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Autore: Dungeon    13/10/2015    1 recensioni
Ciò che Dan desidera di più al mondo è di vivere una vita normale, poter fare le proprie scelte e di sentirsi libero da quello che ha dentro di sé. Si sente oppresso dalla realtà in cui ha sempre vissuto ma è certo di poterne fare a meno e rifugiarsi però nella specie che non gli appartiene, gli umani, e diventare uno di loro.
Ma l'arrivo di Wesley e del suo branco non lo aiuteranno a portare a compimento il suo piano.
Anzi, la vita di Dan comincerà a farsi ogni giorno più complicata, trasformandosi in una fuga incessante dal ragazzo che non ha fatto altro che causargli guai dal primo momento in cui si sono incontrati. Lo stesso ragazzo che lo incastrerebbe nella sua vera natura per sempre.
E tutto perché quello che desidera Wesley è proprio Dan.
{ Questa storia è una boyxboy, ciò significa che contiene atti più o meno espliciti fra due ragazzi. Se il tema trattato vi disturba in qualche modo vi invito a non leggere. Grazie! }
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dan’s POV.
 
 
Delle voci si fanno spazio nella quiete del mio dolce riposo. Prima in lontananza, poi sempre più vicine, finché la porta viene aperta con un colpo secco e dei passi pesanti mi rendono consapevole di ciò che sta per accadere. Una mano forte mi viene appoggiata sulla spalla ed inizia a scuotermi, strappandomi da quell’ultimo residuo di dormiveglia da cui mi stavo facendo teneramente coccolare.
 
‹‹ Dan, alzati subito. Se fai tardi anche oggi non sarà qui a casa che pagherai le conseguenze. Non credo tu voglia restare a scuola fino alle sette di stasera e se anche fosse il contrario, sappi che non sarebbe normale. ›› mi fa mio padre, dandomi due schiaffetti sulla guancia per assicurarsi che io mi sveglia.
 
Grugnisco.
 
Come avrei fatto, comunque, a rimanere addormentato ancora a lungo? Le voci che sento da fuori si fanno sempre più forti, ed ora che sono lucido riesco a capire che sono le mie sorelle, che non riescono ad acquietarsi nemmeno a quest’ora indecente di mattina.
 
‹‹ Amore, la colazione è pronta! ›› questa è mia madre, sì. Il suo tono dolce mi farebbe sorridere in qualsiasi altro momento, ma non in questo, perché il risveglio è il picco critico della giornata.
 
‹‹ Dan, forza! ›› mi fa mio padre, la cui presenza nella stanza mi era sfuggita di mente per qualche istante. Forse non sono lucido quanto credevo, ed in effetti la vista mi si sta annebbiando di nuovo, ma poi le coperte mi vengono brutalmente strappate via da dosso e, oltre alla tristezza di dover lasciare il caldo giaciglio, si aggiunge una sensazione di freddo che si espande in tutto il corpo, lasciandomi in balia di un brivido che mi percorre da capo a piedi. ‹‹ Alzati, prima che tua sorella decida di non accompagnarti. ›› mi fa, uscendo dalla stanza. ‹‹ E no, anche se è mia resposabilità di genitore, non le impedirò di farlo! ›› esclama dal corridoio, e sono certo che stia tentando di simulare un sorrisino maligno.
 
E grugnisco di nuovo.
 
Mi alzo e mi vesto, senza perdere tempo, prima di barcollare verso la cucina. Sono sicuro di avere un aspetto orribile, e le facce delle mie sorelle me ne danno la conferma.
 
‹‹ Non voglio farmi vedere con lui. ›› geme Lily, squadrandomi da capo a piedi ancora una volta.
 
‹‹ Non ci interessa cosa vuoi tu. ›› le faccio, strisciando i piedi fino ad arrivare a mia madre, che abbraccio da dietro, chiudendo gli occhi. ‹‹ Buongiorno, mamma. ›› sussurro, e so che sta sorridendo. E’ così ogni mattina.
 
‹‹ Tesoro, io e tuo padre abbiamo fatto ristrutturare la casa, anni fa, per avere due bagni e far in modo che la mattina riuscissimo a lavaci tutti come si deve. Non avere timori, la saponetta è proprio accanto al lavabo. O il bagnoschiuma, se ti senti temerario, lo trovi sul ripiano nella doccia. ›› mi dice lei, spegnendo il gas sotto la padella e girandosi per stringermi, ridacchiando.
 
‹‹ Ah-ah, come mai tutti così simpatici stamattina? ›› borbotto, lasciando mia madre e sedendomi al tavolo.
 
‹‹ Almeno mettiti del deodorante! ›› si lamenta Clary, accanto a me, storcendo il naso.
 
‹‹ E fallo subito, che ce ne stiamo andando. ›› mi intima Lily, alzandosi.
 
