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Autore: La Tigre Blanche    19/10/2015    5 recensioni
Link della prima parte all'interno!
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« La prossima volta col cazzo che gli do retta! » Sbuffò, borbottando tra i denti altre imprecazioni in dialetto, per poi sorseggiare il liquido scuro dal proprio calice: almeno America aveva avuto il buon gusto di comprare del vino italiano per gli ospiti. Si guardò intorno: tutti erano vestiti in modo ridicolo, tutti tranne lui ed Inghilterra, che aveva avuto la decenza di vestirsi come un comune mortale e che, dopo neanche cinque minuti, era sparito improvvisamente al seguito di un certo francese – tra l’altro vestito dalla versione bionda del dottor Frank N Furter di “The Rocky Horror Picture Show”.Perfino il crucco si era travestito da vampiro ed era così ridicolo che Romano per tutta la serata non aveva fatto altro che scattargli foto con l’intento di sputtanarlo su Facebook.
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Seguito di Spying. La colonna Traiana è tornata, ed è più forte(?) di prima.
Genere: Comico, Demenziale, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Sorpresa, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Spying'
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[Nota: se non avete letto la prima parte, vi conviene farlo per capire meglio la storia; "Spying" potete trovarla qui: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3032872&i=1 ]

 
Spying - No, non di nuovo!



Romano odiava le feste: troppo rumore, troppo alcol e soprattutto troppa gente del cazzo in mezzo agli zebedei! Esattamente questo aveva detto a un Feliciano travestito da ape Maya quando gli aveva chiesto di venire alla stupidissima festa di Halloween organizzata dall’altrettanto stupido America.
« Non ci penso proprio! »
« Eddai fratellone, mi serve qualcuno che mi accompagni! »
« No, no e poi no! Mi rifiuto di andare in un posto puzzolente e rumoroso come la casa di quell’americano scempiato! »
« Ma Romano! »
« Romano un corno! »
« …Beh, se la metti così – e qui l’adorabile Feliciano aveva fatto uno di quei suoi falsissimi sorrisetti innocenti – non credo che a Ludwig dispiacerà accompagnarmi! Chissà, magari posso anche dormire da Lu— non aveva neanche fatto in tempo a terminare la frase che Romano era schizzato in piedi come punto da una vespa e, vestito di tutto punto (come diamine aveva fatto?!), lo attendeva alla porta di casa:
« A Felicià, movi er culo che sennò arivamo tardi! » Aveva urlato con tono stizzoso, rosso in volto e fumante dalla rabbia, prima di uscire di casa sbattendo la porta, con l’amara consapevolezza di essere stato fregato un’altra volta.
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« La prossima volta col cazzo che gli do retta! » Sbuffò, borbottando tra i denti altre imprecazioni in dialetto, per poi sorseggiare il liquido scuro dal proprio calice: almeno America aveva avuto il buon gusto di comprare del vino italiano per gli ospiti. Si guardò intorno: tutti erano vestiti in modo ridicolo, tutti tranne lui ed Inghilterra, che aveva avuto la decenza di vestirsi come un comune mortale e che, dopo neanche cinque minuti, era sparito improvvisamente al seguito di un certo francese – tra l’altro vestito dalla versione bionda del dottor Frank N Furter di “The Rocky Horror Picture Show”. Perfino il crucco si era travestito da vampiro ed era così ridicolo che Romano per tutta la serata non aveva fatto altro che scattargli foto con l’intento di sputtanarlo su Facebook.
Oh, sì, le odiava le feste: in meno di cinque minuti le nazioni erano riuscite a scolarsi la metà degli alcolici presenti: persino Feliciano, che Romano non aveva smesso di tenere d’occhio dall’inizio della festa, era più che brillo e, tutto sorridente, sfarfalleggiava attorno a Ludwig peggio di un’ape con un fiore – ed ora il travestimento da ape Maya acquisiva improvvisamente un senso.
Romano corrugò la fronte, lo sguardo incendiario puntato sul fottuto mangia patate, quasi sperasse di mandarlo in autocombustione: Feliciano era saltato al collo di Germania senza troppi preamboli, fissandolo con una delle sue occhiate stucchevoli e sorridendo in modo… perverso? Feliciano che sorrideva in modo perverso? Ma quando mai! Di sicuro quel bastardo platinato gli aveva messo qualcosa nel vino! O, peggio, magari aveva costretto Feli a trangugiare una di quelle sue birre amarognole disgustosamente crucche!
