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Autore: Mary Black    13/10/2015    8 recensioni
Era una mattina come tante quando, già vestita di tutto punto per andare a lavoro, il mondo decise di crollarmi addosso e seppellirmi.
Sedevo al tavolo della cucina sorseggiando del caffè nero senza zucchero, lo sguardo nocciola pallido perso nelle trame del legno, quando la voce di mio marito riscosse la mia attenzione.
"Tesoro, senti qua che roba: Malfoy è stato arrestato!" alla mia espressione disinteressata, si affrettò ad aggiungere altro, "Il furetto, dico. Draco Malfoy."
Genere: Angst, Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Questa storia la dedico a Liberty_Fede per il suo compleanno.
Auguri, dolcezza!

 

 

Gli occhi di un assassino

 

Era una mattina come tante quando, già vestita di tutto punto per andare a lavoro, il mondo decise di crollarmi addosso e seppellirmi.
Sedevo al tavolo della cucina sorseggiando del caffè nero senza zucchero, lo sguardo nocciola pallido perso nelle trame del legno, quando la voce di mio marito riscosse la mia attenzione.
“Tesoro, senti qua che roba: Malfoy è stato arrestato!” alla mia espressione disinteressata, si affrettò ad aggiungere altro, “Il furetto, dico. Draco Malfoy.”
Mi voltai di scatto a fissarlo, abbandonando la colazione, il panico che mi serpeggiava nelle vene.
Cercai di rimanere impassibile e di mascherare lo sconcerto, provocato più dalla mia reazione – il cuore che tuonava nel petto, le mani sudate, tremanti, il respiro sibilante – che non dalle parole di Ron, ma era un tormento.
“L’accusa?”
La mia voce suonò singolarmente calma, persino fredda, eppure fremevo d’impazienza mentre lui scorreva l’articolo nella sua interezza.
Faticai a trattenermi dallo strappargli il giornale dalle mani.
“Omicidio premeditato! Oh, Dio, si crede che abbia assassinato moglie, cognato e figlio!”
Qualcosa, dentro di me, si sbriciolò come fosse vetro, ghiacciandomi fin dentro le ossa.
Non è possibile.
Non facevo che ripetermelo, mentre il fragore mi assordava e le macerie si accumulavano in banchi di rovine. Non volevo crederci e non dovevo, perché non poteva essere vero.
Draco non era un assassino.
Se potevo aver avuto qualche dubbio quando aveva sedici anni, ora mi era semplicemente impossibile.
Non conoscevo Malfoy, non davvero. Eppure sentivo di sapere l’essenziale, di capire ciò che lo muoveva. Non ero forse sempre stata brava ad arrivare al cuore delle cose, delle persone? ...di lui?
Amava Scorpius tanto quanto lui non era stato amato da Lucius; non impazziva per sua moglie, ma le voleva bene; aveva, nonostante tutto, ancora troppa riverenza per il sangue, per anche solo pensare di freddare suo cognato, un Greengrass.
Soprattutto, non volevo credere che potesse aver fatto una cosa del genere a me, anche se sapevo di non contare nulla per lui.
Senza una parola di più, mi avvolsi in un mantello color antracite e sprofondai tra le fiamme di smeraldo del nostro camino, diretta al Ministero.
Draco non aveva gli occhi di un assassino.