Ed emetto già il terzo grugnito della giornata, sono davvero fiero di me stesso. Almeno per far vedere vado in bagno e mi metto quel dannato deodorante. Il fatto che una mattina non mi lavo non significa che puzzo. Forse, e questo quelle teste bacate che continuano a fare vita sociale in cucina non lo capiscono, non riesco a trovare l’utilità di strofinarmi una saponetta addosso se già profumo di rose.
E poi me ne accorgerei se avessi bisogno di una doccia. In fondo ammetto che non mi importa niente della mia reputazione nel branco, ma di mantenerla a scuola sì che mi interessa.
 
‹‹ Ci viediamo più tardi! ›› dico ai miei, dopo essere passato per camera a recuperare la cartella, uscendo sulla veranda per raggiungere le mie sorelle che sono già in macchina. Lungo la strada mi preoccupo di recuperare un pancake, almeno, visto che non mi hanno dato nemmeno il tempo di fare colazione. Intanto mi siedo dietro, trovando Clary già nel posto del passeggero, finendo il mio magro pasto nell’attimo stessso in cui mi richiudo la portiera dietro di me.
 
‹‹ Quando ti decidi a lasciare quella scuola e trasferirti alla nostra? E’ solo una scocciatura. Dobbiamo arrivare così lontano ogni mattina e non puoi nemmeno frequentarti sempre con i tuoi amici perché dobbiamo accompagnarti ogni santa volta. Mi spieghi che convenienza ci trovi in tutto ciò? ›› brontola Lily al volante, cominciando a mettere in moto. Un attimo dopo già sta sfiorando i sessanta all’ora, la sua guida sportiva non si smentisce mai.
 
‹‹ Il piacere di farti fare venti chilometri per accompagnarmi e sapere che da lì dovrai farne altri venti per arrivare alla vostra scuola di certo è impagabile. ›› le rispondo, posizionandomi proprio al centro dei sedili per permettere loro di vedermi sorridere con fare trionfante.
 
‹‹ Sì, certo, come no. ›› continua lei, scuotendo il capo. ‹‹ Vai pure avanti così, Dan, ma ormai hai sedici anni, tempo quattro anni e lei ti troverà comunque, se non prima! Sia se frequenti la scuola degli umani che se frequenti quella dei licantropi, ed in più la seconda è a cinque minuti di macchina, quindi. ››
 
Sbuffo, lasciandomi scivolare contro lo schienale, senza nessuna intenzione di portare avanti questa conversazione per l’ennesima volta. Sì, okay, lo ammetto, il motivo sta proprio là e va a toccare il mio punto debole. Non sarò il più grande fan di tutto questo fatto dei licantropi – anche se non posso negare di essere stato uno sfegatato componente del team Jacob quando avevo dodici anni, ma quello è un periodo da dimenticare – ma con un lupo dentro si nasce e dire che la normalità non ti va bene è una cosa ma volerne trovare una soluzione ne è un’altra, quindi sono bloccato e costretto a seguire le tradizioni e, più che altro, ad esserne vittima.
 
Vivere in un branco, inoltre, non rende le cose più semplici. Lupi solitari ne esistono sempre: assassini spietati, pazzi, incompresi, qualcuno alla ricerca d’autonomia e di una pace che, come mi hanno spiegato più volte, da soli non è possibile raggiungere. La pace è dove il branco vuole. Il problema è che di branchi ce ne sono a mio parere troppi, ma nessuno autonomo dall’altro.
 
Il mio è sempre stato un gruppo molto fortunato ma la sventura prima o poi colpisce e la pace è stata rotta nel momento in cui pochi mesi fa il nostro alpha è morto, portandosi con se la sua Luna e il beta. Il lutto è stato devastante per tutti, ma non per me. Non fraintendetemi, non sono un insensibile, solo poco interessato. Il nostro alpha era vecchio e solitario, ciò che tutti pensavano negli ultimi tempi è che avrebbe abbandonato il branco e avrebbe scelto di diventare un omega, ma la sua morte è stata ben più coraggiosa e di un’eroicità immeritata: morire in un combattimento quando si appartiene al branco più pacifico dello stato. Trovo la cosa ironica, ma forse è solo il mio innato scetticismo a guidarmi.
 
Ma comunque, la guerra per conquistarci è durata a malapena una settimana, ed è stata vinta da chi speravamo riuscisse a farcela. L’unico motivo per cui due branchi si sono battuti per averci è un semplice fattore di spazio, la nostra riserva è una fra le più grandi ed acquisire un nuovo branco non ci porterà problemi. Inoltre, il capo di questo branco porta con se un alpha di terza generazione, e ciò dà una grande sicurezza visto che nella nostra riserva è nata da poche settimane una bambina che è destinata a diventare alpha di quarta generazione.
 
