di affondare i denti nei suoi potenti muscoli.

 

Caldo. Ho caldo. Non vedo nulla, non riesco a muovermi, mi sento come se qualcosa mi trattenesse a terra, tutto è così pesante, non capisco.

Soffocare... mi sento soffocare, devo fare un respiro... argh, dolore, cos’é... qualcuno, qualcosa mi ferisce, mi sta facendo del male, cerca di farci del male… Jean!

 

Eren vide Jean ai suoi piedi, un piccolo umano minuto che cercava di difenderlo in qualche modo, aveva sparato l’arpione uncinato nel corpo del nemico, ma senza riuscire a ferirlo in modo importante. In un lampo gli fu tutto chiaro, come risvegliatosi improvvisamente da un lungo sonno, afferrò con forza il braccio del gigante avversario, piegandolo al contrario, fino a spezzarlo con un rumore secco, simile al tronco di un grosso albero.

Il mostro inebetito fissò per un momento il braccio inerte, poi si scagliò nuovamente contro il Titano mutaforma, che stavolta però, pronto alla controffensiva, con un pugno poderoso alla base del collo gli spezzò di netto le vertebre cervicali.
Jean si lasciò andare gridando e agitando le braccia esaltato – Vai così Eren! .
Il colosso nemico piombò al suolo per rimanerci, mentre il Titano Eren si accasciò sulle ginocchia, evidentemente doveva aver subito ferite profonde, perché lentamente anche lui scivolò a terra.

Jean lasciò passare qualche minuto poi si avvicinò prudentemente ad Eren, e ora? Cosa doveva fare? Il suo compagno era ancora vivo? Doveva farlo uscire da quella immensa massa di muscoli…
Si arrampicò sulla schiena del Titano fino ad arrivare vicino alla nuca, dove sapeva di trovare l’anfratto che custodiva il corpo dell’amico, estrasse la spada mentre ripeteva febbrilmente le istruzioni del corso militare: Un taglio netto, alla base del collo, lunghezza un metro, profondità dieci centimetri…un metro…dieci centimetri…devo cercare di non andare in profondità, solo per farlo uscire, non devo ferirlo, non devo..

La mano gli tremava, praticò un affondo secco e riuscì a squarciare lo strato superficiale della spessa pelle del gigante, fino ad intravedere il corpo di Eren inglobato nel fasciame muscolare che lo tratteneva. Tirò con forza cercando di estrarlo, non gli restò altro da fare che tagliare le fasce e i muscoli, sperando di non danneggiare l’ospite umano che non rispondeva ed era presumibilmente svenuto. Una volta liberatolo, Jean girò Eren, e appoggiò un orecchio al suo torace, il battito era molto debole, il corpo era completamente inerte mentre sul viso comparivano striature rosse simili a bruciature.
– Eren! Eren! Dai idiota rispondimi! Non puoi morire hai capito! –. Jean singhiozzava in preda allo sconforto, cercando di scuoterlo nel tentativo di farlo rivenire. Aveva il volto rigato di lacrime si sentiva malissimo, solo, disperso in quella landa desolata, che fine ignobile!
Un tocco sulla spalla lo fece sobbalzare, tra il velo delle lacrime si voltò e riconobbe il caposquadra Hanji, con un manipolo di uomini e dietro di lei, il capitano Levi, che osservava la scena con il volto tirato.
– Stai tranquillo, adesso ci occupiamo noi di Eren va bene? – Hanji gli rivolse quelle parole con straordinaria dolcezza, intanto Levi aveva sollevato Eren sul cavallo di soccorso – Io vado a raggiungere il carro – disse e partì a cavallo portandosi dietro il ferito.

 

Era già da qualche ora che Jean misurava a grandi passi il corridoio di fronte alla stanza dove riposava Eren, quando la porta si aprì.
– Puoi entrare adesso – Hanji gli sorrise mentre lui varcava la soglia con lo sguardo cupo. Eren era seduto sul letto, pallido e con una vistosa fasciatura intorno alla testa, però era lucido e sveglio. Fissava il compagno con i grandi occhi verdi e gli cadde l’occhio sul braccio fasciato al collo di Jean – Allora non sono l’unico ad essere passato sotto le grinfie di Hanji – sorrise debolmente.

Il biondo abbassò lo sguardo imbarazzato – Mi dispiace per quello che è successo e… e anche per aver detto che il tuo aiuto è inutile. Non mi ero reso conto di cosa volesse dire trasformarsi in quel modo, solo quando l’ho visto con i miei occhi ho capito, sono stato uno stupido.

Eren distolse lo sguardo ancora più imbarazzato – Nemmeno io mi sono comportato in maniera esemplare –.
Dopo qualche secondo di silenzio Jean estrasse dalla tasca la manetta spezzata che era stata al suo polso – La vuoi sapere una cosa divertente? – disse ad Eren che lo osservava incuriosito – Quella donna folle non aveva chiuso le manette a chiave –. 

– Cosa?! – rispose l’altro sbigottito – Vuoi dire che abbiamo fatto tutta quella fatica e potevamo liberarci in qualunque momento? –.

– Già, bastava solo controllare –.

Si guardarono negli occhi per un istante per poi scoppiare entrambi a ridere di gusto.

Ci sono amicizie che nascono spontaneamente, guidate dalla naturale empatia, dal piacere di frequentare qualcuno che ci somigli, che abbia i nostri stessi gusti e il nostro stesso modo di vedere la vita. Poi ci sono quelle amicizie che iniziano arrancando, magari nate da situazioni imprevedibili e con persone che apparentemente non hanno nulla in comune con noi, ma sono quelle che se coltivate con cura sanno donarci molto. Come per l’amore, vivono di un sapiente gioco di equilibri e compromessi, anche a costo di ferirsi ogni tanto con qualche spina, sono i fiori più rari e preziosi che arricchiscono il nostro giardino. 

 

 

   
 
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