Quando raggiunsi l’Ufficio del Capo Auror, non mi premurai di bussare alla porta, ma mi limitai a fare irruzione nella saletta gremita. A quanto pareva, avevo interrotto una riunione.
Eppure non mi importava, dovevo sapere.
“Harry, ti devo parlare. Adesso.
Il mio migliore amico si mostrò un poco sorpreso, ma, dopo un’occhiata all’espressione forzatamente calma che condizionava i miei lineamenti, capì che c’era qualcosa che non andava in me, e congedò tutti i suoi sottoposti con fare asciutto.
Appena restammo soli, mi accasciai senza forze sulla poltrona dall’altro capo della scrivania a cui sedeva lui. Tremavo, mi sentivo fredda e febbricitante, ma gli imposi di non provare a toccarmi inchiodandolo con uno sguardo fermo.
Mi concessi un minuto di silenzio per raccogliere le idee, ma ero troppo confusa. Il dolore mi assaliva a ondate, avevo un sapore ferroso – era il sangue dei Greengrass? – in bocca, ero terrorizzata e in frantumi un attimo prima, incredula quello dopo.
Alla fine, mi decisi. Non aveva senso temporeggiare, crogiolarmi nell’incertezza. Meglio una coltellata che un dubbio di quelle proporzioni.
“Il caso Malfoy. Lo segui tu?”
Harry, che aveva atteso con pazienza che mi districassi dal mio personale intrico di spine, sgranò gli occhioni verdi, sorpreso.
Tuttavia, si riprese fin troppo in fretta.
“Naturalmente, è una brutta storia... Non posso parlarne, Hermione, lo sai.”
“Non mi importa, Harry” lo interruppi, nel tono meno angosciato che riuscii ad utilizzare, “Voglio sapere tutto. Ti prego, ne va della mia sanità mentale!”
Mi ero sbilanciata troppo, me ne accorsi subito, dal modo in cui lui iniziò a soppesarmi, valutando le mie reazioni e la mia determinazione, a caccia di dettagli, a caccia di prove.
Sostenni l’esame senza fiatare, ma dentro continuavo a crollare, ad andare in pezzi e a franare, punte di spilli nei miei occhi troppo aridi, urla incastrate in gola.
“Va bene” cedette infine, le iridi adombrate dalle palpebre per metà calate, “Ma prima voglio che tu risponda a una domanda.”
Annuii appena, in attesa.
Draco non è un assassino.
Le mie certezze parevano castelli di carta, ed altro non erano che supposizioni, mi corresse la mia mente fin troppo razionale. Supposizioni e speranze, perché, in fondo, cosa sapevo io di Draco Malfoy, a parte che aveva una bella voce e fascino ardente da vendere?
Eppure Draco non era un assassino, così come io non ero una stupida.
“Vai a letto con lui?”
Il torpore di cui ero preda non bastò a trattenere il mio sospiro bruscamente sorpreso, reciso tra i denti.
Harry poteva davvero credere plausibile qualcosa di tanto sporco?
Sposati – non felicemente, ma pur sempre sposati -, con figli entrambi, il suo erede fidanzato con la mia primogenita.
Eppure non l’avevo pensata così quando, soltanto un mese prima, lui mi aveva inchiodata al muro del mio ufficio per baciarmi e pretendermi con l’arroganza di chi ha avuto sempre tutto.
Scacciai quel ricordo trasognato, che mi riempiva di brividi e spasmi, provando con tutta me stessa a sentirmi limpida, incorrotta.
La verità era che, per quanto avessi adorato assaggiare il suo buio, l’avevo rifiutato. Forse non io e non i miei sensi, ma la mia indole fedele, che si contorceva disgustata al solo udire la parola “tradimento”, era stata categorica.
“No, Harry” soffiai, cercando di mantenermi calma, “Mi credi davvero capace di una cosa del genere?”
Lui si rilassò visibilmente, sorridendo persino.
“Dovevo chiedertelo. Allora, cosa vuoi sapere?”
Per un attimo il dubbio di star sbagliando, di star per entrare in un qualcosa che non avevo il potere di controllare, mi frenò, ma l’immagine del sorriso di Draco mentre mi osservava bastò a spazzare via qualsiasi insicurezza.
“Tutto, Harry, tutto. Non trascurare niente.”
Lui annuì pensieroso e iniziò a raccontare, trafficando con delle carte che aveva sulla scrivania, inerenti al caso, supponevo.
“Ieri sera ci è arrivata una segnalazione anonima riguardo un orrendo crimine che sarebbe stato consumato a Villa Malfoy. Abbiamo provato a contattare i padroni di casa, ma non ha risposto nessuno, così siamo andati a controllare.”
Bevevo le sue parole come fossero acqua, ma avevano il gusto amaro del fiele.
“Il portone era aperto, siamo entrati e abbiamo trovato, nel salone principale... Hermione, davvero, non credo che vorresti sapere” alla mia occhiata vitrea, Harry sospirò appena e proseguì, la voce ridotta ad un fruscio di carta che si straccia, “Asteria, la moglie, era riversa contro un muro, si vedeva che era stata torturata, c’era sangue ovunque... Al fratello, Deynos Greengrass, era stato riservato lo stesso trattamento. L’unico che non portava i segni della violenza era Scorpius, pensiamo sia stato ucciso per errore, nella colluttazione.”
Lo sguardo dell’Auror era vuoto mentre parlava del giovane Malfoy, che conoscevamo entrambi molto bene. Era stato un buon amico per suo figlio Albus, quando questi era finito a Serpeverde, ed era stato un buon fidanzato per la mia bambina.
Mi chiesi, disperata, come avrei potuto rimettere in sesto Rose, che non aveva mai amato nessuno a quel modo e che, lo sapevo, non l’avrebbe fatto mai più.
E ancora me li figuravo davanti, quei due ragazzini innamorati, che si sussurravano promesse e giuramenti poco prima di separarsi per l’estate, il sorriso sempre un po’ spento...
Una lacrima si districò dalla gabbia delle mie ciglia, scivolò lungo la gota scolpita e mi si infranse sulle mani, intrecciate e serrate tra loro fino allo spasmo.
“Perché pensate che sia stato Draco?”
Harry si riscosse, stropicciandosi gli occhi lucidi e schiarendosi la gola. Mi colpì notare quanto anche lui fosse coinvolto e ferito, e capii perché avesse deciso di occuparsene di persona.
“Non c’erano segni di effrazione, e Villa Malfoy è praticamente una fortezza. Non ha un alibi per ieri sera e, in realtà, si rifiuta proprio di dirci dov’è stato. In più, ha un movente.”
Spalancai le palpebre, sconvolta e anche spaventata.
Avevo creduto che ci fossero a suo carico solo prove indiziarie, e invece la situazione si stava rivelando peggiore di quanto avessi immaginato.
Eppure, non potevo credere che fosse stato lui, non potevo.
“Quale?”
L’espressione di Harry si fece tesa, il suo bel viso venne ridisegnato dal ribrezzo.
“C’erano delle lettere sul pavimento, lettere che la signora Malfoy mandò a suo fratello” una pausa lunga un secolo ed io non riuscivo a respirare, “Draco non era il padre di Scorpius.”
Il trauma fu istantaneo.
Non riuscivo a capacitarmi di una cosa del genere, Scorpius era praticamente identico a qualunque Malfoy io avessi conosciuto: i capelli d’un biondo lunare, i tratti spigolosi, il fisico asciutto, quei grandi occhi d’argento.
Era un buon movente, perché la discendenza era importante per i purosangue, ma, anche se fosse stato vero, dubitavo che Draco sarebbe mai riuscito ad uccidere il bambino che aveva sempre creduto suo, che aveva cresciuto come suo.
Non poteva essere una tale bestia...
“E chi, allora?” mi sforzai di chiedere, in un sussurro greve, “Andiamo, Harry, Scorpius è la fotocopia di Draco. Assomiglia persino a Lucius!”
“Questo perché non hai visto Deynos Greengrass.”
Per la millesima volta nella stessa giornata, restai senza parole.
Ero disgustata e ferita, e neanche riuscivo a immaginare come si fosse sentito lui, il mio tesoro e il mio tormento, davanti a una verità così morbosa: il suo unico erede, frutto dell’amore incestuoso tra sua moglie e il di lei fratello.
C’era da perdere la testa e, anche se mi odiavo per quello, cominciai a dubitare della sua innocenza.
Lo stavo tradendo persino io.
“Avete fatto gli accertamenti necessari?”
Harry scosse il capo, triste e deluso, probabilmente dall’intero genere umano.
“Draco non ce lo permette, ma, Hermione, non ce n’è bisogno. Ci sono le lettere, in cui Asteria ha scritto chiaramente a Deynos...” raccolse il verbale dalla scrivania e iniziò a leggere, “ - Non puoi lasciarci così, io amo soltanto te. Pensa a Scorpius, ha i tuoi occhi... - e li ha davvero, piccola. Basta guardarli per riconoscerli.”
Naturalmente sapevo che c’era qualche piccola possibilità che non fosse vero, che si somigliassero per puro caso e per genetica, dato che erano comunque zio e nipote. Sì, lo sapevo, ma non cercai neanche di spiegarlo al mio migliore amico, perché nemmeno io ci credevo veramente.
“In più, c’è un’altra cosa. Asteria è stata uccisa vicino alla parete su cui è disegnato l’arazzo della Casata dei Malfoy, e... e le sue impronte insanguinate si sono impresse sul nome di suo marito, prima che crollasse a terra.”
La sensazione di vuoto si acuì, avevo l’impressione di stare per sprofondare. Non sapevo dove sarei andata a finire, ma tutto, tutto, era preferibile a quello, a morire lentamente su una vecchia poltrona dell’Ufficio Auror, davanti allo sguardo pieno di compassione dell’Eroe del Mondo Magico.
Non cercai nemmeno di trattenere le lacrime, perché tanto non ci sarei riuscita, e, quando Harry mi raggiunse per stringermi, crollai tra le sue braccia, singhiozzando come non mi capitava da anni.
Allora avevi davvero gli occhi di un assassino, soltanto che io non me ne sono mai accorta.
Quando, dopo molto tempo, riuscii a calmarmi, al prezzo di un deserto di rocce e nebbie dentro di me, mi issai lentamente dalle gambe del mio migliore amico, aggrappandomi alle sue spalle.
“È nella vecchia ala della prigione, non è vero?”
Quando lui assentì, i brividi mi assalirono.
Dopo la fine della Seconda Guerra, i Dissennatori avevano perso il loro ruolo di guardie carcerarie. Erano stati sterminati quasi tutti – erano troppo imprevedibili e troppo malvagi, e si erano schierati col nemico una volta di troppo – e venivano tenuti sotto controllo dal Ministero. Soltanto alcuni di loro erano rimasti ad Azkaban, nella vecchia ala della prigione, in cui venivano rinchiusi i criminali che si erano macchiati dei crimini più feroci; in più, dato che il Bacio non era stato abolito, venivano utilizzati anche per quello.
Tuttavia, Draco non meritava di stare lì. Forse era colpevole o forse no, ma non potevo permettere che accadesse a lui – l’immagine del suo volto terrorizzato, a sedici anni, mi tormentava.
“Mettilo tra i criminali comuni, Harry” alla sua espressione indignata, raccolsi il suo volto tra le mie dita fragili, mordendomi quasi a sangue il labbro inferiore, “Ti prego, ti prego, fallo per me.”
Dovette lottare con se stesso e la sua morale per accontentarmi, ma alla fine mi promise che l’avrebbe fatto. Era sempre stato incline al perdono, il mio Harry.
“Non crederlo innocente, piccola. Ti fai solo del male” mormorò, ben udibile, prima che scappassi dal suo ufficio e tornassi a casa.
Forse ero in stato di choc, ma, quando arrivai in camera da letto, crollai sulle coltri e mi addormentai all’istante, senza fiato per il dolore.