Ma tutto questo fatto non mi piace per niente. Essere un licantropo è subirne le tradizioni significa una sola cosa durante l’adolescenza: l’imprinting. Cioè trovare un compagno. Ma non un compagno che scegli tu, non sia mai, ma uno scelto da Luna, la dea. Non puoi niente contro la sua decisione e si è predestinati a questa persona per sempre, da sempre.
 
Io, con onestà, non ho nessuna voglia di trovare la mia compagna. Conosco tutti nel mio branco attuale e non ho avuto l’imprinting con nessuno, fortunatamente, ma questa fusione di branchi farà arrivare più di duecento nuovi licantropi alla riserva e niente mi assicura che fra di loro non ci sia lei. E lo sento il mio lupo, lui sa che lei arriverà. Non nascondo lo spavento, è solo una sensazione, il mio lupo non mi parla mai.
 
Le mie sorelle me l’avranno ripetuto un milione di volte “puoi cercare di fuggire quanto vuoi, Danny, ma se si è destinati significa che prima o poi la incontrerai. Se per scappare arriverai in Cina e ti sentirai al sicuro, non preoccuparti, lei sarà lì per caso, forse, e non te ne libererai mai più” con esempi finali più o meno diversi ogni volta, ma il succo resta quello.
 
Il problema non è la compagna in sé per sé. Voglio formarmi una famiglia in futuro e avere una persona accanto per tutta la vita, ma vorrei poterla scegliere.
 
Mio padre dice che questa è una cosa da umani, ma la tua metà, se sei un lupo, non puoi trovarla ovunque. Anzi, insiste che dovrei ritenermi fortunato. Gli uomini e le donne, al contrario dei licantropi, credono di vedere la propria metà in chiunque, e ciò porta spesso loro infelicità. Solo gli umani che si scoprono essere compagni di un lupo potranno provare qual è la reale sensazione di essere affiancati dal tuo vero ed unico amante.
 
Per me, inutile girarci intorno, sono tutte cazzate.
 
Perciò cerco di tenermi il quanto più mi è possibile alla larga dalla riserva e dai licantropi, ma soprattutto dalla scuola che frequentano Lily e Clary, visto che detiene lezioni a ragazzi appartenenti a ben tre branchi. Quando ho iniziato il liceo in città sapevo che poteva esserci la possibilità di incontrare anche lì una possibile compagna, ma le unioni fra licantropi ed umani sono così rare che infatti non mi è capitato di imbattermi in nessun pericolo.
 
Ma comunque, ciò che desidero di più è quello di sentirmi un umano, di sentirmi come i ragazzi che frequentano la mia scuola, di sentirmi libero di fare quello che voglio e di stare con chi mi pare, ignaro di tutto ciò che non è inscritto nel mio piccolo mondo.
 
Il viaggio in macchina è passato in un silenzio rilassato da parte mia mentre le mie sorelle non l’hanno smessa di parlare neanche per un secondo. Anche prestando scarsa attenzione sono certo di sapere cosa ha occupato  la maggior parte della loro discussione: l’arrivo della nuova parte del branco. Erano attesi tre giorni fa, ciò significa che qualunque giorno potrà essere portatore di questo fantastico arrivo.
Notare il sarcasmo, grazie.
 
‹‹ E mi raccomando, venite puntuali, non voglio aspettarvi come l’altra volta! ›› dico loro, intromettendomi, giusto per congedarmi aprendo lo sportello dell’auto ormai ferma di fronte il liceo e correndo verso la scuola.
 
La campanella suona nell’esatto istante in cui varco la soglia dell’ingresso. Corro a perdifiato fino ad arrivare in aula, riuscendo a non beccarmi il ritardo. Sospiro, sedendomi all’ultimo banco, lasciando che la lezioni risuoni in sottofondo mentre mi perdo nei miei pensieri.
 
La prima parte della giornata passa senza complicazioni. La vita scolastica non mi preoccupa più di tanto qui alla St. James High School. Non sono Mr. Popolarità, anzi, diciamo che non sono per niente popolare, non gioco a football, non partecipo a nessun club (Lily mi ucciderebbe se dovesse venirmi a prendere ancora più tardi) e non mi ritengo (più che altro non mi ritengono) un tipo molto interessante. Ma ho i miei due migliori amici accanto e nessun licantropo fra i piedi quindi posso dire di essere abbastanza felice.
 
‹‹ Danny bello! ›› mi urla Leo dall’altra parte del corridoio. Sventolo la mano in segno di saluto, sorridendo.
 
‹‹ Carissimo. ›› appena lo raggiungo gli assesto una pacca sulla spalla. ‹‹ Riley? ››
 
Fa spallucce prima di increspare le labbra in un sorrisino soddisfatto. ‹‹ Non ne ho idea, ma ho appena visto tua sorella. Lo so che c’è quella regola delle sorelle dei tuoi migliori amici, ma lei è trop–  ›› lo interrompo, sorvolando su quello che sarebbe stato l’ennesimo commento su Lily, le sopracciglia già inarcate in una smorfia che trapela confusione.
 
