Questa
storia la dedico a Liberty_Fede
per il suo compleanno.
Auguri, dolcezza!
Gli occhi
di un assassino
Era
una mattina come tante quando, già vestita di tutto punto per andare a
lavoro,
il mondo decise di crollarmi addosso e seppellirmi.
Sedevo al tavolo
della cucina sorseggiando del caffè nero senza zucchero, lo
sguardo nocciola pallido perso nelle trame del legno, quando la voce di
mio
marito riscosse la mia attenzione.
“Tesoro, senti qua
che roba: Malfoy è stato arrestato!” alla mia espressione
disinteressata, si affrettò ad aggiungere altro, “Il furetto, dico.
Draco
Malfoy.”
Mi voltai di scatto a
fissarlo, abbandonando la colazione, il panico che mi
serpeggiava nelle vene.
Cercai di rimanere
impassibile e di mascherare lo sconcerto, provocato più dalla
mia reazione – il cuore che tuonava nel petto, le mani sudate,
tremanti, il
respiro sibilante – che non dalle parole di Ron, ma era un tormento.
“L’accusa?”
La mia voce suonò
singolarmente calma, persino fredda, eppure fremevo d’impazienza
mentre lui scorreva l’articolo nella sua interezza.
Faticai a trattenermi
dallo strappargli il giornale dalle mani.
“Omicidio
premeditato! Oh, Dio, si crede che abbia assassinato moglie, cognato
e figlio!”
Qualcosa, dentro di
me, si sbriciolò come fosse vetro, ghiacciandomi fin dentro
le ossa.
Non è possibile.
Non facevo che
ripetermelo, mentre il fragore mi assordava e le macerie si
accumulavano in banchi di rovine. Non volevo crederci e non dovevo,
perché non
poteva essere vero.
Draco non era un
assassino.
Se potevo aver avuto
qualche dubbio quando aveva sedici anni, ora mi era
semplicemente impossibile.
Non conoscevo Malfoy,
non davvero. Eppure sentivo di sapere l’essenziale, di
capire ciò che lo muoveva. Non ero forse sempre stata brava ad arrivare
al
cuore delle cose, delle persone? ...di lui?
Amava Scorpius tanto
quanto lui non era stato amato da Lucius; non impazziva
per sua moglie, ma le voleva bene; aveva, nonostante tutto, ancora
troppa
riverenza per il sangue, per anche solo pensare di freddare suo
cognato, un
Greengrass.
Soprattutto, non
volevo credere che potesse aver fatto una cosa del genere a
me, anche se sapevo di non contare nulla per lui.
Senza una parola di
più, mi avvolsi in un mantello color antracite e sprofondai
tra le fiamme di smeraldo del nostro camino, diretta al Ministero.
Draco non aveva gli
occhi di un assassino.
Quando raggiunsi
l’Ufficio del Capo Auror, non mi premurai di bussare alla
porta, ma mi limitai a fare irruzione nella saletta gremita. A quanto
pareva,
avevo interrotto una riunione.
Eppure non mi importava,
dovevo sapere.
“Harry, ti devo
parlare. Adesso.”
Il mio migliore amico
si mostrò un poco sorpreso, ma, dopo un’occhiata all’espressione
forzatamente calma che condizionava i miei lineamenti, capì che c’era
qualcosa
che non andava in me, e congedò tutti i suoi sottoposti con fare
asciutto.
Appena restammo soli,
mi accasciai senza forze sulla poltrona dall’altro capo
della scrivania a cui sedeva lui. Tremavo, mi sentivo fredda e
febbricitante,
ma gli imposi di non provare a toccarmi inchiodandolo con uno sguardo
fermo.
Mi concessi un minuto
di silenzio per raccogliere le idee, ma ero troppo
confusa. Il dolore mi assaliva a ondate, avevo un sapore ferroso – era il
sangue dei Greengrass? – in bocca, ero terrorizzata e
in frantumi un attimo
prima, incredula quello dopo.
Alla fine, mi decisi.
Non aveva senso temporeggiare, crogiolarmi nell’incertezza.
Meglio una coltellata che un dubbio di quelle proporzioni.
“Il caso Malfoy. Lo
segui tu?”
Harry, che aveva
atteso con pazienza che mi districassi dal mio personale
intrico di spine, sgranò gli occhioni verdi, sorpreso.
Tuttavia, si riprese
fin troppo in fretta.
“Naturalmente, è una
brutta storia... Non posso parlarne, Hermione, lo sai.”
“Non mi importa,
Harry” lo interruppi, nel tono meno angosciato che riuscii ad
utilizzare, “Voglio sapere tutto. Ti prego, ne va della mia sanità
mentale!”
Mi ero sbilanciata
troppo, me ne accorsi subito, dal modo in cui lui iniziò a
soppesarmi, valutando le mie reazioni e la mia determinazione, a caccia
di dettagli,
a caccia di prove.
Sostenni l’esame
senza fiatare, ma dentro continuavo a crollare, ad andare in
pezzi e a franare, punte di spilli nei miei occhi troppo aridi, urla
incastrate
in gola.
“Va bene” cedette
infine, le iridi adombrate dalle palpebre per metà calate, “Ma
prima voglio che tu risponda a una domanda.”
Annuii appena, in
attesa.
Draco non è un assassino.
Le mie certezze
parevano castelli di carta, ed altro non erano che supposizioni,
mi corresse la mia mente fin troppo razionale. Supposizioni e speranze,
perché,
in fondo, cosa sapevo io di Draco Malfoy, a parte che aveva una bella
voce e
fascino ardente da vendere?
Eppure Draco non era un
assassino, così come io non ero una stupida.
“Vai a letto con lui?”
Il torpore di cui ero
preda non bastò a trattenere il mio sospiro bruscamente
sorpreso, reciso tra i denti.
Harry poteva davvero
credere plausibile qualcosa di tanto sporco?
Sposati – non
felicemente, ma pur sempre sposati -, con figli entrambi, il suo
erede fidanzato con la mia primogenita.
Eppure non l’avevo
pensata così quando, soltanto un mese prima, lui mi aveva
inchiodata al muro del mio ufficio per baciarmi e pretendermi con
l’arroganza
di chi ha avuto sempre tutto.
Scacciai quel ricordo
trasognato, che mi riempiva di brividi e spasmi, provando
con tutta me stessa a sentirmi limpida, incorrotta.
La verità era che,
per quanto avessi adorato assaggiare il suo buio, l’avevo
rifiutato. Forse non io e non i miei sensi, ma la mia indole fedele,
che si
contorceva disgustata al solo udire la parola “tradimento”, era stata
categorica.
“No, Harry” soffiai,
cercando di mantenermi calma, “Mi credi davvero capace di
una cosa del genere?”
Lui si rilassò
visibilmente, sorridendo persino.
“Dovevo chiedertelo.
Allora, cosa vuoi sapere?”
Per un attimo il
dubbio di star sbagliando, di star per entrare in un qualcosa
che non avevo il potere di controllare, mi frenò, ma l’immagine del
sorriso di
Draco mentre mi osservava bastò a spazzare via qualsiasi insicurezza.
“Tutto, Harry, tutto.
Non trascurare niente.”
Lui annuì pensieroso
e iniziò a raccontare, trafficando con delle carte che
aveva sulla scrivania, inerenti al caso, supponevo.
“Ieri sera ci è
arrivata una segnalazione anonima riguardo un orrendo crimine
che sarebbe stato consumato a Villa Malfoy. Abbiamo provato a
contattare i
padroni di casa, ma non ha risposto nessuno, così siamo andati a
controllare.”
Bevevo le sue parole
come fossero acqua, ma avevano il gusto amaro del fiele.
“Il portone era
aperto, siamo entrati e abbiamo trovato, nel salone principale...