Il solo pensiero del fratellino imbottito di droga e/o birra alla mercé di quel sadico vestito da vampiro fece scattare l’istinto fraterno a Romano, che, ricordandosi della brutta esperienza del mese precedente, preferì agire subito: con la stessa epicità di un cuoco che, tra mille peripezie, riesce a non far scuocere la pasta, così Romano, con un’espressione che avrebbe fatto raggelare persino Russia, si fece largo a suon di spintoni e gomitate nella calca, pronto a raggiungere la “coppietta” e a rompere il naso a qualcuno.
C’era gente, troppa gente – le nazioni lo spintonavano da una parte all’altra senza sosta, ignorando i suoi improperi e le sue maledizioni in dialetto. Finalmente, tra imprecazioni e bestemmie in greco antico, riuscì a vedere la luce: eccoli là, i due sodomiti! Riuscì appena in tempo a vedere un costume nero e giallo sparire al piano di sopra dove – orrore e disgusto! – si trovavano le camere da letto. « Non riuscirai ad avere il culo di mio fratello, crucco bastardo! » e partì alla carica, pronto a travolgere qualsiasi persona che avesse provato a fermarlo dal suo intento:
« Romanito! » Quasi lo avesse chiamato, Spagna, dalle gote arrossate per l’alcol, gli si piantò davanti, sorridendo come uno stupratore rincoglionito. Una testata ben assestata sul mento e lo spagnolo era rotolato per terra, dolorante e con un paio di denti in meno. Spietato come un giocatore di rugby e incazzato come una spia, Romano salì di corsa le scale – in realtà ebbe la forza di saltellare solo per la prima rampa, la seconda la salì come un bradipo asmatico, spinto a continuare solo dalla sua buona volontà e dai suoi nobili propositi.
Con la milza distrutta e i polmoni doloranti, manco avesse appena scalato il monte Bianco, il sud Italia si appoggiò al muro, piegandosi in avanti e tentando di calmare il fiatone. Si guardò intorno, deglutendo un grosso groppo di saliva, per poi imprecare: era sbucato in un corridoio, un fottuto corridoio in cui si affacciavano dio solo lo sapeva quante cazzo di porte. Imprecò di nuovo quando si accorse del Dejà-vu.
Restio ad aprire a casaccio le porte – la volta precedente Feliciano gli aveva assestato un ceffone che ancora non aveva ancora dimenticato – si avventurò lentamente nella penombra – perché piazzare un paio di fottute luci nel corridoio era sembrato troppo scontato per il grande ed eroico America.
Cosa fare? In quel momento poteva già essere troppo tardi per quello scimunito di Veneziano e questo Romano non lo accettava. In quel momento il cellulare gli vibrò nella tasca dei pantaloni, segnalandogli l’arrivo di una notifica. Ed ebbe il colpo di genio.
*
« E ‘nnamo, fottuto cellulare…» era la quinta volta di fila che chiamava Feliciano ed era la quinta volta di fila che la chiamata terminava da sola, poiché “la rete mobile non era disponibile”. Il suo piano malefico era infatti quello di chiamare Feliciano ed interrompere quindi la sua carneficina – geniale, era semplicemente geniale.
« Cazzo, non ci voleva! » sibilò mentre sventolava da una parte all’altra il cellulare in cerca di campo: magari se trovava una stanza vuota poteva provare ad affacciarsi a una finestra e cercare il segnale da là. Eh, a trovarla una stanza vuota!
Guardingo e irritato, Romano avvicinò l’orecchio alla prima porta di destra, scostandolo subito dopo all’udire un “Ah- Oui! Mh- Angleterre!” esclamato in tono lascivo e strascicato – avvampò come una scolaretta: cosa non si fa pur di salvare il proprio fratellino! Avanzò di qualche passo per accostarsi alla porta successiva: stavolta non sentì niente e, tutto felice di aver trovato una stanza vuota, ci entrò senza pensare due volte, chiudendosi la porta alle spalle.