Passarono molti giorni, da quando Malfoy venne accusato. Immagini del suo volto fiero mi assillavano dai giornali, dai ricordi, dalle voci di mio marito e di mia figlia, che giaceva immobile, consumata dal dolore, senza nemmeno più la forza di mangiare.
Lo detestavo, ero consumata dalla rabbia e dalla paura, perché, nonostante tutto, non sopportavo che soffrisse, anche se non riuscivo a capire se lo considerassi io stessa colpevole o innocente.
Eppure, ogni notte, senza eccezioni, lui e i suoi occhi d’assassino infestavano i miei sogni – ed io mi svegliavo, inevitabilmente, in lacrime e con un urlo che mi scorticava la gola.

***

 

Quattro mesi prima



“Ehi, Granger! Aspetta!”
Mi voltai, sorpresa, udendo quella voce, insolitamente morbida come velluto.
Davanti a me, Draco Malfoy si stagliava nella sua notevole altezza, nell’elegante abito scuro. Le sue iridi lucenti erano increspate, un sorriso vago aleggiava tra quei lineamenti spigolosi.
Rimasi stupita, era molto tempo che non lo vedevo – se non si volevano considerare gli incontri fugaci al binario 9 e 3/4. In effetti, nonostante lavorassimo entrambi al Ministero, non l’avevo mai incontrato – ricordavo un lampo di biondo platino alla fine di un corridoio, uno scorcio del suo profilo riflesso in una finestra, la sua voce gelida che strisciava fuori da una porta schiusa, indizi della sua presenza che non mi avevano mai permesso di dimenticare che lui era lì.
Mi porse una busta pesante, col blasone dei Malfoy in filigrana d’argento che spiccava arrogante sulla pergamena. L’accettai, confusa.
“Per Rose, da parte di Scorpius” chiarì divertito e, dopo avermi scoccato un altro sorriso cangiante, sparì nell’ascensore dorato.

Era uno strano rito, il nostro. Facevamo da postini d’amore per i nostri figli, eppure ero certa che non ce ne fosse bisogno, visto che i gufi, per quanto ne sapevo, non si erano ancora estinti.
Tuttavia, non mi lamentavo mai. Mi piaceva che lui spuntasse agli orari più strani alla porta del mio ufficio, facendo fremere le mie colleghe, con quel sorriso che rivolgeva soltanto a me. Mi piaceva il suo modo ironico di prendermi sempre in giro, mi piaceva la confidenza che si prendeva, e mi piaceva molto anche riuscire a capire quando c’era qualcosa che non andava – mascella serrata, voce gelida, sguardo duro.
La semplice verità era che mi piaceva avere Draco Malfoy attorno.
La me stessa ragazzina non avrebbe accettato una cosa del genere; la donna che ormai ero diventata scosse le spalle e liquidò rapidamente l’argomento.
“Granger, posso dirti una cosa?”
Lo osservai, curiosa. Tutto quello che diceva risultava interessante, forse perché era la sua mente, la prospettiva con cui guardava il mondo, ad essere originale.
Lui sorrise. Sorrideva sempre, niente più ghigni grondanti veleno.
“Da giovane eri un vero mostriciattolo, con quei capelli tremendi e le dita sempre macchiate di inchiostro... La maturità ti dona, sei molto più bella.”
E, prima che potessi formulare una risposta, lui se n’era già andato.
Mi aveva davvero definita bella?

Decisi di ignorarlo per un po’.
Ero a disagio per quel complimento, ma soprattutto perché non riuscivo a decifrare il suo atteggiamento. Nel Mondo Magico, sapevano tutti che Draco non era il marito perfetto e le sue avventure clandestine facevano chiacchierare da tempo, oltre che nutrire di gustosi articoli riviste di dubbia moralità – e, come ricordavano le testate scandalistiche, nessun Malfoy era un marito fedele dai tempi di Abraxas, seduttore di un’altra epoca.
Tuttavia, Draco era molto discreto. Per lo meno, io l’avevo sempre visto mantenere le distanze con colleghe e giovani stagiste, alcune delle quali anche piuttosto sfacciate. Ma Draco non aveva occhi per loro, le incantava con un sorriso cortese e se ne districava altrettanto in fretta.
Se fosse per rispetto alla moglie non saprei dire, ma di certo non gradiva mischiare lavoro e piacere. Ne ero così scioccamente convinta che fu quasi un trauma quando lo trovai in compagnia.
Ero andata nel suo ufficio stando ben attenta a controllare i suoi orari, pur di non incontrarlo. Intendevo lasciargli la lettera sulla scrivania, così da evitare di doverlo affrontare, quand’ero ancora così turbata dal nostro ultimo incontro.
Quello che non potevo prevedere era che lui fosse nell’ufficio, a luci spente, con una stagista bruna che non poteva avere più di venticinque anni.
Mi paralizzai, incapace di reagire.
I suoi capelli biondi, sparsi su quel collo sottile; la sua bocca che si serrava su quella pelle troppo tenera, le sue dita che si perdevano nella chioma brunita di quella giovane strega.
Serrai le palpebre, nauseata, e mi ritrassi troppo bruscamente, cozzando contro una scrivania e spargendone rumorosamente il contenuto a terra.
Lui si scostò di scatto dalla sua amante e riuscì a vedermi mentre scappavo via.
Mi rincorse, mi strinse un polso e mi obbligò a girarmi di scatto. Non piangevo, ovviamente, ma il dolore era più forte ed insistente di quanto mi aspettassi – anche se io non ero nessuno per soffrire del suo tradimento.
Non lo sopportavo.
“Non mi sembrava tua moglie, quella!” lo aggredii, prima che riuscisse a parlare, e fu un errore, perché lui si chiuse subito in se stesso.
“Non sono affari tuoi. Comunque no, non era mia moglie. È un problema, per te?”
Così distaccato e così freddo, e il mio cuore che andava in frantumi.
“Credevo fossi diverso, e invece sei rimasto il bugiardo che conoscevo e detestavo!”
Non mi rincorse una seconda volta.

Non lo vidi per giorni interi.
All’inizio la rabbia mi sostenne, ma col passare del tempo la sua mancanza si fece sentire, sempre più struggente. Mi ero infilata in un intrico di spine dal quale non potevo fuggire.
Non avevo scampo.
Lo sapevo, ma quando lo vidi, ritto nell’Atrio del Ministero, con quel volto severo tutto spigoli e le labbra incurvate all’ingiù di quando era infelice, la mia razionalità non riuscì a fermarmi. Né avrei voluto che lo facesse.
“Malfoy!” gli andai incontro, ignorando gli sguardi straniti della gente attorno a noi.
Mosse lentamente il viso verso di me, come se non fosse del tutto certo di ciò che stava facendo, ma quando i suoi occhi grigi mi inchiodarono mi sentii impazzire dalla felicità.
Mi sei mancato.
Avrei voluto urlarlo.
L’entusiasmo nei miei gesti era così evidente e talmente esagerato che la sua espressione altera si sciolse subito. La sua vanità si concesse un mezzo sorriso sarcastico, ma il suo sguardo non mentiva, e bruciava come se non vedesse l’ora di sbattermi contro una parete e strapparmi i vestiti di dosso.
Era un pensiero folle, folle! Non lo credevo nemmeno possibile, ma il mio istinto era così certo di quella conclusione e così felice della stessa che non mi parve neanche tanto sbagliato.
Dopo la lite, non avevo sperato che di rivederlo.
“Dove sei stato?” soffiai, più per il piacere della sua conversazione che non per vera curiosità.
Seppi subito di averlo urtato, anche se non immaginavo come.
“Sono stato a Venezia in vacanza!” mormorò serio, ma si sciolse quasi subito in un’espressione sprezzante, “E ti ho portato un regalo. Una maschera.”
Mi spinse fra le mani una scatola color dell’avorio.
“Ho pensato che ti potesse essere utile. Con questa in faccia, non dovresti avere problemi a fingere.”
La sua schiena che si allontanava fece più male di quanto fossi disposta ad ammettere.

