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Autore: yllel    13/10/2015    4 recensioni
Raccolta one shot Sherlolly.
Ovvero: idee che proprio non se ne vogliono andare. Spoiler su TAB
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti!

Ok... avete presente quando vi entra un sassolino nella scarpa e dite va bene uguale ma dopo un po’ dovete per forza tirarlo via?

Ecco, le mie idee per le one shot sherlolly sono cosi: non nella scarpa, ovviamente, ma nella mia testa... e devo togliermele, per cui ho pensato di inziare una raccolta.

Saranno storie più o meno lunghe e di diverso tenore (nella speranza che io riesca a mantenere il mio proposito), per ora tengo un rating giallo anche se questa prima è decisamente “tranquilla”.

Niente titoli, solo sassolini.

Come sempre, non mi appartiene nulla e scrivo solo per divertirmi (e per divertirvi, spero)



 
 
SASSOLINO # 1

 
 
 

L’atmosfera di casa durante le vacanze di Natale era assolutamente  unica e non replicabile, nemmeno a Baker Street con tutto l’impegno di Mrs Hudson e di John.

Questo pensiero assalì Sherlock Holmes improvvisamente e gli dipinse una smorfia in viso.

Assurdamente sentimentale.

Eppure, trovarsi a casa dei suoi genitori per le festività natalizie aveva un certo innegabile, misterioso e tranquillizzante fascino che non sarebbe mai riuscito a negare del tutto, benchè rimanesse abbastanza fastidioso.

Ed era il secondo anno di fila, quindi aveva anche dello straordinario... almeno per i suoi genitori.

Ma questa volta era tutto diverso, si disse Sherlock lasciando che un lieve sorriso sostituisse la smorfia scontenta di prima: i Watson vivevano nella più completa felicità, ora che il loro matrimonio era stato rinsaldato e l’arrivo della bambina aveva portato l’allegro scompiglio che solo una nascita può portare... lui non aveva in programma di drogare nessuno quest’anno, perchè non ne sussisteva la necessità (e di conseguenza non capiva  sul serio perchè sua madre insistesse  nel non farlo avvicinare alla cucina e continuasse ad annusare bevande e cibi che fino ad ora aveva praparato... come se lui, in caso di bisogno, avesse potuto abbassarsi a replicare lo stratagemma dell’anno precedente!): la faccenda del ritorno di Moriarty finalmente risolta e il perdono ottenuto per gli importanti servizi resi al Regno facevano di quel Natale un Natale assolutamente... ordinario.

O quasi.

“Ecco dove ti eri cacciato!”

La voce di Mary interruppe le sue elocubrazioni, e il tono della donna gli fece capire che il suo momento di riflessione personale e solitaria era purtroppo finito.

“Non ti starai per caso nascondendo, vero?” gli chiese infatti con voce divertita Mrs Watson.

Sherlock strinse le labbra e portò indietro le spalle.

“Ovviamente no” rispose con fermezza.

“Ovviamente no” ripetè Mary con un sorriso avvicinandoglisi un po’ di più, una luce maliziosa negli occhi.

“D’altronde perchè dovresti farlo?” continuò imperterrita “non ne hai nessun motivo, giusto?”

Il consulente investigativo si limitò a fissarla, deciso a non cogliere la provocazione.

Lei ricambiò lo sguardo, poi scosse piano la testa.

“Come pensavo” disse piano “sei terrorizzato”

Sherlock emise un grugnito.

“Dimentichi sempre che io capisco quando stai mentendo... e ti assicuro che non è difficile vedere quanto sei  spaventato in questo momento. Se vuoi una mano, possiamo fare le prove”

Lui alzò un sopracciglio con fare perplesso.

“Le prove?”

Mary annuì.

“Prova il tuo bel discorso con me. Vediamo come hai intenzione di approcciarti... quali parole intendi usare...”

“Non capisco assolutamente di cosa tu stia parlando” ribattè l’uomo.

La Signora Watson emise un gemito di frustrazione.

