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Autore: Greywolf    19/10/2015    7 recensioni
Una giornata di pioggia come non si vedeva da tempo. Una corsa sfrenata. Un amico in difficoltà. L'inizio di un dramma...un lento cambiamento...fino ad un nuovo inizio.
""-Si può sapere dove mi porti?- gli domandai mentre cercavo goffamente di coprirmi la testa con il braccio libero.
Lui non era infastidito da nulla di quello che lo circondava. Era concentrato solo a correre. L’acqua e il vento sembravano l’ultimo dei suoi problemi.
-Da Naruto!- mi disse.
-Da Naruto? Gli è successo qualcosa?! Dov’è ora?- domandai senza sapere che altro dire.
Rispose dopo un attimo:
-In ospedale…-""
E' la mia prima storia a capitoli e aggiungerei che è una storia delicata. Sperò vi possa interessare e piacere alla fine. Pubblicherò il nuovo capitolo di giovedì e di sabato. Qualsiasi appunto che avete, critiche, apprezzamenti, qualsiasi cosa, fatemi sapere e recensite per dirmi cosa ne pensate. Ci terrei molto! Buona lettura! :)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Shikamaru Nara, Tenten | Coppie: Naruto/Sakura
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
Capitoli:
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“Ha funzionato...HA FUNZIONATO!”
 
Dopo interminabili minuti di estrema tensione, Kaiza si concesse il lusso di ricominciare a respirare. Cadde seduto all’indietro nel tentativo di riprendere fiato e permettere al proprio battito cardiaco di ripristinarsi, dopo essere stato messo a dura prova dalla scena a cui fino a pochi attimi aveva assistito impotente.
 
I nemici li avevano raggiunti alla fine, agguerriti e pronti allo scontro. Hideiko un po’ zoppicante si era mostrato subito allo scoperto con le mani in alto, seguito e imitato da Taisuke con il quale aveva convenuto che avrebbe parlato lui, mentre il suo compito era quello di utilizzare il Byakugan per  tenerli sotto controllo. Aveva dichiarato di volersi arrendere e fu fortunato da riuscire ad attirare l’attenzione del capo gruppo, un uomo imponente vestito con una mimetica scura, difficile da individuare con la poca luce che la luna stava loro offrendo. Gli propose uno scambio, le loro vite in cambio del rotolo. Nulla di più purché entrambe le parti mantenessero i patti.
 
L’uomo si era dimostrato piuttosto propenso ad accettare l’offerta almeno finché non gli era stato chiesto di far palesare tutti i suoi uomini. Allora quello si era irrigidito, assumendo un’aria molto minacciosa. Ma Hideiko era stato irremovibile. Sapeva che nonostante l’apparente disponibilità a finire il tutto evitando spargimenti di sangue, quegli uomini senza onore non li avrebbero lasciati andare via vivi. Quando l’energumeno lo aveva minacciato che avrebbe potuto benissimo prendergli il rotolo con la forza uccidendoli all’istante, il ragazzo era riuscito a metterlo con le spalle al muro dicendo di aver nascosto il rotolo e che se non avessero accettato le sue condizioni si sarebbe tolto la vita, impedendogli di concludere la missione prima dell’arrivo dei rinforzi di Konoha. Era stata tremendamente convincente per essere una menzogna.
 
A quel punto l’uomo aveva ceduto. Ad un suo semplice gesto delle dita, il resto della squadra fece la sua comparsa. Taisuke con un finto colpo di tosse gli comunicò segretamente che erano tutti lì. A quel punto lo Hyuuga si allontanò dal gruppo come d’accordo mentre i nemici lo osservavano allontanarsi. A quel punto avrebbero dovuto aspettare cinque minuti prima che Hideiko rivelasse loro l’ubicazione del rotolo, per poi andarsene via mentre quelli andavano a recuperarlo. Kaiza nascosto in un cespuglio lì vicino, il chakra ridotto a zero sfruttando un abilità speciale, scrutava ogni loro singolo movimento. Secondo il piano a quel punto, il loro compagno avrebbe dovuto affrettarsi a raggiungere o il gruppo di supporto o direttamente il Villaggio per portar loro supporto.
 
Come previsto però non giocarono correttamente. Scattarono tutti insieme nella speranza di poterlo immobilizzare per poi farlo parlare con ogni mezzo. Non avevano calcolato che Hideiko aveva previsto quella scorrettezza. In altre circostanze si sarebbe fatto scrupoli per aver mentito, dopotutto come ninja del Villaggio della foglia sentiva proprio un senso dell’onore anche negli scontri tra ninja di diversi paesi. Tuttavia avendo a che fare con gentaglia del genere, sapeva che essere corretti non era un’ opzione possibile. Quindi aveva predisposto tutto, preparato a quel momento.
 
Aveva preso posizione nell’unica zona esente dalla Tecnica dell’Acqua di Taisuke. Kaiza era pronto e bastò appena accennare al segnale convenuto, che lui aveva già agito. Il suo chakra elettrico si irradiò e nell’arco di un istante aveva raggiunto tutta la zona umidificata, compresi quelli che vi si trovavano sopra. Gridarono in preda al dolore e caddero uno dopo l’altro. Non disponendo di molto chakra di sicuro quella scossa non li aveva uccisi ma era stata più che sufficiente per tramortirli. Hideiko ce l’aveva fatta davvero.
 
Kaiza si rimise in piedi dopo quei pochi secondi che gli erano bastati per rivivere l’intera scena, mentre Hideiko esultava per il risultato conseguito passando tra un corpo e l’altro e andandogli incontro. Quando l’uomo si fermò a contemplare quella scena che gli si presentava davanti, gli sembrò di rivedere il bambino vitale e allegro di una volta. Quanto tempo era passato dall’ultima volta? Talmente tanto da non essersi reso di quanto quel bambino fosse cresciuto.
 
Aveva dimostrato grandi abilità strategiche e presenza di spirito e determinazione che avevano portato al successo del suo piano. Si era dimostrato perspicace e risoluto ben più di loro al punto che era riuscito a non farsi ridurre al silenzio solo perché era il più giovane anzi era arrivato a rimproverarli per aver perso così presto la speranza.
 
Ora Taisuke era andato a chiedere rinforzi che presto li avrebbero raggiunti, poi riuniti i loro alleati sarebbero potuti tornare tranquillamente a casa. Insieme.
 
“Hai visto, Kaiza?!” lo richiamò all’attenzione, indicandogli i corpi a terra “Li abbiamo atterrati tutti!”
 