Hermione, davvero, non credo che vorresti sapere” alla mia occhiata
vitrea,
Harry sospirò appena e proseguì, la voce ridotta ad un fruscio di carta
che si
straccia, “Asteria, la moglie, era riversa contro un muro, si vedeva
che era
stata torturata, c’era sangue ovunque... Al fratello, Deynos
Greengrass, era
stato riservato lo stesso trattamento. L’unico che non portava i segni
della
violenza era Scorpius, pensiamo sia stato ucciso per errore, nella
colluttazione.”
Lo sguardo dell’Auror
era vuoto mentre parlava del giovane Malfoy, che
conoscevamo entrambi molto bene. Era stato un buon amico per suo figlio
Albus,
quando questi era finito a Serpeverde, ed era stato un buon fidanzato
per la
mia bambina.
Mi chiesi, disperata,
come avrei potuto rimettere in sesto Rose, che non aveva
mai amato nessuno a quel modo e che, lo sapevo, non l’avrebbe fatto mai
più.
E ancora me li figuravo
davanti, quei due ragazzini innamorati, che si
sussurravano promesse e giuramenti poco prima di separarsi per
l’estate, il
sorriso sempre un po’ spento...
Una lacrima si
districò dalla gabbia delle mie ciglia, scivolò lungo la gota
scolpita e mi si infranse sulle mani, intrecciate e serrate tra loro
fino allo
spasmo.
“Perché pensate che
sia stato Draco?”
Harry si riscosse,
stropicciandosi gli occhi lucidi e schiarendosi la gola. Mi
colpì notare quanto anche lui fosse coinvolto e ferito, e capii perché
avesse
deciso di occuparsene di persona.
“Non c’erano segni di
effrazione, e Villa Malfoy è praticamente una fortezza.
Non ha un alibi per ieri sera e, in realtà, si rifiuta proprio di dirci
dov’è
stato. In più, ha un movente.”
Spalancai le
palpebre, sconvolta e anche spaventata.
Avevo creduto che ci
fossero a suo carico solo prove indiziarie, e invece la
situazione si stava rivelando peggiore di quanto avessi immaginato.
Eppure, non potevo credere che fosse stato lui,
non potevo.
“Quale?”
L’espressione di
Harry si fece tesa, il suo bel viso venne ridisegnato dal
ribrezzo.
“C’erano delle
lettere sul pavimento, lettere che la signora Malfoy mandò a suo
fratello” una pausa lunga un secolo ed io non riuscivo a respirare,
“Draco non
era il padre di Scorpius.”
Il trauma fu
istantaneo.
Non riuscivo a
capacitarmi di una cosa del genere, Scorpius era praticamente
identico a qualunque Malfoy io avessi conosciuto: i capelli d’un biondo
lunare,
i tratti spigolosi, il fisico asciutto, quei grandi occhi d’argento.
Era un buon movente,
perché la discendenza era importante per i purosangue, ma,
anche se fosse stato vero, dubitavo che Draco sarebbe mai riuscito ad
uccidere
il bambino che aveva sempre creduto suo, che aveva cresciuto come suo.
Non poteva essere una
tale bestia...
“E chi, allora?” mi
sforzai di chiedere, in un sussurro greve, “Andiamo, Harry,
Scorpius è la fotocopia di Draco. Assomiglia persino a Lucius!”
“Questo perché non
hai visto Deynos Greengrass.”
Per la millesima
volta nella stessa giornata, restai senza parole.
Ero disgustata e
ferita, e neanche riuscivo a immaginare come si fosse sentito lui,
il mio tesoro e il mio tormento, davanti a una verità così morbosa: il
suo
unico erede, frutto dell’amore incestuoso tra sua moglie e il di lei
fratello.
C’era da perdere la
testa e, anche se mi odiavo per quello, cominciai a
dubitare della sua innocenza.
Lo stavo tradendo
persino io.
“Avete fatto gli
accertamenti necessari?”
Harry scosse il capo,
triste e deluso, probabilmente dall’intero genere umano.
“Draco non ce lo
permette, ma, Hermione, non ce n’è bisogno. Ci sono le
lettere, in cui Asteria ha scritto chiaramente a Deynos...” raccolse il
verbale
dalla scrivania e iniziò a leggere, “ - Non puoi lasciarci così, io
amo
soltanto te. Pensa a Scorpius, ha i tuoi occhi... - e li ha davvero,
piccola. Basta guardarli per riconoscerli.”
Naturalmente sapevo
che c’era qualche piccola possibilità che non fosse vero,
che si somigliassero per puro caso e per genetica, dato che erano
comunque zio
e nipote. Sì, lo sapevo, ma non cercai neanche di spiegarlo al mio
migliore
amico, perché nemmeno io ci credevo veramente.
“In più, c’è un’altra
cosa. Asteria è stata uccisa vicino alla parete su cui è
disegnato l’arazzo della Casata dei Malfoy, e... e le sue impronte
insanguinate
si sono impresse sul nome di suo marito, prima che crollasse a terra.”
La sensazione di
vuoto si acuì, avevo l’impressione di stare per sprofondare.
Non sapevo dove sarei andata a finire, ma tutto, tutto, era preferibile
a quello, a morire lentamente su una vecchia poltrona dell’Ufficio
Auror,
davanti allo sguardo pieno di compassione dell’Eroe del Mondo Magico.
Non cercai nemmeno di
trattenere le lacrime, perché tanto non ci sarei
riuscita, e, quando Harry mi raggiunse per stringermi, crollai tra le
sue
braccia, singhiozzando come non mi capitava da anni.
Allora avevi davvero gli
occhi di un assassino, soltanto che io non me ne
sono mai accorta.
Quando, dopo molto
tempo, riuscii a calmarmi, al prezzo di un deserto di rocce
e nebbie dentro di me, mi issai lentamente dalle gambe del mio migliore
amico,
aggrappandomi alle sue spalle.
“È nella vecchia ala
della prigione, non è vero?”
Quando lui assentì, i
brividi mi assalirono.
Dopo la fine della
Seconda Guerra, i Dissennatori avevano perso il loro ruolo
di guardie carcerarie. Erano stati sterminati quasi tutti – erano
troppo
imprevedibili e troppo malvagi, e si erano schierati col nemico una
volta di
troppo – e venivano tenuti sotto controllo dal Ministero. Soltanto
alcuni di
loro erano rimasti ad Azkaban, nella vecchia ala della prigione, in cui
venivano rinchiusi i criminali che si erano macchiati dei crimini più
feroci;
in più, dato che il Bacio non era stato abolito, venivano utilizzati
anche per
quello.
Tuttavia, Draco non
meritava di stare lì. Forse era colpevole o forse no, ma
non potevo permettere che accadesse a lui – l’immagine del suo volto
terrorizzato, a sedici anni, mi tormentava.
“Mettilo tra i
criminali comuni, Harry” alla sua espressione indignata,
raccolsi il suo volto tra le mie dita fragili, mordendomi quasi a
sangue il
labbro inferiore, “Ti prego, ti prego, fallo per me.”
Dovette lottare con
se stesso e la sua morale per accontentarmi, ma alla fine
mi promise che l’avrebbe fatto. Era sempre stato incline al perdono, il
mio
Harry.
“Non crederlo
innocente, piccola. Ti fai solo del male” mormorò, ben udibile,
prima che scappassi dal suo ufficio e tornassi a casa.
Forse ero in stato di
choc, ma, quando arrivai in camera da letto, crollai
sulle coltri e mi addormentai all’istante, senza fiato per il dolore.
Passarono molti
giorni, da quando Malfoy venne accusato. Immagini del suo volto
fiero mi assillavano dai giornali, dai ricordi, dalle voci di mio
marito e di
mia figlia, che giaceva immobile, consumata dal dolore, senza nemmeno
più la
forza di mangiare.
Lo detestavo, ero
consumata dalla rabbia e dalla paura, perché, nonostante
tutto, non sopportavo che soffrisse, anche se non riuscivo a capire se
lo
considerassi io stessa colpevole o innocente.