“Dai Sherlock! Potrebbe esserti utile! Dimmi come hai intenzione di dichiararti a Molly!” la donna battè le mani eccitata “è cosi romantico! L’atmosfera del Natale, questa meravigliosa vecchia casa, la famiglia e gli amici riuniti... neanche tu potresti combinare un disastro, è tutto perfetto!”

Il detective strinse gli occhi e Mary si portò una mano alla bocca nascondendo una risatina.

“Scusa” disse “non intendevo implicare che tu...”

“Non hai un infante da allattare o un pannolino da cambiare piuttosto che annoiarmi con i tuoi discorsi, Signora Watson?”

La donna alzò le spalle con noncuranza.

“Lizzie ha appena mangiato. E John è perfettamente in grado di occuparsi di tutte le sue altre necessità”

Sherlock la scrutò per qualche secondo.

“Avete fatto testa o croce per decidere chi dovesse uscire a parlarmi vero?” chiese infine con un sospiro di esasperazione.

Per tutta risposta, Mary si limitò a ridacchiare più forte.

Per guadagnare un po’ di tempo, il consulente investigativo fece vagare lo sguardo lungo tutto il giardino: nell’aria fredda di fine dicembre la natura riposava e tutto aveva un’aria di serena indolenza, come se l’attesa della primavera fosse un piacevole intermezzo da gustare con calma e tranquillità.

La quiete e la rilassatezza del paesaggio contrastavano con il turbinio di sensazioni che risuonava dentro di lui, sensazioni che poco avevano a che fare con l’attesa e la pazienza; quello era il giorno in cui avrebbe confessato a Molly Hooper di provare dei sentimenti nei suoi confronti, il giorno in cui avrebbe capitolato volontariamente e con piacere alla debolezza della natura umana, che tanto debole in verità non era.

Perchè se c’era una cosa che in quei mesi aveva capito, ancora più degli anni precedenti, era che circondarsi di gente amata non era un segno di disfatta, ma un punto di forza.

E Molly Hooper era la sua più grande forza.

Una costante, discreta, immensa e amorevole forza.

“Sai, mi sono sempre chiesta perchè l’anno scorso tu non l’abbia invitata”

Sherlock tornò a puntare i suoi occhi chiari sulla donna.

“Wiggins disse che se ci fosse stata lei, lui non sarebbe venuto ad occuparsi di voi. Ne aveva troppa paura dopo averla vista all’opera al laboratorio, quando mi ha schiaffeggiato”

Mary sorrise.

“Mmm... può darsi. Ma io penso anche che tu non volessi ferirla ulteriormente, o creare altri motivi per cui potesse essere delusa da te. Potevi drogare i tuoi genitori, tuo fratello e la moglie incinta del tuo migliore amico... ma non potevi drogare la tua patologa”

Di nuovo, Sherlock scelse di non rispondere: a quel tempo lui non si era certo potuto permettere di soffermarsi troppo su ciò che provava per Molly, ma ora si.

Ora era il momento.

La situazione  non esulava purtroppo dal creargli un certo nervosismo, ed era per questo che dopo il loro arrivo si era rifugiato all’esterno per riorganizzare i propri pensieri; avrebbe anche condiviso volentieri una sigaretta con Mycroft, ma suo fratello dopo il caotico assestamento  di tutta la compagnia era stato ancora più veloce di lui ad eclissarsi.

 “Riferisci a John che avete preso un colossale abbaglio e che la vostra preoccupazione è ingiustificata” disse, voltandosi per incamminarsi  verso il bosco.

“Ed è per questo che da quando siamo arrivati questa mattina sei stato cosi sfuggente? Perchè sei assolutamente pronto?

Sherlock arrestò i suoi passi.

“Te lo ripeto, non so assolutamente di cosa tu stia parlando. Chiunque sano di mente vorrebbe sfuggire alla cacofonia presente in quella casa e all’immagine di mia madre che gira come una trottola impazzita”

“Allora perchè ci avresti invitati tutti quanti?” ribattè Mary alzando un sopracciglio per poi scegliere un tono più dolce “È normale che tu ti senta confuso e indeciso nell’approccio e voglia avere un po’ di supporto, è un momento molto importante e vogliamo solo farti sapere che ti siamo vicini. E che siamo molto orgogliosi di te”

Il consulente investigativo si sentì invadere dall’irritazione, ci mancava solo che i Watsons facessero la parte dei saputelli.