‹‹ Cosa? ›› chiedo, scettico.
 
‹‹ Non devi arrabbiarti, è evidente che è davvero una gra– ›› ricomincia, prendendo ad ammiccare. Non riesco a frenare l’impulso e gli assesto una gomitata, avvicinandomi a lui.
 
‹‹ Dove e quando hai visto mia sorella? ›› riesco a formulare, guardandomi intorno.
 
‹‹ In segreteria, strepitava dicendo che dovevano farti uscire subito. ›› una terza voce mi fa sobbalzare, costringendomi a girarmi di scatto. Riley mi sta guardando, i suoi grandi occhioni azzurri sono fissi nei miei solo per poco prima che lei decida di spostare lo sguardo su Leo, sorridendogli appena. ‹‹ Mentre per te, oggi hai davvero una brutta cera. ››
 
‹‹ Grazie tante. ›› fa lui, facendole una smorfia.
 
‹‹ Accompagnatemi in segreteri– ›› inizio, ma un urlo mi fa morire il resto della frase in gola.
 
‹‹ DAN. Dove diavolo eri?! ›› la mano di mia sorella si avvolge forte intorno al mio avambraccio, strattonandomi senza pietà. ‹‹ Muoviamoci, siamo già in ritardo. Sono arrivati quasi un’ora fa, mi stai facendo perdere un sacco di tempo. ››
 
Sento un brivido correre lungo la spina dorsale mentre un sapore amaro mi guasta la bocca.
 
‹‹ Chi? ›› chiede Riley, guardandomi con pura curiosità. Faccio spallucce, pronto ad inventarmi una qualsiasi scusa, ma appena apro bocca è la voce di Lily che fa capolino.
 
‹‹ Parenti. ›› la liquida. Con la coda dell’occhio noto che Leo la sta fissando con insistenza e lei se n’è accorta perché mi tira ancora. ‹‹ Diamoci una mossa Dan, saluta questi due e andiamocene. ››
 
‹‹ Ci vediamo oggi, allora. ›› faccio, ma Lily accanto a me già sta sbuffando. ‹‹ Cosa c’è? ››
 
‹‹ Muoviamoci! ›› mi intima. Lancio uno sguardo pieno di rassegnazione ai miei due unici amici, facendomi trascinare fino alla macchina. Noto che Clary non c’è, immagino che Lily l’abbia lasciata a casa, visto che è la più eccitata dei tre per l’arrivo del nuovo branco.
 
Mantendomi in silenzio salgo in macchina, aspettando la partenza prima di riaprire bocca.
 
‹‹ Sono tanti? ›› la domanda è stupida, forse, ma è ciò che mi preoccupa. La nostra realtà è il nostro branco, se il branco aumenta così vertiginosamente di numero la realtà cambia. E’ un po’ come trasferirsi dalla campagna alla città, tutto si evolve, ci sono più pericoli ma anche più opportunità, il piccolo mondo si fa più grande e siamo costretti a cambiare con esso.
 
‹‹ Abbastanza. Credo che occuperanno tutte le case che abbiamo costruito. ›› dice, e sembra felice. ‹‹ Ci sono così tanti giovani, Danny. Sono così contenta, finalmente Clary potrà trovare il suo compagno o almeno, non so, frequentare qualche ragazzo nuovo. E forse anche tu… ›› mi lancia uno sguardo, sorridendo con fare complice.
 
‹‹ Non azzardarti. ›› gemo, roteando gli occhi, esasperato. Mi costringo a fissare la strada, il paesaggio sta già cambiando intorno a noi. La piccola cittadina che ospita la mia scuola è un centro rurale, al confine con l’inizio di una grande foresta che occupa solo una parte minima del parco naturale alla quale appartiene, e al cui interno vi sono ancora molte riserve di popolazioni antiche, quasi prettamente formate da noi branchi. Pochi umani sono a conoscenza di noi, e la maggior parte di loro non lo sanno per caso.
 
‹‹ Oh, tappami la bocca quanto vuoi, se non ti va guardare in faccia alla realtà non sarò certo io a costringerti. ›› borbotta a mezza voce, quando è la prima ad esasperarmi. Ormai lunghi arbusti hanno preso il posto delle casette a schiera, preannunciandomi che casa dista solo quindici minuti.
 