Si lasciò scappare una risata malvagia: dopotutto il suo piano stava per andare a buon fine e niente e nessuno sarebbe riuscito ad ostacolarlo. Niente e nessuno fatta eccezione per il fottuto tappeto persiano sgualcito in cui – come un perfetto idiota – andò ad inciampare. Gli attimi seguenti furono micidialmente lenti per Romano: l’impatto a terra, l’imprecazione in napoletano e il cellulare che volava via dalle sue mani, volteggiava un paio di volte nell’aria e si andava a schiantare sul pavimento, facendo schizzare via la batteria sotto al letto.
« Ma porc-!! » oh, perfetto, ci mancava solo quello! Con le movenze di un coccodrillo ubriaco, Romano strisciò sotto al letto – era tutto così dannatamente buio che non si vedeva a un palmo dal naso – alla ricerca dei pezzi mancanti del proprio povero cellulare. “Ma perché tutto a me?” si ritrovò a pensare mentre tastava a casaccio il pavimento nella speranza di ritrovare la dannata batteria – dove cazzo era finita?! Presto si ritrovò a muovere le braccia in gesti ampi, vagando sotto al letto e dando testate alle doghe che, li mortacci loro, erano troppo basse per permettere movimenti agevoli. Dopo essersi chiesto più e più volte quanto diamine dovesse essere largo quel matrimoniale per riuscire a nascondere una batteria così bene, finalmente la sua mano tastò qualcosa di familiare. Gioia e gaudio esplosero nel suo petto quando afferrò la fottutissima batteria – piccola stronzetta, ecco dove si nascondeva!
Con mani tremule d’emozione assemblò di nuovo il cellulare, gongolando al pensiero della faccia da patata che si corrucciava per essere stato interrotto nell’esplorazione della porta Palatina – e sghignazzò maligno quando, ancora stravaccato sotto al letto, riuscì ad accendere il cellulare.
« Ora si che te frego, brutto stupratore di consanguinei altrui! » e stava per strisciare fuori da sotto al letto quando accadde l’impossibile: la porta si aprì, e due figure ansimanti entrarono burrascose nella stanza, chiudendosi dentro a chiave e catapultandosi sul letto. No. Te prego no – possibile che si ritrovasse sempre coinvolto in situazioni erotiche? Tutta colpa di quel fottuto crucco, sì! La colpa era sempre sua, sua e del suo malsano desiderio di portarsi a letto Feliciano ogni due per tre.
Ma Romano non aveva tempo per lasciarsi andare in fantasie perverse e cruente in cui Ludwig raggiungeva la morte in modo lento e doloroso: aveva un problema ben peggiore da affrontare e quel problema si stava rotolando selvaggiamente sul letto – le molle cigolavano paurosamente e il sud Italia temette davvero di finire spiaccicato.
« Verdammt! » E ovviamente, nonostante fosse stato invitato tutto il mondo a quella dannata festa, chi era entrato a scopare proprio in quella stanza? Ma il fratello del crucco, ovviamente! Porca troia, tutto a lui capitava!
« Gilbert? » e siamo a quota due: pure l’austriaco ora – sono peggio di un’epidemia! Romano pianse internamente, alzando gli occhi e pregando Iddio che facessero presto: d’altra parte, nessuno avrebbe mai voluto trovarsi bloccato in una stanza con due crucchi arrapati e con l’ansia della consapevolezza che un terzo crucco – il più stronzo di tutti – si stesse fottendo allegramente tuo fratello.
« Ho dato una testata, ahia! » Si prospettava una lunga serata. Merda. All’esclamazione dell’albino – la patata candeggiata, come la chiamava Romano – seguì una pausa.