Eppure, ogni notte,
senza eccezioni, lui e i suoi occhi d’assassino infestavano
i miei sogni – ed io mi svegliavo, inevitabilmente, in lacrime e con un
urlo
che mi scorticava la gola.
***
Quattro
mesi prima
“Ehi, Granger!
Aspetta!”
Mi voltai, sorpresa,
udendo quella voce, insolitamente morbida come velluto.
Davanti a me, Draco
Malfoy si stagliava nella sua notevole altezza, nell’elegante
abito scuro. Le sue iridi lucenti erano increspate, un sorriso vago
aleggiava
tra quei lineamenti spigolosi.
Rimasi stupita, era
molto tempo che non lo vedevo – se non si volevano
considerare gli incontri fugaci al binario 9 e 3/4. In effetti,
nonostante
lavorassimo entrambi al Ministero, non l’avevo mai incontrato – ricordavo un
lampo di biondo platino alla fine di un corridoio, uno scorcio del suo
profilo
riflesso in una finestra, la sua voce gelida che strisciava fuori da
una porta
schiusa, indizi della sua presenza che non mi avevano mai permesso di
dimenticare
che lui era lì.
Mi porse una busta
pesante, col blasone dei Malfoy in filigrana d’argento che
spiccava arrogante sulla pergamena. L’accettai, confusa.
“Per Rose, da parte
di Scorpius” chiarì divertito e, dopo avermi scoccato un
altro sorriso cangiante, sparì nell’ascensore dorato.
Era uno strano rito,
il nostro. Facevamo da postini d’amore per i nostri figli,
eppure ero certa che non ce ne fosse bisogno, visto che i gufi, per
quanto ne
sapevo, non si erano ancora estinti.
Tuttavia, non mi
lamentavo mai. Mi piaceva che lui spuntasse agli orari più
strani alla porta del mio ufficio, facendo fremere le mie colleghe, con
quel
sorriso che rivolgeva soltanto a me. Mi piaceva il suo modo ironico di
prendermi sempre in giro, mi piaceva la confidenza che si prendeva, e
mi
piaceva molto anche riuscire a capire quando c’era qualcosa che non
andava –
mascella serrata, voce gelida, sguardo duro.
La semplice verità
era che mi piaceva avere Draco Malfoy attorno.
La me stessa
ragazzina non avrebbe accettato una cosa del genere; la donna che
ormai ero diventata scosse le spalle e liquidò rapidamente l’argomento.
“Granger, posso dirti
una cosa?”
Lo osservai, curiosa.
Tutto quello che diceva risultava interessante, forse
perché era la sua mente, la prospettiva con cui guardava il mondo, ad
essere
originale.
Lui sorrise.
Sorrideva sempre, niente più ghigni grondanti veleno.
“Da giovane eri un
vero mostriciattolo, con quei capelli tremendi e le dita
sempre macchiate di inchiostro... La maturità ti dona, sei molto più
bella.”
E, prima che potessi
formulare una risposta, lui se n’era già andato.
Mi aveva davvero
definita bella?
Decisi di ignorarlo
per un po’.
Ero a disagio per
quel complimento, ma soprattutto perché non riuscivo a
decifrare il suo atteggiamento. Nel Mondo Magico, sapevano tutti che
Draco non
era il marito perfetto e le sue avventure clandestine facevano
chiacchierare da
tempo, oltre che nutrire di gustosi articoli riviste di dubbia moralità
– e,
come ricordavano le testate scandalistiche, nessun Malfoy era un marito
fedele
dai tempi di Abraxas, seduttore di un’altra epoca.
Tuttavia, Draco era
molto discreto. Per lo meno, io l’avevo sempre visto
mantenere le distanze con colleghe e giovani stagiste, alcune delle
quali anche
piuttosto sfacciate. Ma Draco non aveva occhi per loro, le incantava
con un
sorriso cortese e se ne districava altrettanto in fretta.
Se fosse per rispetto
alla moglie non saprei dire, ma di certo non gradiva
mischiare lavoro e piacere. Ne ero così scioccamente convinta che fu
quasi un
trauma quando lo trovai in compagnia.
Ero andata nel suo
ufficio stando ben attenta a controllare i suoi orari, pur
di non incontrarlo. Intendevo lasciargli la lettera sulla scrivania,
così da
evitare di doverlo affrontare, quand’ero ancora così turbata dal nostro
ultimo
incontro.
Quello che non potevo
prevedere era che lui fosse nell’ufficio, a luci spente,
con una stagista bruna che non poteva avere più di venticinque anni.
Mi paralizzai,
incapace di reagire.
I suoi capelli
biondi, sparsi su quel collo sottile; la sua bocca che si
serrava su quella pelle troppo tenera, le sue dita che si perdevano
nella
chioma brunita di quella giovane strega.
Serrai le palpebre,
nauseata, e mi ritrassi troppo bruscamente, cozzando contro
una scrivania e spargendone rumorosamente il contenuto a terra.
Lui si scostò di
scatto dalla sua amante e riuscì a vedermi mentre scappavo
via.
Mi rincorse, mi
strinse un polso e mi obbligò a girarmi di scatto. Non
piangevo, ovviamente, ma il dolore era più forte ed insistente di
quanto mi
aspettassi – anche se io non ero nessuno per soffrire del suo
tradimento.
Non lo sopportavo.
“Non mi sembrava tua
moglie, quella!” lo aggredii, prima che riuscisse a
parlare, e fu un errore, perché lui si chiuse subito in se stesso.
“Non sono affari
tuoi. Comunque no, non era mia moglie. È un problema, per te?”
Così distaccato e
così freddo, e il mio cuore che andava in frantumi.
“Credevo fossi
diverso, e invece sei rimasto il bugiardo che conoscevo e
detestavo!”
Non mi rincorse una
seconda volta.
Non lo vidi per
giorni interi.
All’inizio la rabbia
mi sostenne, ma col passare del tempo la sua mancanza si
fece sentire, sempre più struggente. Mi ero infilata in un intrico di
spine dal
quale non potevo fuggire.
Non avevo scampo.
Lo sapevo, ma quando
lo vidi, ritto nell’Atrio del Ministero, con quel volto
severo tutto spigoli e le labbra incurvate all’ingiù di quando era
infelice, la
mia razionalità non riuscì a fermarmi. Né avrei voluto che lo facesse.
“Malfoy!” gli andai
incontro, ignorando gli sguardi straniti della gente
attorno a noi.
Mosse lentamente il
viso verso di me, come se non fosse del tutto certo di ciò
che stava facendo, ma quando i suoi occhi grigi mi inchiodarono mi
sentii
impazzire dalla felicità.
Mi sei mancato.
Avrei voluto urlarlo.
L’entusiasmo nei miei
gesti era così evidente e talmente esagerato che la sua
espressione altera si sciolse subito. La sua vanità si concesse un
mezzo
sorriso sarcastico, ma il suo sguardo non mentiva, e bruciava come se
non
vedesse l’ora di sbattermi contro una parete e strapparmi i vestiti di
dosso.
Era un pensiero
folle, folle! Non lo credevo nemmeno possibile, ma il mio
istinto era così certo di quella conclusione e così felice della stessa
che non
mi parve neanche tanto sbagliato.
Dopo la lite, non
avevo sperato che di rivederlo.
“Dove sei stato?”
soffiai, più per il piacere della sua conversazione che non
per vera curiosità.
Seppi subito di
averlo urtato, anche se non immaginavo come.
“Sono stato a Venezia
in vacanza!” mormorò serio, ma si sciolse quasi subito in
un’espressione sprezzante, “E ti ho portato un regalo. Una maschera.”
Mi spinse fra le mani
una scatola color dell’avorio.
“Ho pensato che ti
potesse essere utile. Con questa in faccia, non dovresti
avere problemi a fingere.”
La sua schiena che si
allontanava fece più male di quanto fossi disposta ad
ammettere.
Ci ignorammo.
Sembrava fosse tutto
finito – scioccamente, mi ripetevo che niente era nemmeno
mai iniziato.