“Sì sì” rispose con un sorriso “sbrighiamo ad allontanarci adesso però,evitiamo di trovarci qui prima che si sveglino.”
 
“Accidenti” bofonchiò il ragazzo “un minimo di soddisfazione me lo potresti anche dare.”
 
Poi però sogghignò, non riuscendo a restare serio. Doveva essere troppo contento. Però per Kaiza quelle parole significarono molto. Si chiese se quella lontananza che suo figlio aveva avuto negli ultimi anni fosse dovuta forse al fatto che non gli aveva mai dimostrato quanta fiducia avesse nelle sue capacità. Dopotutto era sempre stato un allievo esemplare quindi non aveva mai avuto bisogno di intromettersi nella sua vita di studio. Lo lodava per l’impegno che metteva in tutto quello che faceva ma non gli aveva mai espresso quanta fiducia avesse in lui e nelle sue capacità per il raggiungimento del suo obbiettivo , qualunque esso fosse. Del resto non avevano più avuto modo di parlare come avrebbero fatto un tempo, non poteva di certo immaginare una possibilità del genere.
 
Ora vedere gli effetti che aveva prodotto quella decisione così difficile di permettergli di agire, gli aveva aperto gli occhi. Si diede dello stupido per non averlo immaginato prima. Si sentì pervadere da una gioia profonda ed emozionante, ora che aveva capito come poter far sorridere ancora suo figlio. Doveva credere in lui, avere più fiducia. E chissà...con un po’ di fortuna, sarebbero potuti tornare una famiglia unita.
 
Si mosse per andargli incontro, il suo cuore batteva rapido di trepidazione e desideroso di esprimere sinceramente quello che sentiva, tutto il suo orgoglio e apprezzamento. E dall’espressione che ricevette in cambio, doveva essere quello che il ragazzo sperava.
 
Un singolo attimo di gioia, demolito in fretta e senza quasi rendersene conto come un castello di carte fatto crollare da un  flebile alito di vento.
 
Intuì troppo tardi, quando la terra sotto i suoi piedi si stava già muovendo. Razionalizzare non fu mai procedimento così lento. Quel che accadde dopo non sapeva se definirlo un lunghissimo istante oppure l’attimo più fuggente mai vissuto.
 
“SPOSTATI!”
 
Neanche il tempo di terminare quella singola parola, di gridarla. Nemmeno lontanamente ebbe  tempo per muoversi.  Una figura di terra gli si materializzò alle spalle, un kunai nella mano. Uno scintillio rapidissimo, forse solo il rumore dell’aria tagliata. Sembrò quasi un colpo di tosse quello che uscì dalle labbra di Hideiko quando il suo viso mutò. Il sorriso si spense lasciando posto alla sorpresa. Poi la fronte si corrugò, le palpebre si strinsero e i denti stridettero. La figura sparì velocemente come era apparsa e Kaiza si ritrovò tra le braccia suo figlio, che respirava profondamente producendo un rumore sinistro e rauco dopo essersi sbilanciato in avanti ma che nonostante questo cercava di impedirsi di cadere, puntando i piedi e facendo forza sulle braccia che lo sostenevano per restare in piedi.
 
“No, non può essere...” sussurrò praticamente senza voce l’uomo, gli occhi fissi sulla macchia rossa che si espandeva fin troppo velocemente sul fianco del figlio. Era il fianco? Non riusciva a capirlo.
 
“E’ solo un graffio” disse il ragazzo cercando di non lasciar trasparire il dolore che lo aveva invaso ma che invece era ben distinguibile. Sentirlo parlare così gli congelò il sangue nelle vene.
 
“Sdraiati” gli disse, cercando di apparire autoritario “devi assolutamente metterti giù.”
 
“Non è niente ho detto!” esclamò Hideiko però di risposta, cercando di staccarsi dal sostegno del padre portandosi una mano a tamponare la ferita “Quello... è ancora qui. Dobbiamo...trovar-...”venne colto da un attacco di tosse profondo che non riuscì a trattenere e fu costretto a chinarsi in avanti per non soffocare. L’uomo cercò di sostenerlo ancora ma quel che vide gli fece prendere pienamente coscienza della situazione. Suo figlio stava tossendo sangue. Lo stesso sangue che copiosamente gocciolava a terra, che ormai gli aveva imbrattato la mano e la divisa.
 
“Devo curarti, mettiti giù!” insistette cercando di trascinarlo a terra. Ma suo figlio continuava a opporre resistenza. Perché? Si domandò disperato “Hideiko...tu-...”
 
“TOGLITI!”urlò con tutto il fiato che aveva in gola, spingendolo poi a terra facendo convergere tutte le forze che gli erano rimaste. Kaiza cadde a poco più di un metro di distanza, stordito e confuso. Si riprese pronto a obbligarlo a lasciarsi curare, non poteva assolutamente perdere altro tempo. Se era quello che credeva, non poteva sprecare neanche un altro minuto. Lo avrebbe costretto anche con la forza.
 
Di certo non si aspettava di vederlo in un confronto faccia a faccia con il nemico. Capì che non lo aveva spintonato per impedirgli di curarlo ma perché doveva aver percepito l’avversario nel momento in cui stava emergendo un’altra volta e quindi aveva cercato di allontanarlo per impedire che venisse colpito. Ora poté distinguere meglio la figura di terra, stupendosi del fatto che si trattasse di un giovane poco più grande di suo figlio, fuso con il proprio elemento e quindi del colore della terra, con il kunai stretto nella mano che Hideiko stava trattenendo a pochi centimetri dal proprio addome.
 
Si stava alzando per aiutarlo, quando suo figlio urlò ancora una volta e aggrappandosi a quello che sembrava un grido disperato, storse il polso al suo avversario e ritorse la lama contro il suo proprietario, facendola affondare in profondità. Poi silenzio, immobilità.
 
Kaiza respirava affannosamente.  Percepì che anche Hideiko era in grado di farlo. Lo vide strappare l’arma dal corpo che aveva colpito per poi spingerlo al suolo. Quello si affannò a comprimere la ferita con entrambe le mani e guardare con un misto di terrore e confusione verso l’alto.
 
“Eh eh...” sentì ghignare suo figlio “...stavolta, ti ho...fregato io...”
 
La sua voce sfumò rapidamente e il kunai cadde a terra, tintinnando al suolo. Il corpo si sbilanciò in avanti e sarebbe caduto a peso morto sul suolo se qualcuno non lo avesse afferrato al volo.
 
