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Autore: saccuz    13/10/2015    1 recensioni
In un universo in cui magia e scienza convivono, un bambino proveniente dagli estremi confini della Galassia, in possesso di poteri che non credeva di avere, crescendo, dovrà riuscire a trovare il suo posto in essa, a qualunque costo.
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1 capitolo corretto il 22-12-2014
Genere: Fantasy, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'Universo Inquieto'
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Alast era in piedi.
Non era nel suo letto, anzi, il suo letto non sapeva neanche che fine avesse fatto. Si guardò il corpo, alla ricerca della solita tunica rossa da novizio. Al suo posto vide dei vestiti color ocra, dal tipico taglio unisex, di scadente produzione industriale. Conosceva quei colori fin troppo bene. Erano i vestiti che portava la maggior parte della gente a casa sua, là nella colonia.
La colonia… Di scatto volse lo sguardo intorno a se, colto da una tremenda consapevolezza. Improvvisamente fu avvolto da un frastuono assordante. Urla di dolore, terrore, frustrazione, rabbia; boati di esplosioni, sibili di fucili al plasma si spandevano tutto intorno a lui, dando voce alle terrificanti immagini che vedeva. Vide sua madre cadere di nuovo, crivellata dai colpi, suo padre venire vaporizzato da un’esplosione, Laren inciampare e venire calpestato dalla folla. Istintivamente chiuse gli occhi e urlò. Ma non appena la sua voce lasciò la bocca, tutto intorno a se si fece silenzio. Alast si fermò, riaprì gli occhi e di fronte a lui vide i cadaveri dei suoi conoscenti, dei genitori, di Laren, di Karid, poco più in là riconobbe il piccolo corpicino di Fena, tutti senza vita, scomposti a terra, con i vestiti ancora rossi per il sangue fuoriuscito dalle ferite. Al centro di tutto c’era Lui. Non riusciva mai a capire chi o cosa fosse quell’essere, ma ne capiva benissimo le intenzioni. Senza perdere tempo si mise a correre, mentre un bollente raggio rosso gli passava sopra la testa. Corse, corse, corse, senza mai fermarsi, inseguito dalla voce del pirata, mentre la stessa arma che aveva ucciso le persone a cui teneva, tentava di uccidere anche lui. Corse, saltando le pareti distrutte delle case, aggirando macerie dal colore vagamente rossiccio che ingombravano le strade. D’improvviso si ritrovò a correre circondato dai muri bianchi a cui era abituato sulla Terra. Svoltò gli angoli che conosceva a memoria, oltrepassò la mensa, vuota come non mai; schizzò oltre il giardinetto dove era solito incontrarsi con Fena, saltò la panchina (che si era misteriosamente materializzata davanti ai suoi piedi) dove da un po’ di tempo si trovava con Karid per chiacchierare. Corse fino a che non sentì i polmoni brucare, e poi continuò. Svoltò per angoli mai esistiti né visti, corse lungo scale inesistenti, sempre più incalzato dai raggi del fucile del pirata. Infine gli i parò davanti la porta della sua camera, in cui si buttò a capofitto, chiudendo la porta. Subito si accorse dell’errore, non sarebbe potuto andare più da nessuna parte, era in un vicolo cieco. Istantaneamente la porta della stanza venne abbattuta, e il vano della porta venne completamente occupato dalla figura del pirata, che, dopo averlo fissato con un ghigno soddisfatto, premette il grilletto.
 
Alast si svegliò di colpo, con la fronte coperta di sudore e il cuore che palpitava rapidissimo nel petto.
Si rizzò a sedere, con il fiato corto e il terrore negli occhi. Impiegò un intero minuto prima di riacquisire il controllo su di se, riappoggiando il capo sul letto.
Alzò gli occhi verso il soffitto, vedendo confermata la teoria che era sicuro fosse vera: era piena notte.
Rinunciando a riprendere sonno (cosa che sapeva che non sarebbe comunque accaduta), si alzò e, dopo essersi vestito della consueta tunica rossa, uscì dalla sua camera.
Essendo perfettamente conscio di stare violando una delle principali e basilari regole della struttura, non andare in giro di notte, schermò istantaneamente la sua mente dall’esterno.
Iniziò a camminare, lasciando che i suoi piedi lo guidassero meccanicamente attraverso quei corridoi che, dopo anni e anni di abitudine, ormai conoscevano a memoria, fino al giardino che aveva attraversato di corsa nel sogno. Il suo luogo di ritrovo abituale con Fena. Con pochi passi arrivò davanti al gigantesco e contorto ulivo che troneggiava nel centro del piccolo giardino e con un paio balzi giunse fino alla biforcazione dei rami dell’albero, dove si distese, respirando la tranquillità del giardino di notte. Lasciando che i suoi sensi si allargassero per tutto il giardino, colse la presenza di miriadi di insetti, ognuno preso nelle sue opere. Lentamente, beandosi di questa calma, chiuse gli occhi è sprofondò in un sonno senza sogni.
 