« …Non guardarmi così, damerino! E’ colpa tua che mi salti addosso in quel modo, ecco! »
« Gilbert, almeno stavolta evita di perderti in sciocchezze del genere e concentrati! »
« Ma Rod! Non provi neanche un po’ di pietà per la mia magnifica testa? »
« No! E ora smettila di sparare frescacce e continuiamo! »
E con queste frasi pregne di erotismo e passione – forse sarebbe stato più divertente del previsto – i due iniziarono finalmente a darsi da fare, o almeno questo si deduceva dallo scricchiolare delle molle e dai versi che si iniziavano ad udire. Ma mentre Romano continuava a sudare freddo, rosicando come un matto per la vittoria di Ludwig che, sicuramente, stava banchettando col corpo di Feliciano, udì qualcosa che, ne era certo, sarebbe rimasto nella storia:
« Gilbert, muoviti! »
« Sicuro? Non è che poi ti faccio male? »
« No »
« Sicuro sicuro? » Un sospiro spazientito:
« Sì! »
« Sicuro sicuro sicur—»
« Cristo Gilbert, non è che hai la colonna Traiana là in mezzo, cosa pretendi?! »
« Cosa stai insinuando?! » e la voce di Prussia si acuì di un paio di ottave, risultando simile a quella di una donnina isterica col ciclo, e tutto ciò era talmente ridicolo e paradossale – a partire dal paragone col famigerato monumento – che Romano non sapeva se ridere o tagliarsi le vene con la SIM del telefonino. Nel dubbio grugnì, il tipico rumore di chi si trattiene dallo scoppiare in una fragorosa risata; subito si coprì la bocca, tutto rosso e con le lacrime agli occhi, mentre tratteneva a stento le risa: ancora col cellulare tra le mani, accese subito il registratore – li avrebbe sputtanati a vita!
Il silenzio calò opprimente nella stanza e per un fatale istante il meridione temette di essere stato scoperto, ma poi accadde qualcosa di inconcepibile da ogni mente umana con un briciolo di sanità:
« …Rod, lo hai sentito? »
« Ah, non eri tu? »
« … »
« … »
« Rod – si sentirono le coperte frusciare e Romano pensò di essere spacciato – e se fosse un fantasma?! »
« Ma che cosa ridicol—
Un altro verso, più lungo e singhiozzante del primo, rimbombò cupo nella stanza. Austria si lasciò sfuggire un verso inorridito, mentre Prussia balbettava un’imprecazione a mezza voce. Indietreggiarono fino a raggiungere con la schiena la testata del letto, il cuore in gola e il respiro mozzato dall’ansia di venire attaccati da una qualche creatura sovrannaturale. Romano, sotto di loro, si stava mordendo a sangue il labbro, mentre gli occhi gli lacrimavano copiosamente – avrebbe pagato oro per vedere le facce di quei due mangiapatate!
Seguirono minuti di completo silenzio, interrotti solo dall’ansimare di Roderich, in preda ad una crisi di panico della peggior specie. Gilbert deglutì, corrucciandosi, deciso a prendere in mano la situazione: sogghignò, dando una sonora pacca sulla spalla dell’austriaco, ottenendo in cambio un’occhiataccia contrariata.
« Avanti, damerino, prima le signore! »
« C-che intendi dire? » E Gilbert allargò il suo ghigno tronfio da perfetto paraculo:
« Beh, non vorrai mica che la mia magnifica persona si faccia male, no? Ti promuovo a GhostBuster!» Passarono tre secondi in un silenzio tombale pregno di suspense.
« Ma mi stai prendendo per il deretano?! » Si udì un tonfo seguito da un lamento femmineo e Romano dedusse che l’ingoiacrauti candeggiato si fosse definitivamente giocato il Wurst. Salvò la registrazione, ritenendola abbastanza per ridicolizzarli, poi decise che forse era meglio uscire allo scoperto: alla fine doveva pur ringraziarli di essere dei coglioni patentati, no?
Così, stanco di aspettare che quei due finissero di copulare – anche perché a quel punto non ci avrebbero neanche provato a continuare il rapporto, terrorizzati com’erano – strisciò fuori da sotto il letto, aggrappandosi al materasso e usandolo come appiglio per tirarsi su. Forse fu proprio quel gesto, o forse fu il modo angosciosamente lento in cui si tirò su, oppure fu il nugolo di polvere che si trascinò appresso (da quanto non ci pulivano là sotto?!), sta di fatto che un urlo isterico da damina – roba che avrebbe fatto impallidire la Callas – proruppe di colpo, frantumando il silenzio tombale in cui era sprofondata la camera. E prima che Romano riuscisse ad urlare un finissimo “Porca puttana”, qualcosa di pesante gli piombò addosso, facendolo cadere all’indietro e aggrappare alle tende polverose, il tutto sotto gli strilli aquilini di Gilbert che, preso dal panico, aveva scagliato un Austria semisvenuto contro il presunto fantasma, per poi rifugiarsi urlante sotto le coperte, quasi potessero proteggerlo.