Ma
non era vero, non del tutto.
Eravamo legati, in
una maniera così pacata eppure così intricata che non
riuscivo a spiegarmelo. Quando era successo? Come avevo potuto
permetterlo?
Volevo sottrarmi?
La porta del mio
ufficio si spalancò e si richiuse di scatto. Ebbi appena il
tempo di sollevare lo sguardo sul suo volto stralunato prima di
sentirmi spingere
contro la parete.
Il suo respiro a due
centimetri dalla mia bocca era affannato di rabbia.
Istintivamente,
conficcai le dita nelle sue spalle per cercare di guadagnare un
po’ di spazio, ma sembravo aver perduto le forze. Le mie unghie
scavavano la
sua camicia, mentre il suo profumo mi saccheggiava.
“Che cosa mi hai
fatto?”
Fu un ringhio tanto
sommesso che pensai di averlo immaginato e poi la sua bocca
premette sulla mia senza delicatezza alcuna.
Cercai di sottrarmi
debolmente, senza convinzione, ma le sue labbra fecero a
pezzi le mie resistenze e il desiderio di lui, bruciante appena sotto
pelle,
fece il resto.
Mi scostai solo
quando le sue mani mi sgualcirono la camicetta nella fretta di
levarmela di dosso.
Lo volevo, lo volevo
con tutta l’anima e con tutto ciò che ero, ma non potevo.
Semplicemente, non
potevo.
“No, Draco, no...”
Si scostò dal mio
collo e i suoi occhi pazzeschi mi fissarono impietosi. Il
silenzio degli uffici deserti sembrava un invito a lasciarmi andare.
“Perché no? Lo so che
mi desideri...”
La sua voce divertita
mi irritò, ricordandomi che per lui un tradimento non era
nulla. Se io avessi ceduto, invece, mi sarei disprezzata e avrei
accettato,
nell’esatto istante in cui gli avessi permesso di andare oltre, che il
mio
matrimonio era finito.
Ma lui e il suo
sorriso arrogante non l’avrebbero mai capito.
Lo spinsi via con
decisione, mi lasciò andare senza dubbio per la sorpresa, ma
si riprese subito, e i suoi occhi freddi mi scrutarono in cerca di
qualche spiegazione.
“Perché te ne vai?”
La sua domanda mi
fece avvampare di rabbia, mi voltai di scatto e frenai a
fatica l’impulso di tirargli uno schiaffo.
“Me ne vado perché se
resto mi sedurrai contro quel muro fino a farmi cedere!”
Gli gettai la verità
in faccia apposta per ferirlo, per fargli sentire l’intensità
del mio rifiuto, ma l’espressione compiaciuta che si stampò in faccia
mi
ricordò con dolorosa precisione quanto fossimo diversi.
“Oh, Malfoy...”
sussurrai solo, con tristezza, prima di scappare via.
***
Mi svegliai, cosparsa di sudore freddo.
La casa era silenziosa, al mio fianco Ron dormiva i suoi sogni
incantati, non
infestati da assassini dagli occhi chiari. Persino dalla camera di Rose
non
proveniva alcun rumore, nessun pianto sommesso.
Mi alzai, ancora stravolta, e mi chiusi in bagno. Evitai di guardarmi
allo
specchio mentre mi sciacquavo il viso, non avrei sopportato la vista
della mia
espressione, un misto di ansia e disperato dolore, né le scie ancora
fresche
lasciate dalle lacrime.
Perché, perché ero così sicura che lui fosse innocente? Perché il mio
subconscio mi tormentava in questo modo, riproponendomi in
continuazione
tutto ciò che io e lui non avevamo mai avuto?
Perché ero costretta a vivere con l’immagine di quel suo
sguardo increspato
cucita sulle palpebre?
Non aveva senso, perché tutte le prove indicavano che era stato lui a
distruggere la propria famiglia. Mi ero rassegnata al suo destino, ma
la verità
era che non riuscivo a sopportarlo.
L’idea di lui senz’anima era intollerabile.
Draco non lo merita, Draco non ha gli occhi di un assassino.
Respirai profondamente, prima di sollevare il capo e rimandarmi
un’occhiata
risoluta, color oro brunito.
Avrei indagato.
Era folle, e la mia mente tanto analitica mi stava insultando in modo
piuttosto
colorito per quella decisione, ma non potevo fare altrimenti. Forse mi
stavo
imbarcando in un qualcosa di più grande di me, ma, in fondo, non avrei
fatto
del male a nessuno: se lui si fosse rivelato innocente, l’avrei
scagionato e
salvato – e sarei potuta tornare alla mia insipida vita;
in caso
contrario, mi sarei dovuta rassegnare e, forse, avrei dormito di nuovo
sonni
tranquilli.
Avrei dovuto capirlo, che lo scotto l’avrei pagato io. Eppure
a volte mi
domando se, davvero, mi avrebbe fermato.
***
La porta di legno
massiccio si schiuse con un cigolio sinistro, un raggio di
luce aranciata colpì la pietra viva sotto i miei piedi.
Tremavo in modo quasi
incontrollato, quando Harry – la disapprovazione stampata
in faccia e il desiderio di non sapere nello sguardo – mi fece cenno di
entrare
nella cella, affinché potesse richiuderla alle mie spalle.
“Puoi restare quanto
vuoi, viste le circostanze” c’era una rigidezza tale nel
suo tono che, per un attimo, temetti di sciogliermi in lacrime, “Non ti
faccio
consegnare la bacchetta, Hermione, e non ho intenzione di controllarvi.
Non
farmene pentire.”
Entrai nella stanza a
capo chino, intimorita da quello che avrei potuto vedere,
e invece mi ritrovai davanti una comune camera da letto, elegante ma
non
sfarzosa: letto a baldacchino, uno scrittoio con un candelabro e carta
da
lettere, una poltrona di broccato un po’ consunto e un’altra porta,
schiusa su
un piccolo bagno.
Ma di cosa mi stupivo?
Ogni condannato a morte ha il diritto di passare un’ultima
notte al mondo perfetta.
“Potter, sei ancora
tu? Potrei credere che ti dispiaccia per me...”
La voce morì in gola
a Draco quando, uscendo dal bagno – pantaloni del pigiama
cascanti sui fianchi, piedi nudi, i residui della schiuma da barba su
quel
volto ancora magnifico -, si accorse della mia presenza.
Avrei voluto rimanere
immobile a farmi guardare, piccola e infreddolita nel
mantello da viaggio grondante di pioggia, ma le mie gambe si mossero da
sole e
mi portarono ad un soffio da lui.
Il mio istinto
avrebbe voluto che mi gettassi tra le sue braccia per baciare
quella bocca dischiusa, ma mi frenai. Ero sposata – sposata, sposata,
sposata... se ripeti abbastanza a lungo una parola, quella perde di
valore e
significato, non lo sai? – e lui era condannato. Non
era un assassino, ma
domani non sarebbe stato più nessuno.
Qualcuno l’avrebbe
trovato romantico, morire con un bacio. A me faceva risalire
la bile fin sulla lingua.
“Granger...” era così
sorpreso, ma non nel modo giusto, era troppo guardingo, “Cosa
ci fai qui?”
Rimasi muta, senza
sapere cosa dire, forse per la prima volta in vita mia, o
forse come ogni volta in cui mi trovavo ad affrontarlo.
Lui, che avevo
disprezzato, che avevo odiato. Lui, per cui avevo provato pietà.
Lui, che avevo disperatamente desiderato.
Lui, per cui avevo
tradito tutto, moltissime volte, anche se soltanto nei
miei sogni.
Alla fine, ancora
incredula per la sua reazione, decisi di attingere a un poco
del suo menefreghismo. Mi sfilai il mantello dalle spalle, gettandolo
sulla
poltrona, e rimasi con un semplice vestito nero, stretto in vita. Non
mi ero
mai sentita così nervosa, non sapevo cosa diamine fare.