Avevano ragione, naturalmente, ma questo non significava che lui dovesse loro confermarlo prima del tempo.

“Possiamo smetterla per favore?” chiese alzando le braccia e la voce al cielo senza voltarsi “l’essere diventati genitori  ha per caso rallentato ulteriormente le vostre capacità cognitive? Non c’è niente di cui essere orgogliosi o preoccupati, ok? Nessun momento importante e nessuna intenzione particolare! È solo Molly... la normale, prevedibile Molly. La patologa timida e con un gusto pessimo nel vestirsi, senza un passato misterioso o propensioni al dramma, se si escludono le sue orrende scelte in fatto di fidanzati. Quest’anno non lavora durante le feste e avrebbe passato un patetico Natale da sola, ho voluto farle un favore, nulla di più!”

Mary scosse la testa, rassegnata al fatto che l’amico non volesse condividere i suoi pensieri con lei.

Sherlock emise un gemito di frustrazione, ora avrebbe avuto bisogno di qualche altra ora per ritrovare la giusta concentrazione per finire di imbastire nella sua mente il discorso da fare alla donna a cui voleva dichiararsi.

Nessuno dei due si accorse della minuta figura che  era arrivata giusto in tempo per sentire l’esplosione frustrata di Sherlock senza recepire tuttavia il resto del discorso, cosa che le aveva riempito gli occhi di lacrime e l’aveva fatta tornare di fretta verso il cottage degli Holmes.

 
 
***
 
 

“Anthea, mia cara, sono sicuro che in qualche parte del mondo ci deve pur essere una crisi che ha assolutamente bisogno del mio intervento e della mia presenza a Londra”

Mycroft Holmes socchiuse gli occhi frustrato alla risposta negativa (e divertita) della sua assistente e rafforzò la presa sul telefono.

“Ne sei sicura? Forse è il caso che tu ricontrolli. Il Sud America è molto instabile in questo periodo, con il fatto che tutti guardano all’altra parte del mondo...” insistette l’uomo.

All’ennesima risposta negativa, l’uomo che era il governo giocò la sua ultima carta.

Implorò.

“Anthea... ti supplico, tu non hai davvero idea di quanto noiose e ordinarie si prospettino queste feste... non ce la posso fare e tu lo sai! Ora, se volessimo parlare di quell’aumento di cui avevamo accennato tempo fa... forse tu potresti essere cosi gentile da trovare un modo per tirarmi fuori di qua...”

Dall’altra parte  il tono di voce cambiò e costrinse Mycroft ad allontanare il cellulare dall’orecchio.

“Certo mia cara...” disse infine rassegnato cominciando ad annuire “la famiglia... molto importante... fortunato. Ovviamente”

L’assistente aggiunse qualche cosa che gli fece tornare il sorriso sulle labbra.

“Mi aspetto che questa promessa sia mantenuta al mio ritorno, mia cara...” sussurrò prima di rimettere l’apparecchio  in tasca e fermarsi a contemplare il nulla davanti a lui.

Due giorni a casa dei suoi con tutta quella gente... per non parlare della bambina, che Mary aveva già tentato di mettergli in braccio tre volte prima che lui riuscisse ad attivare la sua fuga strategica.

Sospirò. Ovviamente non poteva nascondersi per sempre, ma  cercò con lo sguardo il punto migliore per fumarsi almeno una sigaretta e fu allora che si accorse della figura rannicchiata sul gradino più basso del portico.

Fece una smorfia.

La postura e i tratti del viso indicavano chiaramente che Miss Hooper era in uno stato di agitazione misto a tristezza e lui era probabilmente (anzi sicuramente) la persona meno indicata per assisterla, tuttavia il maggiore dei fratelli Holmes non poteva negare di avere una sorta di debole per quella donna, e gli dispiaceva pensare che potesse essere proprio lei a sentirsi la più miserabile fra loro due in quel momento.