Ci ignorammo.
Sembrava fosse tutto finito – scioccamente, mi ripetevo che niente era nemmeno mai iniziato.
Ma non era vero, non del tutto.
Eravamo legati, in una maniera così pacata eppure così intricata che non riuscivo a spiegarmelo. Quando era successo? Come avevo potuto permetterlo?
Volevo sottrarmi?
La porta del mio ufficio si spalancò e si richiuse di scatto. Ebbi appena il tempo di sollevare lo sguardo sul suo volto stralunato prima di sentirmi spingere contro la parete.
Il suo respiro a due centimetri dalla mia bocca era affannato di rabbia.
Istintivamente, conficcai le dita nelle sue spalle per cercare di guadagnare un po’ di spazio, ma sembravo aver perduto le forze. Le mie unghie scavavano la sua camicia, mentre il suo profumo mi saccheggiava.
“Che cosa mi hai fatto?”
Fu un ringhio tanto sommesso che pensai di averlo immaginato e poi la sua bocca premette sulla mia senza delicatezza alcuna.
Cercai di sottrarmi debolmente, senza convinzione, ma le sue labbra fecero a pezzi le mie resistenze e il desiderio di lui, bruciante appena sotto pelle, fece il resto.
Mi scostai solo quando le sue mani mi sgualcirono la camicetta nella fretta di levarmela di dosso.
Lo volevo, lo volevo con tutta l’anima e con tutto ciò che ero, ma non potevo.
Semplicemente, non potevo.
“No, Draco, no...”
Si scostò dal mio collo e i suoi occhi pazzeschi mi fissarono impietosi. Il silenzio degli uffici deserti sembrava un invito a lasciarmi andare.
“Perché no? Lo so che mi desideri...”
La sua voce divertita mi irritò, ricordandomi che per lui un tradimento non era nulla. Se io avessi ceduto, invece, mi sarei disprezzata e avrei accettato, nell’esatto istante in cui gli avessi permesso di andare oltre, che il mio matrimonio era finito.
Ma lui e il suo sorriso arrogante non l’avrebbero mai capito.
Lo spinsi via con decisione, mi lasciò andare senza dubbio per la sorpresa, ma si riprese subito, e i suoi occhi freddi mi scrutarono in cerca di qualche spiegazione.
“Perché te ne vai?”
La sua domanda mi fece avvampare di rabbia, mi voltai di scatto e frenai a fatica l’impulso di tirargli uno schiaffo.
“Me ne vado perché se resto mi sedurrai contro quel muro fino a farmi cedere!”
Gli gettai la verità in faccia apposta per ferirlo, per fargli sentire l’intensità del mio rifiuto, ma l’espressione compiaciuta che si stampò in faccia mi ricordò con dolorosa precisione quanto fossimo diversi.
“Oh, Malfoy...” sussurrai solo, con tristezza, prima di scappare via.

***



Mi svegliai, cosparsa di sudore freddo.
La casa era silenziosa, al mio fianco Ron dormiva i suoi sogni incantati, non infestati da assassini dagli occhi chiari. Persino dalla camera di Rose non proveniva alcun rumore, nessun pianto sommesso.
Mi alzai, ancora stravolta, e mi chiusi in bagno. Evitai di guardarmi allo specchio mentre mi sciacquavo il viso, non avrei sopportato la vista della mia espressione, un misto di ansia e disperato dolore, né le scie ancora fresche lasciate dalle lacrime.
Perché, perché ero così sicura che lui fosse innocente? Perché il mio subconscio mi tormentava in questo modo, riproponendomi in continuazione tutto ciò che io e lui non avevamo mai avuto?
Perché ero costretta a vivere con l’immagine di quel suo sguardo increspato cucita sulle palpebre?
Non aveva senso, perché tutte le prove indicavano che era stato lui a distruggere la propria famiglia. Mi ero rassegnata al suo destino, ma la verità era che non riuscivo a sopportarlo.
L’idea di lui senz’anima era intollerabile.
Draco non lo merita, Draco non ha gli occhi di un assassino.
Respirai profondamente, prima di sollevare il capo e rimandarmi un’occhiata risoluta, color oro brunito.
Avrei indagato.
Era folle, e la mia mente tanto analitica mi stava insultando in modo piuttosto colorito per quella decisione, ma non potevo fare altrimenti. Forse mi stavo imbarcando in un qualcosa di più grande di me, ma, in fondo, non avrei fatto del male a nessuno: se lui si fosse rivelato innocente, l’avrei scagionato e salvato – e sarei potuta tornare alla mia insipida vita; in caso contrario, mi sarei dovuta rassegnare e, forse, avrei dormito di nuovo sonni tranquilli.
Avrei dovuto capirlo, che lo scotto l’avrei pagato io. Eppure a volte mi domando se, davvero, mi avrebbe fermato.