E se pensavo a domani,
io...
“Già a lutto,
Granger?”
Scattai con lo
sguardo fino ad incontrare le sue iridi d’argento, velate di
divertimento. Per un attimo, avevo davvero creduto che il colore del
mio abito
l’avesse offeso, ma fu più sconcertante notare come scherzasse riguardo
il suo
destino.
“Non è simpatico,
Malfoy” ringhiai, in un misto di urgenza e rabbia, “Come puoi
avere ancora voglia di ridere?”
Forse non avevo avuto
un grande tatto, ma non mi importava. Lui magari non se
ne curava, ma queste erano le ultime ore in cui avrebbe potuto parlare,
esprimersi, sognare –
le ultime ore in cui io avrei potuto... potuto fare
cosa? Ero soltanto un groviglio di rimpianti inespressi, di desideri
abortiti.
“Se non adesso,
quando?” ribatté serafico, indossando con noncuranza una
camicia, che non si premurò nemmeno di allacciare, “Sono stato accusato
di aver
massacrato la mia intera famiglia e domani sarò giustiziato per un
crimine che
non ho commesso. Se non affronto la faccenda con ironia, temo che
impazzirò. E
mi preferisco spiritoso a delirante.”
Sgranai le palpebre,
sbalordita, e lo trovai a fissarmi con calma invidiabile.
E dovevo sembrare davvero sconvolta, perché lui sbuffò e riprese a
parlare con
molta serietà.
“Non credere che non
mi importi, ma... Ma sono passati quattro mesi e nemmeno
un miracolo mi salverà dal Bacio. E non mi dispiace, perché non ho più
niente.
L’unica cosa che non sopporto è che verrò ricordato come l’assassino di
mio
figlio... Sempre se era figlio mio.”
C’era così tanta
amarezza nella sua voce, così tanto dolore, che scoppiai in
lacrime, un pianto silenzioso, ma travolgente.
Io... io non lo
potevo sopportare! Non lui, non Draco!
Le avevo provate
tutte, da quando avevo deciso di indagare sul suo caso. Avevo
litigato con Harry fino allo sfinimento, al punto che ero riuscita a
farmi
urlare contro per un quarto d’ora filato e ad innescare il suo senso di
colpa,
finché non mi aveva dato il permesso di impicciarmi, implorandomi di
farlo con
discrezione.
Ovviamente, non gli
avevo dato retta. Per prima cosa, mi ero infilata al San
Mungo e avevo eseguito sul cadavere di Scorpius l’incantesimo di
paternità,
senza alcun tipo di autorizzazione. Purtroppo, anche se avevo scoperto
che il
ragazzo era un vero Malfoy, avevo fatto uscire di testa Harry, che mi
aveva
costretta a rendermi conto che la mia prova non sarebbe mai stata
ammessa
davanti al Wizengamot, visto come me l’ero procurata.
Sapevo che era
innocente, me
lo sentivo,
ma, come mi aveva ricordato Harry con asprezza, che Scorpius fosse suo
figlio
non dimostrava affatto che, al momento dell’omicidio, Draco non fosse
convinto
del contrario. Il movente, perciò, reggeva ancora.
A complicarmi le
cose, Draco aveva continuato a non volersi fornire un alibi
per quella terribile notte. Dopo molte ricerche, ero venuta a
conoscenza del
fatto che si trovava con la sua amante del momento, una ragazzina
purosangue
con vent’anni meno di lui – la figlia di un suo caro amico, fidanzata e
prossima al matrimonio, il che era probabilmente il motivo per cui si
era
rifiutato di dire che era in sua compagnia. Mi sembrava così stupido,
ma lui
era talmente testardo...
Nel frattempo, lui
era stato condannato al processo e persino al ricorso in
appello e, anche se io sapevo la verità riguardo la sua innocenza, non
avevo
alcun modo di dimostrarlo. In più, Harry, che non era affatto persuaso
dalle
mie “stravaganti” teorie, mi aveva minacciato di chiarire un paio di
faccende a
Ron, se continuavo ad interferire, e non avevo avuto altra scelta se
non
arrendermi.
Avevo pianto ogni
notte ed era solo per i miei occhi gonfi e il tremore
insopportabile che il mio migliore amico mi aveva concesso di
accompagnarlo all’esecuzione
del Bacio. Non ne era stato per niente contento, ma non aveva potuto
negarmelo,
non ne aveva avuto il cuore.
Erano stati mesi
terribili e soltanto in quel momento, con Draco davanti,
riuscivo a sentirmi di nuovo bene, di nuovo viva, e mi chiesi se mi
sarebbe mai successo ancora.
L’indomani sarei morta
insieme a lui?
“Perché sei qui,
Granger?”
La sua voce al mio
orecchio giunse bassa, le fusa di un gatto. Avrei voluto
disperatamente girarmi e premere le labbra contro le sue, per
dimenticare tutto
quello schifo, ma non ne avevo le forze.
Mi limitai a
stringere la sua mano, abbandonata a pochi centimetri da me, senza
osare alzare lo sguardo su di lui.
“Perché dovevo
vederti. Ho sempre saputo che eri innocente... e forse sarei
venuta anche in caso contrario” era doloroso ammetterlo, ma era la
verità, e
lui non meritava niente di diverso, “E poi dovevo dirti una cosa.”
Rimasi senza fiato
quando le sue dita affusolate catturarono il mio mento e mi
costrinsero – con la solita prepotenza, con la solita sicurezza – a
guardarlo
dritto negli occhi, il volto ad un soffio dal suo.
Non mi rispose,
restando in attesa che continuassi.
Faticavo a mantenermi
concentrata, perché, nonostante la situazione fosse poco
meno che disperata, la sua calma mi stava contagiando e iniziavo a
sentirmi
febbricitante, elettrizzata, persino esaltata dalla sua vicinanza.
Naturalmente, mi
ritenevo anche un mostro.
“Scorpius è figlio
tuo, non di Greengrass. Ho fatto l’incantesimo... contro il
tuo volere.”
Mi ci volle tutta la
faccia tosta di cui disponevo per rimanere impassibile e
venni ricompensata da un suo sorriso. Draco scosse leggermente il capo,
ma non
pareva arrabbiato, semmai sollevato.
“Ne ero convinto,
ma... Be’, grazie.”
Restammo in silenzio
e la sua espressione, se dapprima mi era sembrata serena,
si sciolse in una angosciata, che lasciava trasparire tutta la sua
frustrazione.
Avvertii il cuore
stretto in una morsa e, per contro, serrai le dita contro le
sue con ancora più forza.
Non volevo che stesse
male, non volevo che ci pensasse. E non volevo neanche
che me lo portassero via.
“Sai, Granger... io
non amavo Asteria, la tradivo di continuo” era nauseato da
se stesso, e non sopportavo nemmeno quello, “Ma non avrei mai potuto
farle del
male... è stato un trauma scoprire di lei e Deynos. Ma il peggio è che
non
saprò mai chi ha fatto quelle cose... Scorpius...”
Fu assolutamente
naturale per me circondarlo con le braccia e lasciare che mi
si avvinghiasse addosso.
Non riuscivo a
immaginare quello che poteva provare in quel momento, ma ero
certa che fosse terribile, un’agonia... ed era troppo.
Troppo per lui, che
non lo meritava. Troppo per me, che mi sentivo sfaldare e
precipitare e crollare, senza una via di fuga.
Troppo per noi, che non
avremmo mai avuto un futuro, che avevamo solo quella
notte.
Mi separai dal suo
corpo tremante e mi voltai, cercando di controllare i
fremiti e i delitti di cui ero colma. Mi diressi verso il mio mantello,
domandandomi distrattamente se il risultato di una vita passata a
razionalizzare ogni cosa fosse quello, il lasciarsi incendiare e
distruggere in
un solo lampo.
Frugai nella stoffa
bagnata ed estrassi la stupenda maschera veneziana che mi
aveva regalato tempo addietro – sembravano passati millenni.