“Sei stato bravissimo, ragazzo” gli disse Taisuke, sorreggendolo con entrambe le braccia.
 
“Hideiko!”
 
Suo padre lo chiamò disperatamente per nome, cercando di tenerlo sveglio mentre gli auscultava il polso alla ricerca di un segnale preciso. Poi sentì il cuore. I battiti erano frequenti ma l’intensità con cui si susseguivano era debole. Troppo.
 
Kaiza guardò l’aggressore a terra, con una rabbia disumana che gli cresceva dentro. Una mano sulla spalla però lo costrinse a concentrarsi su qualcosa di ben più urgente.
 
“Portiamo tuo figlio lontano da qui,” suggerì Taisuke “portar via un’altra vita non salverà la sua.”
 
“Giusto” disse atono. Poi si fece passare un braccio intorno alle spalle mentre il compagno faceva altrettanto e con un ultimo sguardo immensamente triste rivolto al giovane a terra si allontanarono silenziosamente, lasciandosi indietro i loro inseguitori.
 

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“No, Hideiko ti prego!” lo supplicò quando ad un certo punto sentì il suo corpo farsi pesante, scivolando lentamente a terra.
 
“Su ragazzo, resisti un altro po’!” cercò di dirgli anche l’altro”Dobbiamo trovare un riparo sicuro, non possiamo restare così allo scoperto!”
 
Ma a mala pena il sedicenne riuscì ad ascoltarli. Non potendo portarlo oltre, lo aiutarono a distendersi. Taisuke piegò il proprio giubbotto da Jonin per poterglielo mettere sotto la testa mentre Kaiza scopriva con cautela la zona della ferita. Per quanto cercasse di asciugare il sangue per constatare l’entità dei danni,gli era impossibile. Ne stava perdendo troppo.
 
Aprì con le mani tremanti e insanguinate la propria sacca, finché con un po’ di fatica non riuscì a trovare una siringa già pronta contenente una soluzione coagulante. Inserì l’ago nella vena del braccio, premendo lentamente lo stantuffo.
 
“E’ l’ultima che mi è rimasta...” mormorò più a se stesso che allo Hyuuga che intanto detergeva con un fazzoletto umido il viso madido di sudore del ragazzo che inspirava ed espirava velocemente. Accolse quell’informazione in silenzio continuando in quell’operazione apparentemente inutile ma che rappresentava l’unica cosa che poteva fare.
 
“Mi dispiace di non aver deciso di tornare indietro prima...” disse dopo un po’ quando vide l’altro inghiottire più di un tonico senza curarsi minimamente dell’effetto che qualche ora più tardi avrebbe potuto avere sul suo fisico prima di concentrare il chakra verde sulle mani e iniziare la cura “...forse avrei potuto...”
 
“Taisuke và a cercare gli altri”.
 
Non si stupì più di tanto di sentire quel tono così freddo e distaccato. D’altronde dal suo viso non traspirava altro che un’immensa concentrazione mista a una tensione palpabile. Lo sforzo a cui si stava sottoponendo era indescrivibile ma non c’era alcun segno di cedimento sul suo volto.
 
“Il mio chakra è praticamente esaurito. I tonici non mi permetteranno di continuare a lungo, ho bisogno dell’aiuto di Kenta o Masao della squadra medica. Resisterò fino al vostro arrivo ma devi portarli qui il prima possibile.”
 
Taisuke guardò ancora lo squarcio aperto nel corpo del ragazzo. Nonostante il coagulante e tutto l’impegno che il suo amico ci stava mettendo, era consapevole che non c’era più nulla da fare. Non si trattava solo di una ferita superficiale. Quel kunai aveva arrecato un danno molto più in profondità.
 
“Ti supplico” disse ancora Kaiza, stringendo i denti “fa presto.”
 
Quel tono serio venne tradito da quelle parole di pura disperazione. Era un medico, conosceva meglio di lui come stavano le cose. Eppure era deciso a non arrendersi, a tentare il tutto per tutto, a danneggiare il proprio fisico, a sacrificare l’ultima goccia di vita che aveva se necessario. Questo gli diede forza e fiducia.
 
“Tornerò presto!” disse, mentre si alzava. Una mano però lo trattenne per la manica. Vide due occhi dorati che lo fissavano. Nonostante la stanchezza, sembravano sereni.
 
“L-La ringrazio signor-...”un altro colpo di tosse.
 
“Non parlare” lo ammonì il medico, non staccando gli occhi dalla sua ferita.
 
L’uomo dagli occhi chiari strinse quella mano con affetto, incurante di quanto fosse macchiata di sangue secco, sprezzante che le sue si sporcassero con esso. Ne accarezzò lentamente il palmo, cercando di trasmettergli un po’ di calore nonostante quella non potesse accoglierlo.
 
“Resisti,” sussurrò, adagiandogli la mano sul petto “tornerò presto.”
 
Quello strinse un po’ gli occhi, muovendo impercettibilmente la testa verso il basso. Gli stava dicendo addio.
 
Lo Hyuuga non poté far altro che ripetere quel ultimo segno di saluto e rispetto, prima di allontanarsi e cominciare a correre come mai aveva fatto in vita sua alla ricerca dell’ultima speranza che restava a quella vita che si stava ormai inesorabilmente spegnendo.
 

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Una goccia di sudore gli scivolò rapida dalla tempia lungo tutta la guancia, fino a cadere al suolo.
 
Non stava andando affatto bene. Nonostante avesse ripreso a respirare un po’ meno gravosamente grazie ad un tonico che gli aveva sciolto in un po’ d’acqua, non riusciva in alcun modo ad arrestare l’emorragia. Il chakra che gli era rimasto anche con l’aiuto delle pillole energetiche non riusciva a suturare i tessuti interni, quelli lacerati più gravemente.
 
Finì di contare nella sua mente e sciolse rapido il laccio emostatico che gli aveva legato intorno alla gamba. Percepì il sangue riprendere a scorrere più velocemente, fare pressione là dove era riuscito a intervenire minacciando di rovinare tutto. Purtroppo Non poteva tenere il laccio più di cinque minuti o avrebbe creato solo ulteriori problemi.
 
“I-il rotolo...” chiese ad un certo punto, forse in preda a un delirio per la febbre alta dovuta all’eccessiva perdita di sangue “...dove? Dov’è?”
 
“Sssh” sussurrò, tirandolo fuori e mettendoglielo in una mano “è qui, lo hai salvato. Ci hai salvati tutti.”
 
Quello ne accarezzò la superficie con un dito, quasi ne avesse bisogno per sincerarsi che fosse davvero lì.
 
