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Autore: miseichan    13/10/2015    5 recensioni
“Il numero è proprio lì! Come potrei non chiamarlo? È come quei grossi pulsanti rossi con scritto ‘non premere’, hai presente?”
“Quei pulsanti che di solito innescano poi l’autodistruzione?”
“Esattamente! Allora chiamo.”
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Richiamo del Muro

 

 

 

“Lo chiamo.”
“No.”
Devo chiamarlo, Ra. È un imperativo morale. Categorico, forse? Morale o categorico? Diamine, dovrei dare una ripassata a Kant.”
“No.”
“A Kant?”
Rahsaan si limitò a scuotere la testa e Luigi si lasciò sfuggire un ghigno.
“Il numero è proprio lì! Come potrei non chiamarlo? È come quei grossi pulsanti rossi con scritto ‘non premere’, hai presente?”
“Quei pulsanti che di solito innescano poi l’autodistruzione?”
“Esattamente! Allora chiamo.”
“Quale parte di autodistruzione non...”
Luigi avviò la chiamata. 

 

~

 

“Pronto?”
“Ivano Iossa?”
“Sì. Chi parla?”
“Oh, mio Dio! Incredibile. Il numero è giusto, non ci credo!”
“Chiedo scusa? Ci conosciamo?”
“No, assolutamente. Mai incontrati prima. Io sono Luigi, molto piacere. È solo che dovevo chiamare, capisci? C’è un intero muro dedicato a te, amico. Un muro! Non è cosa da poco, no? Così mi sono detto: ‘chi se ne frega? Premiamolo quel cazzo di pulsante!’. Certo, non mi aspettavo...”
“Co-cosa?” balbettò Ivano, ricordandosi di respirare per la prima volta da quando aveva risposto.  “Un muro? Che pulsante? Di cosa diavolo stai parlando?”
“Dimentica il pulsante. Concentrati sul muro: un’intera parete dedicata a Ivano Iossa. C’è il tuo nome, il tuo numero, tutto. Disegni, commenti, critiche... i disegni specialmente sono strabilianti: un’attenzione ai particolari da lasciare a bocca aperta. Non ne sapevi niente?”
“Dove?” ringhiò Ivano, ignorando le occhiate preoccupate dei passanti. 
“Palazzo Savoia, bagno del pian terreno. Proprio affianco all’aula di Storia Contemporanea, hai presente? Come facevi a non esserne al corrente?! Quasi ci speravo, sai? Giusto per poter essere io a darti la magnifica notizia. Comunque, c’è un’intera sezione dedicata interamente al tuo sedere. Hai sul serio una voglia viola appena sotto la chiappa sinistra?”
“Cazzo!”
“È un sì o un no?”
“Non lasciar entrare nessuno, sto arrivando.”
“Ci sono poesie sul tuo sedere,” sospirò Luigi. “Poesie, ti rendi conto? Cioè, non so se mi spiego, mi sono imbattuto in parecchi bagni pieni di graffiti, okay? Ho visto cose che voi umani non potete nemmeno immaginare. Questo, però? Questo è...”
“Chi può essere stato?”
“Oh, non ne ho idea. Qualcuno ovviamente ha dato inizio al tutto, ma posso assicurarti che in molti si sono uniti per portare avanti l’opera. È stato uno sforzo collettivo.”
Ivano guaì, accelerando il passo. 
“Ti sei commosso? Dovresti, davvero. Ti sei fatto conoscere parecchio, eh? Posso... posso scrivere qualcosa anch’io?”
“Ti è dato di volta il cervello?”
“Oh, ti prego. Ho questo disperato bisogno di partecipare. È più forte di me, è come se mi stesse chiamando,” ridacchiò Luigi. “È il richiamo del muro.”
Ivano alzò gli occhi al cielo e percorse gli ultimi metri di corsa; si fermò davanti al bagno, prese un bel respiro, quindi si sforzò di bussare con una calma che decisamente non aveva. 
La porta si aprì pochi secondi dopo, mancandogli la faccia di una manciata di centimetri.
Una mano gli afferrò la camicia e lo trascinò di peso nel bagno. 
“Sei qui!” trillò Luigi, squadrandolo allegramente. “Ivano Iossa in carne e ossa. Mi sento svenire, santo cielo. È come incontrare una leggenda. Non ti senti mancare anche tu, Ra?”
Ivano si svicolò dalla presa, chiuse la chiamata per evitare l’effetto stereo e fissò lo sguardo su Luigi: scarpette da ginnastica, jeans talmente stretti da sembrare una seconda pelle e una maglietta a mezze maniche con un panda ubriaco disegnato sopra. Portava una sciarpa. In Giugno.
Ivano inarcò un sopracciglio e per la prima volta lo guardò in faccia. Oh. 
Deglutì, sforzandosi di non perdersi nel più bel paio di occhi verdi che avesse mai visto. 
“Chi è lui?” tossì, indicando il ragazzo alle spalle di Luigi. 
“Lui è Ra. Il mio Christopher Turk personale.”