“Neanche mamma è indistruttibile. Prima o poi smetterà di affannarsi dietro a tutti e a tutto e di essere cosi molesta nelle sue attenzioni. Tranne che con la bambina, probabilmente.  La progenie dei Watson ha avuto il discutibile onore di far riaffiorare tutte le speranze e le illusioni sul fatto di avere dei figli normali che le possano dare dei nipoti”

Molly alzò lo sguardo sorpresa da quell’esordio e Mycroft ebbe la certezza di non essersi sbagliato: aveva gli occhi rossi per il pianto.

Annuì con un sorriso che sperò essere di incoraggiamento.

“Non c’è nessun bisogno di disperarsi, Miss Hooper. Anche questo Natale passerà. Purtroppo, temo non prima della tradizionale tombola dove ogni estrazione è abbinata ad un assaggio di liquore”

Sul viso di Molly apparve l’ombra di un sorriso e l’uomo si sedette accanto a lei.

“I Suoi genitori sono meravigliosi, Signor Holmes” disse la donna con calma e lui si ritrovò suo malgrado ad annuire.

“Si, purtroppo si. Questo rende tutto più difficile, non crede? Ci si sente praticamente costretti ad assecondarli”

All’espressione di nuovo perplessa della donna che denotava la difficoltà a seguire un pensiero cosi contorto, Mycroft decise di cambiare approccio.

“Presumo quindi che il suo stato di tristezza non sia dovuto al fatto che deve rimanere ancora due giorni qui” disse.

Molly scosse piano il capo, poi sembrò prendere in considerazione un fatto.

“Lei è in debito con me” commentò guardandolo fisso negli occhi.

L’uomo aggrottò le sopracciglia perplesso: era vero, alla finta morte di Sherlock qualche anno prima lui aveva dichiarato che ci sarebbe stata un’occasione in cui si sarebbe premunito di ricambiare l’aiuto che la patologa aveva loro fornito, solo che lei non si era mai preoccupata di esigere la sua ricompensa.

Fino ad ora, a quanto pareva.

“Corrisponde a verità” disse infine.

Molly strinse le labbra e guardò davanti a sè.

“Venire qui è stato un errore” sussurrò “non avrei dovuto accettare”

Mycroft fece un profondo sospiro.

“Che cosa ha fatto questa volta mio fratello?” chiese rassegnato.

Lei scosse il capo.

“Non... non importa. Sono io quella che ha sbagliato, che ha pensato fosse una buona idea. Per favore... mi aiuti a tornare a Londra. Faccia in modo che io debba tornare a Londra”

Mycroft esitò: aveva una mezza idea sul perchè il fratello avesse voluto invitare la sua patologa al cottage dei genitori per le feste, ma ovviamente Miss Hooper non doveva esserne a conoscenza o qualcosa era sopraggiunto a rimescolare le carte.

“Molly...” cominciò quindi, sorprendendo entrambi con quella manifestazione di maggiore intimità, ma lei lo interruppe, gli occhi di nuovo lucidi.

“Per favore... voglio andare a casa” lo supplicò.

Mycroft la osservò per qualche secondo in silenzio, poi annuì.

Peggio per te, fratellino.

 
 
***
 
 

La riorganizzazione del suo palazzo mentale e dei suoi pensieri aveva trattenuto Sherlock all’esterno per più di quanto avesse preventivato, cosi  fu con passo veloce che si apprestò a rientrare in casa.

Voleva parlare a Molly prima di cena e per farlo doveva evitare che sua madre la coinvolgesse nei preparativi.

Scorse subito la macchina scura ferma davanti al cancello e fece una smorfia.

A quanto pareva, Mycroft era riuscito a convincere la sua assistente a creare una crisi internazionale ad hoc per portarlo via da casa.