«Bene bene, ma cos’abbiamo qui!!»  la voce, incredibilmente energica e squillante, benché segnata dal passare impietoso del tempo, rimbombò violentemente nella testa del ragazzo, il quale, svegliandosi di soprassalto, perse l’equilibro e cadde rovinosamente dall’albero.
«Accidenti Fena! Ti sembra questo il modo di svegliare la gente?» disse Alast, rialzatosi in piedi e massaggiandosi la spalla sulla quale era caduto.
«Rispetto ragazzino, rispetto! E ringrazia che ti ho trovato io e non il custode… La tua mente è invisibile, ma altrettanto non si può dire per il tuo corpo…»
«Ma si può sapere che ci fai in giro a quest’ora, Maestra?»
«Potrei farti la stessa domanda, caro il mio allievo, ma nel tuo caso credo di conoscere già la risposta… Incubi?»
«Già…»
«Beh, per una volta almeno sono stati moderatamente utili!»
«Utili??» rispose Alast incredulo, poiché era capace di definire i suoi incubi con qualunque aggettivo, fuorché “utili”.
«Sì, utili. Mi hanno risparmiato la fatica di venirti a svegliare nel tuo dormitorio.»
«Venirmi a svegliare?»
«Sì, venirti a svegliare, e smettila di ripetere ogni mia frase. Credi che vada in giro per i corridoi a notte fonda per puro sfizio? Non sono mica te!»
«Ma cosa c’era di così urgente da venirmi a chiamare ora?» chiese il ragazzo, mentre in cuor suo iniziava a farsi strada una remotissima speranza.
«Beh, da quando qualche anno fa hai toccato per la prima volta la rete universale hai fatto progressi rapidissimi ed eccezionali. Dopotutto era solo questione di tempo…»
«Davvero Fena? Non mi stai prendendo in giro? E’ magnifico! Stupendo! Fantastico! Grazie mille Fena!»
«Frena frena, l’esame per diventare mago non è una passeggiata.» disse la vecchia, con uno sguardo evidentemente compiaciuto.
«Fena, è fantastico! – la interruppe il ragazzo, mentre la bolla di speranza gli esplodeva nel petto – Ma ancora non capisco, come mai venirmi a cercare in piena notte? Me lo avresti potuto dire domattina.»
«Mica pensi che la navetta possa aspettare i nostri comodi!»
«Navetta? Vuoi dire che l’esame si svolgerà fuori dalla Terra?»
«Gli esami che sostenuto fin’ora avevano come obiettivo testare la tua conoscenza, su vari livelli, della magia. Suddetti esami si sono sempre svolti nell’ambiente sicuro e protetto dell’accademia, qui sulla Terra. Ma un mago molto raramente si muove all’interno di questa struttura, anzi, trascorre la maggior parte del tempo all’esterno, dove eventi imprevedibili accadono continuamente, e dove la rapidità di decisione e di reazione è vitale. Quindi è giusto che la tua idoneità venga testate nell’ambiente in cui ti ritroverai ad operare. E questa notte il consiglio mi ha comunicato che si è verificata, in una zona della galassia, una situazione ideale per il tuo esame.»
«Di che cosa si tratta?!»
«Quanta fretta. Ti spiegherò tutto con calma una volta sulla navicella. Troviamoci alle cinque e trenta davanti all’hangar 3. Vedi di non tardare.» L’ultima raccomandazione, aggiunta con tono ironico, venne accolta da una risata lontana mentre Alast si dirigeva di corsa verso il suo dormitorio.
Non aveva un minuto da perdere.
Mentre sfrecciava nei corridoi semi deserti, popolati soltanto da qualche raro apprendista, avvolto nella tunica bianca, che si dirigeva in mensa, avvertiva dalle camere i rumori tipici del risveglio.
Senza attendere un altro istante allargò la percezione della sua mente, cercando e trovando il suono della mente di Karid, la cui melodia indicava chiaramente lo stato di sonno in cui ancora si trovava. In qualsiasi altro momento Alast avrebbe scosso la testa, pensando a quanto fosse meritata la fama di ritardataria che aveva quella ragazza. Ma quello non  era un momento come gli altri, per cui Alast inviò un roboante messaggio alla mente della ragazza:
«Hei Karid, sveglia!»
Il ragazzo avvertì distintamente l’interruzione delle melodie del sonno, prontamente sostituite da una sequela di insulti, subito schermata dalla giovane.
«ALAST! – il suo nome gli rimbombò violentemente nella testa, mentre sfrecciava verso il proprio alloggio – ma che diavolo fai! Ti rendi conto di che ore sono?!!»
«Ciao Karid. Sì, l’ora in cui gli studenti normalmente si svegliano…»
«Non mi avrai mica svegliato per discutere dei miei orari, vero?»
«No infatti, ti ho svegliato per salutarti, sto partendo!»
«Partendo? E per dove?»
«Non ne ho idea, Fena non ha voluto dirmi molto sul mio esame!»
«Stai per diventare mago? Congratulazioni Alast! – poi aggiunse, con un tono diverso – bene, ora ti saluto, vado a vestirmi, già che mi hai svegliato, tanto vale approfittarne. A presto Alast.»
«D’accordo… A presto Karid.»
Nonostante il dialogo mentale avvenisse in tempi estremamente rapidi, il ragazzo era giunto davanti alla porta della sua camera, in cui entrò senza esitazione l’instante successivo.
In meno di dieci minuti Alast era nuovamente nel corridoio, ormai decisamente più pieno di vita, con in spalla uno zaino a paradosso spaziale, che permetteva di riempirlo molto più di quanto ci si sarebbe potuti aspettare dall’esterno.
 