“Non è razzista, solo idiota,” sospirò Rahsaan, carezzandosi la pelata. “Gli avevo detto di non chiamarti. Tutto inutile. Voi italiani non sapete ascoltare.”
“Studente Erasmus?” 
Rahsaan annuì. “Vengo dal Kenya. Credo che resterò,” aggiunse con un mezzo sorriso. 
“Per le grandi opere d’arte che abbiamo da offrire,” approvò serio Luigi. 
“Mio Dio, non era uno scherzo di pessimo gusto?” gemette Ivano. 
Luigi gli mise un braccio attorno alle spalle e lo scortò verso la parete più lontana: “Ta dà!” canticchiò, saltando sul posto. 
Ivano pietrificò. 
“Dovresti firmarlo, sai? Dargli la tua approvazione. Benedizione. Far vedere che Ivano Iossa è stato qui. Fra voi comuni mortali. Ivano esiste ed è fra voi.”
“Quello è il mio sedere,” singhiozzò Ivano, sordo alle parole dell’altro, incapace di allontanare lo sguardo dalla riproduzione del suo fondoschiena.
“Realistico, vero? La voglia ce l’hai oppure no?”
“Il mio sedere,” ripeté Ivano. “Il. Mio. Sedere.”
Luigi incrociò le braccia al petto, un sorriso malefico a piegargli le labbra. “Hanno scritto un’ode sul tuo sedere. ‘Sodo quanto una pera, fa invidia alla popolazione intera;’”
“Oh, mio Dio!” uggiolò Ivano, dando le spalle alla parete. 
“Ehi, non sono neanche arrivato a metà!”
“Chi può essere stato? Chi cazzo ha pensato che questa fosse una buona idea? Io... e se fosse uno stalker? Qualche malato di mente? Se ci stesse guardando anche adesso?!”
“Wo, ehi, no,” spalancò gli occhi Luigi. “Con calma. Non ci sono minacce di morte, qui. Qualche critica costruttiva, certo, ma per lo più sono commenti positivi.”
Rahsaan piegò il capo di lato, studiò l’espressione disperata di Ivano e fece discretamente segno a Luigi di continuare a parlare. Luigi si strinse nelle spalle e ubbidì.
“Ha dei capelli morbidissimi,” cominciò a leggere, il tono sognante. “Quando sorride sento quasi il bisogno di indossare gli occhiali da sole. Fare l’occhiolino dovrebbe essergli vietato dalla legge. È un perfetto esemplare da riproduzione. Le monetine da dieci centesimi gli rimbalzano sul culo che è un piacere. Sa fare un giochino con la lingua che...”
“La vuoi smettere?!” scattò Ivano, ruotando rapidamente su se stesso. 
“Il popolo si è espresso,” ridacchiò Luigi, le mani sollevate arrendevolmente. “Hai reso tante persone felici: sei come un Babbo Natale del sesso.”
Rahsaan scosse la testa e si avvicinò. “Chi credi che ha cominciato?”
“Ottima domanda!” squittì Luigi, annuendo freneticamente. “Chi ti odia a tal punto? No, anzi, capovolgi: chi ti ama a tal punto da sentire il viscerale bisogno di inciderlo sul muro di un bagno?”
“Chi ha il tuo numero?” intervenne saggiamente Rahsaan.
“Uh, questo molto probabilmente restringe il campo di ricerca,” sogghignò Luigi. 
Ivano scorse nuovamente il muro e sospirò. “Serena.”
“Brutta rottura? Del tipo ‘presto o tardi ti strapperò i gioielli di famiglia’ o ‘preferisco strapparmi gli occhi che rivederti’?”
Ivano arretrò di un passo, basito. “Del tipo ‘non sapevo ti piacessero anche i ragazzi, stai lontano da me per favore’.”
“Giochi in tutte e due le squadre?!” cinguettò Luigi estasiato. “Lo sapevo che alcuni di questi commenti non potevano aver senso altrimenti! Oh, cielo, ecco cosa significava la terza poesia! Ci stavo perdendo la testa quando bastava aggiungere all’equazione un...”
“Dobbiamo cancellare tutto.”
Luigi chiuse la bocca. 
Rahsaan serrò le labbra con aria tristemente rassegnata. 
“Chiamo qualcuno e gli dico che...”
“Che cosa?” s’informò Luigi candidamente. “Che c’è un’intera parete in un bagno piena di elogi al tuo culo? Sarà una conversazione interessante.” Realizzò ciò che aveva appena detto e scoppiò a ridere. “Io l’ho gestita egregiamente, dì la verità. Vediamo tu di cosa sei capace, Mr. Chiappe Sode.”
“Non puoi chiamare,” borbottò Rahsaan. “Almeno tu ascolta.”
Luigi si passò le mani fra i capelli. “Okay. Lo ridipingiamo noi, allora.”
“No,” risposero Rahsaan e Luigi in contemporanea. 
“Non puoi essere serio,” continuò Luigi, poggiandogli le mani sulle spalle. “È di un’opera d’arte che stiamo parlando. Non possiamo cancellarla. Va tramandata ai posteri.”
Ivano sollevò lo sguardo. Dannatissimi occhi verdi. “No.”