“Kaiza...” disse poi “E’ inutile...L-Lascia stare...”
 
La voce di Hideiko sembrava aver recuperato un briciolo di forza grazie al tonico tuttavia era ridotta ancora a un debole mormorio che non avrebbe udito se non gli fosse stato tanto vicino.
 
“Tranquillo, va tutto bene”cercò di rassicurarlo “ho quasi finito.”
 
“Tsk” ghignò appena, con le labbra bagnate di rosso “n-on sei...mai s-stato bravo...a mentire.”
 
“Non sforzarti! Ti ho detto che andrà tutto bene e sarà così!”lo rimproverò “Ora smetti di parlare e cerca di concentrarti sulla respirazione!”
 
“V-Vorrei che mi stringessi...” continuò quello “...come q-quando ero piccolo e...avevo p-paura...”
 
“Non posso continuare a curarti se lo faccio,” disse scuotendo la testa anche se sentiva un lancinante dolore in mezzo al petto e la sua fermezza cominciava a vacillare “ora te lo chiedo per favore... smetti di parlare...”
 
“Tra poco...mi s-supplicherai di continuare...” gli rispose con un sorriso triste “ma i-io non potrò più farlo...”
 
“No, no” ripeté scuotendo la testa “non puoi...”
 
Sentì una mano posarsi sulle sue. La prima cosa che pensò era quanto fosse fredda rispetto alle proprie che emanavano ancora più calore per via dell’uso del chakra. Per la prima volta da quando aveva cominciato quell’operazione, spostò lo sguardo e lo fissò in quello di suo figlio che lo guardava triste, stanco...e oltretutto sembrava plasmato in un’espressione di disperata supplica.
 
“T-ti prego...Papà...”
 
Aveva dimenticato il suono di quella parola. Nonostante in quel momento il suo significato fosse terribile e spaventoso, non riuscì più a nascondere l’emozione che gli avvampava il cuore. Gli occhi lucidi si riempirono progressivamente di lacrime che presero a solcargli le guance quando ormai divenne succube della disperazione e non riuscì più contenerla dentro di sé. Avrebbe voluto portarsi un braccio a coprire quelle lacrime di dolore ma non trovava la forza di staccare le mani dalla ferita che si stava portando via suo figlio.
 
Quella sofferenza non poteva più restarsene silente. Cominciò a singhiozzare, maledicendo se stesso e la sua debolezza, il dannato sistema corrotto dei ninja, l’incapacità come medico di salvare l’unica vita che in quel momento avrebbe scambiato con la sua. Senza pensarci. Ma non poteva.
 
Quella mano si sollevò di pochi centimetri, tremante per lo sforzo. Non poteva afferrarla... farlo avrebbe significato rinunciare. Tentò uno sforzo più grande cercando di raggiungere il viso del ninja medico ma non vi arrivò mai. Scivolò accanto al corpo priva di forze, seguita da un respiro più lungo degli altri.
 
“Hideiko!” esclamò terrorizzato, interrompendo la cura col chakra medico e tirandolo un po’ su finché non riuscì a metterlo quasi seduto, la testa appoggiata al suo petto, la mano caduta poco prima con le dita intrecciate alle proprie mentre la destra cercava ancora di arrestare l’emorragia “Siamo ancora in missione ricordi? Devi ancora chiamarmi Kaiza, hai capito?”
 
Quello cominciò a respirare più velocemente prima di riuscire a stabilizzarsi quel tanto che bastava per riuscire a parlare. Sollevò un poco la testa per poterlo guardare.
 
“Kaiza...r-ricordi come...ti sei fatto q-quella cicatrice?”
 
“Parli di questa?” chiese alludendo al piccolo taglio sul sopracciglio sinistro “E come potrei dimenticarmene? Fu in un giorno d’estate, stavamo giocando a rincorrerci in giardino. Tu correvi come uno scalmanato e io non riuscivo a starti dietro mentre tu mi gridavi Corri! Corri! Ho cercato di acchiapparti a un certo punto ma sono inciampato come un imbranato. Sono caduto a faccia in avanti e ho battuto su un sasso appuntito. Tu piangesti tutto il giorno.... eppure ero io ad essermi fatto male.”
 
“H-ho avuto paura...” confessò con lo sguardo perso in quel ricordo.
 
“E perché?” chiese sinceramente incuriosito. Sapeva di non doverlo far parlare ma non lo facevano da così tanto tempo “Quello era davvero un graffio.”
 
“Ti è uscito t-tanto sangue...io ero p-piccolo e non me ne ero reso c-conto... ” rispose “...quel giorno...h-ho capito che s-se ti fosse...” respirò a fondo “...se ti fosse successo qualcosa...non avrei saputo c-cosa fare.”
 
A Kaiza tornò in mente una sua frase pronunciata nella loro discussione prima del’attuazione del piano. Aveva detto che lui capiva la sua paura di perderlo. Lo capiva perché lui viveva il medesimo terrore nei suoi confronti. Rifletté un po’ suoi tempi, su quando era cambiato.
 
“E’ stato responsabile del tuo cambiamento? Quella caduta, quel giorno?”
 
“S-Sì” rispose sorridendo, sollevato che avesse capito “volevo...proteggervi. Tu...e la mamma.”
 
“Oh Hideiko...” sussurrò, commosso da quella rivelazione straziante che mai si sarebbe potuto immaginare.
 
Lo cullò tra le braccia, lasciandogli un bacio tra i capelli disordinati e sulla fronte come quando era più piccolo. Di colpo gli sembrò di non avere tra le braccia un sedicenne ma ancora quella creaturina che aveva portato di colpo gioia nella sua vita.
 
“P-Promettimelo...” gemette ad un certo punto il figlio, interrompendo quel dolce pensiero.
 
“Che cosa?” domandò balbettante, ricordando di colpo quanto critica fosse ancora la situazione.
 
“Non cambierà nulla...tra te...e... la mamma”
 
Tutte quelle pause frequenti gli segnalarono che era arrivato al limite. Come se all’improvviso avesse recuperato la percezione del proprio corpo e di quello che stringeva a sé, intensificò al massimo quella tenue luce verde che ormai non serviva più a nulla e aumentò la presa sulla mano fredda che non reagiva praticamente più.
 
“Che dici? Che dovrebbe cambiare?” cercò di dire ottimista “Saremo ancora una famiglia...come lo siamo sempre stati...”
 
S-Sto morendo Kaiza,” disse fermo, l’unico modo per fargli arrivare il messaggio “promettimelo...”
 