‹‹ Ecco, mantieniti su questa filosofia. ›› ribatto, ma non voglio farmi valere più di così, ed infatti mi affretto a cambiare argomento, l’unico che so la manterrà distratta per lungo il tragitto. ‹‹ E cosa dice Steve? ››
 
Il tempo passa veloce anche se l’argomento è uno dei più noiosi che potessi mettere in mezzo, ma anche il più efficace. Steve, il compagno di Lily, è davvero un bravo ragazzo, ma venire a sapere addirittura quello che ha mangiato a pranzo qualche giorno fa non è certo nelle mie priorità.
Mi sta ancora parlando del suo gatto quando giriamo a sinistra, percorrendo la strada sterrata fino ai cancelli aperti che portano alla nostra riserva. Ormai non la sto più ascoltando, mi concentro per pochi istanti sull’eccessivo movimento per le strade della nostra comunità. Sarà anche la normalità da ora in poi, ma ci metterò un po’ ad abituarmi, questo è certo. Anzi, non ci sarà proprio bisogno di abituarmi, ecco un motivo in più per non partecipare alla vita del branco e chiudermi tutta la giornata in stanza o passare lunghi weekend a casa di Leo o di Riley.
 
La mia reazione è immediata. Mi butto dietro, rimanendo incastrato fra il posto del guidatore e quello del passeggero, affondando il viso nei sedili posteriori.
 
‹‹ DAN! ›› urla mia sorella, ma non si risparmia una curva particolarmente stretta per entrare nel vialetto di casa, frenando di botto. Capisco perché i miei non sono a favore del farmi fare scuola giuda, se l’incompetenza al volante è di famiglia meglio avere per strada solo un paio di pericoli pubblici, mia madre e mia sorella bastano.
 
‹‹ Ahia… ›› mi lamento, tentando di farmi passare tutto ai sedili posteriori, riuscendoci solo dopo qualche spinta da parte di Lily.
 
‹‹ Cretino, cosa pensi di fare?! Poi mentre guido! ›› grida, inveendo contro di me a manate.
 
‹‹ Non hai visto quante ragazze? Pericolo! ›› le faccio notare, ma lei ha già alzato gli occhi al cielo e lasciato la macchina. Esco anch’io, seguendola in casa.
 
Non siamo nemmeno entrati che mio padre ci ha già avvolto le spalle con le braccia, mia sorella da un lato ed io dall’altro, guidandoci di nuovo fuori. ‹‹ Riunione. ›› ci spiega, ed appena faccio per parlare ricomincia prontamente. ‹‹ Niente storie, dobbiamo partecipare per forza. ››
 
Sospiro, avviandomi verso la folla che si appresta ad entrare nell’enorme padiglione delle riunioni, l’ansia cresce dentro di me con la stessa irruenza del ringhio del mio lupo.
 
Sbatto le sopracciglia, sorpreso.
 
Davvero, Ian?
 
 
 
Wesley’s POV.
 
Pensavo che lasciare casa sarebbe stato doloroso, mentre posso affermare a pieno che è stata una liberazione.
 
Cosa mi sono lasciato indietro? Quattro mura e… niente di più. La vittoria del mio branco è stata una tale gioia per me, la nuova riserva sarà dove passerò il resto della mia vita, dove vivrò guidando le persone che amo durante una pace ed una felicità quotidiana. Solo il pensiero basta a farmi rilassare, sia mentalmente che fisicamente.
 
Nascere alpha non è niente di speciale per me. Non è una pesante responsabilità né un peso da trascinarmi per tutta la vita. E’ la normalità, la mia normalità. La normalità che mi da un quadro chiaro riguardo il mio futuro.
 
Leader si nasce e sono contento di esserci nato.
 
Le persone che saranno al mio fianco sono pronte a quello che ci aspetta, e ciò mi infonde sicurezza. Perché il comando ha bisogno di un team convinto e affiatato. Ma a dirla tutta, al momento, io ho solo bisogno di un caffè.
 
Il viaggio è stato lungo, lo spostamento di così tante persone è difficile da organizzare, ma per fortuna non ha niente a che fare con i miei doveri. Sì, proprio quelli che non ho. Perché essere un futuro alpha, in giovane età e senza un compagno o una compagna, non ti rende niente di più di un semplice gamma a livello di responsabilità.
 
Viaggiare sotto forma di lupi non sarebbe stato possibile, non per tutti, comunque. I guardiani ci hanno scortati, ma una buona parte dei licantropi possiede dei lupi troppo grossi e veloci per essere scambiati per normali bestie dagli umani, e proprio quello che non vogliamo è diffondere paura nel nostro nuovo territorio.
 
Treni dopo treni, auto, lunghe camminate nei boschi. Il viaggio ha occupato quasi un mese.
 
Ma ora, finalmente, siamo a casa.
 
Ne sento l’odore ed è meraviglioso. Lo stesso della mia vecchia casa, ma più forte, e sento anche la mia nuova famiglia. Se potessi concentrarmi riuscirei a sentire anche il battito dei cuori più giovani, quelli che potrebbero appartenere alla mia futura compagna o al mio futuro compagno. Se solo Reed non la smettesse di strimpellare quella chitarra, per formare quella che secondo lui sarebbe “atmosfera”.
 
‹‹ Stai cominciando ad innervosirmi. ›› gli annuncio, lanciandogli un’occhiataccia.
 