Era completamente
nera, decorata da una delicata filigrana d’argento che girava
attorno ai fori degli occhi, allungandoli come quelli di una gatta. Mi
copriva
soltanto la parte alta del viso, nastri di raso stretti dietro alla
nuca mi ci
intrappolarono dentro.
D’altronde, senza non
sarei mai riuscita a non odiarmi per quello che stavo
per fare.
Quando mi voltai, lui
mi stava scrutando con affilato interesse. Iridi fredde,
espressione impassibile, labbra incurvate in una smorfia che avrebbe
potuto
significare tutto e niente.
Non avevo scusanti e
pregavo che Harry non si affacciasse alla finestrella
incastonata nella porta, eppure mi piaceva. Stavo impazzendo dalla
voglia di
infrangere tutte le regole fissamente imposte, sbranare la mia morale
e,
soprattutto, amarlo.
Non meritava forse tutto quello che potevo offrire?
E poi, non l’avevo
voluto fin dal primo momento in cui ci eravamo rincontrati?
Non mi piaceva mentire a me stessa e, tutto sommato, i perché li avrei
affrontati un’altra volta, se davvero poi ce n’erano – se davvero
contavano
ancora qualcosa.
Rimasi in attesa, a
fissarlo da dietro la maschera, e la tensione si sciolse lungo
le mie ossa, lasciandomi languida e febbricitante. Forse era così che
ci si
sentiva quando si era sull’orlo di un grattacielo, forse era quello che
si
provava con la canna di una pistola premuta contro una tempia.
Forse stavo impazzendo,
ma non mi importava, non più.
Draco mi raggiunse
con un’unica, fluida falcata.
“Domani ti pentirai
di aver voluto affondare insieme a me” sentenziò e, senza
lasciarmi il tempo di ribattere, aggredì le mie labbra.
Non era come il
nostro primo bacio, affatto. C’era molta più rabbia in questo
incontrarsi, molta più foga, ma andava bene, perché spegneva la testa e
cancellava –
distruggeva
– ogni pensiero.
Mi aggrappai alle sue
spalle, scacciando la stoffa leggera finché non avvertii
soltanto pelle sotto le dita, pelle bianca e liscia e incredibilmente
fredda.
Boccheggiavo quando
lui si scostò dal mio viso, riversando la bocca morbida
nell’incavo del mio collo, le mani che si muovevano lente lungo la mia
schiena,
cercando la cerniera del vestito.
“Ti desidero così
tanto...” sospirai, quando l’abito mi abbandonò e rimasi con
addosso soltanto della biancheria di pizzo nero, scelta secondo quello
che
pensavo essere il suo gusto – omicidio colposo, tradimento
premeditato...
non eravamo soltanto due criminali che stringono promesse facendo
l’amore?
Lui riprese a
baciarmi con rinnovato ardore, spingendomi contro la colonna
intagliata del letto a baldacchino per tenermi ferma. Le volute del
legno mi si
conficcarono nella pelle della schiena in un guizzo di dolore, ma non
mi
importava, non mi importava.
Il mondo stava crollando
ed io con lui.
Si separò per un
breve istante dal mio corpo e le sue mani mi raccolsero il
viso, i suoi occhi grigi, così tristi, così impauriti, mi riportarono
indietro
di venticinque anni in un battito di ciglia.
“Resta con me tutta
la notte.”
Era la cosa più
simile a una supplica che avessi mai sentito sulle sue labbra.
Il tempo l’aveva reso fiero, aveva affilato gli spigoli del suo volto,
ma ora
che non c’era più tempo era tornato il ragazzino pieno di rimpianti che
non
avevo mai voluto salvare.
All’improvviso,
l’immensità della mia codardia mi sconvolse e, con un gesto
pieno di disgusto, mi strappai la maschera dal viso e la gettai a terra.
Lui non meritava
nessuna finzione, non mi interessava quanto male avrebbe fatto
dopo. Rimandavo tutto a dopo, certa che non mi sarebbe
importato nemmeno
allora.
Affondai le dita tra
i suoi capelli e lasciai che mi spingesse sul letto,
attirando il suo corpo più vicino al mio con urgenza, graffi sulle sue
scapole
a testimoniarlo.
“Non me ne andrò”
giurai, un istante prima di lasciarmi annullare dal suo
respiro.
Quando arrivò il
mattino, ero svuotata di ogni energia.
Giacevo sul suo
petto, esausta e sfibrata. Dentro di me c’era un equilibrio inquietante
che, lo sapevo, non era destinato a durare.
La sua mano si
avventurò, insolitamente delicata, tra i miei capelli
scompigliati. Era una carezza così dolce che mi rivoltai contro di lui,
graffiandogli appena una guancia mentre lo baciavo, per ricordargli che
lui non
era così.
E non sarebbe
cambiato per me.
Col respiro un po’
affannato, mi bloccò afferrandomi per il mento. I suoi occhi
scivolarono impassibili sul livido bluastro sul mio braccio, una copia
fantasma
della sua stretta.
“Non voglio che resti
a guardare, dopo. Esigo che tu non ci sia.”
Gli rivolsi
un’occhiata colma di rabbia furente.
“Io non ti lascerò
solo!” sillabai, gelida.
Per un attimo,
restammo a fissarci con astio, alla ricerca di un modo di
prevalere l’uno sull’altra. Appurato che non avrebbe mai piegato la mia
volontà, Draco ringhiò e mi scaraventò sotto di sé un’ultima volta.
Le ritrosie mi
morirono sulle labbra al primo spasmo di piacere.
Mezz’ora più tardi,
vestita e con il cuore in frantumi, l’espressione
stranamente composta, attendevo che mi portassero via quello che, me ne
resi
conto senza scompormi, era il mio più grande amore.
Eppure, sebbene
sapessi che non potevo fare più niente per salvarlo, ero
irrequieta. Mi ero giurata che non sarei stata egoista e non l’avrei
tormentato
di domande sulla vicenda, ma non potevo lasciare che se ne andasse
senza
sapere. Forse ero crudele a pensare solo a me stessa, ma ero certa che
non
sapere mi avrebbe tormentato per il resto della mia vita ed ero sicura
che lui
non lo volesse affatto.
Cercai di resistere,
ma alla fine sbottai.
“Devo saperlo. Perché
non hai voluto fornirti un alibi? Ce l’avevi, lo so, la
ragazza...”
La sua risata
infelice mi ruppe la frase in gola.
“Ma non capisci,
Granger? Niente mi avrebbe salvato!” davanti al mio orrore,
proseguì implacabile, “È tutta la vita che il mondo cerca di farmi a
pezzi...
tutta la vita che ricevo solo diffidenza e disprezzo. Non capisci?
Nessuno
avrebbe creduto alla mia innocenza in nessun caso.”
Era assurdo, lui era
assurdo. Ragionava in maniera talmente stupida! Ai miei
occhi, si era sacrificato per niente – ma sapevo che non era del
tutto vero:
lui non aveva più niente, nemmeno me, prima della notte appena
trascorsa.
“Io ti avrei difeso”
mormorai, senza guardarlo.
“E saresti
precipitata insieme a me. È meglio così, Hermione.”
“Non dirlo” sbottai,
la voce rotta dalle lacrime.
Draco allungò una
mano per sfiorarmi i capelli, ma il suo tocco non raggiunse
mai le mie ciocche perché in quel momento Harry entrò per scortarmi
fuori,
prima di venire a prendere il prigioniero insieme ad altre guardie.
Guardò solo per un
secondo il letto distrutto e le mie lacrime, le dita di
Malfoy protese per sfiorarmi, e poi si voltò, lasciando la porta aperta
perché
lo seguissi.
Posai la mano sulla
guancia di Draco per appena un istante, prima di scappare
via.
***
Era rimasta la barbara usanza, dalla fine della Guerra, di assistere
alle
esecuzioni. Nella landa gelida che circondava Azkaban, su una scogliera
a picco
sul mare, i condannati esalavano il loro ultimo respiro.