***


La porta di legno massiccio si schiuse con un cigolio sinistro, un raggio di luce aranciata colpì la pietra viva sotto i miei piedi.
Tremavo in modo quasi incontrollato, quando Harry – la disapprovazione stampata in faccia e il desiderio di non sapere nello sguardo – mi fece cenno di entrare nella cella, affinché potesse richiuderla alle mie spalle.
“Puoi restare quanto vuoi, viste le circostanze” c’era una rigidezza tale nel suo tono che, per un attimo, temetti di sciogliermi in lacrime, “Non ti faccio consegnare la bacchetta, Hermione, e non ho intenzione di controllarvi. Non farmene pentire.”
Entrai nella stanza a capo chino, intimorita da quello che avrei potuto vedere, e invece mi ritrovai davanti una comune camera da letto, elegante ma non sfarzosa: letto a baldacchino, uno scrittoio con un candelabro e carta da lettere, una poltrona di broccato un po’ consunto e un’altra porta, schiusa su un piccolo bagno.
Ma di cosa mi stupivo? Ogni condannato a morte ha il diritto di passare un’ultima notte al mondo perfetta.
“Potter, sei ancora tu? Potrei credere che ti dispiaccia per me...”
La voce morì in gola a Draco quando, uscendo dal bagno – pantaloni del pigiama cascanti sui fianchi, piedi nudi, i residui della schiuma da barba su quel volto ancora magnifico -, si accorse della mia presenza.
Avrei voluto rimanere immobile a farmi guardare, piccola e infreddolita nel mantello da viaggio grondante di pioggia, ma le mie gambe si mossero da sole e mi portarono ad un soffio da lui.
Il mio istinto avrebbe voluto che mi gettassi tra le sue braccia per baciare quella bocca dischiusa, ma mi frenai. Ero sposata – sposata, sposata, sposata... se ripeti abbastanza a lungo una parola, quella perde di valore e significato, non lo sai? – e lui era condannato. Non era un assassino, ma domani non sarebbe stato più nessuno.
Qualcuno l’avrebbe trovato romantico, morire con un bacio. A me faceva risalire la bile fin sulla lingua.
“Granger...” era così sorpreso, ma non nel modo giusto, era troppo guardingo, “Cosa ci fai qui?”
Rimasi muta, senza sapere cosa dire, forse per la prima volta in vita mia, o forse come ogni volta in cui mi trovavo ad affrontarlo.
Lui, che avevo disprezzato, che avevo odiato. Lui, per cui avevo provato pietà. Lui, che avevo disperatamente desiderato.
Lui, per cui avevo tradito tutto, moltissime volte, anche se soltanto nei miei sogni.
Alla fine, ancora incredula per la sua reazione, decisi di attingere a un poco del suo menefreghismo. Mi sfilai il mantello dalle spalle, gettandolo sulla poltrona, e rimasi con un semplice vestito nero, stretto in vita. Non mi ero mai sentita così nervosa, non sapevo cosa diamine fare.
E se pensavo a domani, io...
“Già a lutto, Granger?”
Scattai con lo sguardo fino ad incontrare le sue iridi d’argento, velate di divertimento. Per un attimo, avevo davvero creduto che il colore del mio abito l’avesse offeso, ma fu più sconcertante notare come scherzasse riguardo il suo destino.
“Non è simpatico, Malfoy” ringhiai, in un misto di urgenza e rabbia, “Come puoi avere ancora voglia di ridere?”
Forse non avevo avuto un grande tatto, ma non mi importava. Lui magari non se ne curava, ma queste erano le ultime ore in cui avrebbe potuto parlare, esprimersi, sognare – le ultime ore in cui io avrei potuto... potuto fare cosa? Ero soltanto un groviglio di rimpianti inespressi, di desideri abortiti.
“Se non adesso, quando?” ribatté serafico, indossando con noncuranza una camicia, che non si premurò nemmeno di allacciare, “Sono stato accusato di aver massacrato la mia intera famiglia e domani sarò giustiziato per un crimine che non ho commesso. Se non affronto la faccenda con ironia, temo che impazzirò. E mi preferisco spiritoso a delirante.”
Sgranai le palpebre, sbalordita, e lo trovai a fissarmi con calma invidiabile. E dovevo sembrare davvero sconvolta, perché lui sbuffò e riprese a parlare con molta serietà.
“Non credere che non mi importi, ma... Ma sono passati quattro mesi e nemmeno un miracolo mi salverà dal Bacio. E non mi dispiace, perché non ho più niente. L’unica cosa che non sopporto è che verrò ricordato come l’assassino di mio figlio... Sempre se era figlio mio.”
C’era così tanta amarezza nella sua voce, così tanto dolore, che scoppiai in lacrime, un pianto silenzioso, ma travolgente.
Io... io non lo potevo sopportare! Non lui, non Draco!
Le avevo provate tutte, da quando avevo deciso di indagare sul suo caso. Avevo litigato con Harry fino allo sfinimento, al punto che ero riuscita a farmi urlare contro per un quarto d’ora filato e ad innescare il suo senso di colpa, finché non mi aveva dato il permesso di impicciarmi, implorandomi di farlo con discrezione.
Ovviamente, non gli avevo dato retta. Per prima cosa, mi ero infilata al San Mungo e avevo eseguito sul cadavere di Scorpius l’incantesimo di paternità, senza alcun tipo di autorizzazione. Purtroppo, anche se avevo scoperto che il ragazzo era un vero Malfoy, avevo fatto uscire di testa Harry, che mi aveva costretta a rendermi conto che la mia prova non sarebbe mai stata ammessa davanti al Wizengamot, visto come me l’ero procurata.
Sapevo che era innocente, me lo sentivo, ma, come mi aveva ricordato Harry con asprezza, che Scorpius fosse suo figlio non dimostrava affatto che, al momento dell’omicidio, Draco non fosse convinto del contrario. Il movente, perciò, reggeva ancora.
A complicarmi le cose, Draco aveva continuato a non volersi fornire un alibi per quella terribile notte. Dopo molte ricerche, ero venuta a conoscenza del fatto che si trovava con la sua amante del momento, una ragazzina purosangue con vent’anni meno di lui – la figlia di un suo caro amico, fidanzata e prossima al matrimonio, il che era probabilmente il motivo per cui si era rifiutato di dire che era in sua compagnia. Mi sembrava così stupido, ma lui era talmente testardo...
Nel frattempo, lui era stato condannato al processo e persino al ricorso in appello e, anche se io sapevo la verità riguardo la sua innocenza, non avevo alcun modo di dimostrarlo. In più, Harry, che non era affatto persuaso dalle mie “stravaganti” teorie, mi aveva minacciato di chiarire un paio di faccende a Ron, se continuavo ad interferire, e non avevo avuto altra scelta se non arrendermi.
Avevo pianto ogni notte ed era solo per i miei occhi gonfi e il tremore insopportabile che il mio migliore amico mi aveva concesso di accompagnarlo all’esecuzione del Bacio. Non ne era stato per niente contento, ma non aveva potuto negarmelo, non ne aveva avuto il cuore.
Erano stati mesi terribili e soltanto in quel momento, con Draco davanti, riuscivo a sentirmi di nuovo bene, di nuovo viva, e mi chiesi se mi sarebbe mai successo ancora.
L’indomani sarei morta insieme a lui?
“Perché sei qui, Granger?”
La sua voce al mio orecchio giunse bassa, le fusa di un gatto. Avrei voluto disperatamente girarmi e premere le labbra contro le sue, per dimenticare tutto quello schifo, ma non ne avevo le forze.
Mi limitai a stringere la sua mano, abbandonata a pochi centimetri da me, senza osare alzare lo sguardo su di lui.
“Perché dovevo vederti. Ho sempre saputo che eri innocente... e forse sarei venuta anche in caso contrario” era doloroso ammetterlo, ma era la verità, e lui non meritava niente di diverso, “E poi dovevo dirti una cosa.”
Rimasi senza fiato quando le sue dita affusolate catturarono il mio mento e mi costrinsero – con la solita prepotenza, con la solita sicurezza – a guardarlo dritto negli occhi, il volto ad un soffio dal suo.
Non mi rispose, restando in attesa che continuassi.
Faticavo a mantenermi concentrata, perché, nonostante la situazione fosse poco meno che disperata, la sua calma mi stava contagiando e iniziavo a sentirmi febbricitante, elettrizzata, persino esaltata dalla sua vicinanza.
Naturalmente, mi ritenevo anche un mostro.
“Scorpius è figlio tuo, non di Greengrass. Ho fatto l’incantesimo... contro il tuo volere.”
Mi ci volle tutta la faccia tosta di cui disponevo per rimanere impassibile e venni ricompensata da un suo sorriso. Draco scosse leggermente il capo, ma non pareva arrabbiato, semmai sollevato.
“Ne ero convinto, ma... Be’, grazie.”
Restammo in silenzio e la sua espressione, se dapprima mi era sembrata serena, si sciolse in una angosciata, che lasciava trasparire tutta la sua frustrazione.
Avvertii il cuore stretto in una morsa e, per contro, serrai le dita contro le sue con ancora più forza.
Non volevo che stesse male, non volevo che ci pensasse. E non volevo neanche che me lo portassero via.
“Sai, Granger... io non amavo Asteria, la tradivo di continuo” era nauseato da se stesso, e non sopportavo nemmeno quello, “Ma non avrei mai potuto farle del male... è stato un trauma scoprire di lei e Deynos. Ma il peggio è che non saprò mai chi ha fatto quelle cose... Scorpius...”
Fu assolutamente naturale per me circondarlo con le braccia e lasciare che mi si avvinghiasse addosso.
Non riuscivo a immaginare quello che poteva provare in quel momento, ma ero certa che fosse terribile, un’agonia... ed era troppo.
Troppo per lui, che non lo meritava. Troppo per me, che mi sentivo sfaldare e precipitare e crollare, senza una via di fuga.
Troppo per noi, che non avremmo mai avuto un futuro, che avevamo solo quella notte.
Mi separai dal suo corpo tremante e mi voltai, cercando di controllare i fremiti e i delitti di cui ero colma. Mi diressi verso il mio mantello, domandandomi distrattamente se il risultato di una vita passata a razionalizzare ogni cosa fosse quello, il lasciarsi incendiare e distruggere in un solo lampo.
Frugai nella stoffa bagnata ed estrassi la stupenda maschera veneziana che mi aveva regalato tempo addietro – sembravano passati millenni.
Era completamente nera, decorata da una delicata filigrana d’argento che girava attorno ai fori degli occhi, allungandoli come quelli di una gatta. Mi copriva soltanto la parte alta del viso, nastri di raso stretti dietro alla nuca mi ci intrappolarono dentro.
D’altronde, senza non sarei mai riuscita a non odiarmi per quello che stavo per fare.
Quando mi voltai, lui mi stava scrutando con affilato interesse. Iridi fredde, espressione impassibile, labbra incurvate in una smorfia che avrebbe potuto significare tutto e niente.
Non avevo scusanti e pregavo che Harry non si affacciasse alla finestrella incastonata nella porta, eppure mi piaceva. Stavo impazzendo dalla voglia di infrangere tutte le regole fissamente imposte, sbranare la mia morale e, soprattutto, amarlo.
Non meritava forse tutto quello che potevo offrire?