Pronunciare quelle parole raggiunsero l’obbiettivo. Il chakra verde si spense, incapace di proseguire oltre. La presa di coscienza che ormai non c’era più nulla da fare, strinse in una morsa il suo cuore. Si guardarono ancora, Hideiko in modo un po’ strafottente come a rimproverarlo di non esserci arrivato prima di lui mentre le lacrime di Kaiza avevano ripreso a scorrere e cadevano sul viso del più giovane mentre le loro due fronti combaciavano.
 
“Non puoi chiedermi questo...” singhiozzò non alludendo alla promessa, quanto al fatto che promettere significava accettare di starlo perdendo per sempre.
 
“S-sei una persona speciale...” l’ennesimo colpo di tosse, il respiro sempre più flebile “...sarai forte per tutti e due...Promettilo...”
 
“No,no” negò “non posso farlo...”
 
Non udendo niente di risposta, il panico lo invase. Lo scosse un po’, toccò il viso pallido in cerca di una reazione senza ottenerla. Sentiva che respirava ancora,  allora perché non reagiva più?
 
“Hide” usò il diminutivo al culmine del dolore “ti prego, rispondi! Te lo prometto, non cambierà nulla ma ti prego rispondi! Hide!”
 
Quando riaprì gli occhi capì che sarebbe stata l’ultima volta. Erano persi nel vuoto. Li aveva riaperti solo per dirgli che ancora lo sentiva, che sarebbe stato lì ancora per poco.
 
Le labbra si mossero ma non uscì alcun suono, solo un rivolo di sangue che gli scivolò fino al mento. Lo vide muovere appena la testa, quasi ricercasse un contatto. Le loro fronti combaciarono ancora una volta, mentre il padre ripeteva a bassissima voce sempre la stessa supplica, lo supplicava, lo implorava di restare. Ma il tempo era giunto al termine.
 
“Guardami...”
 
La voce nella sua mente fece riaprire gli occhi a Kaiza. Hideiko non poteva più parlare così aveva adottato quel contatto telepatico che gli aveva insegnato tanti anni prima. Non c’era paura sul suo viso, era sereno. E per quanto poteva, gli stava sorridendo. Sembrava felice.
 
“Grazie per la fiducia” parlava con la stessa voce di quando era più piccolo prima che la distanza creatasi tra loro, li allontanasse. Una voce senza dolore, senza sussurri ma allegra e brillante densa di una profonda gratitudine mista ad un affetto indescrivibile. Tante parole pronunciate nell’arco di quello che dall’uomo fu percepito come un lunghissimo interminabile secondo. ” Anche se sapevi che sarebbe potuta finire così, anche se avevi paura, alla fine mi hai dato il permesso e non so quanti genitori avrebbero avuto la forza di fare lo stesso. Sei stato coraggioso...non sai quanto sono grato e orgoglioso di essere tuo figlio.
 
Mi spiace solamente di non avertelo mai detto prima.
 
Ricorda la promessa...e dai un bacio alla mamma da parte mia.
 
Ti voglio bene... non sopporterei di essere un peso a vita per te. Vedrai papà, sono sicuro che riuscirai a...”

 
Non udì mai la fine di quel pensiero. Mentre ascoltava quelle parole nella sua mente, vide la luce spegnersi del tutto negli occhi dorati insieme all’ultimo alito di vita che lasciava le sue labbra. Le palpebre celarono quelle iridi per sempre mentre il suo cuore allo stremo infine trovava quiete.
 
Sembrava quasi dormisse, tranne per il fatto che era troppo immobile. Non c’era più calore in quel corpo se non quello che generava perché stretto al suo. Fu un dolore fisico che gli permise di razionalizzare quello che era appena accaduto. Al centro del petto, sordo e disarmante.
 
Morto. Hideiko era morto.
 
Lo chiamò per nome, dapprima lentamente incapace di credere alla realtà. Come se cercasse di svegliarlo.
Poi alzò la voce, provò a toccarlo, ad accarezzargli il viso. Nulla.
Il terrore si impossessò di lui quando cominciò a urlargli di svegliarsi, che non era divertente.
 
Poi tornò a un sussurro, quando lo distese a terra e cominciò a piangere.
 
Pianse come non aveva fatto in quel momento, incurante di qualsiasi cosa. Lasciò che le lacrime cadessero sul viso di suo figlio, che si mischiassero al sangue quando tentò inutilmente di cercare di rianimarlo, che gli arrecassero dolore al punto che credeva che anche il suo cuore si sarebbe fermato da un momento all’altro.
Purtroppo per lui non fu così.
 
Non seppe quanto tempo era trascorso quando venne raggiunto dagli uomini che prima avevano tramortito.  Percepì a malapena la loro presenza, se dissero qualcosa non prestò alcuna attenzione. Non si vergognava di mostrare così apertamente il suo dolore davanti a degli estranei. Nessuno di loro avrebbe potuto comprendere.
 
Non gli importava di nulla ormai, se lo avessero ucciso gli avrebbero solo fatto un favore.
 
“Consegnateci il rotolo e vi lasceremo andare” parlò uno e l’unica azione che riuscì a compiere fu quella di associare la voce a quella del capo del gruppo nemico “Non sprechiamo sangue inutilmente”.
 
Sembrava turbato, c’era qualcosa nel modo in cui pronunciò quelle parole che suonava diverso da poco prima.
 
Non gli diede risposta. Sfilò il rotolo dalle mani del figlio e se lo strinse al petto. Se lo volevano avrebbero dovuto ucciderlo. L’energumeno gli si avvicinò e tese la mano. Kaiza non si mosse, chiuso nel proprio dolore. A quel punto l’uomo si adirò e sfoderò la propria arma.
 
“Dammi quel dannato rotolo, non essere stupido!”
 
Non ottenere risposta gli fece perdere la pazienza. Mosse un fendente con la propria katana, aprendo un lunghissimo squarcio sulla schiena del ninja medico che urlò straziato. Ma non si mosse,  quel dolore fisico non era nulla in confronto a quello che stava provando dentro di sé. Si mise a protezione del corpo di Hideiko, nonostante la testa avesse cominciato a girargli e sentisse distintamente le forze abbandonarlo secondo dopo secondo.
 
“Basta mi ha stufato!” sbraitò allora l’uomo “Non vuoi collaborare? Allora darò il colpo di grazia al ragazzino!”
 