Per essere un beta è piuttosto magrolino e… particolare. Non condivido una buona parte delle cose che fa, come ad esempio affrontare una camminata di quasi sessanta chilometri sotto forma umana indossando degli stupidi stivaletti neri e portandosi al collo una chitarra scordata, ma è il mio migliore amico, cosa che non dovrebbe comprendere il doverlo sopportare sempre.
 
‹‹ I do it every time / you're killing me now, / and I won't be denied by you, / the animal inside of you! ›› continua a cantare a squarciagola, un ringhio mi sfugge dalle labbra e lo vedo sorridere apertamente.
 
‹‹ Spera che la mia sistemazione sia abbastanza lontana dalla tua, appena arrivati a casa, a meno che non ti dispiaccia essere soffocato durante la notte. ›› borbotto, ma ormai mi si è già appoggiato addosso, continuando a canticchiare e suonare quella stupida canzone.
 
Dopo quasi venti minuti di cammino, Reed si ammutolisce. Il mal di testa martellante sembra fermarsi ad assaporare quei secondi di silenzio tanto desiderati, ma poi un coro di urla gioiose ed acclamazioni si alza dal branco, ed un rantolo è d'obbligo.
 
Ma anche io sento di non poter trattenere i sentimenti positivi del mio lupo, che esprimo con un lungo fischio.
 
All'inizio mi sembra che è solo un uomo di mezza età ad essere ai piedi del grande cancello, che presumo sia l'ingresso della riserva, a darci il benvenuto. Ma avvicinandoci ancora di più li vedo: una piccola folla si mantiene a distanza ma i loro visi non sono intimoriti, più che altro curiosi, e sereni. Saranno giusto una trentina di persone ma mi bastano per sentirmi accolto, dal momento che tutti prendono a sorridere, guardandoci come se ci avessero appena ritrovato dopo tanto tempo.
 
Un paio di bambini sfuggono alle prese delle madri, correndo verso i cuccioli che abbiamo portato con noi. Noto alcuni ragazzi e ragazze sbirciare da sopra le spalle di quelli davanti per vedere se fra quelle poche persone già c'è il proprio compagno o la propria compagna ad accoglierli. E non mi vergogno ad ammettere che un'occhiata approfondita la lancio anche io, pieno di speranza.
 
***
 
Alcune famiglie sono state costrette a condividere la casa, abbiamo già il compito di costruire nuove abitazioni, ma non ci vorrà molto.
 
La riserva è grande. Davvero grande. Ed il centro dove è raccolta la vita del branco è apprezzabile, anche se necessita qualche intervento. Siamo venuti a portare anche dei cambiamenti, qui, non potremmo adattarci completamente senza caratterizzare questo posto almeno un po', ma c'è tempo.
 
‹‹ Quanti ne saranno, un centinaio? ›› sento Dayne chiedere dalla camera accanto.
 
‹‹ La compagna di Gideon gli ha detto che oramai erano quasi tutti imparentati, il nostro arrivo ha portato un sacco di speranze. ›› gli dice Reed dal corridoio, fermandosi sulla soglia della mia camera, sbirciando all'interno. Per mancanza di spazio ci è stata assegnata un’unica casa, per il momento.
 
‹‹ Gideon ha una compagna? ›› gli chiedo, distogliendo l'attenzione dalla valigia che sto disfacendo per guardarlo confuso.
 
‹‹ Sì, quella ragazza che stava all'ingresso, coi capelli castani, bassina. Sono già tre ad aver trovato i loro compagni, immagino cosa succederà alla riunione. ›› mi sorride con malizia, sospirando. ‹‹ Spero sia bionda, mentre se deve essere un ragazzo... beh, spero sia biondo. ›› fa spallucce, sparendo nella camera di fronte la mia.
 
‹‹ Io mi prenoto una rossa! ›› dice Dayne, ridendo.
 
‹‹ Quanto siete materiali. ›› li rimprovero sorridendo, ritornando a tirare fuori magliette dalla borsa, ma lanciando un’occhiata all’orologio mi accorgo che è già passata più di un’ora dal nostro arrivo ed è tempo di avviarsi verso il padiglione dove Bill ci ha detto si terrà la riunione.
 
Sarà mio zio a presiedere, l’attuale alpha. Sono certo che l’ameranno, l’essere spigliato ed amichevole lo rendono automaticamente simpatico ai più, ed inoltre possiede delle capacità di stratega ed amministratore ammirevoli.
 
Io, Reed e Dayne arriviamo all’edificio quando una buona parte del branco è ormai già all’interno. Me l’aspettavo più grande, in effetti tutto ciò che ci circonda è a misura di pochi, quindi dentro è così pieno di gente che molti di noi saranno costretti a rimanere all’in piedi, perciò non mi spreco nemmeno a cercare qualche sedia libera.
 