Era un luogo di morte, ostile. Il vento gelido mi aveva ghiacciato fin
dentro
le ossa e spruzzi d’acqua salmastra, gelida, mi colpivano quando meno
me lo
aspettavo.
Il brusio del piccolo drappello di gente riunitisi per celebrare la
morte del
mio assassino dagli occhi chiari mi disturbava. Li squadrai con
disprezzo,
notando l’assenza dei signori Malfoy, ma non me ne curai, presa com’ero
dalla
rabbia. Li odiavo tutti, dal primo all’ultimo, e avrei soltanto voluto
essere
abbastanza selvaggia da massacrarli tutti e strappare Draco al destino
che lo
attendeva.
Era così ingiusto.
Tremavo talmente tanto che solo il mantello di velluto nero in cui ero
avvolta
mi proteggeva dall’indiscrezione altrui.
Sussultai quando, in lontananza, comparve Draco, scortato da Harry e da
altri
Auror, e da un unico Dissennatore, la cui sola vista bastò a riempirmi
di schegge
di ghiaccio.
Il mio amore perduto non aveva smarrito la sua calma apparente.
Avanzava
altero, il volto fiero e le spalle ben dritte, libero da catene e
manette, i
capelli candidi scompigliati dal vento feroce.
I suoi occhi mi sfiorarono per un attimo e le sue labbra si incurvarono
in un
sorriso vagamente malizioso. Ricordai le sue parole, “Domani
ti pentirai di
aver voluto affondare insieme a me”, ma scoprii senza
sorpresa che non era
affatto così.
Si fermarono a qualche metro da noi spettatori. Harry lesse le accuse e
il
verdetto della giuria, poi si allontanò di un passo.
A quel punto, Draco alzò un braccio per fermare tutti.
Aveva indossato la sua maschera più sprezzante e fu con rabbia gelida
che sputò
le sue ultime parole: “Quest’oggi, egregi signore e signori, condannate
un uomo
innocente. Ma c’è chi mi ricorderà come ciò che sono, non come ciò che
mi avete
costretto ad essere” i suoi occhi bellissimi s’incatenarono ai miei,
“Non ho
altro da aggiungere.”
Avrei voluto con tutta me stessa distogliere lo sguardo dalla scena che
seguì,
ma non ci riuscii. Non lasciai un attimo il suo viso e anche lui
continuò a
guardarmi, mentre si lasciava cadere in ginocchio sul terreno gelido.
Draco non era mai stato una persona coraggiosa, ma in quell’ultimo
periodo
aveva dimostrato una tempra straordinaria. Alla fine, era diventato
qualcuno
che avrei potuto amare senza farmene una colpa, con orgoglio persino.
Pensai con un brivido che era il risultato della sua ribellione contro
il
mondo.
Mi conficcai le unghie nei palmi fino a scorticarmi la pelle quando il
Dissennatore scivolò in avanti. Cominciai a piangere senza un suono,
quando il
cappuccio gli ricadde sulle spalle.
Draco non lo fissò nemmeno. Non aveva occhi che per me.
Non potevo permettere che accadesse, non potevo. Era così sbagliato,
lui non
era nemmeno colpevole, e nessuno, nemmeno il mostro più crudele,
avrebbe
meritato una cosa del genere.
Eppure cosa potevo fare? Rovesciare tutto il mio mondo nel tentativo di
salvare
una vita? Da ragazzina avrei potuto farlo, ora non ne avevo più il
coraggio,
non ne avevo le forze.
Restai impotente a guardare mentre il Dissennatore si chinava su di
lui,
celandolo alla mia vista. L’ultima cosa che riuscii a scorgere furono i
suoi
occhi tristi, una lacrima che precipitava sulla sua guancia.
Poi il nero mi si addensò dietro le palpebre e crollai a terra, priva
di sensi.
Draco non ha gli occhi di un assassino.
***
Quando mi risvegliai, era tutto finito.
Lui non c’era più, e niente aveva più importanza.
Harry mi scuoteva, cercando di farmi riprendere, ma la sua urgenza non
riusciva
a oltrepassare il muro che avevo eretto per proteggermi. Appena fui in
grado di
alzarmi, lo scostai da me e mi Smaterializzai via.
Tornai a casa giusto il tempo di prendere qualche vestito e poi
affittai una
camera in un albergo babbano alla periferia di Londra.
La mia vita insignificante era finita.
Non sarei tornata indietro.
Almeno così credevo, finché non varcai la soglia della stanza che avevo
affittato.
Faticai a trattenere un urlo quando mi accorsi che, sul davanzale della
finestra, era accucciato un Elfo Domestico. Fu abbastanza sorprendente
da
scuotermi dall’apatia che minacciava di ammazzarmi.
L’Elfo saltellò a terra e mi rivolse un inchino esagerato, le orecchie
enormi
che sbatacchiavano di qua e di là mentre si raddrizzava.
“Salve, Padrona” squittì, fissandomi con quegli enormi occhioni dorati,
“Rabby,
per servirti.”
La curiosità vinse i miei dubbi e tenne a bada la tristezza il tempo
necessario
a farmi decidere che avrei scoperto cos’era quella storia. Poi sarei
tornata a
consumarmi.
Chiusi la porta della stanza e mi accomodai sul letto. Avrei voluto
invitare
anche Rabby a sedersi, ma temevo che la mia gentilezza lo turbasse al
punto da
non riuscire a cavargli di bocca chi fosse e cosa volesse, perciò non
lo feci.
Lo studiai con più attenzione, ma la tunica che indossava era candida e
pulita
e non recava nessun segno di riconoscimento.
“Perché sei qui?”
Le sue grandi orecchie fremettero appena.
“Ero l’Elfo Domestico dell’antica Casata dei Malfoy. Padron Draco, nel
suo
testamento, mi ha lasciato a te, Padrona.”
“Draco non è morto” risposi meccanicamente, senza logica, perché sapevo bene che
in
termini legali chi subiva il Bacio veniva considerato deceduto.
Tuttavia, non riuscivo a capire perché mai lui avesse deciso di farmi
questo...
regalo. Eppure lo sapeva benissimo che ero contro la schiavitù!
“Non capisco” mormorai, fissando Rabby senza vederlo.
L’Elfo sospirò.
“Padron Draco mi ha dato un compito, signora. Voleva che ti assicurassi
che era
innocente e il modo migliore per farlo gli è sembrato donarmi a te.”
“Sapevo già che era innocente!” protestai.
Eppure capii subito che cos’era successo. Draco non pensava che mi
avrebbe mai
rivista e doveva essere certo che io fossi convinta, come tutta la
comunità
magica, che era uno spietato assassino. Perciò aveva deciso di
lasciarmi il suo
Elfo, perché potesse raccontarmi ciò che già sapevo, e cioè che non era
stato
lui a commettere quello scempio.
Era un gesto così dolce che il suo amore per me mi sembrò
all’improvviso troppo
da sopportare.
“Ma c’è un’altra cosa che devi sapere, mia signora” il pigolio
dell’Elfo attirò
nuovamente la mia attenzione, “Io so chi è il colpevole.”
Dopotutto, forse avevo ancora uno scopo.
***
Quella notte, quando irruppi a Villa Malfoy con l’aiuto del mio
tremante Rabby,
ero sicura che avrei ucciso.
Ero talmente infuriata che avevo perso la lucidità, ogni
ragionevolezza. Non
avrei risparmiato quel mostro soltanto per paura di ciò che mi sarebbe
potuto
succedere.
L’atrio dell’antica dimora sembrava un mausoleo tant’era denso il
silenzio, ma
dal salone principale si intravedeva la luce fioca di un caminetto,
sentivo appena
il sussurro delle braci.
Era ancora sveglio, dunque.