Gli piazzò un calcio sul fianco tanto forte da allontanarlo di diversi metri, lasciandolo col fiato mozzato. Poi sollevò la spada pronta a calare e trafiggere il corpo ai suoi piedi. Stava per pronunciare l’ultima minaccia quando si rese conto di un dettaglio importante. Il ragazzo ai suoi piedi era già morto.
 
“A-Allontanati...da mio figlio...”
 
Questo ripeteva il ninja medico, mentre arrancava con i gomiti e cercava di raggiungere Hideiko. La ferita sulla schiena però grondava di sangue. Aveva imbrattato completamente il suo giubbotto che ora per lui era diventato come un pesante macigno che gli impediva di muoversi. Ansimò con il viso a terra, respirando la polvere, sforzandosi in tutti i modi di restare lucido.
 
Il ninja rinfoderò la katana, superò il corpo senza vita e raggiunse Kaiza, togliendogli il rotolo dalla mani nonostante i suoi tentativi di opporre resistenza. Tentò di alzarsi per recuperarlo ma non riusciva più a muoversi.
 
“Missione compiuta, possiamo ucciderli e tornare alla base!” disse uno degli uomini avvicinandosi a loro.
 
“Abbiamo il rotolo, possiamo andare” dichiarò l’imponente uomo, obbligando il ninja che aveva parlato ad allontanarsi.
 
“ Ma capo... non li uccide?”
 
“Uno è già morto” rispose “L’altro...è come se lo fosse già. E’ questione di tempo. VIA!”
 
Un po’ confusi i suoi uomini ubbidirono comunque e in breve si allontanarono tutti.
 
Kaiza respirava profondamente concentrandosi sul percorso che l’aria percorreva dal naso fino ai suoi polmoni. Cercava di trovare la forza, quella fisica ormai si era dissipata del tutto. Poteva fare affidamento solo sulla sua volontà. Ma come poteva trovarla?
 
Non solo aveva perso suo figlio ma aveva anche vanificato la sua morte. Aveva perso quel rotolo per cui Hideiko si era sacrificato. E ora stava per morire anche lui. Era davvero patetico. Che gli restava da fare se non lasciarsi andare nell’oblio? Almeno quello avrebbe portato via tutto quel dolore, quei sentimenti di debolezza e di inutilità che gli ricordavano che quello era successo solo per colpa sua.
 
“Promettimelo”
 
Quella parola gli rimbombò nella testa prima che perdesse conoscenza. Con un immenso sforzo, tentò di allungare la mano verso quella del suo Hide. Arrivò appena a sfiorarne le dita fredde e pallide, non riuscendo a fare altro.
 
“Piccolo mio,” mormorò “mia cara Yukiho,” un’ultima lacrima gli solcò la guancia “vi prego di perdonarmi...
 
Era pronto ad accogliere la morte che lo avrebbe liberato da quel peso che non era in grado di sostenere. Hideiko si era sbagliato, lui non era affatto forte e coraggioso. Era solo un codardo. Un egoista. Era profondamente deluso da se stesso.
 
Ma non ce la faceva. Ci sono pesi troppo gravosi per essere portati da una sola persona.
 
L’unico pensiero che in quel momento lo sollevava era quello che si sarebbe potuto ricongiungere con suo figlio. Ma così avrebbe lasciato sola sua moglie con due lutti con cui convivere. Espresse una preghiera silenziosa a qualunque divinità o chiunque sarebbe stato disposto ad ascoltare un peccatore come lui, e pregò affinché non rimasse sola. Che trovasse qualcuno in grado di consolarla e permetterle di rifarsi una vita.
 
Non meritava di vivere con quella sofferenza. Lui non poteva nulla per impedirlo.
 
Guardò un’ultima volta il volto di Hideiko che nella morte era rimasto comunque sereno. Pregò ancora che gli venisse concesso di ricongiungersi a lui, per vegliare insieme sulla donna delle loro vite.
 
La coscienza gli venne meno. Chiuse gli occhi e si lasciò andare.
 
Fine Flashback
 
“Ora sapete come sono andate le cose”. Kaiza concluse in questo modo il suo racconto.
 
Quelle parole mi riportarono bruscamente alla realtà, facendomi finalmente deglutire il groppo che mi era rimasto in gola tutto il tempo. Facevo fatica a formulare un qualunque pensiero, ero rimasta troppo scossa da tutte le emozioni che mi avevano trasmesso.
 
Yukiho piangeva silenziosamente, accarezzando il morbido muso di Sakè che il cagnolone aveva poggiato sul suo grembo. Io stavo cercando di resistere ma il velo di lacrime che mi copriva gli occhi mi tradiva. Constatai che anche Naruto si trovava nelle mie stesse condizioni anche lui sembrava davvero molto turbato.
 
Teneva le labbra serrate e gli occhi bassi mentre le sue mani serrate, tremavano impercettibilmente. Allungai una mano e gli toccai appena una spalla nella speranza che gli servisse per calmarsi. Mi rivolse un’occhiata riconoscente ma non disse nulla. Tirò un profondo sospiro.
 
“E dopo,” cominciò a dire un po’ esitante “cosa è successo?”
 
Il nostro amico medico non si era lasciato coinvolgere dai sentimenti mentre ricordava quei terribili avvenimenti. Non apertamente almeno. L’unico segnale che lasciava trasparire era la mano destra di cui non riusciva a trattenere il tremito. Lo avevo già visto fare così.
 
“Dopo?” sospirò passandosi una mano davanti al viso “Bè io mi sono svegliato tre settimane dopo all’ospedale di Konoha. Taisuke mi aveva raggiunto con i rinforzi prima che fosse troppo tardi. Mentre mi portavano indietro, un gruppo di Anbu era stato inviato come supporto e in breve hanno recuperato anche il rotolo. L’uomo che non mi ha ucciso quando ne aveva avuto l’occasione...alla fine si scoprì essere il padre del giovane che aveva pugnalato Hide. Era morto poco prima che mi raggiungesse con il resto dei suoi uomini.
 
Riguardo il corpo di Hideiko, ovviamente venne riportato al Villaggio,” sospirò più a fondo “Yukiho fu costretta a celebrare i funerali prima che riprendessi conoscenza. Mi ha aspettato finché ha potuto ma i colleghi mi hanno tenuto a lungo in coma farmacologico. I danni che il mio fisico aveva subito erano troppo gravi.”
 
“Quindi tu...”
 
“Non ho potuto nemmeno salutarlo un’ultima volta,” rispose cupo “portare la sua bara o piangerlo insieme a mia moglie. Lei ha pianto per entrambi... mentre non sapeva nemmeno se almeno io sarei sopravvissuto.”
 