E poi, non l’avevo voluto fin dal primo momento in cui ci eravamo rincontrati? Non mi piaceva mentire a me stessa e, tutto sommato, i perché li avrei affrontati un’altra volta, se davvero poi ce n’erano – se davvero contavano ancora qualcosa.
Rimasi in attesa, a fissarlo da dietro la maschera, e la tensione si sciolse lungo le mie ossa, lasciandomi languida e febbricitante. Forse era così che ci si sentiva quando si era sull’orlo di un grattacielo, forse era quello che si provava con la canna di una pistola premuta contro una tempia.
Forse stavo impazzendo, ma non mi importava, non più.
Draco mi raggiunse con un’unica, fluida falcata.
“Domani ti pentirai di aver voluto affondare insieme a me” sentenziò e, senza lasciarmi il tempo di ribattere, aggredì le mie labbra.
Non era come il nostro primo bacio, affatto. C’era molta più rabbia in questo incontrarsi, molta più foga, ma andava bene, perché spegneva la testa e cancellava – distruggeva – ogni pensiero.
Mi aggrappai alle sue spalle, scacciando la stoffa leggera finché non avvertii soltanto pelle sotto le dita, pelle bianca e liscia e incredibilmente fredda.
Boccheggiavo quando lui si scostò dal mio viso, riversando la bocca morbida nell’incavo del mio collo, le mani che si muovevano lente lungo la mia schiena, cercando la cerniera del vestito.
“Ti desidero così tanto...” sospirai, quando l’abito mi abbandonò e rimasi con addosso soltanto della biancheria di pizzo nero, scelta secondo quello che pensavo essere il suo gusto – omicidio colposo, tradimento premeditato... non eravamo soltanto due criminali che stringono promesse facendo l’amore?
Lui riprese a baciarmi con rinnovato ardore, spingendomi contro la colonna intagliata del letto a baldacchino per tenermi ferma. Le volute del legno mi si conficcarono nella pelle della schiena in un guizzo di dolore, ma non mi importava, non mi importava.
Il mondo stava crollando ed io con lui.
Si separò per un breve istante dal mio corpo e le sue mani mi raccolsero il viso, i suoi occhi grigi, così tristi, così impauriti, mi riportarono indietro di venticinque anni in un battito di ciglia.
“Resta con me tutta la notte.”
Era la cosa più simile a una supplica che avessi mai sentito sulle sue labbra. Il tempo l’aveva reso fiero, aveva affilato gli spigoli del suo volto, ma ora che non c’era più tempo era tornato il ragazzino pieno di rimpianti che non avevo mai voluto salvare.
All’improvviso, l’immensità della mia codardia mi sconvolse e, con un gesto pieno di disgusto, mi strappai la maschera dal viso e la gettai a terra.
Lui non meritava nessuna finzione, non mi interessava quanto male avrebbe fatto dopo. Rimandavo tutto a dopo, certa che non mi sarebbe importato nemmeno allora.
Affondai le dita tra i suoi capelli e lasciai che mi spingesse sul letto, attirando il suo corpo più vicino al mio con urgenza, graffi sulle sue scapole a testimoniarlo.
“Non me ne andrò” giurai, un istante prima di lasciarmi annullare dal suo respiro.

Quando arrivò il mattino, ero svuotata di ogni energia.
Giacevo sul suo petto, esausta e sfibrata. Dentro di me c’era un equilibrio inquietante che, lo sapevo, non era destinato a durare.
La sua mano si avventurò, insolitamente delicata, tra i miei capelli scompigliati. Era una carezza così dolce che mi rivoltai contro di lui, graffiandogli appena una guancia mentre lo baciavo, per ricordargli che lui non era così.
E non sarebbe cambiato per me.
Col respiro un po’ affannato, mi bloccò afferrandomi per il mento. I suoi occhi scivolarono impassibili sul livido bluastro sul mio braccio, una copia fantasma della sua stretta.
“Non voglio che resti a guardare, dopo. Esigo che tu non ci sia.”
Gli rivolsi un’occhiata colma di rabbia furente.
“Io non ti lascerò solo!” sillabai, gelida.
Per un attimo, restammo a fissarci con astio, alla ricerca di un modo di prevalere l’uno sull’altra. Appurato che non avrebbe mai piegato la mia volontà, Draco ringhiò e mi scaraventò sotto di sé un’ultima volta.
Le ritrosie mi morirono sulle labbra al primo spasmo di piacere.

Mezz’ora più tardi, vestita e con il cuore in frantumi, l’espressione stranamente composta, attendevo che mi portassero via quello che, me ne resi conto senza scompormi, era il mio più grande amore.
Eppure, sebbene sapessi che non potevo fare più niente per salvarlo, ero irrequieta. Mi ero giurata che non sarei stata egoista e non l’avrei tormentato di domande sulla vicenda, ma non potevo lasciare che se ne andasse senza sapere. Forse ero crudele a pensare solo a me stessa, ma ero certa che non sapere mi avrebbe tormentato per il resto della mia vita ed ero sicura che lui non lo volesse affatto.
Cercai di resistere, ma alla fine sbottai.
“Devo saperlo. Perché non hai voluto fornirti un alibi? Ce l’avevi, lo so, la ragazza...”
La sua risata infelice mi ruppe la frase in gola.
“Ma non capisci, Granger? Niente mi avrebbe salvato!” davanti al mio orrore, proseguì implacabile, “È tutta la vita che il mondo cerca di farmi a pezzi... tutta la vita che ricevo solo diffidenza e disprezzo. Non capisci? Nessuno avrebbe creduto alla mia innocenza in nessun caso.”
Era assurdo, lui era assurdo. Ragionava in maniera talmente stupida! Ai miei occhi, si era sacrificato per niente – ma sapevo che non era del tutto vero: lui non aveva più niente, nemmeno me, prima della notte appena trascorsa.
“Io ti avrei difeso” mormorai, senza guardarlo.
“E saresti precipitata insieme a me. È meglio così, Hermione.”
“Non dirlo” sbottai, la voce rotta dalle lacrime.
Draco allungò una mano per sfiorarmi i capelli, ma il suo tocco non raggiunse mai le mie ciocche perché in quel momento Harry entrò per scortarmi fuori, prima di venire a prendere il prigioniero insieme ad altre guardie.
Guardò solo per un secondo il letto distrutto e le mie lacrime, le dita di Malfoy protese per sfiorarmi, e poi si voltò, lasciando la porta aperta perché lo seguissi.
Posai la mano sulla guancia di Draco per appena un istante, prima di scappare via.

