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Autore: Horrorealumna    15/10/2015    1 recensioni
Valeva la pena provare tutto quel dolore solo per vedere il suo bellissimo viso. Il frutto di tutti i loro sacrifici, del loro duro lavoro e amore bastava a farle bruciare gli occhi di lacrime incandescenti, piene di orgoglio, gioia e tutto l’affetto che una madre poteva provare per il suo bambino.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Gendo Ikari, Shinji Ikari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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             - Birth

 

Valeva la pena provare tutto quel dolore solo per vedere il suo bellissimo viso. Il frutto di tutti i loro sacrifici, del loro duro lavoro e amore bastava a farle bruciare gli occhi di lacrime incandescenti, piene di orgoglio, gioia e tutto l’affetto che una madre poteva provare per il suo bambino.


Il suo professore era rimasto davvero sorpreso quando lei gli aveva riferito di essere incinta, quasi come se non capisse il motivo per cui una ragazza avrebbe mai voluto avere figli con un uomo del genere; ma era rimasto gentile e garbato nei confronti dei suoi desideri, e si era sinceramente congratulato con lei – sebbene sapesse benissimo che questioni del  genere non lo riguardavano affatto. Erano incredibilmente legati, come fossero stati padre e figlia; certo, c’erano state notti in passato in cui l’uomo lasciava liberamente divagare le mente, e i pensieri si soffermavano prepotentemente su quella donna. Non si era mai spinto oltre, mai. E lei era sempre rimasta sulle sue, innocente, senza mai metterlo in imbarazzo e considerando il professore come un carissimo amico.
Lo aveva pensato spesso, durante il travaglio; si immaginava la sua reazione alla vista del suo perfetto bambino, un modo come l’altro per distrarsi da quello che veniva considerato il “miracolo della vita”.
 
Suo marito le aveva suggerito più volte di fare l’epidurale, ma lei aveva rifiutato categoricamente ogni volta; non era necessario, sapeva che quello era il più naturale dei processi e che le donne avevano da sempre dato alla luce i propri figli anche senza alcun tipo di assistenza. Avrebbe voluto schiaffeggiarlo volentieri un paio di volte quando lui le aveva risposto con tono seccato, che c’erano state molte donne che per via dei dolori del parto avevano perso la vita o che si erano ammalate subito dopo per la mancanza di cure mediche; ma in quel momento gli strinse solamente la mano più forte che poté, costringendolo a singhiozzare per il dolore e finalmente zittire.
 
Ora che era tutto finito, senza più infermiere a fissarla attentamente o dottori che le dicevano di restare calma e continuare a spingere, si sentiva più sé stessa. Non più una sorta di cavia umana da guidare e osservare. Suo marito aveva tagliato il cordone ombelicale poco prima, con gli occhi ricolmi alla vista del nuovo arrivato; neanche lei si era trattenuta dall’esalare finalmente un sospiro di puro sollievo in quel momento. Dopotutto, lui non era un uomo che amava esternare le sue emozioni; solo in sua presenza riusciva ad aprirsi e magari anche sorridere, di tanto in tanto. Era contenta che tutto si fosse risolto per il meglio.
 
L’infermiera era entrata e le aveva delicatamente passato il bambino, che ora stringeva al petto, con dolcezza, sussurrandogli parole di conforto e stupore – cose che il piccolo ancora non poteva ben capire. Non aveva pianto molto, una cosa che aveva da subito allarmato le diverse addette e infermiere che gli si erano velocemente fatte vicine per accettarsi che fosse ancora in vita. Ma se l’era cavata, probabilmente era solo stanco.
Mosse piano il suo dito sul nasino del bambino tracciando piccoli cerchi sulla sua pelle, prima di vederlo muovere la minuscola mano ad afferrare lo stesso dito, come se la sua vita ora dipendesse da quel contatto; suo padre era là, accanto a lui ad osservarlo e a mantenere il controllo, come era solito fare d’altronde. Ciò non infastidiva più sua moglie, oramai abituata. Era certa che fosse emozionato, non era soltanto bravo ad esternare quel tipo di sentimento. Pensava, lui, di non essere degno di tutta quella gioia e lei, in cuor suo, pregava che l’arrivo di suo figlio potesse cambiarlo. Sapeva che sarebbe stato un padre eccellente.
 
Entrambi erano soliti ad osservare nuove forme di vita prendere il loro posto sulla Terra, era anche parte del loro lavoro; la biologia non era poi una materia così astrusa. Ma tutto quello era così diverso. Creare qualcosa di così prezioso... qualcosa mille volte meglio di tutte le forme di vita con cui avevano a che fare.
Da quando aveva lasciato il lavoro per la maternità, suo marito era entrato in carica. Era anche lei impaziente di tornare al suo Progetto, ma allo stesso tempo ansiosa nel sapere di non poter abbandonare il bambino a sé stesso. Non adesso. Una volta finito il tempo che per legge le era dovuto, avrebbe forse dovuto portarlo con sé al laboratorio? Non era uno spazio da considerare adatto a bambini così piccoli, ma non sopportava l’idea di vederlo crescere lontano dai suoi genitori. Una volta ripreso il lavoro, lei avrebbe supervisionato tutti e tutto, nessuno le avrebbe impedito di portare il piccolo con sé. Anche il professore si stava finalmente convincendo di lavorare lì, con tutti loro; era così impaziente di mostrargli il piccolo. Quella vita, quell’amore.
Cominciò a singhiozzare piano, prima di avvertire che suo marito si era fatto vicino e le accarezzava piano la spalla, cercando di calmarla al meglio delle sue possibilità; il bambino tra le sue braccia si era immobilizzato e osservava l’ancora sfocato mondo attorno a sé con occhi socchiusi.
 
Lei avvicinò la sua minuscola mano alla bocca, baciandola dolcemente e ricordandogli quanto prezioso e bello fosse. E sorprendentemente, anche il padre del bambino gli porse esitante la mano in modo che l’afferrasse. Risero insieme alla reazione confusa del piccolo.
Oh, lei amava il suo lavoro. Amava suo marito. E amava quel bambino.
 
Alla domanda dell’infermiera, che era entrata in stanza con fogli in mano e che intendeva sapere se si fosse già deciso un nome per il neonato, non vi furono dubbi a riguardo. Si era già tutto deciso con largo anticipo.

 
Shinji.
Shinji Ikari.

 
L’uomo ora strofinava delicatamente il pollice contro la guancia del bimbo, rilassato e con un mezzo sorriso ad incurvargli la bocca. La donna sarebbe potuta rimanere là a fissarli per sempre, ma il triste pensiero che presto avrebbe dovuto abbandonarli entrambi le procurava dolorose fitte al cuore. Non voleva rinunciare a quella felicità, nessuno l’avrebbe fatto. Il suo mondo era perfetto così com’era. Era per rendere possibile ad altri bambini come Shinji di avere un futuro migliore che, in fin dei conti, la donna era pronta a rinunciare a quella felicità.
Ma mai... mai, avrebbe smesso di amare suo marito. E mai avrebbe smesso di proteggere il suo unico figlio.
 


Sì.

Tutto sarebbe andato bene.

 




 














 
 
 


 

 
   
 
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