“Ma almeno tu ti sei svegliato, caro” disse la donna con un sorriso “se avessi perso anche te...non so davvero cosa sarebbe stato di me...”
 
“Capite, ragazzi? Mi sono rivelato un vero e proprio fallito. Non solo non sono stato in grado di salvare la vita di mio figlio ma per colpa del mio stupido egoismo stavo quasi di rinunciare. Di lasciarmi morire piuttosto che vivere con quel rimorso. Ma vi rendete conto di cosa stavo per fare?”
 
Le aveva trattenute fino a quel momento però quando sua moglie gli strinse la mano, tante gocce salate cominciarono a cadere inarrestabili bagnando loro le dita e il viso dell’uomo assunse una sfumatura di dolore che ancora non avevo visto.
 
“Hideiko ha sbagliato tutto su di me! Non sono una persona coraggiosa, né tantomeno un padre di cui essere fieri! Non sono riuscito a proteggerlo, anzi sono stato io a condannarlo a quella fine! Avrei dovuto fregarmene probabilmente, costringerlo a tornare al Villaggio mentre io e Taisuke trattenevamo gli avversari!”
 
Stavo per fermarlo, per dirgli che non poteva accollare su di sé tutto quel senso di colpo.
 
“Però...”
 
Sul suo viso tornò un rapido ma sincero sorriso.
 
“...non sono pentito di avergli detto di sì...” disse “...di avergli permesso di provare, di essermi fidato di lui. Quel giorno mi sono reso conto che la fiducia è un dono a cui spesso diamo davvero poco valore. A volte lottiamo per conquistarla, altre ancora siamo disposti a cederla con estrema facilità. Eppure è una cosa davvero preziosa.
 
Se solo fossi riuscito a capire prima quanto bisogno avesse di sapere che mi fidavo di lui e delle sue capacità per qualsiasi progetto avesse in mente per il futuro, non dico che le cose sarebbero andate diversamente ma forse avrei potuto trascorrere meglio tutto quel tempo che abbiamo sprecato. Probabilmente prima di quel giorno deve aver pensato che la mia paura che gli potesse succedere qualcosa gli avrebbe impedito di dimostrarmi di cos’era capace. Di farmi vedere quanto era maturato...
 
Le cose sarebbero comunque andate così, penso. Forse avrei solo avuto meno rimpianti.
 
E’ così buffo...quel giorno io non sono riuscito a salvargli la vita. Lui me l’ha salvata due volte.
 
La prima quando mi ha buttato a terra. Non solo per impedire che il nemico mi ferisse...ma anche per combattere solo il suo ultimo avversario e darmi un’altra dimostrazione  di quanto fosse diventato un ninja degno di merito.
 
La seconda...quando ha consumato l’ultima goccia di chakra che aveva per dirmi telepaticamente le sue ultime parole. Se non lo avesse fatto, non sarei qui. Sarei sprofondato per sempre in un baratro impossibile da risalire, compiendo quello che sarebbe stato l’errore più grande della mia vita. Tradire la sua memoria.”
 
Deglutii ancora. Finalmente tante cose stavano venendo alla luce. Ecco da dove nascevano tutti i suoi discorsi, le sue riflessioni e il suo modo di comportarsi con tutti noi.
 
L’esperienza vissuta durante gli ultimi istanti della vita di suo figlio lo avevano cambiato profondamente, segnato in modo indelebile la sua esistenza. Ogni cosa che aveva fatto dopo era avvenuta in funzione di essa. Il suo fare protettivo nei confronti di sua moglie, la dolcezza e la premura che riservava nei confronti di Naruto, la fiducia che concedeva anche quando chiunque altro l’avrebbe ritenuto un azzardo.
 
“Però,” intervenne ancora Naruto “prima hai detto di non aver mai sentito le sue ultime parole. Hai detto che...non è riuscito a terminare la frase...”
 
“E’ vero,” ammise “ma so con certezza cosa avrebbe voluto dirmi. Lo capito tardi quando già credevo di aver toccato il fondo. Sono riuscito ad allontanare il dolore per un attimo, così ho capito...”
 
Qualcosa di famigliare. Il mio cuore sapeva che ci stava per rivelare qualcosa di estremamente famigliare.
 
“Vedrai papà,” citò a memoria “sono sicuro che riuscirai a...”
 
“...riuscirai a guardare avanti...” sussurrò Naruto, quasi le parole gli fossero uscite da sole dalla bocca.
 
Kaiza gli sorrise dolce come sempre e annuì. A quel punto una domanda mi sorse spontanea.
 
“Ti prego di perdonarmi se te lo chiedo, Kaiza” dissi “ma come fai ad esserne sicuro?”
 
“Come lo so? Bè è semplice...era mio figlio, dopotutto no?”
 

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“Vi ringrazio moltissimo di essere venuti, ragazzi”
 
“Siamo noi che la ringraziamo, è stata davvero una bellissima serata Yu” le risposi.
 
Sakè teneva le orecchie tirate indietro e continuare a mugolare triste dal momento che aveva capito che stavamo andando via. Sembrava ci avesse preso davvero molto in simpatia.
 
“Siete sempre i benvenuti” continuò Yukiho “anzi, da come sta reagendo Sakè credo sarete costretti a tornare.”
 
“Con molto piacere!” esclamai. Poi mi rivolsi direttamente a lui: “Sentito? Torneremo! Nel frattempo cerca di fare il bravo cagnolone di casa!”
 
Quello ululò e prese a saltellarmi gioioso intorno. Evidentemente aveva capito.
 
Corse subito da Naruto, quasi a comunicargli la bella notizia. Lui lo accarezzò sulla testa e lungo il collo con famigliarità e Sakè non la smetteva più di scodinzolare.
 
“Saluti Aika da parte nostra!” disse Naruto alla donna quando le si avvicinò.
 
“Non temere, lo farò” promise quella sorridente.
 
“Allora” cominciò lui timidamente e passandosi una mano tra i capelli “non so come ringraziarla per la bellissima cena...ecco io, vorrei tanto ricambiare ma insomma...”
 
Non lo lasciò finire che lo avvicinò con dolcezza a sé, stringendolo in un abbraccio che lo lasciò completamente spiazzato. Superato quel momento di interdizione, le passò le braccia sulle spalle ricambiando quella stretta.
 
“Sono io che ti ringrazio” gli disse “venendo qui ci hai fatto un bellissimo regalo. Forza!” fece poi rafforzando la presa “Qualunque cosa tu stia affrontando, sono certa che lo supererai!”
 