Fu quasi attraversato da una fitta di invidia, prima di ricordarsi di quanto avesse giudicato positivi i benefici che un ambiente come quello (domestico, amichevole, con delle persone care) avrebbe apportato alla sua dichiarazione a Molly.

Con un ghigno soddisfatto, entrò in casa.

E fu accolto dal caos.

Sua madre si affannava su e giù per le stanze, borbottando qualcosa a proposito di datori di lavoro insensibili e senza cuore, Mary cullava con gesti nervosi Lizzie e lo accolse con uno sguardo perplesso, mentre John non potè evitare di scuotere il capo.

Prima che potesse chiedere cosa stesse succedendo, suo padre scese dalle scale con un trolley in mano.

La borsa di Molly.

“Sul serio non c’è bisogno che si scomodi...” stava dicendo la patologa mentre affrontava i gradini a testa bassa.

Il Signor Holmes alzò la mano con noncuranza.

“Ci mancherebbe, non sarei  cortese se ti facessi portare la valigia alla macchina” l’uomo si fermò in fondo alle scale e aspettò che la patologa lo raggiungesse.

“Ma sei proprio sicura di dover andare?”

Al silenzio di Molly fece un sorriso triste e si affrettò a uscire per caricare la valigia.

Sherlock, che aveva seguito fino a quel momento la scena in silenzio, spalancò la bocca.

Andare???

“Oh! Io non capisco davvero come possano farlo, Molly! Richiamarti in servizio con cosi poco preavviso e a ridosso del Natale!” si lamentò la Signora Holmes “Mycroft! Non c’è proprio nulla che tu possa fare?”

Il figlio alzò le spalle.

“Mamma cara... tu sopravvaluti come al solito la mia posizione. Non vedo come potrei intervenire io, se il Bart’s ritiene di dover richiamare in servizio la Dottoressa Hooper ovviamente ci sono dei buoni motivi, che esulano completamente dalle mie competenze. Il minimo che potevo fare ovviamente era metterle a disposizione una macchina per rientrare più agevolmente”

“E io Le sono molto grata” commentò Molly, prima di alzare definitivamente la testa e scoprire che anche Sherlock era in casa.

“Oh...” commentò distogliendo lo sguardo e stampandosi un sorriso forzato in volto “devo proprio andare, grazie ancora dell’ospitalità Signori Holmes, avete una casa deliziosa”

Dal canto suo, il consulente investigativo stava affrontando un grande, grandissimo momento di panico che si stava risolvendo in uno sguardo vacuo e in un silenzio attonito, il cervello alla ricerca di una spiegazione possibile per l’improvvisa partenza di Molly e, cosa più importante, un modo per trattenerla.

Mary gli si fece vicino e gli diede un discreto ma deciso calcio alla caviglia.

“Fa qualcosa” gli mormorò a denti stretti.

Sherlock parve ridestarsi e scosse il capo.

“Un momento! Non puoi andare!” esclamò a gran voce.

Tutti si voltarono stupiti verso di lui, che deglutì e si attaccò al primo pensiero coerente che riuscì ad elaborare.

“Mamma ha ragione, Molly... non possono richiamarti con cosi poco preavviso, soprattutto considerando quanti turni di festività ti sei fatta in questi anni. Chiamiamo Stamford e gli diciamo che richiami in servizio qualcun altro”

La signora Holmes battè le mani soddifatta.

“Ben detto, figlio mio. Prendi in mano quel telefono e cantagliene quattro!”

“Io devo andare” la voce di Molly Hooper si fece sentire piccola ma decisa e in quel momento Sherlock capì.

Per qualche strano, contorto e impossibile motivo lei voleva andarsene e il richiamo in servizio non era una bugia, era stato creato appositamente.

Con uno sguardo tagliente rivolse la sua attenzione a Mycroft, il quale si limitò ad alzare le spalle di nuovo e a sostenere la sua occhiataccia.

Più tardi.

Più tardi si sarebbe occupato anche di lui e del suo ruolo in quella faccenda, adesso le priorità erano altre.