“Perché no? Hai paura della fama? Guarda che ormai è tardi per quello.” Con un cenno del capo indicò la parete e le tante, troppe, maledette scritte. “Dovevi pensarci prima di farti buona parte del corpo studentesco.”
Rahsaan annuì e si accese una sigaretta. 
Ivano aprì la bocca per dirgli che era vietato ma perse le parole a metà strada. “Non mi sono fatto buona parte del corpo studentesco,” borbottò fulminando Luigi. 
Luigi schioccò la lingua, palesemente scettico. “Che poi, la vera domanda è: hai un criterio? Voglio dire, segui un qualche ordine? Alfabetico, regionale, sessuale... mi sento escluso, oh. Non dirmi alfabetico. A che lettera sei arrivato?”
“Non è così!” sbottò Ivano, colpendolo senza forza sul braccio. 
“Non sto giudicando,” sorrise Luigi, sgraffignando la sigaretta dalle dita di Rahsaan. “È semplice curiosità, credimi. Vuoi favorire?” 
Ivano fissò la sigaretta. Quindi il muro. Sigaretta. Muro. Luigi. 
Ivano afferrò la sigaretta. “Cazzo.”
“Voglio anch’io un muro in mio onore,” mugugnò assorto Luigi, dando di gomito a Rahsaan. “Stavo pensando al bagno dell’ultimo piano. Ra, lo cominci tu per me?”
Rahsaan accese una seconda sigaretta. 
“E se diventasse virale?” chiese Ivano con voce strozzata. 
“L’herpes?” aggrottò le sopracciglia Luigi. 
“Cosa?”
“Cosa cosa?”
“Il muro! Se qualcuno lo fotografasse e le foto finissero su internet e... la nonna,” scosse la testa, il terrore negli occhi. “Mia nonna ha appena scoperto Google. Non... la nonna, no!”
Luigi annuì e estrasse un pennarello indelebile dalla tasca. 
Ivano dimenticò l’attacco di panico imminente. “Lo porti sempre in tasca? Ti sembra normale?”
“Non sai mai quando ti può servire,” fece spallucce Luigi. “E poi è perfetto per le battute alla ‘è un pennarello o sei solo felice di vedermi?’, hai presente?”
Rahsaan annuì con aria saputa. 
Luigi tolse il tappo al pennarello. “Firma.”
“Neanche morto.”
“Firma, firma, firma, firma, fiiiiiirma!”
“Ho un nipote di otto anni che è più maturo di te.”
A Rahsaan andò il fumo di traverso.
“Devi firmare,” insisté Luigi. “È un tuo obbligo. Pensa a Kant.”
“Sta delirando,” commentò Ivano guardando Rahsaan.
Rahsaan continuò a tossire. “Come sempre.”
“Ascoltami.” Luigi puntò il pennarello contro il petto di Ivano. “Devi firmare e renderlo ufficiale. Non ne senti il bisogno? Se non lo fai non dormirai più come si deve. Il muro verrà a tormentarti anche in sogno, non lo capisci? È il richiamo del muro. Devi firmarlo. Devi farlo e chiudere il cerchio. Uh, c’era un film horror che aveva una trama del genere, non è vero?” Abbassò la voce, rendendo il timbro profondo: “Il cerchio va completato.”
Ivano gli strappò il pennarello di mano.
Luigi spalancò gli occhi, incredulo. 
“Sto firmando. Non voglio più sentire una parola.”
Rahsaan e Luigi si posizionarono alle sue spalle senza distogliere lo sguardo dal muro. 
Ivano si accovacciò e s’impegnò a scrivere sfarzosamente il suo nome. Proprio lì, sotto l’ode al suo sodissimo culo. “Ecco. Contento?”
Luigi si asciugò una lacrima inesistente. “Sono commosso.” 
Rahsaan annuì, la sigaretta fra le labbra e il cellulare in mano. Ammiccò in direzione di Luigi. Ivano guardò entrambi, perso. “Adesso cosa?”
“Servizio fotografico,” annunciò Luigi come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Sistemò un braccio attorno alla vita di Ivano e posizionò entrambi con le spalle alla parete. 
Ivano non provò nemmeno ad opporsi. 
Rahsaan cominciò a scattare foto. 
“Mi sento un uomo-oggetto,” borbottò Ivano. 
“Spostiamoci,” lo ignorò Luigi. “Ne voglio una con il tuo sedere accanto alla tua faccia.”
“Come no.”
“Sarà un perfetto sfondo. Io, lui e il suo sedere.”
Rahsaan continuò a scattare. 
“Uh, e una con la tua firma! Sai, per far vedere che è tutto vero e ufficiale.”
“Più che normale,” annuì Ivano. 
“E pensare che se avessi dato ascolto a Ra non lo avresti mai scoperto,” sospirò Luigi. 
Ivano si girò a guardarlo, studiandone l’espressione comicamente seria. “Non ho parole sufficienti per ringraziarti.” Luigi si girò a sua volta, assottigliando lo sguardo. “Stai pianificando il mio omicidio, non è vero?” 
Ivano sorrise candidamente. “Omicidio? Oh, no. Sarà un incidente, credimi.”
Luigi deglutì e tentò inutilmente di trattenere un sorriso. 
Rahsaan sogghignò e scattò. “Perfetta.”