“Ehm ehm d’accordo” si intromise un po’ scherzando Kaiza “è proprio ora di andare!”
 
Naruto sciolse l’abbraccio e lasciò che i due coniugi si salutassero. Lui le disse solo che si sarebbero visti presto mentre le gli raccomandò solo di non stancarsi troppo. Yukiho gli accarezzò appena la guancia e Kaiza le baciò quella stessa mano con estrema dolcezza. Diede un buffetto a Sakè e li salutò.
 
Poi ci raggiunse prendendoci per le spalle entrambi.
 
“Coraggio ragazzi, è ora di andare a letto!”
 
Insistettero per riaccompagnarmi a casa nonostante le mie proteste. Come se fossi io a dovermi preoccupare di un eventuale assalitore! Piuttosto era meglio per loro tenersi alla larga da me e dai miei pugni! Tuttavia non mi dispiacque stare con loro ancora un po’.
 
Nonostante il suo racconto, Kaiza sembrava aver ritrovato quello spirito che aveva prima che scoprissimo la verità sul suo passato. Forse raccontarci tutto gli era servito per liberarsi un po’ da quel peso. Adesso che sapevamo, le cose sarebbero state più semplici. Ci chiese un’unica cosa e cioè di non raccontare agli altri di quanto erano a conoscenza. Sosteneva che era inutile dar loro anche questo pensiero. Giurammo tutti e due.
 
“Bene, io sono arrivata” annunciai sotto la porta di casa.
 
“Ci vediamo domani allora, Piccola!” mi salutò l’uomo dandomi un buffetto su una guancia.
 
Naruto sembrava leggermente nervoso e non riuscivo a spiegarmene il motivo.
 
“Ecco Sakura...” fece un po’ titubante “...volevo dir-...”
 
“Forse è meglio che vi lasci un attimo da soli” constatò il medico di punto in bianco “sono due passi più in là, ti aspetto! Buonanotte, cara!” e detto questo di avviò lungo la strada.
 
Il mio compagno di squadra lo seguì con lo sguardo, poi lo sollevò per guardare me anche se dovetti terrorizzarlo dato che lo riportò subito al suolo.
 
“Ecco io...” ritentò “...volevo solo...ringraziarti!”
 
“Come?” chiesi confusa “Per che cosa?”
 
“Per essere venuta. Insomma, non credo che avrei affrontato quella situazione a casa di Kaiza se non ci fossi stata tu. Anche prima quando, ecco...mi hai toccato la spalla, intendo... ero teso ma grazie a te, sono... riuscito a calmarmi. Quindi sì, grazie.”
 
Mi sembrò così strano sentirlo parlare in modo così goffo e impacciato. Ormai ero abituata a tutto un altro tono, più serio e maturo quindi sentirlo esprimersi nuovamente come un tempo, mi regalò un barlume di gioia che dopo una serata tanto impegnativa mi serviva proprio.
 
Erano cambiate così tante cose da quel giorno di pioggia... era come se avessimo ricominciato da zero. Mi ero dovuta confrontare con un Naruto che non riuscivo a comprendere, che agiva in modi che non mi sarei mai aspettata. Lentamente avevo cominciato a rapportarmi con lui, non era stato facile ma sentivo che tutte quelle difficoltà mi avevano resa più forte. E non solo, avevano anche rafforzato quel sentimento così incerto che ora era diventato una realtà concreta. Potermi guadagnare la sua fiducia passo passo invece di sentirmela dovuta immeritatamente, mi aveva regalato emozioni forti e inevitabilmente mi sentivo sempre più legata a lui. Ora sentivo di poter affermare senza alcuna paura che mi ero guadagnata un posto al suo fianco. E non solo ne ero fiera ma anche onorata.
 
Kaiza aveva proprio ragione. La fiducia è un dono dal valore immenso.
 
“Ehm allora io vado” fece lui, grattandosi una guancia “ci...ci vediamo domani?”
 
“Certo” gli assicurai.
 
“Bene...allora, buonanotte...” mormorò.
 
Mi mossi senza nemmeno pensarci. Gli passai una mano dietro alla nuca e gli girai appena la testa, premendogli appena le labbra sulla guancia. Mi sembrò quasi di sentirlo avvampare.
 
“Buonanotte, Naruto” risposi, guardandolo negli occhi chiari ora colmi di un sincero stupore.
 
Mi sorprese a sua volta perché ricambiò prima che potessi dire o fare nulla, lasciando che le sue labbra si posassero sulla mia fronte, in quel momento il punto di me più esposto. Respirai a fondo...quel calore che percepivo mi stava scaldando più di quanto avrei mai potuto credere possibile. Dapprima era stato un bacio appena sfiorato, poi si era fatto più chiaro e nitido. Sembrava dolce e appassionato allo stesso tempo
 
Quando si allontanò aveva un’espressione sognante. Mi sorrise timidamente e io ricambiai.
 
“A domani” ripeté. Io a quel punto mi limitai ad annuirgli.
 
Ci salutammo e mi fermai un po’ a guardarlo allontanarsi. Quando si girò mi affrettai a rientrare in casa, correndo in camera mia e buttandomi subito sul letto. Giuro, mai credevo che avrei potuto reagire così!
 
Mi misi a pancia in su e toccai con le dita, là dove quel bacio si era posato con tanta delicatezza.
 
Crollai di colpo così, ancora vestita ma con il cuore scosso da un fremito mai provato prima di allora in attesa che il domani si affrettasse ad arrivare. Ora finalmente non aveva più paura di quel che il nuovo giorno l’avrebbe costretta ad affrontare. Sapeva quello che voleva ed era pronta a combattere per averlo.

 
 
 
 
Di certo non avrei potuto immaginare che qualcosa di inaspettato si trovava ormai in prossimità del Villaggio.
 
O meglio... qualcuno.




 
 
 


NOTE D’AUTORE: Ragazzi semplicemente mi scuso immensamente per il ritardo >< Come al solito non riesco a mantenere le date che comunico, ormai temo ci abbiate fate l’abitudine. Alla fine non sono riuscita a scrivere l’extra, il capitolo in sé mi ha richiesto molto e quindi niente dovrete pazientare un po’. Spero che questo capitolo vi sia arrivato, ci tenevo davvero molto e mi auguro di aver fatto un lavoro per lo meno accettabile. Io l’ho sentito molto, spero valga anche per voi.
 
Grazie a tutti coloro che continuano a seguire e leggere questa storia <3 A presto :)
  
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