“Vengo con te”

Gli occhi spalancati di Molly gli rimandarono un’altra scioccante verità: non solo lei non voleva restare e, anzi, aveva chiesto aiuto a suo fratello per architettare una fuga credibile, ma non lo voleva neanche con sè.

La ragazza volse altrove lo sguardo.

“Devi passare il Natale con la tua famiglia” disse.

“Come se me ne importasse” commentò lui irritato.

“Sherlock!” il richiamo deciso di suo padre che era rientrato si accompagnò al gemito di disappunto di sua madre.

Molly strinse le labbra, poi cercò di fare un altro sorriso.

“Torno a Londra da sola, non c’è bisogno di preoccuparsi. Auguro a tutti un buon Natale” fece un gesto con la mano, si avviò verso la porta e la oltrepassò per raggiungere la macchina.

Con un gesto di frustrazione, Sherlock la seguì  sul portico.

“Cosi rovini tutti i miei piani!” urlò preso dal nervosismo.

Molly si fermò vicino alla vettura.

Poi si voltò, gli occhi lucidi per la rabbia e il dispiacere.

“I tuoi piani?!?” chiese allibita.

Sherlock ficcò a forza le mani nelle tasche del cappotto e fece un sospiro, poi annuì deciso.

“Esatto”

Molly si scostò dalla macchina e gli si avvicinò.

“I piani in cui hai deciso di fare un’opera di carità?”

Lui spalancò gli occhi.

“Di che diavolo stai parlando?”

La patologa chiuse gli occhi.

“Ti ho sentito parlare con Mary, prima. Ti ho sentito dire quelle cose su di me... sul fatto che sono normale... e prevedibile. E con dei pessimi gusti in tante cose, a quanto pare... ma almeno quest’anno non avrei passato un patetico Natale da sola, giusto?” fece un sorriso amaro e si morse il labbro per evitare che le lacrime cominciassero a scorrere.

Sherlock imprecò a voce alta.

“Linguaggio, figlio mio!”

Il consulente investigativo strinse le labbra, evidentemente aveva dimenticato di chiudere la porta.

Con un gesto deciso ritornò sui gradini e si ritrovò a fissare amici e parenti: fece loro un bel sorriso, poi afferrò la maniglia e con un gran fragore li rinchiuse in casa.

Poi si voltò di nuovo, in tempo per vedere Molly che stava per salire in macchina.

“Eh no!” borbottò fra sè allungando il passo e arrivando giusto in tempo per mettere la mano sulla maniglia della portiera per evitare che si chiudesse.

“C’è stato un malinteso” esordì.

Dalla sua posizione sul sedile, Molly tenne lo sguardo fisso avanti a sè.

“Ho sentito bene quello che stavi dicendo” mormorò.

“Allora significa che il tuo cervello non ha lavorato abbastanza da poter capire!”

La ragazza spalancò la bocca e si voltò verso di lui.

“Vuoi anche insultarmi, ora?”

Per un attimo, Sherlock rimase interdetto.

Si era prefigurato quindici scenari diversi per la sua dichiarazione a Molly.

Questo non era stato assolutamente previsto.

 “Senti” ricominciò lei con voce rotta “capisco che non sono importante come le altre persone in quella casa, ma questo non significa che tu... che tu debba pensare quelle cose. Se è perchè pensi che sono patetica non dovevi sentirti obbligato ad invitarmi, sono perfettamente in grado di gestire la mia vita e passare le feste da sola, non sarebbe la prima volta e non sarà neanche l’ultima e”

“Oh per la miseria!”

 
 
***
 
 

“Allora che sta succedendo?”

“Un attimo solo, non vedo bene... Mary non spingere! Stanno parlando, lei però è entrata in macchina”

“Myc, se solo tu fossi intervenuto subito...”

“Esatto mamma, diamo sempre la colpa a me della straordinaria inettitudine di mio fratello... e il mio nome è Mycroft!”

“Per lo meno la macchina non è ancora partita...”

“Oh caro... non pensi che la lascerà andare via, vero?  È cosi carina...”

“Fa a pezzi le persone morte”

“Mycroft!”

“E poi regala i suddetti pezzi a tuo figlio, mamma...”