Il dolore mi colpì con tanta forza da stordirmi quando riconobbi il
profumo
della casa, lo stesso che Draco aveva sempre avuto quand’era ancora
libero. Non
mi lasciai distrarre e, bacchetta alla mano, scivolai senza farmi udire
tra le
ombre del salone.
Lucius Malfoy, ormai vecchio, sedeva in poltrona sorseggiando liquore
ambrato
da un calice di cristallo.
Avevo pensato che l’avrei costretto a confessare, ma quando lo vidi,
così
tranquillo e impassibile, persi completamente la testa.
Mi palesai con un fruscio, la sua esclamazione sorpresa si spense
appena si
rese conto che gli puntavo la bacchetta in pieno viso. Con la freddezza
di ogni
Malfoy, si raddrizzò contro lo schienale e si intrecciò le mani in
grembo,
restando garbatamente in attesa di una spiegazione.
Prima della fine di questa notte, ti farò urlare, me lo giurai.
Schiusi più volte le labbra per parlare, ma le parole mi morivano in
gola ad ogni tentativo. Non sapevo cosa dire, l’entità del suo tradimento era piena di
una
violenza che io non riuscivo nemmeno a immaginare. Ero sperduta in un
mondo
pieno di trappole e non ero più capace di uscirne.
I suoi occhi gelidi, specchi senza vita, ammiccarono dalla penombra
della
stanza. Era quello l’aspetto che avevano gli occhi di un assassino, ora
lo
sapevo.
Eppure non ero in grado di pronunciare le parole di morte che mi
vorticavano in
testa da quando avevo conosciuto la verità.
“So cos’hai fatto” dissi infine.
Una ruga d’espressione gli incise la fronte, ma non perse la calma.
Anzi,
sfoderò il suo sorriso più mellifluo e tentò di blandirmi.
“Non so di cosa tu stia parlando, mia cara.”
La rabbia fu talmente violenta che, senza pensare affatto alle
conseguenze,
sferzai l’aria con la bacchetta, incidendogli il petto. Un taglio lungo
una
quindicina di centimetri iniziò subito a stillare sangue, lui mi
insultò a
bassa voce, premendosi le mani sulla ferita.
Spero che tu soffra.
Non provai senso di colpa, ma disgusto, quello sì. Forse stavo
impazzendo,
perché in un angolo della mia testa risuonò la voce di Draco, guardinga
– “Attenta
a ciò che desideri”.
Non fidandomi di me stessa, chiesi a Rabby di raccontare ogni cosa. E
lui lo
fece, nascosto dietro le mie gambe, tirandosi le orecchie per il
terrore e la
disperazione – ma lo fece, perché ora doveva la sua fedeltà a
me, e a nessun
altro.
Ebbi il piacere di veder fiorire il panico sul volto del signor Malfoy,
mentre
l’Elfo raccontava di come, quella tragica notte, egli avesse sorpreso
Asteria
con il fratello Deynos. Lucius non sarebbe dovuto essere in casa, lui e
Narcissa non vi abitavano più da tanti anni, ma era passato a prendere
delle
carte legali che gli servivano. Era convinto che non ci fosse nessuno,
perciò
quando aveva sentito sua nuora litigare furiosamente con il fratello si
era
fermato ad ascoltare, incuriosito, ed era venuto a conoscenza di una
rivoltante
verità: la sgualdrina andava a letto con il sangue del suo sangue e dal
disgustoso incesto era nato Scorpius.
Il signor Malfoy si era sincerato soltanto che Narcissa dormisse e
continuasse
a farlo per tutta la notte, nella loro casa di campagna, poi era
tornato a
Villa Malfoy. Aveva torturato e punito i Greengrass in preda a una
furia cieca:
Deynos aveva tentato di difendersi con la magia e, mentre lottavano, un
incantesimo aveva colpito Scorpius, appena rientrato da una serata con
gli
amici, immobile sulla porta del salone, incredulo per la scena a cui
stava
assistendo.
Lucius aveva ucciso Asteria e il suo amante e aveva fatto giurare alla
servitù di mantenere il segreto con chiunque, compresi sua moglie e
suo
figlio. Era tornato a casa ben prima che Narcissa si svegliasse.
Finito il racconto dell’Elfo, Malfoy mi fissò negli occhi con
un’espressione
quasi di sfida.
“Il loro amore era un abominio”
sentenziò.
Era vero, pensai. Era vero, ma nessuno meritava una cosa del genere.
Eppure ciò
che più mi turbava era che avesse lasciato ricadere la colpa su Draco.
Ma non
aveva un briciolo d’amore per suo figlio, se non d’onore?
Meritava di morire.
“Hai lasciato che lo giustiziassero” lo accusai, la voce ridotta a un
sussurro
spezzato, “Sei stato tu e hai permesso che gli facessero... quello.”
Per la prima volta dall’inizio dell’intera nottata, il signor Malfoy
parve
perdere qualunque freddezza. Si accasciò senza forze sulla poltrona,
fissando
lo sguardo tra le braci del camino che rosseggiavano.
Passò così tanto tempo che mi convinsi che non avrebbe detto niente.
Probabilmente, nemmeno provava rimorso per ciò che aveva fatto, ma non
lo saprò
mai.
“Avevo paura di morire” confessò in un bisbiglio.
Per un attimo lungo una vita, non feci assolutamente nulla. Poi
abbassai la
bacchetta.
“Rabby, sveglia Harry Potter e portalo qui.”
Crollai sul divano, senza levare gli occhi dalla figura dell’assassino,
svuotata di tutto.
Avrei voluto ucciderlo, ma se l’avessi fatto nessuno avrebbe saputo la
verità
su Draco e sulla sua innocenza. Non provavo alcun piacere nel
risparmiarlo,
anzi, i miei nervi protestavano, i miei muscoli contratti urlavano, la
rabbia
mi stava massacrando, ma mi costrinsi a restare immobile.
Per te, Draco.
***
La clinica privata in cui il Ministero faceva ricoverare
tutti coloro
che avevano ricevuto il Bacio era fredda, i corridoi d’un bianco
asettico e le
stanze, meticolosamente pulite, prive di qualsiasi ornamento. Era un
luogo di
coma eterno.
Raggiunsi la stanza di Draco ed esitai, incerta.
Mi avevano permesso di andarlo a trovare soltanto perché si era
scoperto,
grazie a me, che era innocente. Solitamente i condannati dovevano
morire soli,
faceva parte della sentenza. Tuttavia, non ero certa di volerlo davvero
vedere... sapevo che mi avrebbe fatto a pezzi.
Eppure entrai. Non sarei stata mai più una codarda.
Sul letto, sedeva Draco.
Ma non era davvero lui.
Il suo volto era scavato, più magro di quanto fosse mai stato, e i
capelli
biondi erano come sbiaditi, non splendevano più di riflessi se un
raggio di
sole li colpiva.
E i suoi occhi chiari, così belli, mi fissarono senza vedermi.
Scivolarono su
di me e si mossero, trasognati, per la stanza.
Spenti, vuoti, annientati.
Una lacrima mi scivolò sulla guancia.
Posai la maschera che mi aveva regalato sul comodino e sfiorai con la
punta
delle dita il suo viso. Lui non se ne accorse nemmeno.
“Ti amerò sempre” mormorai, nella folle speranza che la forza del mio
amore per
lui lo costringesse a tornare indietro, a tornare da me da quel limbo
buio in
cui la sua anima era precipitata.
Non tornò mai.
NdA: Non ho
molto da dire, se non che questa storia
languiva incompiuta da diversi anni nel mio pc e sono molto contenta di
averla
finita!
Spero che i personaggi siano credibili, mi sono presa qualche libertà
in più
perché ormai sono passati tanti anni e che siano un poco cambiati mi è
sembrato
naturale.
Ovviamente, il fratello di Asteria è una mia invenzione, ma non lo
considero un
What if? perché, in fondo, nei libri nemmeno Asteria viene citata.
Spero la storia vi sia piaciuta!
Un bacio,
Mary