 

 

~

 

“Pronto?”
“Ho ceduto, Ivano. Il richiamo era troppo potente.”
Ivano gemette e chiuse gli occhi. “Hai ancora il mio numero? Perché?”
“Oh, ti prego. Lo so a memoria, ormai. Non è questo il punto. Ascoltami. Il tuo muro mi chiamava, okay? Qualcuno potrebbe dire che era solo il bisogno di fare pipì, ma ti assicuro che no, era il muro. Così sono tornato nel bagno e l’ho fatto.”
“Non lo voglio sapere, davvero. Cancella il mio numero e...”
“L’ha già fatto Rahsaan.”
“Cosa?”
“Dopo che te ne sei andato, l’altro giorno. Mi ha rubato il pennarello e ha annerito il tuo numero. Mossa molto assennata quando ci ripensi, eh.”
“Ringrazialo da parte mia.”
“Sì, sì, ma ci stiamo allontanando dal punto! Shh!”
Ivano si morse le labbra per non ridere. 
“Come stavo dicendo: sono tornato nel bagno e ho dato il mio contributo. Tre stelle.”
“Prego?” 
“Ho aggiunto il mio commento.”
“Tre stelle?”
“Già,” rispose Luigi. Ivano avrebbe giurato di poter sentire il sogghigno. 
“Tre stelle su cinque.”
“Ovviamente.”
“Perché...” si bloccò giusto in tempo. 
“Oh, no, chiedimelo ti prego! Chiedi, chiedi, chiiiiiedi.”
Ivano sospirò. “Perché non cinque?”
Il sogghigno era ormai assordante. 
“Non sono nella posizione adatta a esprimere un giudizio,” spiegò Luigi, serio come non mai. “Non ho abbastanza elementi per poter...”
“Caffè degli Artisti fra venti minuti?” lo interruppe Ivano. 
“Porterò il pennarello.”

 

 

 

 

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