***


Era rimasta la barbara usanza, dalla fine della Guerra, di assistere alle esecuzioni. Nella landa gelida che circondava Azkaban, su una scogliera a picco sul mare, i condannati esalavano il loro ultimo respiro.
Era un luogo di morte, ostile. Il vento gelido mi aveva ghiacciato fin dentro le ossa e spruzzi d’acqua salmastra, gelida, mi colpivano quando meno me lo aspettavo.
Il brusio del piccolo drappello di gente riunitisi per celebrare la morte del mio assassino dagli occhi chiari mi disturbava. Li squadrai con disprezzo, notando l’assenza dei signori Malfoy, ma non me ne curai, presa com’ero dalla rabbia. Li odiavo tutti, dal primo all’ultimo, e avrei soltanto voluto essere abbastanza selvaggia da massacrarli tutti e strappare Draco al destino che lo attendeva.
Era così ingiusto.
Tremavo talmente tanto che solo il mantello di velluto nero in cui ero avvolta mi proteggeva dall’indiscrezione altrui.
Sussultai quando, in lontananza, comparve Draco, scortato da Harry e da altri Auror, e da un unico Dissennatore, la cui sola vista bastò a riempirmi di schegge di ghiaccio.
Il mio amore perduto non aveva smarrito la sua calma apparente. Avanzava altero, il volto fiero e le spalle ben dritte, libero da catene e manette, i capelli candidi scompigliati dal vento feroce.
I suoi occhi mi sfiorarono per un attimo e le sue labbra si incurvarono in un sorriso vagamente malizioso. Ricordai le sue parole, “Domani ti pentirai di aver voluto affondare insieme a me”, ma scoprii senza sorpresa che non era affatto così.
Si fermarono a qualche metro da noi spettatori. Harry lesse le accuse e il verdetto della giuria, poi si allontanò di un passo.
A quel punto, Draco alzò un braccio per fermare tutti.
Aveva indossato la sua maschera più sprezzante e fu con rabbia gelida che sputò le sue ultime parole: “Quest’oggi, egregi signore e signori, condannate un uomo innocente. Ma c’è chi mi ricorderà come ciò che sono, non come ciò che mi avete costretto ad essere” i suoi occhi bellissimi s’incatenarono ai miei, “Non ho altro da aggiungere.”
Avrei voluto con tutta me stessa distogliere lo sguardo dalla scena che seguì, ma non ci riuscii. Non lasciai un attimo il suo viso e anche lui continuò a guardarmi, mentre si lasciava cadere in ginocchio sul terreno gelido.
Draco non era mai stato una persona coraggiosa, ma in quell’ultimo periodo aveva dimostrato una tempra straordinaria. Alla fine, era diventato qualcuno che avrei potuto amare senza farmene una colpa, con orgoglio persino.
Pensai con un brivido che era il risultato della sua ribellione contro il mondo.
Mi conficcai le unghie nei palmi fino a scorticarmi la pelle quando il Dissennatore scivolò in avanti. Cominciai a piangere senza un suono, quando il cappuccio gli ricadde sulle spalle.
Draco non lo fissò nemmeno. Non aveva occhi che per me.
Non potevo permettere che accadesse, non potevo. Era così sbagliato, lui non era nemmeno colpevole, e nessuno, nemmeno il mostro più crudele, avrebbe meritato una cosa del genere.
Eppure cosa potevo fare? Rovesciare tutto il mio mondo nel tentativo di salvare una vita? Da ragazzina avrei potuto farlo, ora non ne avevo più il coraggio, non ne avevo le forze.
Restai impotente a guardare mentre il Dissennatore si chinava su di lui, celandolo alla mia vista. L’ultima cosa che riuscii a scorgere furono i suoi occhi tristi, una lacrima che precipitava sulla sua guancia.
Poi il nero mi si addensò dietro le palpebre e crollai a terra, priva di sensi.
Draco non ha gli occhi di un assassino.

***


Quando mi risvegliai, era tutto finito.
Lui non c’era più, e niente aveva più importanza.
Harry mi scuoteva, cercando di farmi riprendere, ma la sua urgenza non riusciva a oltrepassare il muro che avevo eretto per proteggermi. Appena fui in grado di alzarmi, lo scostai da me e mi Smaterializzai via.
Tornai a casa giusto il tempo di prendere qualche vestito e poi affittai una camera in un albergo babbano alla periferia di Londra.
La mia vita insignificante era finita.
Non sarei tornata indietro.

Almeno così credevo, finché non varcai la soglia della stanza che avevo affittato.
Faticai a trattenere un urlo quando mi accorsi che, sul davanzale della finestra, era accucciato un Elfo Domestico. Fu abbastanza sorprendente da scuotermi dall’apatia che minacciava di ammazzarmi.
L’Elfo saltellò a terra e mi rivolse un inchino esagerato, le orecchie enormi che sbatacchiavano di qua e di là mentre si raddrizzava.
“Salve, Padrona” squittì, fissandomi con quegli enormi occhioni dorati, “Rabby, per servirti.”
La curiosità vinse i miei dubbi e tenne a bada la tristezza il tempo necessario a farmi decidere che avrei scoperto cos’era quella storia. Poi sarei tornata a consumarmi.
Chiusi la porta della stanza e mi accomodai sul letto. Avrei voluto invitare anche Rabby a sedersi, ma temevo che la mia gentilezza lo turbasse al punto da non riuscire a cavargli di bocca chi fosse e cosa volesse, perciò non lo feci.
Lo studiai con più attenzione, ma la tunica che indossava era candida e pulita e non recava nessun segno di riconoscimento.
“Perché sei qui?”
Le sue grandi orecchie fremettero appena.
“Ero l’Elfo Domestico dell’antica Casata dei Malfoy. Padron Draco, nel suo testamento, mi ha lasciato a te, Padrona.”
“Draco non è morto” risposi meccanicamente, senza logica, perché sapevo bene che in termini legali chi subiva il Bacio veniva considerato deceduto.
Tuttavia, non riuscivo a capire perché mai lui avesse deciso di farmi questo... regalo. Eppure lo sapeva benissimo che ero contro la schiavitù!
“Non capisco” mormorai, fissando Rabby senza vederlo.
L’Elfo sospirò.
“Padron Draco mi ha dato un compito, signora. Voleva che ti assicurassi che era innocente e il modo migliore per farlo gli è sembrato donarmi a te.”
“Sapevo già che era innocente!” protestai.
Eppure capii subito che cos’era successo. Draco non pensava che mi avrebbe mai rivista e doveva essere certo che io fossi convinta, come tutta la comunità magica, che era uno spietato assassino. Perciò aveva deciso di lasciarmi il suo Elfo, perché potesse raccontarmi ciò che già sapevo, e cioè che non era stato lui a commettere quello scempio.
Era un gesto così dolce che il suo amore per me mi sembrò all’improvviso troppo da sopportare.
“Ma c’è un’altra cosa che devi sapere, mia signora” il pigolio dell’Elfo attirò nuovamente la mia attenzione, “Io so chi è il colpevole.”
Dopotutto, forse avevo ancora uno scopo.

***


Quella notte, quando irruppi a Villa Malfoy con l’aiuto del mio tremante Rabby, ero sicura che avrei ucciso.
Ero talmente infuriata che avevo perso la lucidità, ogni ragionevolezza. Non avrei risparmiato quel mostro soltanto per paura di ciò che mi sarebbe potuto succedere.
L’atrio dell’antica dimora sembrava un mausoleo tant’era denso il silenzio, ma dal salone principale si intravedeva la luce fioca di un caminetto, sentivo appena il sussurro delle braci.
Era ancora sveglio, dunque.
Il dolore mi colpì con tanta forza da stordirmi quando riconobbi il profumo della casa, lo stesso che Draco aveva sempre avuto quand’era ancora libero. Non mi lasciai distrarre e, bacchetta alla mano, scivolai senza farmi udire tra le ombre del salone.
Lucius Malfoy, ormai vecchio, sedeva in poltrona sorseggiando liquore ambrato da un calice di cristallo.
Avevo pensato che l’avrei costretto a confessare, ma quando lo vidi, così tranquillo e impassibile, persi completamente la testa.