‹‹ Raggiungiamo gli altri? ›› fa Dayne, adocchiando un gruppetto di ragazzi dall’altro lato della sala. La maggior parte li conosco, altri sono visi nuovi. Annuisco e ci avviamo verso di loro.
 
La conversazione si sposta da argomenti di poco conto a semplici domande per conoscerci meglio con i nuovi ragazzi, per iniziare a conoscere la nostra nuova famiglia. Non siamo molto diversi. Seppure la distanza fra di noi era grande, questa riserva è abbastanza vicina agli umani da conservare molte regole e atteggiamenti simili ai non lupi, comportamenti che conserviamo anche noi. Molti branchi sono troppo selvaggi perché molto distanti dai centri abitati dagli umani, ma la maggior parte di noi vive nelle prossimità di città, quindi non possiamo dissociarci completamente.
 
Il vocio aumenta sempre di più intorno a noi, ed un odore dolce che non riesco a definire mi inibrisce i sensi per un attimo. Non so cosa è stato, ma non mi faccio domande, poiché questa giornata si sta già riscoprendo piena di sensazioni nuove con le quali dovrò imparare a convivere, non voglio farmi problemi.
 
‹‹ Mi sa che la riunione sta per iniziare. ›› mi sussurra Reed, tirandomi fuori dalla discussione con una gomitata. Annuisco con fare assente, ritornando a concentrarmi sulla conversazione in tempo per scoppiare a ridere con gli altri all’ennesima battuta di Wade, un ragazzo del posto che ha solo un paio di anni meno di noi.
 
Stiamo ancora ridendo quando qualcuno si scaraventa di peso contro Dayne e quello che, se non ricordo male, si chiama Patrick. I miei occhi vengono immediatamente catturati dall’esile figura che, cominciando a respirare veloce, si trova ora al centro del gruppo, guardandosi intorno con preoccupazione.
 
Il tempo sembra fermarsi.
 
Tutto intorno a me sembra essersi fermato, in effetti, come se il mondo abbia appena deciso di smettere di girare ed i cuori di battere. Tutti tranni… il suo.
 
Lo sento battere veloce, riesco a percepire il sangue pulsare al suo interno e poi lasciarlo svuotato, in favore di raggiungere il resto del suo corpo.
 
Sì, il suo corpo.
 
E’ come se fosse dotato di una forza di gravità che istiga dentro di me la voglia di non resisterla e lasciarmi trascinare verso di essa. Mi chiedo con spontaneità se anche gli altri si sentono così attratti, e mi accorgo che non voglio che gli altri lo siano. Anzi, solo il pensiero inizia a scaturire una rabbia innata dentro di me che ribollisce in sottofondo mentre altre sensazioni ricominciano subito a distrarmi.
 
Il suo odore.
 
Potrei nutrirmi del suo odore e vivere in funzione di esso. Eccolo, il dolce profumo che ho sentito poco fa. Non saprei definirlo o collegarlo a qualcosa di specifico. E’ convolgente come la vaniglia, ma non stufoso, e allo stesso tempo delicato e particolare come se provenisse da un frutto di stagione, ma non c’è traccia di quella possibile venatura asperrima.
 
Sa di casa.
 
Più di qualunque cosa in cui mi sono imbattuto quest’oggi. Non fa che ricordarmi le cose più dolci che mi siano capitate in ambiente domestico, da un bicchiere di latte caldo e miele d’inverno ad un abbraccio amorevole di mia madre.
 
Mentre il suo odore continua ad inebriarmi la mente noto, con disappunto, di non aver ancora visto il viso di questa magnifica creatura. Non desidero nient’altro in questo istante, anzi, non desidero nient’altro in generale.
 
Voglio perdermi nel piacere delle sue fattezze e scoprire ciò che ancora non so. E’ una sete di conoscenza nuova, e mi sento fremere mentre l’entusiasmo cresce dentro di me.
 
Assaporo pieno d’aspettative i lunghi attimi che ci mette a voltarsi verso di me, abbastanza tempo da continuare a fantasticare su tutto ciò che ho a disposizione fino ad ora.
 
E poi eccoli, incatenati dentro i miei, i suoi occhi.
 
Potrei affogare in quell’azzurro. Il colore cristallino mi lascia stupefatto, e mi distraggo dal piacere del suo profumo per concentrarmi sull’esperienza mozzafiato del perdermi nelle sue iridi cerulee. Ho un’irrefrenabile voglia di spostare quel dannato ciuffo di capelli scuri che gli ricade proprio sul lato destro della fronte, cercando di distogliere la mia attenzione da quella fantastica visione.
 
Ma invece, alla fine cedo, e porto la mia attenzione a concentrarmi sui suoi capelli.
 
Vorrei toccarli, sono sicuro siano soffici e… come sarebbe passarci una mano? Iniziare a giocarci, magari. Sembra davvero allettante, la massa castana di capelli mossi è l’ennesima distrazione. Chissà se se gli lasciassi un bacio sul capo riuscirei a sentire la loro fragranza sulle labbra.
 