Rapidamente raggiunse l’hangar 3, il cui nome già di per se provocava una notevole scossa di adrenalina. Perché se infatti gli hangar 1 e 2 erano dedicati rispettivamente alle navette planetarie e alla flotta da guerra, il 3 era l’approdo riservato ai vascelli interstellari.
Giunto davanti alle enormi porte pressurizzate di colore grigio scuro che separavano l’hangar dai corridoi interni, Alast si guardò intorno, alla infruttuosa ricerca del mantello grigio di Fena.
Al posto della donna (la quale non era, come lui, in anticipo di venti minuti), trovò invece ad attenderlo una figura slanciata vestita di rosso, con dei capelli biondi ricci lunghi fino alle spalle che incorniciavano un delicato viso olivastro, impreziosito da due grandi occhi dalle iridi quasi nere. Occhi che, non casualmente, lo stavano fissando.
«Ciao Karid!»
«Alast…» disse la ragazza, spostando il peso sui due piedi
«Non dovresti andare a lezione? È quasi ora..»
«Vorrà dire che farò tardi…»
«Come al solito»
«Come al solito…» disse quella mostrando un lieve sorriso.
«Sei sicura che vada tutto bene Karid?»
«Oh sì, magnificamente…»
«Non si direbbe!»
«Beh, no… È solo che volevo salutarti di persona prima di partire… Sai, il fatto è che questi viaggi possono durare anche settimane e portare gli esaminati fino all’altro lato della galassia… E spesso poi quelli che lo passano non tornano neanche sulla Terra, ma vengono assegnati direttamente ad altre sedi distaccate… Insomma, potremmo non vederci per un po’ e quindi volevo… come dire, cioè, fare in modo che tornassi, prima o poi!» e, senza attendere oltre, senza alcun preavviso, ridusse a zero la distanza fra lei e Alast…
 
«E allora ragazzo mio?! Vogliamo tornare in noi? – la voce energica di Fena fece uscire di colpo il ragazzo dai suoi pensieri – eccellente! Ora, caro allievo, lascia che ti dia un suggerimento, non serve a niente schermare la mente dalle intrusioni esterne se poi la tua faccia parla più di un libro aperto!»
«Ma Fena, io, nel senso, cioè…»
«Siamo stati giovani tutti carissimo! Forza adesso, vogliamo entrare in questo hangar 3 oppure no?! Le navicelle non aspettano!»
E detto questo la Maestra aprì le porte, che scivolarono lateralmente sibilando.
Con il cuore in gola Alast entrò nell’hangar.

Angolo dello "scrittore" (o per meglio dire del tipo che di cui vi ritrovate a leggere gli orrori):
E dopo lungha attesa, infiniti paitimenti e profondissimi ripensamenti, ecco qui un nuovo capitolo di questa storia che, se continuo con questo ritmo, non finirà per il prossimo secolo!
Come al solito vi invito a farmi sapere cosa ne pensate nei commenti...
Spero di non far passare altri sei mesi prima del prossimo capitolo!
A (spero) presto!
Saccuz
   
 
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