Mi palesai con un fruscio, la sua esclamazione sorpresa si spense appena si rese conto che gli puntavo la bacchetta in pieno viso. Con la freddezza di ogni Malfoy, si raddrizzò contro lo schienale e si intrecciò le mani in grembo, restando garbatamente in attesa di una spiegazione.
Prima della fine di questa notte, ti farò urlare, me lo giurai.
Schiusi più volte le labbra per parlare, ma le parole mi morivano in gola ad ogni tentativo. Non sapevo cosa dire, l’entità del suo tradimento era piena di una violenza che io non riuscivo nemmeno a immaginare. Ero sperduta in un mondo pieno di trappole e non ero più capace di uscirne.
I suoi occhi gelidi, specchi senza vita, ammiccarono dalla penombra della stanza. Era quello l’aspetto che avevano gli occhi di un assassino, ora lo sapevo.
Eppure non ero in grado di pronunciare le parole di morte che mi vorticavano in testa da quando avevo conosciuto la verità.
“So cos’hai fatto” dissi infine.
Una ruga d’espressione gli incise la fronte, ma non perse la calma. Anzi, sfoderò il suo sorriso più mellifluo e tentò di blandirmi.
“Non so di cosa tu stia parlando, mia cara.”
La rabbia fu talmente violenta che, senza pensare affatto alle conseguenze, sferzai l’aria con la bacchetta, incidendogli il petto. Un taglio lungo una quindicina di centimetri iniziò subito a stillare sangue, lui mi insultò a bassa voce, premendosi le mani sulla ferita.
Spero che tu soffra.
Non provai senso di colpa, ma disgusto, quello sì. Forse stavo impazzendo, perché in un angolo della mia testa risuonò la voce di Draco, guardinga – “Attenta a ciò che desideri”.
Non fidandomi di me stessa, chiesi a Rabby di raccontare ogni cosa. E lui lo fece, nascosto dietro le mie gambe, tirandosi le orecchie per il terrore e la disperazione – ma lo fece, perché ora doveva la sua fedeltà a me, e a nessun altro.
Ebbi il piacere di veder fiorire il panico sul volto del signor Malfoy, mentre l’Elfo raccontava di come, quella tragica notte, egli avesse sorpreso Asteria con il fratello Deynos. Lucius non sarebbe dovuto essere in casa, lui e Narcissa non vi abitavano più da tanti anni, ma era passato a prendere delle carte legali che gli servivano. Era convinto che non ci fosse nessuno, perciò quando aveva sentito sua nuora litigare furiosamente con il fratello si era fermato ad ascoltare, incuriosito, ed era venuto a conoscenza di una rivoltante verità: la sgualdrina andava a letto con il sangue del suo sangue e dal disgustoso incesto era nato Scorpius.
Il signor Malfoy si era sincerato soltanto che Narcissa dormisse e continuasse a farlo per tutta la notte, nella loro casa di campagna, poi era tornato a Villa Malfoy. Aveva torturato e punito i Greengrass in preda a una furia cieca: Deynos aveva tentato di difendersi con la magia e, mentre lottavano, un incantesimo aveva colpito Scorpius, appena rientrato da una serata con gli amici, immobile sulla porta del salone, incredulo per la scena a cui stava assistendo.
Lucius aveva ucciso Asteria e il suo amante e aveva fatto giurare alla servitù di mantenere il segreto con chiunque, compresi sua moglie e suo figlio. Era tornato a casa ben prima che Narcissa si svegliasse.
Finito il racconto dell’Elfo, Malfoy mi fissò negli occhi con un’espressione quasi di sfida.
“Il loro amore era un abominio” sentenziò.
Era vero, pensai. Era vero, ma nessuno meritava una cosa del genere. Eppure ciò che più mi turbava era che avesse lasciato ricadere la colpa su Draco. Ma non aveva un briciolo d’amore per suo figlio, se non d’onore?
Meritava di morire.
“Hai lasciato che lo giustiziassero” lo accusai, la voce ridotta a un sussurro spezzato, “Sei stato tu e hai permesso che gli facessero... quello.
Per la prima volta dall’inizio dell’intera nottata, il signor Malfoy parve perdere qualunque freddezza. Si accasciò senza forze sulla poltrona, fissando lo sguardo tra le braci del camino che rosseggiavano.
Passò così tanto tempo che mi convinsi che non avrebbe detto niente. Probabilmente, nemmeno provava rimorso per ciò che aveva fatto, ma non lo saprò mai.
“Avevo paura di morire” confessò in un bisbiglio.
Per un attimo lungo una vita, non feci assolutamente nulla. Poi abbassai la bacchetta.
“Rabby, sveglia Harry Potter e portalo qui.”
Crollai sul divano, senza levare gli occhi dalla figura dell’assassino, svuotata di tutto.
Avrei voluto ucciderlo, ma se l’avessi fatto nessuno avrebbe saputo la verità su Draco e sulla sua innocenza. Non provavo alcun piacere nel risparmiarlo, anzi, i miei nervi protestavano, i miei muscoli contratti urlavano, la rabbia mi stava massacrando, ma mi costrinsi a restare immobile.
Per te, Draco.

***


La clinica privata in cui il Ministero faceva ricoverare tutti coloro che avevano ricevuto il Bacio era fredda, i corridoi d’un bianco asettico e le stanze, meticolosamente pulite, prive di qualsiasi ornamento. Era un luogo di coma eterno.
Raggiunsi la stanza di Draco ed esitai, incerta.
Mi avevano permesso di andarlo a trovare soltanto perché si era scoperto, grazie a me, che era innocente. Solitamente i condannati dovevano morire soli, faceva parte della sentenza. Tuttavia, non ero certa di volerlo davvero vedere... sapevo che mi avrebbe fatto a pezzi.
Eppure entrai. Non sarei stata mai più una codarda.
Sul letto, sedeva Draco.
Ma non era davvero lui.
Il suo volto era scavato, più magro di quanto fosse mai stato, e i capelli biondi erano come sbiaditi, non splendevano più di riflessi se un raggio di sole li colpiva.
E i suoi occhi chiari, così belli, mi fissarono senza vedermi. Scivolarono su di me e si mossero, trasognati, per la stanza.
Spenti, vuoti, annientati.
Una lacrima mi scivolò sulla guancia.
Posai la maschera che mi aveva regalato sul comodino e sfiorai con la punta delle dita il suo viso. Lui non se ne accorse nemmeno.
“Ti amerò sempre” mormorai, nella folle speranza che la forza del mio amore per lui lo costringesse a tornare indietro, a tornare da me da quel limbo buio in cui la sua anima era precipitata.
Non tornò mai.


NdA: Non ho molto da dire, se non che questa storia languiva incompiuta da diversi anni nel mio pc e sono molto contenta di averla finita!
Spero che i personaggi siano credibili, mi sono presa qualche libertà in più perché ormai sono passati tanti anni e che siano un poco cambiati mi è sembrato naturale.
Ovviamente, il fratello di Asteria è una mia invenzione, ma non lo considero un What if? perché, in fondo, nei libri nemmeno Asteria viene citata.
Spero la storia vi sia piaciuta!

Un bacio,
Mary

  
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