“Adesso basta! John faccia passare me... senza offesa ma sono il più alto, ci vedo meglio”

“Si Signor Holmes...”

“Allora?”

“Oh”

“Oh, che cosa?”

 
 
***
 
 

Sherlock Holmes aveva zittito Molly Hooper nell’unico e più efficace modo che gli era venuto in mente.

“Quindi non pensi che io sia patetica”

L’interruzione del bacio portò a una smorfia di scontento del consulente investigativo.

“No” rispose unendo di nuovo le loro labbra.

“Perchè hai detto quelle orribili cose allora?”

Lui emise un gemito di frustrazione per la nuova interruzione.

“Colpa di Mary” borbottò prima di riprendere quella che aveva appena deciso di eleggere a una delle sue dieci attività preferite.

“Che c’entra Mary?”

Sherlock emise un altro gemito.

“Molly, sto cercando di far si che il nostro primo bacio sia indimenticabile, ma tu stai rendendo il tutto un po’ difficile!”

Alla vista della patologa e delle sue braccia improvvisamente conserte e non più sepolte tra i suoi riccioli (altra cosa  molto gradevole), il consulente investigativo capitolò.

“E va bene. Lei mi stava infastidendo” annunciò.

“Infastidendo?”

Annuendo deciso, Sherlock agitò le braccia.

“Mi ha seguito in giardino perchè lei e John erano convinti che ti avessi invitata con l’intento di dichiararmi!” dichiarò a gran voce “Ovviamente avevano ragione, ma non mi sembrava il caso di dirglielo e cosi ho cercato di sviare i sospetti, ma ero cosi nervoso che ho detto un mucchio di sciocchezze... e ti ho ferita” terminò in tono più tranquillo.

Visto che la patologa era rimasta in silenzio dopo quella spiegazione, il consulente investigativo strinse gli occhi preoccupato.

“Molly?”

 
 
***
 
 

“Si stanno ancora baciando?”

“No... adesso stanno parlando”

“E come parlano? Sono sereni o stanno litigando?”

“Non lo so... nostro figlio agita le braccia e lei lo ascolta”

“Quindi Sherlock sta rovinando tutto”

“John!”

“Ohhhh...”

“Di nuovo? Ohhhh, cosa?!?”

 
 
***
 
 

“Deduco che tu non sia più arrabbiata con me, visto il tuo assalto nei miei confronti... non che mi stia lamentando, sia chiaro”

Questa volta era stato Sherlock a interrompere il bacio iniziato con entusiasmo da Molly, giusto per essere sicuro che fosse tutto a posto.

Molly annuì, poi riprese a baciarlo.

“Come hai convinto Mycroft a organizzare il tuo rientro a Londra?”

Con un gemito di insoddisfazione, lei tornò a guardarlo.

“Ora chi è che sta rendendo difficile il nostro primo bacio?” chiese con una punta di esasperazione.

Sherlock inclinò la testa in segno di attesa.

“Oh, insomma! Mi doveva ancora un favore per averti aiutato nella tua finta morte”

L’espressione di lui si fece scandalizzata.

“E con tutto quello che avresti potuto chiedergli gli hai domandato questo??”

Lei si morse il labbro.

“Ero molto triste... e adesso che ci penso devo davvero rientrare a Londra. Almeno per coprire il turno di stanotte”

Un sorriso apparve sul viso del consulente investigativo.

“E io naturalmente ti accompagnerò, senza che la mia famiglia abbia qualcosa da ridire. Magnifico. Ti rendi conto, Molly Hooper, che stai rendendo il mio Natale meraviglioso?”

“Torneremo domani sera”

Il sorriso si fece meno convinto.

“Dobbiamo proprio?”

Molly annuì decisa.

Sherlock la osservò per qualche secondo per valutare la serietà della sua dichiarazione, poi capitolò con un sospiro.

“Va bene. Ma niente tombola con assaggio di liquore ad ogni estrazione”

“Parla per te, Sherlock Holmes. Io non vedo l’ora di giocare”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
  
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