« Cazzo! » le tende a cui si era aggrappato il meridione cedettero, e il tessuto polveroso si afflosciò su lui e sul corpo rigido di Roderich, più morto che vivo. Imprecò nuovamente, diede una gomitata all’austriaco che rotolò di lato come un burrito congelato e prese a dimenarsi nel tentativo di scrollarsi di dosso l’enorme tenda, tossicchiando improperi vari.
« DON’T WORRY MY LADY, THE HERO IS COMING TO SAVE YA! » Come se non bastasse, attirato dagli urli, un America selvatico abbatté la porta con un calcio laterale degno di Indiana Jones e piombando nella scena con una posa eroica – hamburger in bocca a parte. Dietro di lui, tutto sorridente, fece la sua inquietante comparsa Russia:
« Allora, chi è morto? » America lo ignorò completamente, accendendo la luce e preparandosi psicologicamente a combattere il cattivo e a salvare la presunta donzella in pericolo che continuava ad urlare disperata.
L’immagine che gli piombò davanti però non fu quella che si aspettava, a partire da Austria che stava rigidamente sdraiato supino sul pavimento, nudo e con lo sguardo vitreo che fissava il soffitto; accanto a Rod, un bozzolo di tende dava mostra del suo repertorio di bestemmie, dimenandosi stizzosamente; ma il fulcro della scena era Gilbert che, con le coperte tirate fin sul naso, si dibatteva come un matto, scalciando e urlando come una poiana in calore dopo un trip di acidi.
Alfred alzò perplesso un sopracciglio: « What the fuck – duuudes!»
« Oh, non è morto nessuno? » E Russia sparì così com’era apparso.
« Porca merda! » Romano sbucò come un fungo dal bozzolo, respirando a pieni polmoni aria pulita, poi scoccò un’occhiata fulminante a Prussia, ancora sul letto che gridava come un suino: « Hai rotto li cojoni! » strepitò in italiano, afferrando un cuscino che giaceva per caso lì per terra e gettandolo addosso al dannato crucco, che si afflosciò magnificamente sul materasso – svenuto.
Il resto è storia.
*
« Romano, ti vedo un po’ scocciato, cos’hai? » Feliciano, ancora gloriosamente vestito da ape Maya, si sedette sul sedile accanto a quello del guidatore – era tutto integro e riusciva perfettamente a sedersi, il che per Romano fu un traguardo personale.
« Nulla. » rispose irritato l’altro, la schiena che gli faceva ancora male per la caduta. Italia Veneziano spostò lo sguardo sullo specchietto retrovisore, fischiettando allegramente mentre si arricciava una ciocca di capelli col dito.
« A proposito, a un certo punto ho sentito qualcuno urlare: che è successo? »
« Niente di che. » Sbuffò l’altro, accendendo il motore della macchina. Feliciano roteò gli occhi, puntandoli fuori dal finestrino con fare annoiato; emise poi un versetto allegro – facendo sobbalzare il fratellone – per poi affacciarsi e agitare il braccio in segno di saluto, tutto sotto lo sguardo contrariato di Romano, che continuò a lanciare occhiatacce fin quando non intravide il crauto platinato. Stava in piedi, di fronte al parcheggio, ma appena intravide il giovane Vargas subito gli andò in contro. Romano si illuminò: zoppicava. Il fottuto crucco zoppicava! E anche vistosamente, si potrebbe aggiungere! Sentì il cuore gonfiarsi d’orgoglio: era fiero del suo fratellino che, per una volta, non si era lasciato sottomettere dalla versione muscolosa di Platinette.
Si voltò dall’altro lato, gli occhi lucidi di emozione, ignorando completamente la conversazione – in tedesco – dei due e crogiolandosi nella sua ignara felicità.
“Vaffanculo colonna Traiana, questa sera hai perso” E, sotto lo sguardo perplesso di Feliciano e di Germania, Italia del sud scoppiò in una fragorosa risata sadica.
Ah, se solo avesse conosciuto un po’ di tedesco! Romano avrebbe scoperto che Ludwig in realtà si era solo storto una caviglia e che gli stava appunto raccontando dell’accaduto. Ma, come si sul dire, beata ignoranza.










Angolo della tigre:
DAN DAN DAN DANNNNN! Ecco a voi il seguito di Spying, spero vi sia piaciuto! :D Grazie per aver letto fin qua, se volete lasciate pure una recensione! uwu
   
 
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