Ma… giusto, le sue labbra.
 
Le più allettanti che abbia mai visto. Piccole, rosse e morbide. Non riesco a non immaginare il loro sapore se fossero sulle mie, e d’improvviso sento un’urgenza dentro di me, e so che è anche il mio lupo a spingermi.
 
L’immaginazione vola a figurarsi come possa essere la sua voce, ma la visione si fa sempre più sublime, finché la scena non comprende le sue labbra che sussurrano dolcemente sfiorandomi la pelle. Un brivido mi percorre la schiena, facendomi formicolare le braccia ed il viso.
 
Trovo la forza di alzare di nuovo lo sguardo per incrociare i suoi occhi e li trovo sbarrati, come se avesse paura.
 
Una profonda tristezza mi pervade. E’ colpa mia? Come ho potuto infondergli paura se tutto quello che provo nei suoi confronti è puro e semplice… sì, amore?
 
Ci guardiamo negli occhi per quella che potrebbe essere stata un’eternità, ma che a me è sembrata un attimo. Poi, d’improvviso, tutto ricomincia a prendere vita. Le cose sembravano aver perso il senso del tempo, mentre invece adesso vengo preso d’impatto dalla velocità e mi ritrovo scosso dai rumori che si insinuano dalla mia mente, cercando di distrarmi da lui.
 
E questo perché quella che ormai è la mia unica ragione di vita ha appena deciso di interrompere il nostro legame visivo, girarsi e scappare via.
 
Scappare via da me.
 
Un ringhio profondo è come se risuonasse per tutto il mio corpo, anche se so che è solo nella mia mente. E poi ecco la conferma di ciò a cui sono già arrivato nello stesso istante in cui l’ho visto.
 
Compagno. Abel, il mio lupo, pronuncia questa parola con vigore, forte e chiara, imprimendolo nei miei pensieri, facendola diventare una verità indelebile dentro di me.
 
Un’enorme gioia raggiunge ogni cellula del mio corpo, ma solo per poco. Un latrato per niente amichevole mi fa vacillare e sento chiaramente le emozioni di Abel riversarsi sulle mie e condizionarle a tal punto da creare un unico sentimento comune.
 
Necessità, rabbia, bisogno e confusione si mescolano così bene che non riesco quasi più a distinguerle fra loro.
 
Prendi il compagno. Ora. Sibila e mi muovo di scatto, non perché me l’ha appena ordinato, ma perché voglio farlo, voglio davvero farlo.
 
Lo vedo correre, disperato, urtando chiunque gli capiti di fronte e buttando di lato i più per cercare di aprirsi un varco per andare più veloce, ma non ha scampo. Non ho voglia di vantarmi delle abilità nettamente superiori di noi alpha, perché qualunque altro gamma potrebbe battere in agilità e lestezza la mia preda. Gli ostacoli lungo la strada non sono niente, riesco ad evitare tutti coloro contro cui si è dovuto fare spazio con mosse svelte e studiate apposta per perdere il minor lasso di tempo è possibile.
 
Comincio a sentire la necessità prevalere.
 
Ho bisogno di raggiungerlo. Devo toccarlo.
 
Il desiderio ardente della sua pelle contro la mia è irrefrenabile. Devo marchiarlo. Lasciargli il primo marchio, perché chiunque lo guardi capisca che non può averlo senza mettersi contro un nemico potente.
 
Ormai abbiamo percorso buona parte della sala, ed infatti, come m’aspettavo, è il muro ad accoglierlo.
 
Ci urta contro e mi chiedo se si è fatto male, anche se ha bloccato l’impatto con i palmi delle mani, rimbalzando per portarsi di lato, girandosi, probabilmente nella speranza di non vedermi ed invece i miei occhi catturano di nuovo i suoi.
 
Ma è solo un attimo, perché non mi spreco nemmeno a fermarmi.
 
Gli afferro il polso. C’è  impazienza nel mio gesto ma lo faccio con delicatezza, gustandomi il calore della sua pelle contro la mia.
 
Nel momento stesso in cui lo faccio è come se qualcosa nell’aria intorno a noi cambiasse, come se una specie d’energia fosse appena stata irradiata proprio nella nostra direzione.
 
Non perdo tempo, mi avvicino a lui e gli poggio la mano libera sulla guancia, guardandolo dritto negli occhi. Sta affannando pesantemente, non deve essere molto abituato all’attività fisica. I suoi occhi sono di nuovo sbarrati, l’espressione sconvolta ma sul suo viso scorrono altre emozioni che non riesco ancora a leggere.
 
Mi sporgo ancora un po’ e mi affretto a cercare le parole più concise per spiegargli il groviglio che si è formato dentro di me dal momento in cui l’ho visto.
 
‹‹ Tu sei mio. ›› gli sussurro con voce ferma.
 
Mio. 
   
 
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